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. Ecco come si presentava Spruce Tree negli anni ‘1890, poco dopo la sua
scoperta |
Cosa c'è nel libro:
PREMESSA
PARTE PRIMA: DA DENVER ATTRAVERSO LE MONTAGNE ROCCIOSE
Denver, capitale del Colorado, “Porta d’ingresso” al Far West;
Buffalo Bill, gli Indiani, il Mito della Frontiera e il Wild West Show
Denver e gli Indiani delle Pianure. Gli italiani. Viaggio a
Georgetown, nel cuore del “cerchio d’oro” del Colorado
PARTE SECONDA: DA LAS VEGAS ATTRAVERSO IL SUD-OVEST
Tra i grandiosi monumenti naturali del Grand Canyon del Colorado, Arizona settentrionale
Nel Tribal Park della Monument Valley dello Utah, la riserva indiana (Navaho) più popolosa degli Stati Uniti
Gli scomparsi abitatori delle città costruite all’interno delle grandi caverne della Mesa Verde, Colorado meridionale
Nello stupendo Canyon de Chelly dell’Arizona l'ultima resistenza dei Navaho. Un graffito ricorda l’arrivo della cavalleria spagnola
Nello spaccio Navaho. Visita allo storico Hubbel Trading Post dell'Arizona, l’emporio che divenne punto di dialogo tra il mondo dei bianchi e quello degli indiani
Attraverso il Deserto Dipinto e la Foresta Pietrificata dell'Arizona. Una singolare passeggiata fra gli alberi di duecento milioni di anni fa
La città indiana tra le "nuvole": l’imprendibile pueblo Acoma del Nuovo Messico, l’insediamento urbano più lungamente abitato degli Stati Uniti
Nel Nuovo Messico, tra Gallup e Albuquerque: testimonianze preistoriche, tradizionali pow wow indiani e diligenze assalite da Billy the Kid
PARTE TERZA: DA LOS ANGELES ATTRAVERSO I DESERTI DELLA CALIFORNIA MERIDIONALE
La "città fantasma" di Calico e i laghi salati del deserto Mojave: dove passavano le carovane dei pionieri, oggi atterrano gli shuttles di ritorno dallo spazio
Nella "Valle della Morte" e un “miraggio” nel deserto: il castello del cow boy Scotty BIBLIOGRAFIA
...
Gli scomparsi abitatori delle città costruite all’interno delle
grandi caverne della Mesa Verde, Colorado meridionale
Proseguendo il viaggio attraverso il Sud-Ovest, sono costretto a tornare
indietro sulla 163 fino a Kayenta, in Arizona, per proseguire ancora sulla
160, che mi porterà fino a Cortez, in Colorado.
(...) Domani andrò finalmente ad ammirare il più
importante dei cliff-dwellings (insediamenti nelle caverne) statunitensi, lo
straordinario sito archeologico della Mesa Verde.
La "tavola verde", come
l’avevano battezzata i primi esploratori spagnoli.
Anche se il colore
dominante che sarò in grado di vedere non sarà proprio quello.
Poiché
troverò la sommità della Mesa completamente innevata.
(...) Confido in
una strada non troppo montagnosa (...)
Certo
non servirà a mitigare quella lunga corsa notturna sapere che la strada
mi sta conducendo al punto esatto dell’incrocio dei famosi Four Corners
del Sud-Ovest.
Dove (...) si incontrano:
Utah, Colorado, Nuovo Messico, Arizona.
Infine, ecco la “salvezza”:
benzina, la confortevole camera del motel [indiano], seppure con i suoi quadri bene
inchiodati alle pareti, rapida cena nel vicino ristorante a base di Kentucky
Fried Chicken.
Anche qui cucinato dai Navaho (...)
L’ulteriore avvicinamento all'immensa zona archeologica della Mesa
Verde (...) non sarà
anch’esso senza sorprese.
Poiché (...) ho
rischiato di fare un lunghissimo viaggio per niente.
Nei mesi invernali solo
una tra le centinaia di rovine esistenti (...), e un interessante Museo, rimane aperta ai
visitatori.
E anche questa è, a volte, inaccessibile per la neve!
Dopo aver lasciato la 160, mi inoltro su una strada stretta, in ripida salita
e dai bruschi tornanti. I
In qualche caso è decisamente pericolosa per le
sue curve in ombra, dove spesso si annida (...) l’asfalto
ghiacciato (...).
(...) arrivo ad un'altezza di oltre 2.600 metri.
Fin dove spingo lo
sguardo, tutto intorno a me è coperto da un abbondante strato di neve:
montagne e picchi, boschi e dirupi, valli e canyons.
(...) a metà
strada tra l’ingresso al Parco e il sito archeologico, la visione si allunga
così in profondità da abbracciare un amplissimo panorama della sezione meridionale della regione dei Four Corners.
Tutto è sotto uno stupendo
manto nevoso (...)
A piedi arrivo infine allo Spruce Tree House, l'unico insediamento
visitabile.
L'aria frizzante della sommità dell’alta montagna su cui sto
camminando, unita alla sua purezza e alla rarefazione dell'ossigeno, non
riesce, se non in parte, a mitigare l'entusiasmo di chi per anni, nonostante
i percorsi della sua disciplina e della vita l'abbiano condotto da tutt’altre
parti, non aspetta che quel momento e quella visione.
Perciò, nonostante
tutto, accelero il passo sul sentiero.
Voglio arrivare al più presto!
Ecco,
dopo una curva, apparire al di là di una vegetazione non troppo folta a
causa della persistenza della livrea invernale, la piatta sommità boscosa,
a pini e ginepri, della Chapin Mesa.
Il cui lato orientale è proprio al di
sopra dello Spruce Tree Canyon.
Poi, come in un'apparizione magica, tra
l'irreale e il fiabesco, sotto di essa vedo un agglomerato di case.
Una
accanto all'altra, secondo lo stile, tuttora inverato da un uso più che
secolare, delle città Pueblos.
Un'autentica città in miniatura è infatti
adagiata e interamente compresa all'interno di una grandissima caverna.
Ecco una delle più belle città degli Anasazi, gli "antenati nemici" (come
li chiamavano gli indiani Navaho), che l'avevano costruita tra il 1200 e il
1276.
Anche se un tempo si riteneva che queste, come altre vestigia del
passato, dovessero necessariamente risalire, non poteva essere
altrimenti…, alle civiltà precolombiane dell'antico Messico (...).
(...) Chissà come la fantastica "città" racchiusa entro quel guscio roccioso
doveva essere apparsa a Richard Wheterill, e quali potevano esser state
le sue reazioni visibili e inconsce.
Il cow boy quacchero che, addentratosi
nel 1888 nei meandri dei canyons della Mesa alla ricerca di qualche capo
di bestiame smarrito, fu uno dei primi bianchi ad imbattersi in quelle
antiche costruzioni abbandonate.
(...) Guardandomi tutto intorno, sembra quasi che gli abitanti se ne siano
andati solo da pochi giorni.
All’epoca della sua scoperta qualche parte,
specialmente anteriore, risultava franata.
Poi, tolti i detriti, gli archeologi
si accorsero che le strutture murarie erano ancora ben conservate,
mentre solo alcuni rivestimenti risultavano deteriorati.
Come quelli delle sacre kivas (...), le camere cerimoniali sotterranee.
(...) Addentrandomi all'interno dell'ampia caverna (...), da vicino osservo i vari edifici, di cui alcuni a tre piani,
ma anche le torri, le diverse abitazioni (...), le 8 kivas,
tra cui alcune sono ora a cielo aperto.
Riesco perfino a scorgere, anche
se con difficoltà, le "prese" per le mani e per i piedi, naturali o scavate,
sulla nuda e pressoché liscia roccia soprastante (...)
Grazie ad esse gli Anasazi si
arrampicavano fin sulla mesa o scendevano in città.
(...) L'impellente necessità di difendersi da tribù ostili in una certa epoca
aveva costretto questo popolo ad abbandonare gli insediamenti posti
precedentemente sulla sommità.
Dall'interno della grande grotta gli
abitanti poterono così ripararsi efficacemente dagli attacchi, sia degli
assalitori provenienti dal cielo, che dal fondo del canyon.
(...) Ciò spiega il "perché" delle abitazioni sui dirupi
e nelle caverne, che ritroviamo anche in altre aree del Sud-Ovest.
(...) Tra la fine del XIII secolo e l'inizio del XIV il sito (...) fu improvvisamente abbandonato.
Ecco
spiegata la diffusa presenza di tanti oggetti d'uso quotidiano, che sono
stati ritrovati sui pavimenti delle kivas o delle case, nei cortili o nelle
stradine d'accesso.
Sembra quasi che un'invisibile "eruzione vesuviana"
abbia lasciato, in terra d'America, un suo strato cristallizzante, ma
invisibile ai mortali.
Fermando nel tempo, anche qui, l'operato di uomini e
donne.
Questo è il "mistero" a cui ho prima accennato.
Provocato, forse,
da una concausa di fattori ostili alla permanenza umana nella regione.
Un
perdurante e grave periodo di siccità naturale unito al totale
depauperamento, da parte dell'uomo, delle diversificate risorse naturali
locali (...).
Oppure invasioni di altri popoli (...)
DA: NEL WEST: ATTRAVERSO LE MONTAGNE ROCCIOSE, IL SUD-OVEST, I DESERTI DELLA CALIFORNIA MERIDIONALE
E-Book, versione cartacea a colori (I e II ediz.) e in bianco e nero: 116 pp., 34 note, 76 foto (50 sono mie)