A sedici anni (1962-63) ho scritto il mio unico romanzo. Purtroppo è rimasto incompiuto... Il protagonista è un etnologo italiano, poiché allora ero attratto dall'Etnologia. Oltre a raccontare anche dell'amore tra lui e un'affascinante, ma molto gelosa, donna, basandomi sulla letteratura di viaggio ed etno-antropologica in mio possesso (e sulle ricerche effettuate nelle Biblioteche dell'Istituto Italo-Africano e del Museo Pigorini, al Collegio Romano), ho cercato di descrivere l'ambiente tropicale, la fauna, alcuni popoli. Ho anche lasciato inalterato il testo.
ll Circolo Equatore è un ristorante ed un club notturno ostentatamente privato. Giorgio Rovi e il dott. Johnson erano arrivati da qualche minuto e stavano parlando tra loro, quando arrivarono i coniugi Smith.
- Buonasera
signora, buonasera signor Smith, spero che vi siate riposati abbastanza e che
abbiate trovato comoda la stanza.
- Non
è male, certo che ci sono meno rumori che a Piccadilly Circus!
- Vogliamo
andare,
fece Giorgio
- Certo, e si avviarono verso
l’entrata.
Un
barbuto negro si trovava alla porta e non avrebbe fatto passare la coppia, se
non ci fosse stato l’intervento del direttore del Norfolk e di Rovi.
- Lo
sa perché è successo tutto questo? disse l’etnologo a Milly. Perché hanno
voluto copiare i clubs londinesi.
- Ma
lì da noi basta pagare il biglietto d’ingresso per ottenere la nomina di soci, rispose l’inglesina
. Qui
invece hanno voluto strafare, comunque siamo riusciti a farvi entrare lo stesso.
Incominciarono
a salire le scale coperte da una passatoia di velluto che, più che a scopo
decorativo, serve da soffice cuscino per gli esuberanti, che hanno alzato il
gomito un tantino di troppo. Che cadono, vengono spinti o precipitano giù dalle
scale a qualsiasi ora dopo l’una del mattino.
L’orchestra
fino a poco tempo fa suonava solo sambe e rumbe. Ora anche nel Kenya, come in
molte altre parti del mondo, sono giunte le diavolerie di questi balli moderni:
il rock and roll, il twist, l’hully gully, il madison, e così via, fino
all’ultimo arrivato che prende il nome da un simpatico mezzo di divertimento
acquatico usato alle Hawaii: il surf.
Da un
lato c’è il bar, di solito occupato da una sestupla fila di clienti, nebbioso
di fumo. Le cene sono servite intorno alla pista di ballo. I tavolini sono
letteralmente circondati da ogni sorta di esotismo africano: zanne di elefante,
paralumi ornati da disegni di giraffe, gazzelle e rinoceronti e di ogni altro
tipo animale, che si può vedere quasi ogni giorno nelle aperte praterie o
nell’infida boscaglia.
Ritratto di tre camerieri africani in uniforme all'Equator Club. |
Il dottor
Johnson fece iscrivere nel suo registro il nome degli ospiti e tutti quanti si
diressero verso un tavolino d’angolo.
Giorgio
ordinò la cena, che era composta da specialità italiane, inglesi e irlandesi ed
era innaffiato da parecchi fiaschi di Chianti. Dopo cena, si fecero portare il
caffè.
Mentre lo stavano sorseggiando, erano circa le 22 e la pista da ballo era gremita di giovani, che ballavano la bossa nova,
Giorgio iniziò a parlare sull’argomento
che stava molto a cuore agli sposini inglesi: non so se vi siate già messi
d’accordo, fece rivolto a John, riguardo al white hunter, che dovrà portarvi in
safari. Comunque, se non avete già preso impegni, io conosco uno dei migliori
“safari guide” (credo che ormai sia il termine migliore, rispetto al sorpassato
white hunter dell’epoca dei pionieri) di tutto lo Stato.
- Per
la verità noi credevamo che… insomma ci saremmo messi d’accordo sul posto e…
quindi non abbiamo nessun white hunter impegnato con noi.
Johnson
s’intromise: avete fatto molto male, non sa che bisogna prenotarsi almeno un
mese prima per fare un safari e, in alcuni casi, per i cacciatori bianchi assai
abili ed esperti ci vuole anche la prenotazione di almeno un anno?
- Le
giuro che non sapevo niente di tutto ciò…
Giorgio riprendendo:
spero che Mon Collins non abbia preso alcun impegno e vi possa offrire il
suo servigio!
Milly: certo
che qui nel Kenya la voce del safari nelle entrate statali deve essere molto
importante. Prima quasi non trovavamo posto in albergo, ora rischiamo di non
fare alcun safari, perché ci vuole anche qui una prenotazione.
- In
effetti,
fece Johnson, la voce safari viene subito dopo quella dell’esportazione del
caffè!
- Bisogna
considerare,
fece Rovi, finendo di bere il suo espresso, che la full licence, la licenza
che dà la possibilità di uccidere un gran numero di animali di ogni taglia e
dimensione, costa molto. Ma quali animali desidera cacciare?
- Noi
vorremmo fare un Big Game, rispose Milly, anticipando il marito e, quindi, prendendolo
in contropiede… cioè, come lei ben saprà, vorremmo uccidere e portarci
tranquillamente a casa i trofei dei quattro animali più pericolosi: l’elefante,
il rinoceronte, simba e il bufalo.
- Come
pretese non c’è che dire, nient’altro? Fece Giorgio…
- Nient’altro, rispose con la sua
faccetta impertinente Milly.
L’orchestra
in quel momento attaccò un pezzo classico, quindi un lento e, ben presto, la
pista fu lasciata dai giovani, che andarono a rifarsi al bar con qualche
ghiacciata coca cola, mentre la vecchia guardia ne prendeva il posto.
- Bando
alle chiacchiere,
disse Rovi rivolgendosi a Milly, che ne direste di fare un ballo con me,
sempre se suo marito acconsenta?
- Milly
per tutte le cose che fa ha sempre il mio incondizionato assenso e, quindi, lei
può ballare senza il pericolo che le spari alle spalle con una mia fantomatica
rivoltella.
- Grazie!
Giorgio
aiutò Milly ad alzarsi e insieme si recarono in mezzo alla pista.
Prese tra
le braccia l’inglesina e si chinò a guardarla. Era molto alta di statura, ma i
suoi occhi azzurri arrivavano appena all’altezza del mento di lui. I capelli
biondi sembravano vivi alla luce dei candelabri, come se vi danzassero piccole
scintille luminose. Indossava un semplice abito giallo, dalla scollatura assai bassa,
ma senza arrivare al “topless”. Sapeva di un profumo che Giorgio non riuscì a
riconoscere. Milly alzò il viso sorridendogli e Giorgio la ricambiò. La sentiva
incredibilmente morbida sotto le dita. Danzava con la leggerezza di un seme
piumato spinto dal vento sulla pianura.
- Lo
sa che è molto bella?
- Non
so, nessuno me lo ha mai detto prima di lei, è la prima volta, fece con un
sorrisetto. Oh, vedo che il dottore si è alzato, temo che stia per andarsene.
- È
meglio che ci avviciniamo e sentiamo un po’ che cosa è successo. Aggiunse Giorgio.
Si fecero
largo tra la gente e finalmente arrivarono ai bordi della pista ed, infine, al
tavolo.
- Mi
hanno telefonato proprio ora dal Norfolk, disse con aria piuttosto preoccupata
il direttore. Sembra che ci sia stata una zuffa al bar tra alcuni piloti
ubriachi e che perfino Allub, uno dei barman, sia stato ferito al mento. Quindi
mi dispiace lasciarvi, ma occorre la mia presenza.
Con una
buonanotte a tutti si allontanò e sparì ben presto alla vista dei tre.
- Mi
dispiace proprio…
ed è veramente una persona a modo, fece John a Giorgio. Senta,
sempre continuando, dato che domani mattina dovremo alzarci presto per fare
un giro per Nairobi, non potremo andarcene?
- Giorgio - La vita
notturna comincia proprio adesso (è mezzanotte!), ma se desiderate andare a
letto subito, non sarò io a costringervi. Volete che chiami un taxi?
- Sì,
grazie!
Giorgio
andò a parlare con un negro, che si trovava vicino all’uscita e ritornò subito
dopo.
- Una Chevrolet
vi sta aspettando, buonanotte e sogni d’oro. Vi invito domani al Norfolk, mi
dispiace non accompagnarvi, ma sono un tipo nottambulo e, quindi, resto ancora
un po’ all’Equatore.
- Arrivederci
Prof Rovi.
- Arrivederci
- A
che ora dobbiamo stare al suo Hotel?
- All’una
e mezza.
- Va
bene
- Buona
Notte
- Buona
notte. Felici bagordi.
- Grazie…
I coniugi Smith se ne andarono e, quando Giorgio rimase solo (per modo di dire, in quanto il night club era abbastanza affollato), salì al piano di sopra, dove c’era un’ampia terrazza ed un secondo bar. Ordinò una birra e con il bicchiere in mano si appoggiò alle sbarre di protezione. La vetta nevosa del Kilimangiaro, che a sud si poteva scorgere solo in giornate particolarmente chiare, era all’oscuro. Nairobi era illuminata qua e là. Le luci al neon dei locali notturni e degli alberghi, le lampade al sodio delle strade, i fari anabbaglianti delle auto, che correvano veloci, gli facevano ricordare quella notte di tanti anni prima, quando ancora ragazzo era andato a vedere la Rassegna di Elettronica all’EUR (Roma) [22.6.1962], ed era ritornato a casa alle 3 e mezza! Ora era assai “diverso”, pensò...
CONTINUA: LA VISITA DELLA CITTA' DI NAIROBI