Smithsonian Castle, foto aerea di C. Highsmith, 2006 (Library of Congress, Prints and Photographs Division) |
LA SMITHSONIAN
INSTITUTION, WASHINGTON
Nel 1996 la Smithsonian Institution di Washington, l'istituzione americana che,
data la sua megagalattica attività, non teme paragoni al mondo, festeggiò degnamente i 150 anni dalla sua fondazione (1846), attraverso una
grandiosa mostra itinerante. Per due anni, infatti, l'America's Smithsonian portò in numerose città statunitensi 150
reperti, su una disponibilità di oltre 100 milioni, selezionati tra i più
rappresentativi della sua storia.
Incredibile a dirsi, ma
"tanta" istituzione deriva da un atto di fede e di speranza, nelle
possibilità degli Stati Uniti, da parte di un filantropo europeo, l'inglese James
Smithson, morto nel 1829.
Di professione scienziato, egli, che non era mai stato in America, volle "fondare a Washington un'istituzione per incrementare e diffondere la conoscenza tra gli uomini". Nel 1846 il Congresso per la Federazione acquisì l'intera proprietà del ricchissimo gentleman. Da allora la Smithsonian è amministrata da un Consiglio, che vede il Capo della Giustizia accanto al Vice Presidente Usa, oltre a tre membri del Senato e a tre della Camera dei Rappresentanti. Infine nove cittadini sono nominati dal Congresso.
Il cosiddetto "castello" (The Castle), l'edificio smithsoniano vero e proprio, fu il primo edificio ad essere costruito (1855). Sorge a metà circa del Mall (tra il Monumento a Lincoln e il Campidoglio), e ne rappresenta il centro direzionale (vi si trova anche la tomba del mecenate).
In
effetti va detto come la Smithsonian sia formata da un rilevante numero di
"corpi" separati: ben 15. La maggior parte di loro, considerata
l'importanza che l'istituzione da sempre ha rivestito nella vita nazionale, si
trova ai lati del Mall: Museo di Storia Americana e di Storia Naturale, National Gallery of Art, Free
Gallery of Art, Air and Space Museum,
Arts e Industry, Hirshorn Museum.
Quanto già rilevato nel precedente post dedicato al Museo di Storia Naturale di New York (18 settembre), vale anche per la Smithsonian: il mio personale approccio in quegli anni, il tempo dedicato ai singoli musei, le poche fotografie riportate da ciascuna visita, l'importanza riservata all'aspetto museografico-espositivo a me caro. Che, naturalmente, mi portava a privilegiare il settore etno-antropologico.
E dire che non sono ancora riuscito a visitare tutti i musei siti nel Mall. Tra l'altro va detto che altri sono sparsi, non solo nelle vicinanze, ma anche a New York, come il Cooper-Hewitt Museum. Senza contare gli istituti di ricerca (zoologica, marina, ecologica, tropicale), disseminati tra Panama e Harvard.
NATIONAL MUSEUM OF THE AMERICAN INDIAN, NEW YOK
Molti anni dopo avrò comunque l'opportunità di vedere a New York, nel George Gustav Heye Center, ospitato nell’ex Palazzo della Dogana statunitense, l’interessante National Museum of the American Indian. Museo che ha anche altre due sedi, una sempre a Washington, nel National Mall (dal 2004), l'altra nel Maryland.
Una sala del Museo (© Franco Pelliccioni) |
IL MUSEO DI STORIA
NATURALE, WASHINGTON
Una Ford modello T parcheggiata davanti al Museo, ca. 1926 (Library of Congress) |
Mai visita fu così bene accetta
di quella che, sempre durante quel mio primo viaggio negli States, effettuai alla sezione africana (African Cultures) del Museo di Storia Naturale. Completato
nel 1881, il Museo contiene oltre 81 milioni di reperti (meno dell'1% è
esposto).
Il Museo di Storia Naturale, 2005 ( CC Some rights reserved User:Postdlf) |
La sezione africana fa parte del Dipartimento di Antropologia: più di un milione di reperti di ogni parte del mondo, una biblioteca (oltre 50.000 volumi), archivio (più di due chilometri di scaffali) e fototeca (circa 400.000 "pezzi", dei quali oltre 90.000 risalgono al periodo 1860-1930).
L'etnologo Gordon D. Gibson (1922-), uno specialista dei Bantu sud-occidentali e Curatore dell'importante sezione, durante quella visita rappresentò il mio prezioso "Virgilio" .
Con meticolosità scientifica e dovizia di particolari mi avrebbe infatti illustrato, una sala dopo l'altra, le diverse aree culturali e ciascun grande diorama presente. Nei quali, grazie alla straordinaria massa di reperti etnografici a disposizione, erano esemplarmente ricostruite, con ricchezza di dettagli, regioni a me ancora molto care [E sì! Perché, soprattutto nel cuore, sono ancora un impenitente africanista, che per mille motivi ha poi dovuto volgere la sua vita professionale in altre aree del mondo]. Non solo sulla base della relativa letteratura africanistica, ma principalmente con l'intervento personale di ricercatori e curatori tra i più prestigiosi disponibili sul mercato dei cervelli, e sulla base delle singole ricerche sul campo.
Statuetta maschile dei Bakongo, Congo, fine XIX secolo (foto 2015, Daderot) |
Ogni vetrina, ogni ricostruzione d'ambiente ha perciò ottenuto l'insostituibile, prezioso, supporto di studiosi che, proprio in quelle aree culturali africane, hanno condotto ricerche importanti, spesso facenti parte ora della storia della disciplina. Il Turnbull, ad esempio, ha sapientemente curato il diorama riguardante i Pigmei Mbuti dell'Ituri (Zaire, dal maggio 1997 Repubblica Democratica del Congo).
Quanto ebbe ad illustrarmi il Dr. Gibson mi avrebbe allora profondamente impressionato. Ma quello era l'anno del "contatto", del mio primo approccio all'America e alla realtà accademico-culturale statunitense...
In seguito, dopo ogni viaggio, e con l'accumularsi di esperienze interpersonali e professionali, cominciai ad assuefarmi all'idea del "grandioso". Di un paese, dove l'impossibile è quasi sempre possibile...
Il lungo alone di efficienza, lo stretto rigore scientifico, la ricchezza di mezzi pressoché inesauribile: sono questi i ricordi di quelle prime visite negli Stati Uniti. E da allora i miei giudizi in merito non hanno subito alterazioni di rilievo.
Ed oggi il Museo ospita anche le collezioni del vicino e fiammante Center for
African, Near Eastern and Asian Cultures.
LA SMITHSONIAN, IL BUREAU OF AMERICAN ETHNOLOGY, GLI INDIANI
La Smithsonian, come il Museo di Storia Naturale di New York,
ha avuto un ruolo del tutto fondamentale tra le istituzioni scientifiche
statunitensi, anche nel campo dell'Etnologia, della Linguistica e
dell'Archeologia dell'America.
Al suo interno venne appositamente creato nel 1879 un Bureau of American Ethnology. Fondato e diretto da quel Powell che, per primo, aveva attraversato tutto il Gran Canyon del Colorado (1869), e che avrebbe contribuito, con le sue spedizioni e la sua attività propulsiva, ad ampliare notevolmente il patrimonio conoscitivo del caleidoscopico mondo degli Indiani d'America.
Illuminante fu il suggerimento anticipatore del suo amico Henry,
Primo Segretario della Smithsonian: "è
un dovere sacro che questa Nazione deve al mondo civilizzato nel raccogliere
ogni cosa relativa alla storia, maniere, costumi, peculiarità fisiche e, in
breve, a tutto ciò che serve per illustrare il carattere e la storia degli
originari abitanti del Nord America" (1857).
In occasione dell'Esposizione Universale di Filadelfia del 1876, nel Centenario dell'Indipendenza degli Stati Uniti, si tenne quella che sarebbe stata la prima
mostra di Etnografia Indiana: "con
artigianato, costumi, armi e resti archeologici", alla quale contribuì lo stesso Powell con oggetti Ute e
Paiute. Ma la grande occasione
sarebbe arrivata con l'Esposizione Mondiale di Chicago del 1893, dove venne inaugurata una colossale mostra di oggetti etnografici.
LA JESUP NORTH PACIFIC EXPEDITION TRA AMERICA E ASIA (1897-1902)
Negli anni precedenti, allo scopo di acquisire nuovo materiale, la Smithsonian aveva anche allestito numerose spedizioni in diverse parti del mondo. Furono proprio tali missioni a propiziare la progettazione di una delle più grandi missioni scientifiche mai realizzata fino ad allora: la Jesup North Pacific Expedition (1897-1902). Grazie all'intervento del Boas e all'estrema versatilità e duttilità del Putnam. Quest'ultimo, Curatore del Museo di Storia Naturale di New York, fu un grande museografo e un "Maestro", sia nell'insegnamento, che nell'addestramento di nuovi curatori.
Si deve a
questi due illustri studiosi se i ricercatori americani, seguendo un programma
teorico stabilito in precedenza, furono in grado di dimostrare l'unità storica dei
numerosi popoli disseminati lungo le coste in prossimità dello Stretto di
Bering, tra Siberia, Alaska e Canada.
SPEDIZIONI E
RICERCHE NEL MONDO
La tradizionale attività di ricerche e di spedizioni etno-antropologiche in ogni area del globo, portata avanti da parte dei musei americani a partire dall'800, ricevette uno splendido e vigoroso impulso soprattutto dalla Smithsonian.
In questo contesto determinante e antesignano fu il lavoro relativo all'elaborazione di manuali e guide per collezionare reperti archeologici, etnografici o per raccogliere dati e materiali etno-linguistici o di antropologia fisica.
Come il "classico" Guide to Field Collecting of Ethnographic Specimen (Sturtevant,
1977), in mio possesso. Che, con ogni probabilità, non sarà l'ultimo di una
lunga serie, che aveva avuto inizio nel lontano 1863 con le: Instructions for research relative to the Ethnology and Philology of
America del Gibbs. Subito seguito da un secondo nel 1867: Circular relating to Collections in
Archeology and Ethnology.
Ogni anno la Smithsonian
sponsorizza o partecipa direttamente a centinaia di ricerche in tutti gli
angoli del globo, dall'aviazione all'oceanografia, dalla storia nazionale
all'arte Orientale e Americana, all'antropologia, dagli studi archeologici a
quelli ecologici.
NATIONAL AIR
AND SPACE MUSEUM
L'entrata del Museo, 2010 (CC Some rights reserved, Jawed Karim) |
Otto anni dopo sono tornato a
Washington, anche per visitare l'interessante Museo dell'Aviazione e dello
Spazio (National Air and Space Museum).
La Smithsonian si interessò allo spazio molto presto. Nel 1861 l'Henry raccomandò a Lincoln un conduttore di aerostati, in modo che potessero essere dimostrate le potenzialità dei palloni come osservatori militari. Langley, il suo Terzo Segretario, tra il 1887 e il 1903 costruì diverse macchine "più pesanti dell'aria", due delle quali, spinte da un motore a vapore, volarono sopra il fiume Potomac.
Il salone d'ingresso con lo Spirit of St. Louis, il modulo di comando dell'Apollo 11 e la Space Ship One, 2010 (CC Some rights reserved, Jawed Karim) |
Nel Museo sono in mostra macchine
uniche: dal Flyer dei fratelli Wright
(1903) allo "Spirit of St. Louis"
di Lindbergh. Di rilievo gli aerei appartenenti all'epopea pionieristica del
trasporto postale e commerciale. Ma vi si trova anche lo storico LEM (il modulo Lunare).
I più giovani, e non solo loro, potranno sostare sulla plancia di comando di una grande portaerei della US Navy, dove si assisterà con un brivido, attraverso suoni, immagini e autentiche sensazioni, al continuo decollo e appontaggio di jets militari.
Boas, i pigmei Mbuti, Powell e la Jesup North Pacific Expedition figurano nella mia trilogia antropologica:
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