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sabato 30 novembre 2024

291. ST KILDA. VISITANDO IL VILLAGGIO. LE "CASE BIANCHE" E I RUDERI DI QUELLE "NERE". L’incontro tra la Euphemia MacCrimmon, l'ultima seanachie ("racconta storie") gaelica della Scozia, e il grande folclorista scozzese Carmichael. La "conversazione", una canzone d'amore al tempo del corteggiamento. DA: NELL'ARCIPELAGO DEGLI “UOMINI-UCCELLO” DI ST KILDA. VITA E MORTE DI UNA REMOTA COMUNITÀ' SCOZZESE

 Euphemia MacCrimmon all’età di 84 anni. 

Cosa c'è nel libro: 

Premessa; Introduzione; CAPITOLO 1  (Il viaggio;   L'arcipelago di St Kilda; La natura a St Kilda;  Una comunità' di “uomini-uccello”;   L'arrivo;  Nel villaggio: le “case bianche” e i ruderi di quelle “nere”;   L’incontro tra la Euphemia MacCrimmon e il grande folclorista scozzese Carmichael;     Le comunicazioni con il mondo esterno: John Sands e la St Kilda Mail;   Il “Parlamento”; XVIII secolo: lo strano, tragico caso di Lady Grange, deportata nell’isola; si cerca Bonnie Prince Charles a St Kilda; I soggiorni di John Sands a St Kilda: 1875 e 1876-77 CAPITOLO 2  Il turismo "ante litteram" verso l'esotico britannico CAPITOLO 3  La fine del Paese di Utopia: problemi ambientali, sanitari, di sopravvivenza ; Le tre fasi finali del tramonto di una remota comunità isolana: “contatto”, “scontro”, “disgregazione” culturale; Il giorno dell’evacuazione: 29 agosto 1930  CAPITOLO 4   Alla scoperta dell’arcipelago;    Stac Lee, Stac an Armin, Boreray;  John Sands si arrampica su Boreray: con gli “uomini-uccello” nel 1876, con le “donne-uccello” nel 1875; La scalata dello Stac an Armin del 1994; Quando Marylin non è la Monroe. Ovvero gli incredibili Stacs, palestra privilegiata di un pugno di alpinisti britannici, nella loro doppia sfida ai flutti dell’oceano e alle rocciose piramidi, per conquistare i più ambiti “marilyn” del Regno Unito;  Visitando Hirta CAPITOLO 5   I “Viaggiatori” (1202-1929): Vescovi, religiosi e fattori; pirati, naufraghi e deportati; naturalisti e ornitologi; geologi e folcloristi; medici e chimici; nobili, politici, filantropi e commissioni d’inchiesta; pittori, fotografi e cineasti; turisti e alpinisti; il leader di una missione di soccorso; perfino un’eccezionale emula della celebre aviatrice Amelia Earhart 1930: Due non previsti testimoni dell’evacuazione di St Kilda BIBLIOGRAFIA 
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ST KILDA. VISITANDO IL VILLAGGIO; LE "CASE BIANCHE" E I RUDERI DI QUELLE "NERE"

(...) L’incontro tra la Euphemia MacCrimmon, l'ultima seanachie ("racconta storie") gaelica della Scozia, e il grande folclorista scozzese Carmichael. La "conversazione", una canzone d'amore al tempo del corteggiamento 

 Subito dopo la casa del fattore ci sono i ruderi di due “case nere”.

 Nella più vicina, contrassegnata sulle carte con la X, abitava Rachel MacCrimmon. 

 Quella invece situata più in alto (la W) era l’abitazione della zia Euphemia MacCrimmon, definita “vecchia zitella” nel censimento ufficioso di James Wilson (1841). 

Entrambe non vollero spostarsi nelle “case bianche”. 

Ed Euphemia (Effie) MacCrimmon (1794-1869), in Gaelico Oighrig NicCruimein, era un personaggio molto, ma molto importante nel mondo gaelico e delle Highlands e Islands

Era infatti una seanachie, una "racconta storie". 

L'ultima, non solo di St Kilda, ma forse dell’intera Scozia! 

Se ne sarebbe andata ad 88 anni d'età (...).

 Secondo Carmichael è grazie a lei che dobbiamo i pochi esempi di poesie e di canzoni dell’arcipelago.  

E fu per incontrarla quattro anni prima, il 22 maggio 1865, che il grande folclorista Carmichael (1832-1912) si recò ad Hirta.

 “Euphemia MacCrimmon (…) conosceva molte vecchie canzoni, storie [sgeulachdan] e tradizioni dell’isola. 

Avrei ottenuto molto più se ci fosse stata un po’ più di pace e quiete.

 Ciò non fu possibile, per la presenza di una folla di ufficiali di marina e di uomini di mare, di uomini, donne e bambini di St Kilda e, ben più rumorosi di loro, di cani eccitati e abbaianti all’unisono.

 L’anziana recitatrice fu molto redarguita per aver rappresentato storie e poemi e chi scrive per aver indotto l’anziana a rimescolare i recessi della sua memoria per queste tradizioni; perché la gente di St Kilda non ha mai abbandonato canzoni e musiche, danza, folclore e le storie di un passato considerato stolto”. 

Carmichael non tornò più a St Kilda. 

Avrebbe comunque pubblicato tre pezzi della loro tradizione, tra cui una canzone d’amore composta dai suoi genitori al tempo del corteggiamento dal titolo: “La conversazione” (...).

 In Gaelico: 

 Esan: Is tu mo smùidein, is tu mo smeòirein, 

Is mo chruit chiùil sa mhadainn bhòidhich! 

Ise: M'eudail thusa, mo lur 's mo shealgair, 

Thug thu 'n dé dhomh 'n sùl 's an gearrbhall 

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Italiano 

Lui: Tu sei la mia colomba, tu sei il mio tordo, 

Tu sei la mia melodiosa arpa nel dolce mattino 

Lei: Tu sei il mio tesoro, il mio amore, il mio cacciatore 

Ieri tu mi desti la sula e l’alca

DA: NELL'ARCIPELAGO DEGLI “UOMINI-UCCELLO” DI ST KILDA. VITA E MORTE DI UNA REMOTA COMUNITÀ' SCOZZESE

E-Book, I e II ediz. cartacea a colori 
(101 pp, 68 foto - 23 dell'A. -, bibliografia, 119 note) 


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TUTTI I DATI (ECONOMICI, STATISTICI, DEMOGRAFICI, ETNOGRAFICI, ECC.) CONTENUTI NEI MIEI LIBRI SONO STATI ACCURATAMENTE VERIFICATI, INTEGRATI E AGGIORNATI AL MOMENTO DELLA LORO PUBBLICAZIONE



venerdì 29 novembre 2024

290. GLI SCOMPARSI ABITATORI DELLE CITTÀ COSTRUITE ALL’INTERNO DELLE GRANDI CAVERNE DELLA MESA VERDE, COLORADO MERIDIONALE. DA: NEL WEST: ATTRAVERSO LE MONTAGNE ROCCIOSE, IL SUD-OVEST, I DESERTI DELLA CALIFORNIA MERIDIONALE

 

. Ecco come si presentava Spruce Tree negli anni ‘1890, poco dopo la sua scoperta

Cosa c'è nel libro:

PREMESSA

PARTE PRIMA: DA DENVER ATTRAVERSO LE MONTAGNE ROCCIOSE

Denver, capitale del Colorado, “Porta d’ingresso” al Far West; 

Buffalo Bill, gli Indiani, il Mito della Frontiera e il Wild West Show

Denver e gli Indiani delle Pianure. Gli italiani. Viaggio a

Georgetown, nel cuore del “cerchio d’oro” del Colorado

PARTE SECONDA: DA LAS VEGAS ATTRAVERSO IL SUD-OVEST

Tra i grandiosi monumenti naturali del Grand Canyon del Colorado, Arizona settentrionale

Nel Tribal Park della Monument Valley dello Utah, la riserva indiana (Navaho) più popolosa degli Stati Uniti

Gli scomparsi abitatori delle città costruite all’interno delle grandi caverne della Mesa Verde, Colorado meridionale

Nello stupendo Canyon de Chelly dell’Arizona l'ultima resistenza dei Navaho. Un graffito ricorda l’arrivo della cavalleria spagnola

Nello spaccio Navaho. Visita allo storico Hubbel Trading Post dell'Arizona, l’emporio che divenne punto di dialogo tra il mondo dei bianchi e quello degli indiani

Attraverso il Deserto Dipinto e la Foresta Pietrificata dell'Arizona. Una singolare passeggiata fra gli alberi di duecento milioni di anni fa

La città indiana tra le "nuvole": l’imprendibile pueblo Acoma del Nuovo Messico, l’insediamento urbano più lungamente abitato degli Stati Uniti

Nel Nuovo Messico, tra Gallup e Albuquerque: testimonianze preistoriche, tradizionali pow wow indiani e diligenze assalite da Billy the Kid

PARTE TERZA: DA LOS ANGELES ATTRAVERSO I DESERTI DELLA CALIFORNIA MERIDIONALE

La "città fantasma" di Calico e i laghi salati del deserto Mojave: dove passavano le carovane dei pionieri, oggi atterrano gli shuttles di ritorno dallo spazio

Nella "Valle della Morte" e un “miraggio” nel deserto: il castello del cow boy Scotty BIBLIOGRAFIA

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Gli scomparsi abitatori delle città costruite all’interno delle grandi caverne della Mesa Verde, Colorado meridionale 

 Proseguendo il viaggio attraverso il Sud-Ovest, sono costretto a tornare indietro sulla 163 fino a Kayenta, in Arizona, per proseguire ancora sulla 160, che mi porterà fino a Cortez, in Colorado. 

(...) Domani andrò finalmente ad ammirare il più importante dei cliff-dwellings (insediamenti nelle caverne) statunitensi, lo straordinario sito archeologico della Mesa Verde

La "tavola verde", come l’avevano battezzata i primi esploratori spagnoli. 

Anche se il colore dominante che sarò in grado di vedere non sarà proprio quello. 

Poiché troverò la sommità della Mesa completamente innevata. 

(...) Confido in una strada non troppo montagnosa (...) 

Certo non servirà a mitigare quella lunga corsa notturna sapere che la strada mi sta conducendo al punto esatto dell’incrocio dei famosi Four Corners del Sud-Ovest. 

Dove (...) si incontrano: Utah, Colorado, Nuovo Messico, Arizona. 

Infine, ecco la “salvezza”: benzina, la confortevole camera del motel [indiano], seppure con i suoi quadri bene inchiodati alle pareti, rapida cena nel vicino ristorante a base di Kentucky Fried Chicken

Anche qui cucinato dai Navaho (...) 

 L’ulteriore avvicinamento all'immensa zona archeologica della Mesa Verde (...) non sarà anch’esso senza sorprese. 

Poiché (...) ho rischiato di fare un lunghissimo viaggio per niente. 

Nei mesi invernali solo una tra le centinaia di rovine esistenti (...), e un interessante Museo, rimane aperta ai visitatori. 

E anche questa è, a volte, inaccessibile per la neve! 

 Dopo aver lasciato la 160, mi inoltro su una strada stretta, in ripida salita e dai bruschi tornanti. I

In qualche caso è decisamente pericolosa per le sue curve in ombra, dove spesso si annida (...) l’asfalto ghiacciato (...). 

(...) arrivo ad un'altezza di oltre 2.600 metri. 

Fin dove spingo lo sguardo, tutto intorno a me è coperto da un abbondante strato di neve: montagne e picchi, boschi e dirupi, valli e canyons. 

(...) a metà strada tra l’ingresso al Parco e il sito archeologico, la visione si allunga così in profondità da abbracciare un amplissimo panorama della sezione meridionale della regione dei Four Corners.

 Tutto è sotto uno stupendo manto nevoso (...)

 A piedi arrivo infine allo Spruce Tree House, l'unico insediamento visitabile. 

L'aria frizzante della sommità dell’alta montagna su cui sto camminando, unita alla sua purezza e alla rarefazione dell'ossigeno, non riesce, se non in parte, a mitigare l'entusiasmo di chi per anni, nonostante i percorsi della sua disciplina e della vita l'abbiano condotto da tutt’altre parti, non aspetta che quel momento e quella visione. 

Perciò, nonostante tutto, accelero il passo sul sentiero. 

Voglio arrivare al più presto! 

Ecco, dopo una curva, apparire al di là di una vegetazione non troppo folta a causa della persistenza della livrea invernale, la piatta sommità boscosa, a pini e ginepri, della Chapin Mesa

Il cui lato orientale è proprio al di sopra dello Spruce Tree Canyon.

 Poi, come in un'apparizione magica, tra l'irreale e il fiabesco, sotto di essa vedo un agglomerato di case. 

Una accanto all'altra, secondo lo stile, tuttora inverato da un uso più che secolare, delle città Pueblos

Un'autentica città in miniatura è infatti adagiata e interamente compresa all'interno di una grandissima caverna. 

Ecco una delle più belle città degli Anasazi, gli "antenati nemici" (come li chiamavano gli indiani Navaho), che l'avevano costruita tra il 1200 e il 1276. 

Anche se un tempo si riteneva che queste, come altre vestigia del passato, dovessero necessariamente risalire, non poteva essere altrimenti…, alle civiltà precolombiane dell'antico Messico (...). 

(...) Chissà come la fantastica "città" racchiusa entro quel guscio roccioso doveva essere apparsa a Richard Wheterill, e quali potevano esser state le sue reazioni visibili e inconsce. 

Il cow boy quacchero che, addentratosi nel 1888 nei meandri dei canyons della Mesa alla ricerca di qualche capo di bestiame smarrito, fu uno dei primi bianchi ad imbattersi in quelle antiche costruzioni abbandonate. 

(...) Guardandomi tutto intorno, sembra quasi che gli abitanti se ne siano andati solo da pochi giorni. 

All’epoca della sua scoperta qualche parte, specialmente anteriore, risultava franata. 

Poi, tolti i detriti, gli archeologi si accorsero che le strutture murarie erano ancora ben conservate, mentre solo alcuni rivestimenti risultavano deteriorati. 

Come quelli delle sacre kivas (...), le camere cerimoniali sotterranee.

(...) Addentrandomi all'interno dell'ampia caverna (...), da vicino osservo i vari edifici, di cui alcuni a tre piani, ma anche le torri, le diverse abitazioni (...), le 8 kivas, tra cui alcune sono ora a cielo aperto. 

Riesco perfino a scorgere, anche se con difficoltà, le "prese" per le mani e per i piedi, naturali o scavate, sulla nuda e pressoché liscia roccia soprastante (...) 

Grazie ad esse gli Anasazi si arrampicavano fin sulla mesa o scendevano in città. 

(...) L'impellente necessità di difendersi da tribù ostili in una certa epoca aveva costretto questo popolo ad abbandonare gli insediamenti posti precedentemente sulla sommità. 

Dall'interno della grande grotta gli abitanti poterono così ripararsi efficacemente dagli attacchi, sia degli assalitori provenienti dal cielo, che dal fondo del canyon. 

(...) Ciò spiega il "perché" delle abitazioni sui dirupi e nelle caverne, che ritroviamo anche in altre aree del Sud-Ovest. 

(...)  Tra la fine del XIII secolo e l'inizio del XIV il sito (...) fu improvvisamente abbandonato. 

Ecco spiegata la diffusa presenza di tanti oggetti d'uso quotidiano, che sono stati ritrovati sui pavimenti delle kivas o delle case, nei cortili o nelle stradine d'accesso. 

Sembra quasi che un'invisibile "eruzione vesuviana" abbia lasciato, in terra d'America, un suo strato cristallizzante, ma invisibile ai mortali. 

Fermando nel tempo, anche qui, l'operato di uomini e donne. 

Questo è il "mistero" a cui ho prima accennato. 

Provocato, forse, da una concausa di fattori ostili alla permanenza umana nella regione. 

Un perdurante e grave periodo di siccità naturale unito al totale depauperamento, da parte dell'uomo, delle diversificate risorse naturali locali (...). 

Oppure invasioni di altri popoli (...)

DA: NEL WEST: ATTRAVERSO LE MONTAGNE ROCCIOSE, IL SUD-OVEST, I DESERTI DELLA CALIFORNIA MERIDIONALE 

E-Book, versione cartacea a colori (I e II ediz.) e in bianco e nero: 116 pp., 34 note, 76 foto (50 sono mie


Versione cartacea a colori, I ediz.  https://www.amazon.it/dp/1520223471


Versione cartacea in bianco e nero https://www.amazon.it/dp/1094812188

mercoledì 27 novembre 2024

289. IL LIBRO. I CAPITOLI ANTROPOLOGICI. DA: MAASAI. GENTI E CULTURE DEL KENYA

Il grande laibon [mago professionista] Maasai Lenana, ca. 1890, seduto accanto a Sir Arthur Hardinge


 Cosa c'è nel libro:

PRESENTAZIONE; IL PAESE; LE GENTI; IL LIBRO 
1. INTRODUZIONE STORICA; UN SALTO NELLA PREISTORIA: SCOPERTE PALEONTOLOGICHE E PALETNOLOGICHE IN AFRICA ORIENTALE; STORIA ANTICA; L’AZANIA, LA “TERRA DEGLI ZENG, O ZENJ; I PRIMI EUROPEI ARRIVANO DAL PORTOGALLO; IL DOMINIO DEI SULTANI OMANITI; L’AVVENTO COLONIALE INGLESE: IMPERIAL BRITISH EAST AFRICA COMPANY (1887); PROTETTORATO DELL’AFRICA ORIENTALE BRITANNICA (1895); PROTETTORATO E COLONIA DEL KENYA (1920); RIVOLTA MAU MAU (1952-56); INDIPENDENZA (1963)
2. INTRODUZIONE GEOGRAFICA, DEMOGRAFICA, ETNO-ANTROPOLOGICA LA PREZIOSA GALLERIA DI DIPINTI ETNOGRAFICI DEL KENYA: 22 POPOLI IMMORTALATI SULLA TELA DALLA TALENTUOSA ARTISTA JOY ADAMSON; 
3. LA “CULTURA MISTA COSTIERA”: I SWAHILI INTRODUZIONE: LE “CONTAMINAZIONI” ETNICO-LINGUISTICO-CULTURALI AFRO-ASIATICHE  ;
 4. I BANTU, GLI “UOMINI”: GLI AGRICOLTORI SEDENTARI 4.1 I KIKUYU E LA RIBELLIONE ANTIBRITANNICA MAU MAU, PER RIAVERE LA TERRA DEGLI AVI 4.2 I BAGIUNI 
5. I NILO-CAMITI: I NOMADI PASTORI 5.1 I MAASAI;
 6. I NILOTICI 6.1 I LUO; 
7. LE POPOLAZIONI DI LINGUA CUSCITICA 
7.1 SOMALI 7.2 BORANA 7.3 RENDILLE ; 
8. LE CULTURE “MARGINALI” 8.1 DOROBO, CACCIATORI-RACCOGLITORI DELLE FORESTE 8.2 GLI ELMOLO PESCATORI DEL LAGO TURKANA 8.3 I BON (BONI, AWEER, WABONI), CACCIATORI-RACCOGLITORI DELLA FORESTA COSTIERA 
9. APPENDICE  DAL DIARIO DI RICERCA: UN’AVVENTUROSA “PRIMA” KENYOTA NEL CORSO DELLA MIA INIZIAZIONE ANTROPOLOGICA SUL CAMPO, GIUGNO 1976; UNA GALLERIA ETNOGRAFICO-ARTISTICA “PARTICOLARE”  10.BIBLIOGRAFIA, CARTE 

IL LIBRO 

 Il libro, come indicato dal sottotitolo, offre una panoramica generale sui popoli del Kenya. 

Il titolo "Maasai" è stato invece scelto per celebrare un popolo le cui imprese guerresche hanno lasciato un segno indelebile nella storia dell'Africa e nell'immaginario collettivo europeo. 

 Il libro presenta una rassegna etno-antropologica delle principali tribù kenyote (...). 

Alcune di queste tribù sono trattate in modo più approfondito, sia per la loro cultura in generale, sia per alcuni aspetti specifici (...). 

 Sfogliando le pagine del volume, dapprima testo e fotografie condurranno il lettore tra le fertili White Highlands dell’epoca coloniale (...). 

Poi, discendendo sul fondo della grandiosa Rift Valley, potrà vedere coltivazioni, savana, foreste e laghi (...). 

(...) Dirigendosi verso il nord del paese, incontrerà invece steppa, deserti e lugga

(...) quelle sono le terre dei nomadi Nilo-Camiti e Cusciti.

 Allevatori soprattutto, ma non solo, di dromedari. 

Il cui stile di vita è spesso scandito da razzie e contro razzie di bestiame, più o meno sanguinose. 

 Dal punto di vista storico, un rapido excursus lo farà tornare molto indietro nel tempo. 

Sarà così che si imbatterà nelle straordinarie scoperte della famiglia Leakey, che hanno saputo disegnare nuove date per l’evoluzione dell’Uomo. 

Poi un grosso balzo in avanti nella storia gli farà incontrare i primi invasori. 

Vengono dall’Europa (...), ma anche dall’Arabia (...).

 (...) Nel frattempo, a cavallo tra il XIX e il XX secolo, la ferrovia Mombasa-Kampala aprirà la strada alla colonizzazione britannica.

 Così un paio di testimoni saranno in grado di fornirgli qualche elemento in più su un’epoca nella quale molti africani non avevano mai visto un uomo bianco. 

Erano gli stessi tempi in cui si imponeva la Pax Britannica tra le varie tribù, organizzando spedizioni punitive. 

(...) Qualche decennio dopo, la fase terroristica dei Mau Mau sarà seguita dall’indipendenza (1963). 

 I capitoli antropologici 

 La rassegna è aperta dalla “cultura mista costiera” dei Swahili.

 Appartengono ai Bantu, a parte alcune realtà minori (...).

 La loro è una cultura sincretistica, che ha saputo realizzare un’interessante civiltà urbana, densa di sviluppi nel campo dell’architettura, dell’arte, della letteratura scritta in caratteri arabi.

 Subito dopo, con gli agricoltori sedentari Bantu, come i Kikuyu, il lettore saprà come il pagamento della “ricchezza della sposa” non equivalga alla compera di una moglie.

 Poi si inoltrerà nel “Mondo perduto” dei pescatori Bagiuni, vessati da una lunga pulizia etnica da parte somala. 

 Il testo del successivo capitolo è tra i più corposi. 

Riguarda i Nilo-Camiti e, naturalmente, i famosi nomadi pastori Maasai. 

Ampiamente conosciuti attraverso la letteratura e la filmografia, costituirono una formidabile barriera fisica alla penetrazione, prima afro-araba, poi europea, dell’interno africano. 

Del resto le loro razzie li spingeranno, non solo a Mombasa sulla costa, ma anche a molta distanza dalla loro terra. 

Fino al lago Nyassa (...), a ben 800 km di distanza. 

 Solo Joseph Thompson (...) riuscirà ad attraversare per primo la loro pericolosa terra. 

Giungendo indenne fin sulla sponda del lago Victoria. 

Il capitolo include anche elementi e fatti (...) indubbiamente interessanti. 

Tra i quali il “complesso del bestiame” (...), e il “governo diffuso”. 

Senza trascurare le profezie, per lo più avveratesi, del grande laibon (mago professionista) Mbatian (...). 

 Le tribù (...) Somali, Borana, Rendille sono anch’esse composte da allevatori, soprattutto di dromedari. 

Un accenno (...) al complicatissimo sistema sociale dei gada (classi d’età) per i Borana, è seguito dalla importantissima cerimonia collettiva del galgulumi (Gaalgulamme) per i Rendille, che si tiene ogni quattordici anni in un gigantesco insediamento (...) sulla sponda orientale del lago Turkana, alle pendici del monte Kulal. 

 Cerimonia che purtroppo mi “perderò” nel 1980, poiché avverrà un mese dopo la mia partenza dal Kenya. 

Al termine di quella che è stata la mia seconda ricerca antropologica sul campo in Africa orientale. 

Infatti quell’anno mi trovavo proprio in quel desertico e settentrionale lago, a non molta distanza dal luogo prescelto per l’occasione. 

Tanto da poter osservare un notevole incremento della presenza Rendille. 

 La mia prima ricerca risale invece al 1976, ed è stata effettuata nella cittadina multietnica e multiculturale di Isiolo, a nord del Monte Kenya16. 

Così ho ritenuto utile qui inserire estratti di entrambi i miei diari.

 Integrando, arricchendo e vivacizzando il testo, con narrazioni “dal vivo” di fatti, luoghi, situazioni, imprevisti, stati d’animo, emozioni, incontri con “l’altro da noi”... . 

 La rassegna si conclude con i popoli considerati “marginali”.

 Pressoché sconosciuti al grosso pubblico, comprendono i cacciatori raccoglitori Bon delle intricate foreste costiere, ai confini con la Somalia; i Dorobo delle foreste dell’interno; i pescatori Elmolo del lago Turkana. 

Ho anche inserito brani tratti dai libri, sia di Thompson, che di Teleki. 

Che con von Hohnel scoprì il lago oggi chiamato Turkana. 

Dandogli il nome di Rodolfo, in onore del Principe ereditario della Corona d'Austria. 

Inoltre ho aggiunto un paio di paragrafi relativi alla “scoperta”, nel XIX secolo (...), degli sfuggenti cacciatori Bon. 

 In appendice, oltre al racconto della mia avventurosa iniziazione antropologica sul campo del 1976, una galleria “etnografico-artistica” espone le miniature di dipinti raffiguranti i membri di numerose tribù kenyote (...). 

 Indubbiamente si inspirano ai ritratti realizzati da Joy Adamson per il governo del Kenya (...). 

Per l’attenta cura di dettagli, particolari e paraphernalia tradizionali, sono in grado di contribuire alla maggiore comprensione della variegata umanità kenyota. 

 Il libro è corredato da 154 foto (69 sono mie) [per l'E-Book, mentre le versioni cartacee sono corredate da 173 foto - 87 sono mie -]. 

Le altre sono per lo più d’epoca, alcune anche abbastanza rare. 

Come quella relativa ad un altro famoso laibon: Lenana, figlio di Mbatian (ca. 1890).

DA: MAASAI. GENTI E CULTURE DEL KENYA

Le copertine delle quattro versioni del libro
174 pp., 173 immagini, di cui 94 a colori (87 sono dell'A), 258 note
E-Book:  https://www.amazon.it/dp/B0CP2Z7QT3

Versione cartacea di grandi dimensioni (16.99 x 24.41 cm), a colori "premium":  
https://www.amazon.it/dp/B0CPSNZ9BW

versione cartacea in bianco e nero: https://www.amazon.it/dp/B0CPVC5QBM

versione cartacea non illustrata: https://www.amazon.it/dp/B0CQ7FTRZX


Quella non illustrata (contiene le seguenti carte: politica; fisica; demografica; etnografica; Periplo del Mare EritreoOperazione di “pattugliamento” militare tra i TurkanaPercorso della spedizione Teleki-von Hohnel ai laghi Rodolfo e Stefanie;  Distribuzione delle tribù Somale; Villaggi dei Bon nel distretto di Lamu; Mappa dell'area meridionale Galla e Waboni insieme ai paesi somali adiacenti: dopo i suoi viaggi del 1866 e 1867 di von R. Brenner"), di dimensioni ridotte (15,2 x 22,9) e più economica  potrebbe essere anche impiegata nei corsi di Antropologia Culturale, Etnologia, Storia dell'Africa, Storia e Istituzioni dei Paesi afro-asiatici, Geografia
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TUTTI I DATI (ECONOMICI, STATISTICI, DEMOGRAFICI, ETNOGRAFICI, ECC.) CONTENUTI NEI MIEI LIBRI SONO STATI ACCURATAMENTE VERIFICATI, INTEGRATI E AGGIORNATI AL MOMENTO DELLA LORO PUBBLICAZIONE.


288. RITORNO A LISBONA: DALL’ALFAMA ALLE STUPEFACENTI SCOPERTE ARCHEOLOGICHE NELL’ANTICO CAMPO DAS CEBOLAS, TRA LA PIAZZA DEL COMMERCIO, LA DOCA DA MARINHA E SANTA APOLÓNIA. DA: LISBONA, TRA TRADIZIONE E MODERNITA’. ALLA SCOPERTA DI UN’INSOLITA “CAPITALE-VETRINA” ATLANTICA

 

 Dal Grande Panorama di Lisbona del Museo degli azulejos, il pannello che raffigura i banchetti del mercato della Ribeira Velha, situato sulla destra del Terreiro do Paco (inizio XVIII secolo)
(© Franco Pelliccioni)

Cosa c'è nel libro: 

PARTE PRIMA

INTRODUZIONE: LE GRANDI ESPLORAZIONI GEOGRAFICHE PORTOGHESI E L’IMPERO D’OLTREMARE, ALLA BASE DEL GRANDIOSO SVILUPPO DELLA CITTA’ DI LISBONA; CAP. 1 DOPO IL TERREMOTO DEL 1755, LA CITTA’ DI LISBONA, COME L’ARABA FENICE, RISORGE DALLE SUE CENERI; CAP. 2 PASSEGGIANDO PER LISBONA: L’ALFAMA; CAP. 3 PASSEGGIANDO PER LISBONA: BAIXA, LA «CITTA’» POMBALINA; CAP. 4 NEL BAIRRO ALTO DI LISBONA, DOVE È NATO IL CANTO DELL’ANIMA PORTOGHESE: IL FADO. Il CHIADO; CAP. 5 “AL DI LÀ” DEL CENTRO DI LISBONA: OUTRA BANDA, ESTRELA, LAPO : Outra Banda; Estrela; Il Museo di Arte Antica, Lapo, CAP. 6 UN’«AVVENTURA URBANA»: SFERRAGLIANDO TRA LE COLLINE DI LISBONA, CON IL TRAM 28; CAP. 7 IL MUSEO ETNOGRAFICO DELLA SOCIETA’ GEOGRAFICA DI LISBONA, BAIXA; CAP. 8 MUSEO DELLA FONDAZIONE  GULBENKIAN, AVENIDAS NOVAS; CAP. 9 MUSEU NACIONAL DO AZULEJO, XABREGAS; CAP. 10 OCEANÁRIO, PARQUE DAS NAÇOES, ZONA ORIENTAL:Parque das Naçoes; Oceanário; Acuário Vasco da Gama; CAP. 11 IL MOSTEIRO DOS JERÓNIMOS, CAPOLAVORO DELLO STILE ARCHITETTONICO MANUELINO, BELÉM; CAP. 12 MUSEU DA MARINHA, IL MUSEO MARITTIMO PORTOGHESE, BELÉM; CAP. 13 PADRÃO DOS DESCOBRIMENTOS, BELÉM; CAP. 14 LA TORRE, SIMBOLO DELL’ETA’ D’ORO DELLE SCOPERTE GEOGRAFICHE PORTOGHESI, BELÉM; CAP. 15 LA COSTA DE LISBOA: ESCURSIONE A SINTRA, CABO DA ROCA, CASCAIS-ESTORIL: Sintra; Palácio Nacional de Sintra; Cabo da Roca; La “Costa Azzurra” portoghese:

PARTE SECONDA: RITORNO A LISBONA

CAP. 16 PREMESSA: VAGABONDAGGI CASUALI E MIRATI, PER APPROFONDIRE LA CONOSCENZA DI CIÒ CHE È NOTO E “SCOPRIRE” NUOVI LUOGHI E PROSPETTIVE; CAP. 17 DALL’ALFAMA ALLE STUPEFACENTI SCOPERTE ARCHEOLOGICHE NELL’ANTICO CAMPO DAS CEBOLAS; CAP. 18 UNA PAGINA BUIA DELLA STORIA DI LISBONA: LA CHIESA DI SÃO DOMINGOS E IL MONUMENTO, CHE RICORDA IL MASSACRO DEGLI EBREI CONVERTITI IL GIORNO DI PASQUA DEL 1506; CAP. 19 OSSERVANDO LA PRAÇA DA COMÉRCIO DALL’ALTO DELL’ARCO TRIONFALE: 19.1 Prima del terremoto del 1755: Il Palazzo da Ribeira e il Terreiro do Paço; 19.2 Dopo il terremoto del 1755: la Praça de Comércio è il nuovo centro direzionale amministrativo, politico e commerciale del Portogallo; 19.3 Una lunga “passeggiata ad arco: il lungofiume, l’antico cantiere navale e l’arsenale, la stazione ferroviaria di Cais do Sodré , il “nuovo” Mercato da Ribeira, Chiado e Bairro Alto, la funicolare Bica, Miradouro de São Pedro de Alcãntara. Ritorno alla Baixa, con la funicolare Gloria; CAP. 20 PER CONCLUDERE: UN TRAMONTO A LISBONA; APPENDICE1. I Cavalieri Ospedalieri dell’Ordine di San Giovanni e i Templari tra i crociati, che nel 1147 aiutarono Afonso Henriques, a scacciare i Mori dal Castello di São Jorge; La chiesa di Santa Luzia e São Brás; Una digressione sugli Ordini Militari-Religiosi: Cavalieri Templari, Ospedalieri di San Giovanni (in futuro di Malta), Teutonici; 2. “Ritrovato”, all’inizio del xx secolo, il terremoto “dimenticato” del 1531; 3. Gli altri terremoti di Lisbona

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RITORNO A LISBONA: DALL’ALFAMA ALLE STUPEFACENTI SCOPERTE ARCHEOLOGICHE  NELL’ANTICO CAMPO DAS CEBOLAS, TRA LA PIAZZA DEL COMMERCIO, LA DOCA DA MARINHA E SANTA APOLÓNIA

  Non avendo in questo viaggio alcun incontro “protocollare”, la mia prima meta è la stessa di undici anni fa. 

Dal Miradouro di Santa Luzia, vorrei rinnovare le sensazioni e le emozioni di allora, ammirando uno dei più scenografici panorami di Lisbona. 

Scelgo però di andare sulla collina a piedi, per dare uno sguardo agli scavi dell’anfiteatro romano, in Rua da Saudade

 A parte un pannello tridimensionale, che riproduce (...) una sezione del grande manufatto romano, sembra non ci siano apparenti novità. 

Invece il Miradouro (...) è stato abbellito con una vasca-fontana, e dall’anno scorso ha un ascensore (...) 

 (...) non approfitto dell’elevador

Preferisco andare a piedi. 

Dal Miradouro de Santa Luzia, sono perciò pronto per una nuova “scoperta” dell’intricato dedalo dell’Alfama. 

Così mi inoltro tra i vicoli. 

Discendo scalinate e scalette. 

 Attraverso piazzette e slarghi. 

A volte torno anche sui miei passi, per evitare, in un cul de sac, di far visita ad una famiglia lisboeta. 

Mi imbatto anche in un omaggio a Pessoa (...): una pittura artigianale, su una targa, dove l’occhialuto scrittore-poeta, che tanto ha amato questa città (...), sta scrivendo una sua frase: 

"O inferno e o paraíso estão dentro da mente humana". (...).

Il tutto seguendo un percorso che, neanche con il GPS, potrebbe essere la lontana ripetizione del precedente. 

Salvo quando, in “pianura,” riconosco la Chafariz del Rei, nei pressi della Casa dos Bicos, il punto di arrivo di allora. 

Poi mi sposterò sulla destra, in direzione della Praça do Comércio.

 Sono invece bloccato da una lunga staccionata (...). 

I cartelloni che la ricoprono, con il motto Vivermelhorlisboa accennano a O novo Campo das Cebolas

E dire che ritenevo terminata l’epoca del cantiere diffuso! 

Scopro invece che Lisbona, come un tempo Parigi, è en marche, con continue riqualificazioni urbane, abbattimento di edifici, costruzione di nuovi. 

 Nell’aprile del 2018 la tradizionale area rivierasca denominata Campos das Cebolas, tra la Piazza del Commercio, la Doca da Marinha e Santa Apolónia, è stata interamente riqualificata.

 Dotandola di giardini, parchi per bambini, parcheggi sotterranei, ristoranti, alberghi, nuovi edifici (...). 

 Inoltre, grazie alle sistematiche attività di scavo, da una parte per costruire un grande parcheggio sotterraneo, dall’altra per la completa ristrutturazione di un grande palazzo nobiliare, sono state riportate alla luce numerose vestigia dei secoli passati. 

Tanto che (...) appena un mese dopo il mio arrivo davanti al Campo, già operava (...) un nutrito team di 60, tra archeologi, tecnici ed operai.

Verso il fiume sono stati così recuperati dall’oblio della storia: un molo di fine ottocento (...) costruito dopo il terremoto del 1755; sul fondo, grazie al fango che la ricopriva, una barca in buone condizioni, lunga 17 m e larga 3, utilizzata all’inizio del XIX secolo per trasportare cibo e sughero sul Tago; accanto al porto (...), i resti del Forte da Ribeira del XVII secolo; infine un pozzo e i muretti, che delimitavano gli spazi nell’antico mercato di Ribeira Velha

 A quanto sembra, questa trascurata parte di Lisbona in riva al Tago, fin dalla fine del XVI secolo e, ancora nel XVII, era strettamente interconnessa al porto e al mercato della Ribeira Velha

Poi, dopo la ricostruzione post terremoto del 1755, assumerà il nome di Campo das Cebolas

 Nel 1620 frate Nicolau de Oliveira parlava del grande mercato di Ribeira Velha come di una risorsa della dogana, poiché era uno dei mercati più importanti della città: c’erano “trentaquattro capanne che corrispondevano alle aree di vendita del mercato di Ribeira Velha”. 

Un’attività mercantile, che spiega la presenza del Forte, conosciuto come Baluarte o Fortim da Ribeira (...), 

 Nel XIX e XX secolo, l’attività di sottrazione del terreno al fiume continuò. 

 Terminando solo con la ristrutturazione del nuovo porto: la Doca da Alfândega, oggi Doca da Marinha

 Altre sorprese (...) attendono ancora gli archeologi (...). 

(...) in Rua Cais de Santarém, dove ci sono i due edifici, che formano l’antico palazzo acquistato nel XVII secolo dai Conti di Coculim. 

Subirà una completa ristrutturazione, che necessiterà di profondi scavi, oltre che della contemporanea opera di salvataggio, da parte degli archeologi. 

Poiché qui le sorprese saranno numerose.

 Tanto che il Palazzo, che oggi è un Hotel Eurostars a cinque stelle, ha aggiunto al nome il termine Museum

E, in quanto tale, visitabile (...) anche dal pubblico. 

 Ma cosa è stato trovato nel terreno sotto il palazzo di così rilevante?

 Di tutto e (...) di più! 

Perché non so se, in qualche altra parte del mondo, si possa osservare una straordinaria “collezione” archeologica, nascosta addirittura sotto il letto di una camera d’albergo… 

 Non proprio… “sotto”, naturalmente. 

Perché bisogna innanzitutto visitare l’esposizione museale. 

Conta (...): un vaso neolitico, una collezione di pipe in caolino, monete, medaglie, crocifissi e anelli. 

Poi si deve dare una sbirciata accanto al ristorante. 

Infine occorre necessariamente recarsi nei due piani sotterranei dell’Hotel. 

 (...) Così al primo piano siamo in grado di vedere le abbondanti tracce di una domus romana: pavimento in mosaico del II-III secolo d. C., con una Venere al centro (...). 

Ma non è ancora abbastanza, per soddisfare la crescente curiosità dell’ospite-visitatore. 

 Perché qui c’è anche il lastricato di una strada, una fontana e un pozzo cisterna, utilizzato dal IV al XV secolo. 

 Ora dobbiamo scendere ancora più in basso. 

No, non serve dirigersi speditamente verso la cantina, magari per scegliere con un sommeiller una bottiglia di ottimo vino. 

Perché là accanto vediamo altre mura romane, circondate da una struttura islamica (...)  

DA: LISBONA, TRA TRADIZIONE E MODERNITA’

ALLA SCOPERTA DI UN’INSOLITA “CAPITALE-VETRINA” ATLANTICA

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lunedì 25 novembre 2024

287. IN OCCASIONE DELLA GIORNATA INTERNAZIONALE PER L’ELIMINAZIONE DELLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE, 25 NOVEMBRE 2024, VOGLIO QUI RICORDARE ISABELLA LUCY BIRD (1831-1904),TRA LE MAGGIORI VIAGGIATRICI-ESPLORATRICI DEL SECOLO XIX. UNA FEMMINISTA VITTORIANA, DALLE STRAORDINARIE CURIOSITÀ ANTROPOLOGICHE E GEOGRAFICHE PER LUOGHI E POPOLI, CHE TROVERÀ NEL VIAGGIO E NELLA PAROLA LO SCOPO DELLA PROPRIA ESISTENZA. POICHÉ RITENNE CHE, PER ACCEDERE ALLE ATTIVITÀ E ALLE AVVENTURE TIPICHE DEL MONDO MASCHILE, BISOGNASSE SPOSTARSI IN LUOGHI LONTANISSIMI. SOTTRAENDOSI IN TAL MODO ALLE RIGIDE CONVENZIONI DELL’EPOCA, CHE ESIGEVANO LA SOTTOMISSIONE DELLA DONNA. DA: L’AVVENTURA AL FEMMINILE. VENTI RITRATTI DI DONNE STRAORDINARIE, CHE HANNO PERCORSO LE VIE DEL MONDO ALLA RICERCA DI CONOSCENZA

Isabella Bird in abiti orientali
Cosa c'è nel libro:  

MA'AT-KA-RA HATSHEPSUT, IDA PFEIFFER,  ISABELLA LUCY BIRD, ANNIE (HANNAH) ROYLE TAYLOR, FRANCES THERESA DENSMORE, GERTRUDE BELL, ALEXANDRA DAVID-NÉEL,  ISABELLE EBERHARDT, MARIA ANTONINA CZAPLICKA, LOUISE ARNER BOYD, GLADYS AMANDA REICHARD,  FREYA STARK,  HORTENSE POWDERMAKER,  CAMILLA HIDEGARDE WEDGWOOD, MARGARET MEAD, CORA ALICE DU BOIS,  ELLA MAILLART, GERMAINE DIETERLEN,  LAURA MAUD THOMPSON, ROSEBUD YELLOW ROBE

                                                              ....

Isabella Lucy Bird (1831-1904)

   Va annoverata tra le maggiori viaggiatrici-esploratrici del secolo XIX. 

Probabilmente è stata la più grande di tutte. 

Nei suoi numerosi libri, ancora ricercati e letti nel mondo anglosassone, si dipana il mezzo secolo dell’eccezionale vita di una femminista vittoriana, dalle straordinarie curiosità antropologiche e geografiche per luoghi e popoli, che troverà nel viaggio e nella parola lo scopo della propria esistenza. 

Alla sua morte molti si domandarono, perfino dalle pagine dell’Edinburgh Medical Journal, come potesse essere stata “un’invalida in patria e una Sansone all’estero”. 

In effetti aveva avuto due distinte personalità. 

Non si capiva come questa donna, volitiva e determinata, fosse stata così cagionevole di salute in casa per apparire, poi, nel corso dei suoi straordinari viaggi in terre remote e pericolose, energica e forte. 

Poiché le convenzioni dell’epoca esigevano la sottomissione della donna, forse ritenne che, per accedere alle attività e alle avventure tipiche del mondo maschile, bisognasse spostarsi in luoghi lontanissimi. 

Dove quelle restrizioni erano assenti. 

La sua vita è stata così un pendolo in perenne movimento tra la casa (dove si divide tra penosi malanni e la scrittura di libri e articoli sulle sue avventure in paesi esotici e lontani, con dovizia di particolari e passione) e i viaggi (dove mostra un carattere ambizioso e volitivo, uno spirito indomabile, che la spinge nelle zone meno conosciute del globo, spesso completamente da sola, con i più diversi mezzi di locomozione: elefanti, portantine, cavalli, imbarcazioni, piedi).

 Sarà proprio da queste dure, rischiose e prolungate immersioni nell’altro da sé, culturale e geografico, che riceverà la sua energia vitale.

   Una “discesa sul campo”, la sua, più simile a quella di un esploratore, che di un viaggiatore à la page del Grand Tour.

 Tutto, poi, tenderà a rientrare “nei ranghi” una volta in patria. 

Dove, come al solito e come sempre, crollerà. 

Ripiegando su se stessa e sulle sue malattie, ma solo per qualche tempo... 

Poiché un altro consiglio medico la spingerà nuovamente fuori dal suo bozzolo, per un altro grandioso exploit in terre lontane.


DA: L’AVVENTURA AL FEMMINILE

VENTI RITRATTI DI DONNE STRAORDINARIE, CHE HANNO PERCORSO LE VIE DEL MONDO ALLA RICERCA DI CONOSCENZA




(157 pp., 115 foto, 60 note)
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