https://www.amazon.it/dp/B0CPSNZ9BW |
Grande formato (16,99 x 24,4), 174 pp., 173 foto - 94 a colori "premium" -, bibliografia, 258 note
SEGUIRA' LA VERSIONE IN BIANCO E NERO
IL RACCONTO DI UN ANTROPOLOGO APPASSIONATO, TRA VECCHIO E NUOVO MONDO
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SEGUIRA' LA VERSIONE IN BIANCO E NERO
Moran Maasai. Indossa l’e-rrap, il morsetto per il braccio sinistro, ca. '1920 |
Il libro, come indicato dal sottotitolo, offre una panoramica generale
sui popoli del Kenya. Il titolo "Maasai" è stato invece scelto per
celebrare un popolo le cui imprese guerresche hanno lasciato un segno
indelebile nella storia dell'Africa e nell'immaginario collettivo europeo.
Il libro presenta una rassegna etno-antropologica delle principali tribù
kenyote, suddivise in base a diversi criteri, quali economia, lingua, rapporto
con il territorio e con gli altri popoli, elementi culturali. Alcune di queste
tribù sono trattate in modo più approfondito, sia per la loro cultura in
generale, sia per alcuni aspetti specifici, che la rendono particolarmente
interessante.
Sfogliando le pagine del volume, dapprima testo e fotografie condurranno
il lettore tra le fertili White Highlands, contrassegnate dalla presenza
di estese piantagioni di caffè e tè. Poi, discendendo sul fondo della grandiosa
Rift Valley, potrà vedere coltivazioni, savana, foreste e laghi, a volte anche
di soda. Come il Magadi, al confine meridionale con la Tanzania, che si
può addirittura attraversare in macchina!
Dirigendosi verso il nord del paese, incontrerà invece steppa, deserti e lugga [Letti asciutti di corsi d’acqua]. Perché quelle sono le terre dei nomadi Nilo Camiti e Cusciti. Allevatori in particolare di dromedari. Il cui stile di vita è spesso scandito da razzie e contro razzie di bestiame, più o meno sanguinose.
Dal punto di vista storico, un rapido excursus lo farà tornare molto indietro nel tempo. Sarà così che si imbatterà nelle straordinarie scoperte della famiglia Leakey, che hanno saputo disegnare nuove date per l’evoluzione dell’Uomo. Poi un grosso balzo in avanti nella storia gli farà incontrare i primi invasori. Vengono dall’Europa (portoghesi)[Preceduti da indonesiani, arabi e persiani], ma anche dall’Arabia (Omaniti). Questi ultimi, dopo essere stati costretti ad abolire la schiavitù, da Zanzibar saranno in grado di esercitare ancora la loro sovranità sul paese, sia pure nominale, fino all’indipendenza del Kenya.
Nel frattempo, a cavallo tra il XIX e il XX secolo, la ferrovia
Mombasa-Kampala aprirà la strada alla colonizzazione britannica. Così un paio
di testimoni saranno in grado di fornirgli qualche elemento in più su un’epoca
nella quale molti africani non avevano mai visto un uomo bianco. Erano gli
stessi tempi in cui si imponeva la Pax Britannica tra le varie tribù,
organizzando spedizioni punitive. Come contro i Turkana del nord.
Qualche decennio dopo, la fase terroristica dei Mau Mau sarà seguita
dall’indipendenza (1963).
La rassegna è aperta dalla “cultura mista costiera” dei Swahili.
Appartengono ai Bantu, a parte alcune realtà minori (Arabi, Shirazi).
La loro è una cultura sincretistica, che ha saputo realizzare un’interessante
civiltà urbana, densa di sviluppi nel campo dell’architettura, dell’arte, della
letteratura scritta in caratteri arabi.
Subito dopo con gli agricoltori sedentari Bantu, come i Kikuyu,
il lettore saprà come il pagamento della “ricchezza della sposa” non equivalga
alla compera di una moglie. Qui si inoltrerà nel “Mondo perduto” dei pescatori Bagiuni,
vessati da una lunga pulizia etnica da parte somala.
Il testo del successivo capitolo è tra i più corposi. Riguarda i Nilo
Camiti e, naturalmente, i famosi nomadi pastori Maasai. Ampiamente
conosciuti attraverso la letteratura e la filmografia, costituirono una
formidabile barriera fisica alla penetrazione, prima afro-araba, poi europea,
dell’interno africano. Del resto le loro razzie li spingeranno, non solo a
Mombasa sulla costa, ma anche a molta distanza dalla loro terra. Fino al lago
Nyassa, a ben 800 km di distanza.
Solo Joseph Thompson, un coraggioso giovanotto inglese, riuscirà ad
attraversare per primo la loro pericolosa terra. Giungendo indenne fin sulla
sponda del lago Victoria. Il capitolo include anche elementi e fatti poco noti
e indubbiamente interessanti. Tra i quali il “complesso del bestiame”, del
resto condiviso da altri gruppi di allevatori, e il “governo diffuso”. Senza
trascurare le profezie, per lo più avveratesi, del grande laibon (mago
professionista) Mbatian, il cui nome figura oggi sulla più alta vetta del monte
Kenya.
Le tribù di lingua cuscitica Somali, Borana, Rendille
sono anch’esse composte da allevatori, soprattutto di dromedari. Un accenno
(più che sufficiente!) al complicatissimo sistema sociale dei gada
(classi d’età) per i Borana, è seguito dalla importantissima cerimonia
collettiva del galgulumi per i Rendille, che ogni quattordici
anni si tiene in un gigantesco insediamento, che vede riuniti tutti i clan,
sulla sponda orientale del lago Turkana, alle pendici del monte Kulal.
Cerimonia che purtroppo mi “perderò” nel 1980, poiché avverrà un mese dopo la mia partenza dal Kenya. Al termine di quella che è stata la mia seconda ricerca antropologica sul campo. Infatti nel 1980 mi trovavo proprio in quel desertico e settentrionale lago, a non molta distanza dal luogo prescelto per l’occasione. Tanto da poter osservare un notevole incremento della presenza Rendille. La mia prima ricerca risale invece al 1976, ed è stata effettuata nella cittadina multietnica e multiculturale di Isiolo, a nord del Monte Kenya [Situata a 1.106 m di quota, contava 8 201 abitanti all’ultimo censimento del 1969. Erano invece 45 989 nel 2009]. Così ho ritenuto utile qui inserire estratti di entrambi i miei diari, Integrando, arricchendo e vivacizzando il testo, con narrazioni “dal vivo” di fatti, luoghi, situazioni, imprevisti, stati d’animo, emozioni, incontri con “l’altro da noi”.... [Così questo è anche un libro sul Kenya, come l’ho conosciuto e apprezzato durante i miei due lunghi soggiorni: dai confini con la Tanzania, a sud (lago Magadi e Rift Valley), a quello con l’Etiopia, a nord-ovest (lago Turkana) e a nord (Marsabit), alle sponde dell’Oceano Indiano, ad est (Mombasa, Malindi, Gedi).]
La rassegna si conclude con i popoli considerati “marginali”. Pressoché sconosciuti al grosso pubblico, comprendono i cacciatori raccoglitori Bon delle intricate foreste costiere, ai confini con la Somalia; i Dorobo delle foreste dell’interno; i pescatori Elmolo del lago Turkana.
Ho anche inserito brani dai libri, sia di Thompson, che di Teleki. Che con von Hohnel scoprì il lago oggi chiamato Turkana. Dandogli il nome di Rodolfo, in onore del Principe ereditario della Corona d'Austria[Meno di un anno dopo si sarebbe suicidato a Mayerling, assieme alla sua amante]. Inoltre ho aggiunto un paio di paragrafi relativi alla “scoperta”, nel XIX secolo (e nel 1952), degli sfuggenti cacciatori Bon.
In appendice una galleria “etnografico-artistica” espone le miniature di dipinti raffiguranti i membri di numerose tribù kenyote riportate su 22 carte da gioco. Indubbiamente si inspirano ai ritratti realizzati da Joy Adamson [L’autrice di Nata Libera]. per il governo del Kenya, a partire dal 1949. Per l’attenta cura di dettagli, particolari e paraphernalia tradizionali, sono in grado di contribuire alla maggiore comprensione della variegata umanità kenyota.
Il libro, 155 pp, 248 note, è corredato da 154 foto (69 sono mie). Tutte le altre sono d’epoca, alcune anche abbastanza rare. Come quella relativa ad un altro famoso laibon: Lenana, figlio di Mbatian (ca. 1890) [Avrà l’onore di figurare sulla terza vetta più alta del monte Kenya].
.......
Seguiranno le versioni cartacee a colori e in bianco e nero.
Oltre ad una non illustrata (salvo per 2-3 carte geografiche e demo-etnografiche), che ritengo possa essere utilmente impiegata nei corsi di Antropologia Culturale, Etnologia, Storia dell'Africa, Storia e Istituzioni dei Paesi afro-asiatici, Geografia.
o amazon.com/author/francopelliccioni
PAGINA AUTORE ITALIA;
https://www.amazon.it/Franco-Pelliccioni/e/B01MRUJWH1/ref=dp_byline_cont_book_1
PAGINA AUTORE FRANCIA:
https://www.amazon.fr/-/e/B01MRUJWH1
Ricordo i miei ultimi tre libri (E-Books e versioni cartacee a colori "premium" e in bianco e nero):
Danzatore-suonatore di tamburo Chuka (© Franco Pelliccioni) |
PRESENTAZIONE:IL
PAESE, LE GENTI, IL LIBRO
1. INTRODUZIONE
STORICA
UN SALTO NELLA
PREISTORIA: SCOPERTE PALEONTOLOGICHE E PALETNOLOGICHE IN AFRICA ORIENTALE
STORIA ANTICA
L’AZANIA, LA
“TERRA DEGLI ZENG, O ZENJ”
I PRIMI EUROPEI
ARRIVANO DAL PORTOGALLO
IL DOMINIO DEI
SULTANI OMANITI
L’AVVENTO
COLONIALE INGLESE: IMPERIAL BRITISH EAST AFRICA COMPANY (1887),
PROTETTORATO DELL’AFRICA ORIENTALE BRITANNICA (1895), PROTETTORATO E COLONIA
DEL KENYA (1920), RIVOLTA MAU MAU (1952-56). INDIPENDENZA
(1963)
QUALCHE
APPROFONDIMENTO STORICO
La creazione
del Northern Frontier District (1909)
Due testimoni
dei prodromi della colonizzazione britannica
Browne
(1909-1916)
Storia della
fondazione di Fort Hall tra i Kikuyu e i Maasai (1900). Nel 1907 giunge Winston
Churchill
Yardley
(1918), Kenya settentrionale: lago Rodolfo, Abissini [Merille?], Turkana, razzie,
schiavitù, Somali
2. INTRODUZIONE
GEOGRAFICA, DEMOGRAFICA, ETNO-ANTROPOLOGICA
LA PREZIOSA
GALLERIA DI DIPINTI ETNOGRAFICI DEL KENYA: 22 POPOLI IMMORTALATI SULLA TELA
DALLA TALENTUOSA ARTISTA JOY ADAMSON
3. LA
“CULTURA MISTA COSTIERA”: I SWAHILI
INTRODUZIONE:
LE “CONTAMINAZIONI” ETNICO-LINGUISTICO-CULTURALI AFRO-ASIATICHE
UNA
STRAORDINARIA FONTE STORICA. IL PERIPLO DEL MARE ERITREO, PORTOLANO
GRECO-EGIZIANO DEL I SEC. D.C.
L’AZANIA
CONTATTI CON
L’ESTREMO ORIENTE: LE ESPLORAZIONI MEDIEVALI CINESI
I Cinesi in
Africa Orientale: le fonti scritte
I Ming e le
sette esplorazioni marittime di Cheng Ho, l'«Eunuco dei Tre Gioielli». Fonti
scritte e iscrizioni su pietra
Tramonto di una
straordinaria, avventurosa e misconosciuta epopea asiatica nell’Oceano Indiano
IL CONTRIBUTO
ACCULTURATIVO PORTOGHESE
ALLA FINE DEL
XIX SECOLO NEL FOLTO DELLA FORESTA EQUATORIALE COSTIERA È SCOPERTA LA MACCHU
PICCHU AFRICANA, LA CITTA’ MEDIEVALE DI GEDI
LA CULTURA
SINCRETISTICA SWAHILI
LA LINGUA
SWAHILI, IL KISWAHILI
UTENDI WA
INKISHAFI, CELEBRE POEMA CHE RIMPIANGE I FASTI DEL PASSATO
4. I BANTU, GLI
“UOMINI”: GLI AGRICOLTORI SEDENTARI
MIGRAZIONI,
ECONOMIA
UNA
CARATTERISTICA CULTURALE: LA “RICCHEZZA DELLA SPOSA”
I KIKUYU E LA
RIBELLIONE ANTIBRITANNICA MAU MAU, PER RIAVERE LA TERRA DEGLI AVI
IL MITO DELLE
ORIGINI E IL PERCHÉ DEI NOMI FEMMINILI DEL SISTEMA CLANICO PATRILINEARE KIKUYU
I BAGIUNI
Il “mondo
perduto” dei Bagiuni, tra le omonime isole somale, l’arcipelago di
Lamu, la costa del Kenya: una “pulizia etnica” lunga oltre trenta anni
5. I NILO
CAMITI: I NOMADI PASTORI
UNA
CARATTERISTICA CULTURALE: IL “COMPLESSO DEL BESTIAME” TRA I POPOLI ALLEVATORI
DELL’AFRICA ORIENTALE
I MAASAI
NELL’IMMAGINARIO
COLLETTIVO EUROPEO, ARABO E AFRICANO
Nelle terre dei
Maasai: Joseph Thompson (1883); la spedizione Teleki-von Hohnel (1888); Charles
William Hobley (1929)
UNA STORIA
REALMENTE BELLICOSA
SANGUINOSI
CONFLITTI INTERTRIBALI (E INTRATRIBALI: IL “SUICIDIO” COLLETTIVO MAASAI) E LA
“PAX BRITANNICA”
IL “GOVERNO
DIFFUSO”, SISTEMA POLITICO DELLA SOCIETA’ ACEFALA MAASAI
Le profezie
avverate del grande laibon Mbatian
6. I NILOTICI
I LUO
MIGRAZIONI
DEI LWOO
7. LE
POPOLAZIONI DI LINGUA CUSCITICA
SOMALI
BORANA
Il sistema
sociale dei gada o classi d’età
RENDILLE
Il ciclo della
vita tra i Rendille
8. LE CULTURE
“MARGINALI”: I CACCIATORI RACCOGLITORI DOROBO E BON; I PESCATORI ELMOLO
DOROBO,
CACCIATORI-RACCOGLITORI DELLE FORESTE
Il primo
europeo ad incontrare i Dorobo, nel corso del suo coraggioso
attraversamento della terra Maasai è l’esploratore britannico
Thompson (1883)
GLI ELMOLO
PESCATORI DEL LAGO TURKANA
Dalla scoperta
europea (1888) al 2020
Alcune
caratteristiche culturali
NEL 2019 LE
PIOGGE CAUSATE DAL CAMBIAMENTO CLIMATICO E LA CONSEGUENTE CRESCITA DEL LIVELLO
DELLE ACQUE DEL LAGO COSTRINGE GLI ELMOLO AD ABBANDONARE IL VILLAGGIO, PER
PORTARSI SU TERRENI PIU’ ELEVATI
I BON (BONI,
AWEER, WABONI), CACCIATORI-RACCOGLITORI DELLA FORESTA COSTIERA
I Bon oggi
Storia
dell’avventurosa scoperta dei Bon nelle foreste costiere tra
Somalia e Kenya
Nel 1952
l’incontro dell’etnologo Grottanelli con i Bon
9. APPENDICE:
UNA GALLERIA ETNOGRAFICO-ARTISTICA “PARTICOLARE”
10.BIBLIOGRAFIA
CARTE
.....
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PAGINA AUTORE ITALIA;
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PAGINA AUTORE FRANCIA:
Il monte Kenya fotografato con il tele dalla barriera che blocca l'accesso alla pista, che conduce verso il nord del Kenya (© Franco Pelliccioni) |
Dal diario di ricerca: "15 giugno 1976. Questa mattina mi sono svegliato molto presto. Colazione con Don Luigi [il missionario parroco di Isiolo: Luigi Locati, Vescovo dal 1995, fu ucciso nel 2005 con tre colpi di pistola], Don Pio [Bono, della Missione di Merti, piccolo centro sulla pista per Wajir], poi è venuta anche Maria Teresa, l’infermiera.
Corriere della Sera, 21 luglio 2005, p. 16 |
Don Luigi dice che, se voglio andare a Marsabit, bisogna recarsi il più presto possibile alla barriera.
Con la Land Rover della missione vengo quindi accompagnato da Don Pio al di là delle casupole della cittadina, che ancora non conosco, poiché il viaggio a Marsabit precede la ricerca ad Isiolo.
Una barriera metallica blocca la strada asfaltata.
Sulla destra due garitte, ancora più spostata la casetta della polizia.
Un cartello avverte che solo chi è autorizzato può recarsi a nord.
Ne possiedo una dell'Office of the President, ottenuta a Nairobi [solo giungendo in Kenya verrò a sapere che occorreva un’autorizzazione governativa per effettuare qualsiasi tipo di ricerca scientifica.
E dire che l’anno prima (1975), ero andato nella capitale francese, non solo per visitare Parigi.
Recandomi subito all’Ambasciata del Kenya, nei pressi degli Champs-Elysées, allora competente anche per l’Italia. Qui, “ovviamente”, mi dissero che non c’era alcun problema, non c’era bisogno di alcunché].
Fotografato davanti alla barriera in attesa di partire per il nord (© Franco Pelliccioni) |
Sul posto stazionano diversi poliziotti, che scambio per soldati a causa di baschi e tute mimetiche. So che Don Pio darà 10 scellini per trovarmi un posto su qualche camion.
Il posto di blocco della polizia e la pista che qui appare asfaltata (© Franco Pelliccioni) |
Così con il teleobiettivo riprendo il Monte Kenya, ora visibile, e faccio un altro paio di diapositive.
Il Constable, un poliziotto un po’ più anziano, dice minacciosamente che non si può, e che potrebbe sequestrarmi tutto…
“Non si possono fotografare government buildings!” Mi fa spostare le
valigie, che erano state addossate alla casetta, all’ombra. Adesso sono sulla
strada, al sole.
Pazientemente attendo sotto il sole di fare l'autostop africano, con le valigie e il pesante borsone, che contiene il pesante l'apparato cine-fotografico di allora e un registratore Philips.
C'è un via vai di Somali, Borana e Samburu.
Ai margini della strada siedono alcune donne con i bambini, e qualche uomo. Anch'essi per ore aspetteranno tranquillamente, sotto il sole, un passaggio per il nord.
I grossi camion e le Land Rovers che transitano (non molti, in verità: in quattro ore, solo sette-otto) vanno altrove: Wajir, Maralal.
Tre europei con l’autista africano su una jeep si recano a caccia nei paraggi.
Alcuni ragazzi cercano di vendere ai rari turisti collane di ambra, lance e bastoni Borana, con l'anima costituita da una lama.
So che, dopo la curva, la strada non è più asfaltata. Là ha inizio la dura pista verso il nord [A 2 per Marsabit e Moyale, al confine con l'Etiopia].
Tutti i conducenti dei veicoli devono presentarsi nella casetta dal Constable per il controllo.
Lasciano le proprie
generalità e quelle dell'autoveicolo, che vengono accuratamente annotate in
registri divisi per località.
Si supera su un ponte l'Uaso Nyiro (© Franco Pelliccioni) |
Inganno un po’ il tempo parlando con il poliziotto, che dovrà fermare il veicolo diretto a Marsabit.
Mi dice che esistono serpenti pericolosissimi e che, se si viene morsicati, non si fa in tempo a raggiungere l’ospedale.
Aggiunge pure che il chief aveva chiesto chi mi avesse autorizzato a fotografare. Così si era molto irritato, quando ha saputo che era stato proprio lui.
D’altronde non sapeva del divieto.
Verso le 11 arriva la Land Rover di un tedesco.
Parla italiano, è diretto 40 km a nord di Marsabit. Potrebbe portarmi fin là, ma poi potrei impiegare anche due giorni per giungere fino alla mia meta.
Infine mi viene suggerito di andar via: non ci saranno altri mezzi, almeno fino al pomeriggio o alla sera. Con una telefonata viene Don Pio che, poveretto, soffre per un attacco di dissenteria.
Poi, appena rientrato alla missione un ragazzo trafelato avverte che c'è finalmente un veicolo per Marsabit...
Velocemente gettiamo le valigie sulla Land Rover e via di corsa. Al posto di blocco, dove non c'è traccia di camion, la barriera è tosto sollevata, mentre il poliziotto sale in corsa sul retro.
Dopo la curva, intorno a me si apre inaspettato il grandioso paesaggio del nord. Finora preclusomi per la presenza di alte siepi. Quindi termina l'asfalto e con un discreto balzo siamo dritti, dritti, scodellati sulla pista.
Lontano, un grosso camion solleva un enorme polverone. Lo raggiungiamo e superiamo. Il poliziotto fa cenno di fermarsi (Don Pio mi dice: ecco a cosa servivano i 10 scellini…). Il viaggio mi costerà 35 scellini.
Dalla pista per Marsabit (© Franco Pelliccioni) |
Il missionario mi consiglia di salire sul retro e di restare in piedi, in modo da avvertire meno i forti scossoni a causa delle corrugazioni della pista che qui, come altrove in Africa, dovrebbe essere affrontata ad una velocità di 80 kmh.
Alla mia domanda, risponde che non
prenderò l’insolazione perché ho il cappello.
Il viaggio più straordinario che possa essere mai compiuto in Africa ha inizio.
Sono veramente pazzo ed incosciente. Poiché oltre tutto è da pochissimi giorni che sono giunto nel paese africano…
Ma è un'impresa che non temo di definire eccezionale. L'Africa che attraverserò è enormemente diversa da quella della Rift Valley o delle White Highlands.
È veramente l’Africa che non ha sentito parlare di disfunzioni ecologiche e che non vede turisti.
Certo, è rischioso spingersi fin quassù. Una
volta c'erano i predoni del deserto, gli shiftas somali, che hanno ucciso molta
gente. Ecco perché nel Meru, a Mandera o a Mombasa ci sono le varie Boy's
Towns.
Uno struzzo corre nella steppa arbustiva (© Franco Pelliccioni) |
All’Ambasciata, sia l’Ambasciatore Frank Maccaferri, che il
Primo Segretario Gianfranco Varvesi, mi avevano avvertito dell’eccezionalità
dell’impresa.
Ancora steppa e qualche basso albero spinoso (© Franco Pelliccioni) |
L'imponente camion trasporta casse di birra Tusker (locale), in maggioranza, e Guinness, oltre a farina e mais in sacchi di cartone.
Un ragazzo aiuta il guidatore e il suo vice.
A bordo vi sono due degli africani che erano alla barriera: un Bantu e un piccolo e indecifrabile vecchio dagli occhi semichiusi (caratteri boscimanoidi?). Mi squadra ogni tanto. Dentro di sé forse si meraviglia per ciò che faccio per proteggermi dal calore.
Partire a mezzogiorno non è certo l'ideale! Nel corso di tutto il viaggio non mangerò e, soprattutto, non berrò quasi mai.
Avrò invece a sazietà: polvere, sole accecante, sballottamenti infiniti sul rumoroso camion e sulle sue, altrettanto fracassone, casse di birra.
Rischiando più volte di perdere, per
colpa del vento, l'indispensabile cappello. La prima volta è stato il ragazzo a
prenderlo. In un’altra occasione (gli
altri dormivano) l’afferrerò appena in tempo, gettandomi a pesce, dolorosamente, sulle casse di bottiglie.
Unico sollievo al caldo ossessivo e al sole accecante è l'ombra che mi concedono troppo di rado, per la verità, le nuvole che, veloci, passano basse sulla mia verticale.
Tra l’altro fortunatamente avevo ancora due arance dal sapore fortissimo di limone, che erano avanzate dal viaggio Nairobi-Isiolo.
Forse è stato grazie a quelle arance, alla compressa di vitamina C, e al fatto che per due volte (il viaggio è durato fino alle 18,45) ho potuto mettere un po’ d’acqua nel fazzoletto e bagnarmi nuca e tempie, nonché al fatto che avevo le lenti aggiuntive affumicate, che non ho preso un colpo di sole.
Anche se
devo riconoscerlo, ho sofferto come non mai senza bere, senza mangiare, con la
polvere in quantità industriale dappertutto e sole accecante. Mi sono riempito
anche di Nivea: mezzo barattolo sulle braccia, sulle gambe, sul naso, sulle orecchie,
sul collo.
Il camion corre spedito sulla pista in mezzo a territori dal deciso color rosso.
Vedo macchie arbustive, qualche albero ad altezza d'uomo, pietre.
È la steppa, regno incontrastato dei nomadi.
Di tanto in tanto scorgo i tipici accampamenti Samburu, costruiti in cerchio con sterpi e sterco di animali o accanto alla pista, e donne dai seni nudi, che prendono legna per il fuoco.
Superiamo diversi ponti su fiumi scomparsi, poiché melma e
qualche decina di centimetri d'acqua li ha solo l'Uaso Nyiro.
La pista A2: Isiolo, Marsabit, Moyale (© Franco Pelliccioni) |
Continua
(DALL'APPENDICE DI: MAASAI. GENTI E CULTURE DEL KENYA, COLLANA: VIAGGI E RICERCHE DI UN ANTROPOLOGO TRA VECCHIO E NUOVO MONDO, VOL. 20)
E-.Book: https://www.amazon.it/dp/B0CP2Z7QT3 |
versione in bianco e nero: https://www.amazon.it/dp/B0CPVC5QBM
Il titolo "Maasai" è stato invece scelto per celebrare un popolo le cui imprese guerresche hanno lasciato un segno indelebile nella storia dell'Africa e nell'immaginario collettivo europeo. A questi nomadi pastori ho dedicato uno dei capitoli più corposi del libro. Perché, ampiamente conosciuti attraverso la letteratura e la filmografia, costituirono una formidabile barriera fisica alla penetrazione dell’interno. Le loro razzie li spingeranno anche a molta distanza dalla loro terra. Solo un coraggioso giovanotto inglese riuscirà ad attraversare per primo la loro pericolosa terra. Giungendo fino al lago Victoria. Il capitolo include anche elementi poco noti. Come il “governo diffuso” e le profezie del grande laibon Mbatian.
Grazie ai miei diari, ho integrato e vivacizzato il testo, con narrazioni “dal vivo” di fatti, luoghi, situazioni, imprevisti, stati d’animo, emozioni, incontri con “l’altro da noi”. Così è anche un libro sul Kenya, come l’ho conosciuto e apprezzato durante i miei due lunghi soggiorni di ricerca antropologica effettuati nel 1976 e nel 1980.
TUTTI I DATI (ECONOMICI, STATISTICI, DEMOGRAFICI, ETNOGRAFICI, ECC.) CONTENUTI NEI MIEI LIBRI SONO STATI ACCURATAMENTE VERIFICATI, INTEGRATI E AGGIORNATI AL MOMENTO DELLA LORO PUBBLICAZIONE.
p.s. Non tutte le foto che accompagnano il testo di questo post si trovano anche nel libro
A sedici anni (1962-63) ho scritto il mio unico romanzo. Purtroppo è rimasto incompiuto... Il protagonista è un etnologo italiano, poiché allora ero attratto dall'Etnologia. Oltre a raccontare anche dell'amore tra lui e un'affascinante, ma molto gelosa, donna, basandomi sulla letteratura di viaggio ed etno-antropologica in mio possesso (e sulle ricerche effettuate nelle Biblioteche dell'Istituto Italo-Africano e del Museo Pigorini, al Collegio Romano), ho cercato di descrivere l'ambiente tropicale, la fauna, alcuni popoli. Ho anche lasciato inalterato il testo.
ll Circolo Equatore è un ristorante ed un club notturno ostentatamente privato. Giorgio Rovi e il dott. Johnson erano arrivati da qualche minuto e stavano parlando tra loro, quando arrivarono i coniugi Smith.
- Buonasera
signora, buonasera signor Smith, spero che vi siate riposati abbastanza e che
abbiate trovato comoda la stanza.
- Non
è male, certo che ci sono meno rumori che a Piccadilly Circus!
- Vogliamo
andare,
fece Giorgio
- Certo, e si avviarono verso
l’entrata.
Un
barbuto negro si trovava alla porta e non avrebbe fatto passare la coppia, se
non ci fosse stato l’intervento del direttore del Norfolk e di Rovi.
- Lo
sa perché è successo tutto questo? disse l’etnologo a Milly. Perché hanno
voluto copiare i clubs londinesi.
- Ma
lì da noi basta pagare il biglietto d’ingresso per ottenere la nomina di soci, rispose l’inglesina
. Qui
invece hanno voluto strafare, comunque siamo riusciti a farvi entrare lo stesso.
Incominciarono
a salire le scale coperte da una passatoia di velluto che, più che a scopo
decorativo, serve da soffice cuscino per gli esuberanti, che hanno alzato il
gomito un tantino di troppo. Che cadono, vengono spinti o precipitano giù dalle
scale a qualsiasi ora dopo l’una del mattino.
L’orchestra
fino a poco tempo fa suonava solo sambe e rumbe. Ora anche nel Kenya, come in
molte altre parti del mondo, sono giunte le diavolerie di questi balli moderni:
il rock and roll, il twist, l’hully gully, il madison, e così via, fino
all’ultimo arrivato che prende il nome da un simpatico mezzo di divertimento
acquatico usato alle Hawaii: il surf.
Da un
lato c’è il bar, di solito occupato da una sestupla fila di clienti, nebbioso
di fumo. Le cene sono servite intorno alla pista di ballo. I tavolini sono
letteralmente circondati da ogni sorta di esotismo africano: zanne di elefante,
paralumi ornati da disegni di giraffe, gazzelle e rinoceronti e di ogni altro
tipo animale, che si può vedere quasi ogni giorno nelle aperte praterie o
nell’infida boscaglia.
Ritratto di tre camerieri africani in uniforme all'Equator Club. |
Il dottor
Johnson fece iscrivere nel suo registro il nome degli ospiti e tutti quanti si
diressero verso un tavolino d’angolo.
Giorgio
ordinò la cena, che era composta da specialità italiane, inglesi e irlandesi ed
era innaffiato da parecchi fiaschi di Chianti. Dopo cena, si fecero portare il
caffè.
Mentre lo stavano sorseggiando, erano circa le 22 e la pista da ballo era gremita di giovani, che ballavano la bossa nova,
Giorgio iniziò a parlare sull’argomento
che stava molto a cuore agli sposini inglesi: non so se vi siate già messi
d’accordo, fece rivolto a John, riguardo al white hunter, che dovrà portarvi in
safari. Comunque, se non avete già preso impegni, io conosco uno dei migliori
“safari guide” (credo che ormai sia il termine migliore, rispetto al sorpassato
white hunter dell’epoca dei pionieri) di tutto lo Stato.
- Per
la verità noi credevamo che… insomma ci saremmo messi d’accordo sul posto e…
quindi non abbiamo nessun white hunter impegnato con noi.
Johnson
s’intromise: avete fatto molto male, non sa che bisogna prenotarsi almeno un
mese prima per fare un safari e, in alcuni casi, per i cacciatori bianchi assai
abili ed esperti ci vuole anche la prenotazione di almeno un anno?
- Le
giuro che non sapevo niente di tutto ciò…
Giorgio riprendendo:
spero che Mon Collins non abbia preso alcun impegno e vi possa offrire il
suo servigio!
Milly: certo
che qui nel Kenya la voce del safari nelle entrate statali deve essere molto
importante. Prima quasi non trovavamo posto in albergo, ora rischiamo di non
fare alcun safari, perché ci vuole anche qui una prenotazione.
- In
effetti,
fece Johnson, la voce safari viene subito dopo quella dell’esportazione del
caffè!
- Bisogna
considerare,
fece Rovi, finendo di bere il suo espresso, che la full licence, la licenza
che dà la possibilità di uccidere un gran numero di animali di ogni taglia e
dimensione, costa molto. Ma quali animali desidera cacciare?
- Noi
vorremmo fare un Big Game, rispose Milly, anticipando il marito e, quindi, prendendolo
in contropiede… cioè, come lei ben saprà, vorremmo uccidere e portarci
tranquillamente a casa i trofei dei quattro animali più pericolosi: l’elefante,
il rinoceronte, simba e il bufalo.
- Come
pretese non c’è che dire, nient’altro? Fece Giorgio…
- Nient’altro, rispose con la sua
faccetta impertinente Milly.
L’orchestra
in quel momento attaccò un pezzo classico, quindi un lento e, ben presto, la
pista fu lasciata dai giovani, che andarono a rifarsi al bar con qualche
ghiacciata coca cola, mentre la vecchia guardia ne prendeva il posto.
- Bando
alle chiacchiere,
disse Rovi rivolgendosi a Milly, che ne direste di fare un ballo con me,
sempre se suo marito acconsenta?
- Milly
per tutte le cose che fa ha sempre il mio incondizionato assenso e, quindi, lei
può ballare senza il pericolo che le spari alle spalle con una mia fantomatica
rivoltella.
- Grazie!
Giorgio
aiutò Milly ad alzarsi e insieme si recarono in mezzo alla pista.
Prese tra
le braccia l’inglesina e si chinò a guardarla. Era molto alta di statura, ma i
suoi occhi azzurri arrivavano appena all’altezza del mento di lui. I capelli
biondi sembravano vivi alla luce dei candelabri, come se vi danzassero piccole
scintille luminose. Indossava un semplice abito giallo, dalla scollatura assai bassa,
ma senza arrivare al “topless”. Sapeva di un profumo che Giorgio non riuscì a
riconoscere. Milly alzò il viso sorridendogli e Giorgio la ricambiò. La sentiva
incredibilmente morbida sotto le dita. Danzava con la leggerezza di un seme
piumato spinto dal vento sulla pianura.
- Lo
sa che è molto bella?
- Non
so, nessuno me lo ha mai detto prima di lei, è la prima volta, fece con un
sorrisetto. Oh, vedo che il dottore si è alzato, temo che stia per andarsene.
- È
meglio che ci avviciniamo e sentiamo un po’ che cosa è successo. Aggiunse Giorgio.
Si fecero
largo tra la gente e finalmente arrivarono ai bordi della pista ed, infine, al
tavolo.
- Mi
hanno telefonato proprio ora dal Norfolk, disse con aria piuttosto preoccupata
il direttore. Sembra che ci sia stata una zuffa al bar tra alcuni piloti
ubriachi e che perfino Allub, uno dei barman, sia stato ferito al mento. Quindi
mi dispiace lasciarvi, ma occorre la mia presenza.
Con una
buonanotte a tutti si allontanò e sparì ben presto alla vista dei tre.
- Mi
dispiace proprio…
ed è veramente una persona a modo, fece John a Giorgio. Senta,
sempre continuando, dato che domani mattina dovremo alzarci presto per fare
un giro per Nairobi, non potremo andarcene?
- Giorgio - La vita
notturna comincia proprio adesso (è mezzanotte!), ma se desiderate andare a
letto subito, non sarò io a costringervi. Volete che chiami un taxi?
- Sì,
grazie!
Giorgio
andò a parlare con un negro, che si trovava vicino all’uscita e ritornò subito
dopo.
- Una Chevrolet
vi sta aspettando, buonanotte e sogni d’oro. Vi invito domani al Norfolk, mi
dispiace non accompagnarvi, ma sono un tipo nottambulo e, quindi, resto ancora
un po’ all’Equatore.
- Arrivederci
Prof Rovi.
- Arrivederci
- A
che ora dobbiamo stare al suo Hotel?
- All’una
e mezza.
- Va
bene
- Buona
Notte
- Buona
notte. Felici bagordi.
- Grazie…
I coniugi Smith se ne andarono e, quando Giorgio rimase solo (per modo di dire, in quanto il night club era abbastanza affollato), salì al piano di sopra, dove c’era un’ampia terrazza ed un secondo bar. Ordinò una birra e con il bicchiere in mano si appoggiò alle sbarre di protezione. La vetta nevosa del Kilimangiaro, che a sud si poteva scorgere solo in giornate particolarmente chiare, era all’oscuro. Nairobi era illuminata qua e là. Le luci al neon dei locali notturni e degli alberghi, le lampade al sodio delle strade, i fari anabbaglianti delle auto, che correvano veloci, gli facevano ricordare quella notte di tanti anni prima, quando ancora ragazzo era andato a vedere la Rassegna di Elettronica all’EUR (Roma) [22.6.1962], ed era ritornato a casa alle 3 e mezza! Ora era assai “diverso”, pensò...
CONTINUA: LA VISITA DELLA CITTA' DI NAIROBI
L'edificio del Museo Africano, Roma. Già sede dell' Istituto Italiano per l'Africa , poi diventato Istituto Italo-Africano, in...