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domenica 29 ottobre 2023

114. LA PRIMA GRANDE AVVENTURA DELLA MIA VITA: LA TRAVERSATA NEL 1976 DEL DESERTICO E SEMI-DESERTICO KENYA SETTENTRIONALE, POPOLATO DA NOMADI ALLEVATORI DI CAMMELLI, CARATTERIZZATO DA RAZZIE E CONTRO RAZZIE DI BESTIAME, MA ANCHE DA RARI ATTACCHI DEI PREDONI DEL DESERTO, GLI SHIFTAS. II PARTE

 

Donna Samburu - Maasai settentrionale - (© Franco Pelliccioni) 

"Giungiamo ad Archer's Post attraversando la Samburu Game Reserve, senza vedere un animale, salvo qualche piccolo uccello. Sarà così fino a Marsabit, dove però mi aspettano elefanti, giraffe e zebre…. Ci fermiamo per scaricare birra e caricare bottiglie vuote. Quattro casupole, il posto di polizia su una collinetta, la bandiera del Kenya. Poco distante la linda chiesetta cattolica, nei paraggi alcuni tradizionali accampamenti Samburu. I centri lungo la pista, come Serolevi o Laisamis, appariranno tutti così.

Nei pressi della Missione di Archer's Post (© Franco Pelliccioni) 

Ad Archer's Post ho paura. Forse ho fatto male a prendere il camion. Non so nulla degli autisti. Non credo che ci si possa aspettare, in caso di aggressione, un qualche aiuto dagli africani ospiti. Nello scaricare le birre, ogni tanto mi guardano e attentamente osservano orologio [al polso ho il mio vistoso Bulova Accutron subacqueo – ho fatto immersioni in apnea e caccia subacquea sulla costa dell’Argentario, nell’ex Jugoslavia, nelle isole Tremiti e in Grecia -, un ERRORE, il mio che in futuro non si ripeterà], borsa e valigie. Uno dei tre porta un ben visibile coltellaccio. 300 Km sono moltissimi in Africa. Penso che in ogni momento possano tranquillamente uccidermi per derubarmi. Potrebbero lasciare il mio corpo a mezzo metro dalla pista senza che nessuno possa mai accorgersene.

A Marsabit mi diranno che il poliziotto che li ha fermati ha costituito la mia "assicurazione sulla vita".

Vorrei scendere, scappare alla Missione, ma desisto.

Scendo a prendere un'aranciata, offrendone una anche al ragazzo per farmelo amico, in un negozietto zeppo di mercanzie. Sulla sinistra, incollati al bancone, due Moran Samburu, con lance, ocra rossa sul viso, grasso sui capelli. Mi guardano, mettendo una certa soggezione. Si riparte. Ora è salita sul cassone una donna, che a quanto pare viene molto criticata dalle altre persone. È l’unica vestita all’europea, quando le altre indossano pelli di animali e mostrano i seni. Dovrebbe essere una prostituta e scenderà a Serolevi.

Dromedari sostano nel piccolo centro di Laisamis, vera e propria oasi nel deserto (© Franco Pelliccioni) 

La pista caratterizzata dalla terra dal forte colore rosso
(© Franco Pelliccioni) 

Sulla pista incontriamo una decina di camion bloccati dai guasti. Tra cui quello del D.C. [District Commissioner] di Marsabit con numerosi poliziotti. Ci si ferma e gli autisti danno una mano.

Un Rendille con lancia e bastone ci saluta (© Franco Pelliccioni) 

Il paesaggio è straordinario, magnifico. Steppa e terra rossa dappertutto. Vicino ed in lontananza scorgo montagne isolate, grossi "macigni" alti anche 5-600 m, catene montuose. È stupendo!

Donne Rendille tornano al loro insediamento con calebasse e lattine colme d’acqua (© Franco Pelliccioni) 

Nelle sette ore del viaggio, incroceremo il pullman che da poco fa servizio in queste zone di frontiera e cinque, sei Land Rovers. Di tanto in tanto intravedo altri accampamenti. Sono dei Rendille. Poi, ai lati della pista, prima uno, poi molti dromedari. Ne conto circa 200, sparsi sopra una vasta zona: è l'avvisaglia che il deserto del Kaisut incombe. I cespugli si fanno radi e bassi, ci sono solo pietre e terra e polvere. Temo per le pellicole. In lontananza sovente vedo salire del fumo dai fuochi di bivacco. Mi sbaglio. Sono grossi mulinelli di polvere mossi rapidamente dal vento. Cerco di coprire le valigie con un giaccone del ragazzo e spero di non sentirmi male.

Panoramica sul deserto del Kaisut dalla montagna di Marsabit
(© Franco Pelliccioni) 

Penso che questa che vivo sia un'esperienza più unica che rara. La vera Africa indubbiamente sta ancora da queste parti e mi domando come facciano a vivere i pastori nomadi con questo duro clima e così poca acqua. So che da quattro anni qui non piove...

Cominciamo a salire. Riappare la steppa, più frequenti si fanno gli accampamenti dei pastori. Ci sono dromedari solitari, asini, capre e pecore, pochi zebù e mucche. Salendo sembra che il camion non ce la faccia più. Spero che non faccia la fine degli altri camion incontrati per la strada.

 Un vecchio cartello indica che siamo nella Marsabit Game Reserve e, poco dopo, in un habitat a savana, con alberi spinosi, due elefanti mangiano tranquillamente a non molta distanza sulla destra, a ca. 300 m. dalla pista.

Il deserto del Kaisut, Kenya settentrionale (© Franco Pelliccioni) 

Salendo sulla montagna di Marsabit, un vulcano estinto, fa freddo. Quale diversità di clima e di regioni!  Le cime montuose ricoperte da un fitto manto boscoso appaiono ora più vicine. Incontriamo altri elefanti, due a sinistra, poi un gruppo di cinque sulla destra, oltre a giraffe e zebre. Scendiamo lungo ripide curve. Funzioneranno i freni? Non sbanderà il mezzo così pesante? Va tutto bene… Eccoci infine arrivati alla cittadina di Marsabit, preannunciata da alcuni shambas [campi coltivati].

Andiamo a scaricare la birra, non molto lontano dalla Missione. Mi faccio condurre là da un ragazzo, che mi porta una valigia. Alla scuola tecnica chiedo dove sia la residenza dell’arcivescovo. Sono poi accompagnato in Land Rover dall'arcivescovo. Non c'è luce e sta leggendo al lume di candela. Consegno la lettera dell’Ambasciatore. Si vedrà cosa è possibile fare per me.

Si ritorna alla Missione, bevo moltissimo, ceno. C'è stato un furto di vestiti. Gli shiftas si sono infiltrati in Kenya per combattere, questa volta, in Etiopia ed alleggerire il fronte Eritreo. In territorio kenyota domenica hanno ucciso due pastorelli di quattordici anni, che volevano difendere il loro bestiame. Qui entrano anche per procurarsi cibo. Siamo a non molta distanza dal confine etiopico. Incontro il medico di Sololo. È stato nel Sahara, a Beni Abbes e in Mandara, nel Camerun settentrionale, per due anni e mezzo. Mi invita a passare una settimana da lui. Non ci sono problemi. Potrei fotografare i Borana liberamente. Mi dicono che è venuto il Capo della polizia della Eastern Province, che tutti gli stranieri si devono presentare al D.C. ed alla polizia e che tutti coloro che risultano in possesso di armi devono denunciarle.

Il medico mi dice che effettivamente ho passato un brutto quarto d'ora senza bere, ecc.. e ho fatto bene a mettermi l'acqua sul viso. Potevo prendere un colpo di sole molto, ma molto pericoloso.

L'avventura africana è forse terminata.

Il giorno dopo scoprirò che non è possibile far ricerca a Marsabit!” Sarà così effettuata ad Isiolo…



Davanti ai negozi sulla strada principale di Isiolo i miei due assistenti africani parlano con alcune donne Turkana: il catechista Meru John Mark, autentico poliglotta (inglese, Meru, Swahili, Kikuyu, Turkana, Somalo) e lo studente universitario  somalo Mohamed Musa 
(© Franco Pelliccioni) 



N.B. Per l'impossibilità di fotografare nel corso del viaggio a bordo del camion, le foto (rispettando l'itinerario) sono state scattate nel corso del viaggio di ritorno ad Isiolo, su una Land Rover.
......
Ancora dal Diario di ricerca, Laisamis, lungo la pista per Isiolo: "Sosta per il pranzo presso i missionari della Consolata. Ci dicono che uno del gruppo dell'aereo precipitato vicino Marsabit, un somalo di Gibuti, che si era allontanato per chiedere aiuto, è stato ucciso dai Rendille, perchè l'avevano scambiato per uno shifta. Don Molino dice che le razzie sono molto frequenti, come pure le uccisioni e i ferimenti durante gli scontri. Per lo più i Borana vogliono rubare mucche e dromedari ai Rendille". 

p.s. Oggi la strada è asfaltata ed esiste un regolare servizio di autobus.

Aggiornamento del 30 ottobre: 

       40 anni dopo, nel 2016, i 507 km della pista sono stati sostituiti da una vera e propria strada a doppia corsia. Grazie ad un finanziamento dell'African Development Bank GroupLa durata del viaggio tra Nairobi e Moyale da tre giorni si è ridotta a meno di 1 giorno.
L'autostrada è diventata una trappola mortale per  gli automobilisti, perchè i banditi dilagano. Prendendo il sopravvento tra Merille ed Archer's Post. Inizialmente i banditi prendevano di mira i camion che trasportavano bestiame tra Moyale e Marsabit verso Nairobi. 
In seguito hanno cominciato ad attaccare i veicoli passeggeri e i camion con prodotti alimentari. 
Terrorizzando gli automobilisti, ai quali viene chiesto denaro e oggetti di valore, dopo aver bucato le gomme.  A volte non molto lontano da posti di blocco paramilitari (Jacob Walter, "Isiolo-Moyale highway turning into bandits’ playground", Africa Nation14.12.2022.   
....
I rapinatori continuano a terrorizzare gli automobilisti lungo l’autostrada Isiolo-Moyale, tratto della Great North Road, che collega Il Cairo a Città del Capo.
L'inefficienza della polizia ha trasformato questa sezione dell’autostrada transafricana in un incubo per i viaggiatori. Decenni di episodi di banditismo si sono trasformati in una seria minaccia.
I banditi spesso vengono dal vicino distretto Samburu, operano in gruppi di tre-cinque individui e sono supportati dai locali che approfittano delle merci rubate
Sono dotati di armi leggere e di piccolo calibro provenienti dalla Somalia e dal Sud Sudan e sono favoriti dalla disponibilità di reti di telefoni cellulari, che permettono il coordinamento tra loro, eludendo in tal modo la polizia.
I residenti raccontano all’ISS Today che il banditismo continua per la mancanza dei pattugliamentri della polizia e per la lentezza dei loro interventi (GUYO CHEPE TURIISS Nairobi "Robbery continues on the treacherous Kenya's highway Isiolo-Moyale", 28 maggio  2020): 
......
Ricordo ancora come nel 1980 io abbia dovuto sostituire la seconda fase del progetto Isiolo con un survey socio-antropologico (sviluppo) tra i popoli nomadi, transumanti e sedentari (Turkana, Merille, Borana, Rendille, Elmolo), localizzati intorno alle sponde del Lago Turkana (già Rodolfo), Kenya nord-occidentale. 

Nel 1980 il Kenya versava in una situazione invero difficile. 

Non solo per  il risentimento della tribù dei Kikuyu nei confronti di un governo in maggioranza non Kikuyu, ma soprattutto per la presenza degli shiftas, che imperversavano nelle aree nord-orientali, arrivando alle Nyambeni Hills ed all'altezza della città di Isiolo.
Facendo sì che tutto il traffico veicolare venisse concentrato in colonne scortate da mezzi della polizia e dell'esercito kenyota.
........
p.s. Le quattro versioni del libro: Maasai. Genti e Culture del Kenya sono state pubblicate tra il 27 novembre e il 14 dicembre 2023 (174 pp., 173 foto, 258 note, per la versione stampata illustrata: https://www.amazon.it/dp/B0CPSNZ9BW

lunedì 2 ottobre 2023

112. LA PRIMA GRANDE AVVENTURA DELLA MIA VITA: LA TRAVERSATA NEL 1976 DEL DESERTICO E SEMI-DESERTICO KENYA SETTENTRIONALE, POPOLATO DA NOMADI ALLEVATORI DI CAMMELLI, CARATTERIZZATO DA RAZZIE E CONTRO RAZZIE DI BESTIAME, MA ANCHE DA RARI ATTACCHI DEI PREDONI DEL DESERTO, GLI SHIFTAS. I PARTE

 

Il monte Kenya fotografato con il tele dalla barriera che blocca l'accesso alla pista, che conduce verso il nord del Kenya
(© Franco Pelliccioni)  

Ora che ho quasi ultimato il testo del mio ultimo libro concernente il Kenya (Maasai. Genti e Culture del Kenya),  in questo post e nel successivo posso ricordare quella che è stata la prima grande avventura della mia vita, che ha avuto modo di estrinsecarsi proprio in questo stupendo paese dell’Africa Orientale. 
Quando nel 1976 attraversai il desertico e semi-desertico Kenya settentrionale. 
Terra popolata da nomadi allevatori di cammelli, caratterizzata da razzie e contro razzie di bestiame, ma anche da non rari attacchi armati degli shiftas somali, i predoni del deserto. 
Terra battuta da un sole impietoso e accecante, dove da anni non c’erano state piogge. 
Una traversata durata un’intera giornata, compiuta senza acqua, nè viveri, cercando di restare sempre in piedi sul cassone aperto di un camion, che trasportava rifornimenti per i piccoli centri del nord 
Ma allora avevo ventinove anni! 
Oltre tutto ero giunto da poco dall’Italia e non c'era stato il tempo per organizzarmi. 
Nel 1976, anno in cui avrei effettuato la mia prima ricerca antropologica sul campo, due erano le opzioni che  mi si erano prospettate in Italia
La prima riguardava il centro multietnico di Marsabit, che avrei raggiunto grazie a questo viaggio straordinario. 
L’altra era la cittadina di Isiolo (anch'essa multietnica), da dove ero partito per il nord. E dove poi tornerò, per effettuare la ricerca...
Mappa della regione centro-settentrionale del Kenya

Dal diario di ricerca: "15 giugno 1976. Questa mattina mi sono svegliato molto presto. Colazione con Don Luigi [il missionario parroco di Isiolo: Luigi Locati, Vescovo dal 1995, fu ucciso nel 2005 con tre colpi di pistola], Don Pio [Bono, della Missione di Merti, piccolo centro sulla pista per Wajir], poi è venuta anche Maria Teresa, l’infermiera. 

Corriere della Sera, 21 luglio 2005, p. 16

Don Luigi dice che, se voglio andare a Marsabit, bisogna recarsi il più presto possibile alla barriera. 

Con la Land Rover della missione vengo quindi accompagnato da Don Pio al di là delle casupole della cittadina, che ancora non conosco, poiché il viaggio a Marsabit precede la ricerca ad Isiolo.

Una barriera metallica blocca la strada asfaltata. 

Sulla destra due garitte, ancora più spostata la casetta della polizia.

Un cartello avverte che solo chi è autorizzato può recarsi a nord. 

Ne possiedo una dell'Office of the President, ottenuta a Nairobi [solo giungendo in Kenya verrò a sapere che occorreva un’autorizzazione governativa per effettuare qualsiasi tipo di ricerca scientifica. 

E dire che l’anno prima (1975), ero andato nella capitale francese, non solo per visitare Parigi. 

Recandomi subito all’Ambasciata del Kenya, nei pressi degli Champs-Elysées, allora competente anche per l’Italia. Qui, “ovviamente”, mi dissero che non c’era alcun problema, non c’era bisogno di alcunché].

L'autorizzazione rilasciata dal Permanent Secretary dell'Office of the President del 12 giugno 1976. Contiene il calce una nota successiva per il D.C. di Isiolo, una del D. C. di Isiolo e una del Capo della Isiolo Location

Fotografato davanti alla barriera in attesa di partire per il nord
(© Franco Pelliccioni)

Sul posto stazionano diversi poliziotti, che scambio per soldati a causa di baschi e tute mimetiche. So che Don Pio darà 10 scellini per trovarmi un posto su qualche camion. 

Dalla casetta esce con due poliziotti e, precedendone uno, senza farsi vedere dà all’altro le banconote. Mi dirà che posso anche fotografare. 
Vado verso la barriera e Don Pio mi scatta una foto, poi se ne va, augurandomi buon viaggio. 

Il posto di blocco della polizia e la pista che qui appare asfaltata
(© Franco Pelliccioni) 
  

Così con il teleobiettivo riprendo il Monte Kenya, ora visibile, e faccio un altro paio di diapositive. 

Il Constable, un poliziotto un po’ più anziano, dice minacciosamente che non si può, e che potrebbe sequestrarmi tutto… 

Non si possono fotografare government buildings!” Mi fa spostare le valigie, che erano state addossate alla casetta, all’ombra. Adesso sono sulla strada, al sole.

 Pazientemente attendo sotto il sole di fare l'autostop africano, con le valigie e il pesante borsone, che contiene il pesante l'apparato cine-fotografico di allora e un registratore Philips. 

C'è un via vai di Somali, Borana e Samburu. 

Ai margini della strada siedono alcune donne con i bambini, e qualche uomo. Anch'essi per ore aspetteranno tranquillamente, sotto il sole, un passaggio per il nord. 

I grossi camion e le Land Rovers che transitano (non molti, in verità: in quattro ore, solo sette-otto) vanno altrove: Wajir, Maralal. 

Tre europei con l’autista africano su una jeep si recano a caccia nei paraggi. 

Alcuni ragazzi cercano di vendere ai rari turisti collane di ambra, lance e bastoni Borana, con l'anima costituita da una lama. 

So che, dopo la curva, la strada non è più asfaltata. Là ha inizio la dura pista verso il nord [A 2 per Marsabit e Moyale, al confine con l'Etiopia]. 

Tutti i conducenti dei veicoli devono presentarsi nella casetta dal Constable per il controllo. 

Lasciano le proprie generalità e quelle dell'autoveicolo, che vengono accuratamente annotate in registri divisi per località.

Si supera su un ponte l'Uaso Nyiro
(© Franco Pelliccioni)
  

Inganno un po’ il tempo parlando con il poliziotto, che dovrà fermare il veicolo diretto a Marsabit. 

Mi dice che esistono serpenti pericolosissimi e che, se si viene morsicati, non si fa in tempo a raggiungere l’ospedale. 

Aggiunge pure che il chief aveva chiesto chi mi avesse autorizzato a fotografare. Così si era molto irritato, quando ha saputo che era stato proprio lui. 

D’altronde non sapeva del divieto.

Verso le 11 arriva la Land Rover di un tedesco. 

Parla italiano, è diretto 40 km a nord di Marsabit. Potrebbe portarmi fin là, ma poi potrei impiegare anche due giorni per giungere fino alla mia meta. 

Infine mi viene suggerito di andar via: non ci saranno altri mezzi, almeno fino al pomeriggio o alla sera. Con una telefonata viene Don Pio che, poveretto, soffre per un attacco di dissenteria. 

Poi, appena rientrato alla missione un ragazzo trafelato avverte che c'è finalmente un veicolo per Marsabit... 

Velocemente gettiamo le valigie sulla Land Rover e via di corsa. Al posto di blocco, dove non c'è traccia di camion, la barriera è tosto sollevata, mentre il poliziotto sale in corsa sul retro. 

Dopo la curva, intorno a me si apre inaspettato il grandioso paesaggio del nord. Finora preclusomi per la presenza di alte siepi. Quindi termina l'asfalto e con un discreto balzo siamo dritti, dritti, scodellati sulla pista. 

Lontano, un grosso camion solleva un enorme polverone. Lo raggiungiamo e superiamo. Il poliziotto fa cenno di fermarsi (Don Pio mi dice: ecco a cosa servivano i 10 scellini…). Il viaggio mi costerà 35 scellini.

Dalla pista per Marsabit (© Franco Pelliccioni)  

Il missionario mi consiglia di salire sul retro e di restare in piedi, in modo da avvertire meno i forti scossoni a causa delle corrugazioni della pista che qui, come altrove in Africa, dovrebbe essere affrontata ad una velocità di 80 kmh. 

Alla mia domanda, risponde che non prenderò l’insolazione perché ho il cappello.

Il viaggio più straordinario che possa essere mai compiuto in Africa ha inizio. 

Sono veramente pazzo ed incosciente. Poiché oltre tutto è da pochissimi giorni che sono giunto nel paese africano… 

Ma è un'impresa che non temo di definire eccezionale. L'Africa che attraverserò è enormemente diversa da quella della Rift Valley o delle White Highlands. 

È veramente l’Africa che non ha sentito parlare di disfunzioni ecologiche e che non vede turisti. 

Certo, è rischioso spingersi fin quassù. Una volta c'erano i predoni del deserto, gli shiftas somali, che hanno ucciso molta gente. Ecco perché nel Meru, a Mandera o a Mombasa ci sono le varie Boy's Towns.

Uno struzzo corre nella steppa arbustiva (© Franco Pelliccioni)   

All’Ambasciata, sia l’Ambasciatore Frank Maccaferri, che il Primo Segretario Gianfranco Varvesi, mi avevano avvertito dell’eccezionalità dell’impresa.

Ancora steppa e qualche basso albero spinoso
(© Franco Pelliccioni)   

L'imponente camion trasporta casse di birra Tusker (locale), in maggioranza, e Guinness, oltre a farina e mais in sacchi di cartone.

 Un ragazzo aiuta il guidatore e il suo vice. 

A bordo vi sono due degli africani che erano alla barriera: un Bantu e un piccolo e indecifrabile vecchio dagli occhi semichiusi (caratteri boscimanoidi?). Mi squadra ogni tanto. Dentro di sé forse si meraviglia per ciò che faccio per proteggermi dal calore. 

Partire a mezzogiorno non è certo l'ideale! Nel corso di tutto il viaggio non mangerò e, soprattutto, non berrò quasi mai. 

Avrò invece a sazietà: polvere, sole accecante, sballottamenti infiniti sul rumoroso camion e sulle sue, altrettanto fracassone, casse di birra. 

Rischiando più volte di perdere, per colpa del vento, l'indispensabile cappello. La prima volta è stato il ragazzo a prenderlo. In un’altra occasione (gli altri dormivano) l’afferrerò appena in tempo, gettandomi a pesce, dolorosamente, sulle casse di bottiglie.

Unico sollievo al caldo ossessivo e al sole accecante è l'ombra che mi concedono troppo di rado, per la verità, le nuvole che, veloci, passano basse sulla mia verticale. 

Tra l’altro fortunatamente avevo ancora due arance dal sapore fortissimo di limone, che erano avanzate dal viaggio Nairobi-Isiolo.

 Forse è stato grazie a quelle arance, alla compressa di vitamina C, e al fatto che per due volte (il viaggio è durato fino alle 18,45) ho potuto mettere un po’ d’acqua nel fazzoletto e bagnarmi nuca e tempie, nonché al fatto che avevo le lenti aggiuntive affumicate, che non ho preso un colpo di sole. 

Anche se devo riconoscerlo, ho sofferto come non mai senza bere, senza mangiare, con la polvere in quantità industriale dappertutto e sole accecante. Mi sono riempito anche di Nivea: mezzo barattolo sulle braccia, sulle gambe, sul naso, sulle orecchie, sul collo.

Il camion corre spedito sulla pista in mezzo a territori dal deciso color rosso. 

Vedo macchie arbustive, qualche albero ad altezza d'uomo, pietre. 

È la steppa, regno incontrastato dei nomadi. 

Di tanto in tanto scorgo i tipici accampamenti Samburu, costruiti in cerchio con sterpi e sterco di animali o accanto alla pista, e donne dai seni nudi, che prendono legna per il fuoco. 

Superiamo diversi ponti su fiumi scomparsi, poiché melma e qualche decina di centimetri d'acqua li ha solo l'Uaso Nyiro.

La pista A2: Isiolo, Marsabit, Moyale (© Franco Pelliccioni)  

N.B. Per l'impossibilità di fotografare nel corso del viaggio a bordo del camion, le foto (rispettando l'itinerario) sono state scattate nel corso del viaggio di ritorno ad Isiolo, su una Land Rover.

Continua


Il libro Maasai. Genti e Culture del Kenya sarà probabilmente pubblicato tra la fine di ottobre e il mese di novembre in quattro versioni. Oltre agli usuali E-Book, versioni stampate a colori e in bianco e nero, ritengo che una versione non illustrata (salvo per un paio di carte geografiche ed etnografiche), possa essere utile per gli studenti dei corsi di Antropologia Culturale, Etnologia, Storia dell'Africa, Storia e Istituzioni dei Paesi afro-asiatici.

p.s. Le quattro versioni del libro: Maasai. Genti e Culture del Kenya sono state pubblicate tra il 27 novembre e il 14 dicembre 2023 (174 pp., 173 foto, 258 note, per la versione stampata illustrata: https://www.amazon.it/dp/B0CPSNZ9BW