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giovedì 13 aprile 2023

89. J. BARRIE, L’ULTIMO FILM DI PETER PAN (PETER PAN & WENDY), E L’ISOLA CHE NON C’E’: HARRIS, EBRIDI ESTERNE, SCOZIA, UK [ST KILDA, DU CHAILLU, SCHOMBURGK, THOMPSON]

 

Illustrazione dell'Isola che non c'è, realizzata da F. D. Bedford, dal romanzo Peter and Wendy del 1911

Peter Pan & Wendy

Ho deciso di scrivere questo post, dopo aver visto in televisione l’anteprima del trailer di Peter Pan & Wendy, l’ultima versione cinematografica del celebre Peter Pan [con Jude Law nel ruolo di Capitano Uncino], disponibile su Disney dal 28 aprile.

L'HARRIS HOTEL E TARBERT

Nel corso della mia ricerca nelle Ebridi Esterne [al largo della costa nord-occidentale della Scozia], prima e dopo aver raggiunto il remoto e disabitato arcipelago di St Kilda in aperto Oceano Atlantico, ho soggiornato nello storico Harris Hotel (del 1865), alla periferia della cittadina di Tarbert (in gaelico: An Tairbeart), nell'isola di Harris (Na Hearadh), sull’istmo che collega il loch occidentale (aperto sull’Oceano) all’orientale. 

E Tarbert è un toponimo di provenienza vichinga, che indica un portage, il passaggio delle imbarcazioni effettuato a spalla, da un lato all'altro dell'istmo [spesso indispensabile per passare da un corso d'acqua all'altro, o per riuscire a superare rapide e cascate].

L'Harris Hotel

Sir James Matthew Barrie (1860-1937), foto del 1892

La "Cataratta di Natale" del fiume Berbice, Guyana. Disegno tratto da uno schizzo di Charles Bentley (da: Sir Robert Hermann Schomburgk, Twelve Views in the Interior of Guayana, 1840). E' in corso un portage 

Essendo a conoscenza che lo scozzese [dell'Angus] James Matthew Barrie (1860-1937), autore del celebre personaggio di Peter Pan, era stato ospite dell’albergo nel 1912, con l’aiuto della Sig.ra Morrison, la proprietaria, cercai la sua firma su un vecchio registro degli ospiti.


James Matthew Barrie, Anthony Hope Hawkins,  
Edward Verrall Lucas
Le firme di Barrie, Hope Hawkins e Lucas nella pagina del vecchio registro degli ospiti 


Rintracciata la firma, noto che accanto ci sono quelle dei suoi amici Anthony Hope (Hawkins), autore del celebre Prigioniero di Zenda, ed Edward Verrall Lucas, umorista saggista, drammaturgo, editore, poeta ecc.

Insomma nel luglio del 1912 c’è un “Bloomsbury” in sedicesimo [dal Bloomsbury Group londinese], trasferitosi alle porte dell’Oceano per pescare. 

Anthony Hope, all'anagrafe Anthony Hope Hawkins (1863-1933), ca.1880-1898 (Harvard Art Museum/Fogg Museum)

Ritratto di Edward Verrall Lucas (1868-1938), ca. 1905

Con Barrie c’erano anche i cinque figli degli amici Arthur e Sylvia Llewelyn Davies (ai quali si era ispirata la prima versione del 1902 di Peter Pan), da lui adottati “ufficiosamente” nel 1910, dopo la morte dei loro genitori. 

Poi il gruppo si trasferirà nel non distante Ammhuinsuidh Castle.

James Matthew Barrie, l'Allahakbarries, il cricket e l'impressionante cerchia degli amici intellettuali  

Barrie ha avuto una vita sociale estremamente intensa e legami amicali con il fior fiore della cultura britannica.

Tanto da fondare, per l’amato cricket, l’Allahakbarries.

Una squadra amatoriale (attiva tra il 1890 e il 1913) nelle cui file si cimenterà il Gotha del Regno Unito.

Tra cui Kipling, Wells, Conan Doyle, Wodehouse, Chesterton, Jerome, lo stesso Lucas. 

Ma anche il singolare e "misterioso" esploratore ed antropologo franco-americano Paul Du Chaillu. 

GLI ALTRI ESPLORATORI

Del resto tra i suoi tanti amici figurano anche Thompson (il primo ad inoltrarsi nella terra dei temibili Masai dell’Africa Orientale) e Robert Falcon Scott, l’esploratore del Polo Sud.

Ma c’è un altro motivo che mi ha spinto a realizzare il post. 

Never Never Land, l'isola che non c'è!

Riguarda la famosa “isola che non c’è”. Dove Peter, Wendy e i ragazzi giungono dopo aver volato per giorni. 

Isola resa celebre anche dalla canzone di Edoardo Bennato.

La spiegazione trovata su Wikipedia ritiene che Barrie abbia individuato nelle regioni più remote dell'outback australiano, quelle che gli aussies chiamano appunto Never Never, l’isola immaginaria di Never Never Land, Neverland o Neverlands.

Ritengo, invece, che non ci sia alcun bisogno di andare all’altro capo del mondo per individuare l’isola che non c’è, specialmente da parte di uno scozzese. 

Perché l’ha addirittura in “casa”, ed è esattamente l’isola di Harris!

L'ISOLA, "NON ISOLA", DI HARRIS

Come ben sappiamo in tutto il mondo il suo nome è sinonimo di eleganza, sportività, resistenza. 

Mi riferisco a quel particolare tipo di tessuto pregiato, il tweed, più precisamente all'Harris Tweed, che deve il termine all'isola dove nacquero l'idea e la sua brillante, concreta realizzazione.

Proprio Harris è l'isola che non c'è

Almeno nel senso stretto del termine. 

In effetti nella letteratura e sulla cartografia delle Ebridi, da secoli ci si riferisce all'isola di Harris. 

Anche se è area saldamente e naturalmente collegata all'isola di Lewis, e non per interventi più o meno secolari dell'uomo - dighe o ponti -.

Lewis ed Harris sono infatti un tutt'uno. 

Harris, l'isola che non c'è, e la parte meridionale dell'isola di Lewis. Nel riquadro l'arcipelago delle Ebridi Esterne


Ma da sempre Harris è considerata un'isola

"Leogus et Haraia insulae ex Aebudarum numero quae quamquam isthmo cohaerant pro diveris habetur".

("Lewis e Harris nelle Ebridi sono considerate due diverse isole anche se collegate da un istmo").

Così scriveva il cartografo olandese Blaeu nel 1655. 

In proposito rilevo anche come il locale dialetto gaelico, oltre alla stessa inflessione linguistica inglese, parlato dai suoi abitanti, come avevo appreso già a Glasgow, in procinto di partire per le isole, e come più volte ho potuto verificare "in situ", abbia modo di differenziarsi notevolmente da quello parlato dagli abitanti di Lewis. 

Una discrepanza percepibile perfino da chi non è assolutamente in grado di esprimersi o capire il gaelico. 

Quindi l'isola di Harris è un caso speciale di insularità, forse unico al mondo, di tipo "virtuale".

Geo-morfologicamente, sia pure con qualche forzatura, si tende a descrivere il distacco fisico tra le due aree con il fatto che la regione meridionale di Lewis è profondamente connotata dalla contemporanea presenza di due profondi lochs (Resort e Seaforth) e di una zona fortemente montagnosa, la Foresta di Harris. Che, nonostante il nome, non ha alberi all’interno, bensì solo daini. 

Tanto che in Gaelico occasionalmente ci si riferiva ad Harris chiamandola Ardmeanach of Lewis, "le alte terre nel mezzo di Lewis”.

.....

Sul remoto arcipelago di St Kilda, 41 miglia nautiche ad ovest delle Ebridi Esterne: 

NELL'ARCIPELAGO DEGLI “UOMINI-UCCELLO” DI ST KILDA. VITA E MORTE DI UNA REMOTA COMUNITÀ' SCOZZESE

E-Book, versione cartacea I e II ediz. 
........
 L'enigmatico esploratore-antropologo franco-americano Du Chaillu figura nel vol. 2, Africa di: 
ALLA SCOPERTA DEL MONDO 

E-Book

Versione cartacea
....
L'esploratore e naturalista Sir Robert Hermann Schomburgk, prussiano di nascita al servizio dell'Inghilterra, figura nel vol.4, AMERICA, di: ALLA SCOPERTA DEL MONDO

 .... 

L'esploratore britannico Thompson, il primo europeo ad attraversare la pericolosa terra dei Maasai,  figura nel mio ultimo libro:
Maasai. Genti e Culture del Kenya


PAGINA AUTORE USA;

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N.B. Il blog è dotato di Google Traduttore e di un motore di ricerca interno

lunedì 3 ottobre 2022

67. UN RACCONTO ESOTICO-ETNOLOGICO GIOVANILE: SECONDA PUNTATA (ROMA-KHARTOUM-ENTEBBE-NAIROBI)

Il lago Rodolfo, oggi Turkana (da: von Höhnel, 
Discovery of lakes Rudolf and Stefanie; a narrative of
Count Samuel Teleki's exploring & hunting expedition
in eastern equatorial Africa in 1887 & 1888,
Londra, 1894
)
A sedici anni (1962-63) ho scritto il mio unico romanzo. Purtroppo è rimasto incompiuto... Il protagonista è un etnologo italiano, poiché allora ero attratto dall'Etnologia. Oltre a raccontare anche dell'amore tra lui e un'affascinante, ma molto gelosa, donna, basandomi sulla letteratura di viaggio ed etno-antropologica in mio possesso (e sulle ricerche  effettuate nelle Biblioteche dell'Istituto Italo-Africano e del Museo Pigorini, al Collegio Romano), ho cercato di descrivere l'ambiente tropicale, la fauna, alcuni popoli.  Ho anche lasciato inalterato il testo. 
[I puntata: 23.9] 

NELL’ISTITUTO ITALIANO PER L’AFRICA, ROMA, 1962

I soliti convenevoli tra il Dott. Rossi e Rovi: Come state? Bene, grazie. Come sta sua moglie? Il viaggio come è andato? Ecc

Giorgio Rovi, così si chiama lo studioso, affrontò l’argomento che lo interessava.

- Ho intenzione di ripartire sabato sera con la B.O.A.C. per Nairobi, desidero soggiornare presso i Turkana del Rodolfo.

- Se posso fare qualcosa per lei me lo dica, mi sembra che non le ho mai negato alcun favore, risponde Rossi

- Certamente! L’unica cosa che vorrei è che lei mi desse una lettera dj presentazione per il Prof. Giorgetti, che è distaccato a Nairobi, in modo da accompagnarmi nella mia spedizione (se possiamo chiamarla così nel 1962), verso il nord-ovest del Kenya.

- Senz’altro!

Salirono entrambi le scale, che portavano fuori della biblioteca, quindi l’ascensore, infine l’ufficio. Il dottore stilò in breve tempo una lettera, che consegnò a Giorgio.

Ringraziò, stretta di mano e di nuovo giù. Dopo aver salutato la signorina e l’usciere, risalì sulla Jaguar. Pioveva ancora.

Il giallo della macchina era diventato più scuro, il suo “bidone” era quasi del tutto infangato. Pensò tra sé e sé: “deve essere quel maledetto pulviscolo radioattivo portato da tutte quelle bombe atomiche, che russi e americani, per uno sciocco puntiglio di prestigio, si sono ostinati a sperimentare (Ma che sciocchezza sto dicendo. Sto diventando peggio di una donnetta! Mah…)

Ingranò la marcia, e via. Non volle correre troppo forte. Una frenata improvvisa ed addio Kenya!

Dopo essere giunto nel suo appartamento, si riposò un istante. Trasse dal mobile bar la bottiglia di Haig’s, riempii un bicchierino fino all’orlo, lo trangugiò tutto di un fiato. Si adagiò sulla poltrona preferita. Una telefonata e prenotò il posto dell’aereo. Tutto bene, pensò!  

DA ROMA A NAIROBI, VIA ENTEBBE, UGANDA

Da molte ore il DC 8 si era lasciata dietro la tanto noiosa, ma tanto amata, Roma e, con lei, l’Italia. Il Mare Nostrum era già stato sorvolato, e così il Cairo.

A Khartoum, uno dei pochi scali della linea, che arriva fino a Johannesburg e da lì a Cape Town, Rovi volle fare una deviazione - così, per capriccio - al programma che si era preventivamente fissato. Infatti, insieme a pochi altri europei prese una carretta di un trimotore, che gli ricordava i vecchi Caproni. La “signorina”, così era stato battezzato l’aereo dagli scherzosi piloti inglesi, lo portò ad Entebbe.

Il giardino botanico di Entebbe, 1971 (CC Some rights reserved, Guus Gorter) 

Una volta capitale dell’Uganda, famosa per il clima eternamente primaverile, Entebbe sorge in riva al Victoria. Conserva tuttora edifici inglesi di stile coloniale.

Giorgio era la terza volta che vi ritornava e francamente lo faceva volentieri.

- Che peccato! Pensò. Dato che la sosta era solo di poche ore. Vorrà dire che ne approfitterò per andare a bere un goccetto al Safari Hotel.

Al bar fece la conoscenza di una coppia di giovani inglesi, che si recavano nel Kenya per un safari.

Lui, tipo sportivo, sui 25 anni, laureato ad Oxford in filosofia, abile giocatore di rugby, fin da bambino aveva sognato di effettuare una partita di caccia grossa nel Continente Nero. 

Lei, una bella ragazza bionda sui vent’anni, aveva occhi azzurri, dita affusolate, un naso un po’ lungo, ma molto dritto, una bocca larga, con labbra lievemente carnose, ma molto ben tagliate. Molto alta, aveva delle belle gambe e anche un bel seno da quello che si poteva scorgere dal vestito. Nel complesso un bel tipino, che aveva indubbiamente attirato la cupidigia - prontamente repressa - dell’italiano.

Accompagnava il marito nel suo viaggio – sebbene di malavoglia – e avrebbe fatto le funzioni di fotografa.

Non sapevano una parola di kiswahili e quindi Giorgio ordinò per tutti tre Martini “Maui mbile” [doppio] al boy negro.

Sorseggiarono il liquido gelato un po’ per volta e incominciarono a parlare del più e del meno.

John parlò del suo passato di professore e del suo futuro; Giorgio disse il motivo per cui andava in Kenya.

- Ma lei passa la sua vita tra quelle genti primitive e selvagge, che neppure lontanamente si sognano cosa sia la civiltà mentre, continuò John, lei con il suo denaro potrebbe fare la “dolce vita” in Italia. Goda delle bellezze che Madre Natura ha concesso alla vostra penisola e magari si faccia dei viaggetti – se ama viaggiare - sulla Costa Azzurra o, magari, a Rio!

- A parte il fatto che sarei defraudato della mia dignità se non facessi nulla – rispose Rovi -lei si è laureato in filosofia ed insegna in un College, io mi sono specializzato in Etnologia e studio i popoli protomorfi “in loco”. Non mi sembra che ci sia nulla di strano! Due passioni, due mestieri (se il mio si può chiamarlo in questo modo).

- Perché non la finite di discutere? Tra poco l’aereo riparte e il pulmino sta aspettandoci! Continuerete in volo il vostro scambio di idee, s’intromise Milly

- Va bene, disse Giorgio.

- Okay, disse John.

Il pulmino Volkswagen li riportò all’aerostazione, dove salirono sull’aereo, insieme a molte altre persone di diverse condizioni sociali e di differenti razze. Tutti avevano come unica destinazione il Kenya.

Giornalisti, fotoreporters, facoltosi e vecchi industriali o comunque magnati americani con le consuete giovani mogli, che regolarmente avrebbero messo le corna ai rispettivi anziani mariti, farmers inglesi, Kikuyu laureatisi nelle migliori università europee ed americane e, forse, anche nell’Università Lumumba di Mosca. Vecchi “coloniali” inglesi affetti dal mal d’Africa, e così via.

Francobollo russo del 1960. L'Università Lumumba di Mosca. Oggi Università russa dell'amicizia tra i popoli
   (RUDNРоссийский университет дружбы           народов)

I motori dell’aereo furono accesi, l’apparecchio cominciò a rollare sulla pista, prima pian piano, poi sempre più velocemente, fino a che le ruote anteriori e quelle posteriori non abbandonarono il cemento armato. Via per il Kenya!

Addio Uganda, terra di foreste, steppe, grandi fiumi, laghi meravigliosi! Addio Montagne della Luna!

Lago Victoria, 1968

In breve tempo, l’aereo sorvolò a bassa quota il Victoria Nyanza. 

Il secondo lago al mondo per superficie era solcato regolarmente da battelli più o meno grossi (quando il lago è in burrasca, le onde raggiungono anche l’altezza di qualche metro). 

Quasi indistintamente, lungo le insenature della costa, si poteva scorgere l’attività dei pescatori Kavirondo. Con il loro primitivo metodo di pesca, potevano trarre di che sostentarsi. Uno “sbarramento” fatto di papiri mesi uno accanto all’altro, era portato al largo con delle zattere. Trascinato poi a riva, in qualche piccolo seno, i poveri pesciolini, che venivano intrappolati nella rozza gabbia, non avevano più scampo, se non quello di andare a finire in “padella”.

Pescatori Luo del Lago Victoria, 1949 (CC some rights reserved, Emile Dubois)

Coltivatrici Kavirondo (da: Peter MacQueen, In wildest Africa: the record of a hunting and exploration trip through Uganda, Victoria Nyanza, the Kilimanjaro region and British East Africa, with an account of an ascent of the snowfields of Mount Kibo, in East Central Africa, and a description of the various native tribes, 1910)


Giorgio era assorto in quei pensieri, quando Milly, che era seduta un po’ distante dal marito, gli fece una domanda – a dir poco - imbarazzante…

-È vergine? Disse la graziosa inglesina.

Giorgio strabuzzò un po’ gli occhi, per sincerarsi che non stava dormendo, poi:

- Lei mi fa una domanda alla quale non so se posso rispondere.

- Milly: Vede, so che tutti coloro che hanno la possibilità di andare in Africa (e lei ci è andato spesse volte), riescono sempre più ad accoppiarsi (scusi la parola) con qualche ragazza anche se negra! -  e incominciò a guardarlo fisso negli occhi.

Giorgio non era per niente timido, però quella domanda, fatta in tono molto pacato, quegli occhi di un colore così azzurro, che lo guardavano insistentemente nei suoi occhi, il fatto che Milly fosse sposata e lui no… ebbene tutto ciò lo rese alquanto nervoso.

Prese la sua pipa, la caricò con del tabacco “Prince Albert”, l’accese e tirò una, due boccate. Si volse verso Milly.

- Non sono vergine -, disse in maniera piuttosto asciutta ed anche un po’ seccata.

- Milly, sempre non distogliendo il suo sguardo dai suoi occhi… - Me lo sarei immaginato! Un tipo, diciamo all’italiana, “fusto” come lei, non poteva non aver provato l’amore. Con chi?

- Mi scusi se la interrompo, disse l’etnologo.

- Steward tra quanto tempo si atterra a Nairobi?

- Tra una decina di minuti, signore.

Nessuno dei due parlò più. Milly pensò che aveva fatto una “gaffe”, era stata troppo invadente! Una domanda indiscreta. Forse, pensò, era stato l’effetto di quel Martini “Malui” o come diavolo era stato chiamato, che l’aveva resa così euforica e priva di inibizioni.

L’uccello d’acciaio stava sorvolando quel caratteristico fenomeno geologico che si stende dal lago di Tiberiade in Palestina, fino alla regione dei Grandi Laghi ed oltre, che aveva il nome di Rift Valley o Valle Spaccata. 

Era stato proprio l’attraversamento di quella frattura che molti anni prima, nella costruzione della ferrovia dall’isola di Mombasa a Kampala, aveva causato la perdita di molte vite umane.

Ormai la meta era molto vicina.

Dopo aver piegato a destra, l’aereo si preparò ad atterrare.

Il grande apparecchio si abbassò sulla pista, sobbalzò un poco, frenò, voltò e si diresse verso gli edifici dell’aerodromo.  

NAIROBI

La grande capitale del Kenya indipendente è l’unico centro di tutta l’East Africa che si possa designare con il nome di città. Grattacieli, ampie vie, negozi elegantissimi come si possono trovare a Via Frattina o a Via del Tritone. Grandi magazzini di vendita al minuto tipo Standa trovano anche qui i loro clienti. Bungalows nei sobborghi e se vogliamo, anche le bidonvilles, gli slums dove vivono tutti gli urbanizzati Kikuyu, Masai, Kipsigi, Nandi, e chi più ne ha, più ne metta… 

Anche in Africa esiste il fenomeno dell’urbanesimo che, più che in Europa, date le ataviche tradizioni tribali, assume un aspetto ben più preoccupante. Gli agricoltori, in questo caso dobbiamo dire gli allevatori di bestiame, che vanno nella città per lavorare, o di solito, per cercare di sbarcare alla meglio il lunario facendo un po’ di tutto, dal ruffiano alla prostituta, creano vuoti spaventosi nelle file delle tribù. Queste vengono a trovarsi nella maggior parte dei casi senza uomini. Solo bambini, donne e vecchi rimangono nelle loro capanne. I popoli primitivi così, come per molte altre ragioni, sono destinati all’estinzione. Comunque questo è un problema che va trattato in separata sede, e non qui.

Nairobi, ca. 1950

Ritornando a Nairobi, questa si può definire la Johannesburg del Kenya. La sua popolazione, rispetto a quella del ricco centro minerario ed industriale del Transvaal, è esigua: non più di 297.000 abitanti, compresi europei, indiani e, naturalmente, gli arabi.

A Nairobi fanno capo le più importanti linee aeree dell’intero continente. 

“Il centro dell’acqua”, così vuol dire in Masai, è la capitale del turismo equatoriale e punto di partenza dei safari. Solo Arusha, nella East Africa ex britannica, le può fare concorrenza.

CONTINUA


Nairobi e la ferrovia Mombasa Kampala figurano nel Cap. 3 del mio libro Amazon (E-Book e versioni cartacee a colori e in  bianco e nero): IL GIRO DEL MONDO… IN 15 TRENI: TRANSCONTINENTALI E DI LUSSO, DI PENETRAZIONE COLONIALE E MILITARE, DEI CERCATORI D’ORO, DEGLI HAJJI, “ALPINISTICI”



PAGINA AUTORE ITALIA

PAGINA AUTORE USA

p.s. Attualmente (novembre 2022) sto lavorando alla stesura di una: BREVE INTRODUZIONE ETNO-ANTROPOLOGICA AI POPOLI DEL KENYA.
IN QUESTO PAESE DELL’AFRICA ORIENTALE HO AVUTO MODO DI EFFETTUARE DUE SESSIONI DI RICERCA. LA PRIMA NELLA CITTA’ MULTIETNICA E MULTICULTURALE DI ISIOLO, A NORD DEL MONTE KENYA. LA SECONDA TRA I POPOLI NOMADI, TRANSUMANTI E SEDENTARI (TURKANA, MERILLE, BORANA, RENDILLE, ELMOLO) LOCALIZZATI INTORNO ALLE SPONDE DEL LAGO TURKANA (GIÀ RODOLFO), KENYA NORD-OCCIDENTALE.




 

 


venerdì 23 settembre 2022

64. UN RACCONTO ESOTICO-ETNOLOGICO GIOVANILE: PRIMA PUNTATA (ROMA)

 

L'edificio del Museo Africano, Roma. Già sede dell'Istituto Italiano per l'Africa, poi diventato Istituto Italo-Africano, infine parte dell'ISIAO, Istituto per l'Africa e l'Asia (CC, alcuni diritti riservati, foto Carlo Dani, 2018 ) 

Nel post del 26 luglio 2022 avevo scritto: “Norfolk Hotel, uno storico albergo (per intenderci bungalows e frequentazione di White Hunters). Proprio qui avevo ambientato la prima parte kenyota del mio unico romanzo (manoscritto purtroppo non ultimato). L'avevo scritto a sedici anni. Il protagonista era un etnologo italiano e membro dell'Istituto Italiano per l'Africa. Il mio interesse allora era infatti concentrato sull'Etnologia. L'Antropologia Culturale sarebbe arrivata in seguito... Il romanzo racconta anche dell'amore tra lui e un'affascinante, ma molto gelosa, donna. Ma le sue pagine descrivono soprattutto l'ambiente tropicale, la fauna, alcuni popoli. Il tutto grazie ai libri della mia biblioteca in formazione...

……………..

Tornato a Roma, prendo in mano sia il manoscritto, che il dattiloscritto (oltre ad una bozza di canovaccio...). Vedo che risale al 1962-63. Grazie al blog ho così la possibilità di riportare alcuni dei brani del mio romanzo incompiuto (e, naturalmente, senza titolo), così come sono stati scritti a sedici anni!

………………………………

"ROMA

Giornata d'inverno. Piovosa come molte altre, fredda ma non troppo. Le macchine correvano sdrucciolando sull'asfalto; la strada in qualche parte avallata spruzzava acqua da tutte le parti, quando le gomme ci rotolavano sopra.

Il ponte, le accademie, la galleria furono ben presto lasciate dietro dalla potente Jaguar color giallo. I vetri appannati, le fiancate grondanti d'acqua che scendeva giù precipite dalla "capote", la difficoltà propria della circolazione, il tempo così brutto, tutto ciò dunque faceva pensare al guidatore che in qualche altra parte del mondo il sole splendeva a picco. In qualche zona sperduta del Sahara o del Kalahari qualche indigeno - non importa se Tuareg che Boscimane - forse  stava alla ricerca di qualche falda acquifera, o con la sua cannuccia stava cercando di tirare qualche sorso d'acqua dal terreno. "E lì l'acqua cadeva a torrenti". 

L'Africa gli tornò alla mente. Kenya, Uganda, Tanganyika furono passati brevemente in rassegna sullo schermo della sua memoria visiva. Aveva soggiornato per molti mesi in quei posti e...  non sarebbero stati gli ultimi.

La macchina imboccò la salita tortuosa fino a che si arrestò davanti alla porta di un edificio che avrebbe avuto bisogno di una ritoccatina. L'intonaco cadeva a pezzi.

L'uomo, sceso velocemente dalla Jaguar, entrò decisamente, salutò l'usciere, non con l'alterigia di coloro che sanno di essere qualcuno, bensì con la bonomia di chi è un pari grado, imboccò risolutamente a sinistra ed entrò in una saletta.

La saletta, di pochi metri quadrati, era pavimentata di un qualche materiale plastico, a sinistra. Di fronte erano collocati dei tavolini verdognoli. Grandi scaffalature con gli schedari dei libri della biblioteca riempivano tutta la parete di destra. Sempre vicino alle scaffalature, una serie di tavolinetti adatti alla consultazione, studio o lettura di libri. Carte dell'Africa fisico-politiche facevano bella mostra di sé lungo le pareti.

Una donna di circa trent'anni si fece incontro al visitatore, salutandolo rispettosamente.

- Oh! Che piacere rivederla dopo tanto tempo. Spero che i suoi viaggi siano andati magnificamente.

- Grazie, sì. C'è il dottor Rossi. Vorrei parlargli di una questione importante, dato che dovrei entro una settimana ripartire per il Kenya.

- Riparte? Ah, sì, capisco. L'etnologia, l'etnologia è una grande maga ammaliatrice! Comunque adesso provo a vedere se c'è in amministrazione. La mano alza il ricevitore del telefono interno, due parole... il ricevitore viene rimesso al suo posto.

- Il dottor Rossi in questo momento è indaffarato in quanto sta parlando con l'Ambasciatore del Burundi. Sa, il nostro Istituto dipende dal Ministero degli Esteri.

- Capisco, risponde l'uomo.

. Non si preoccupi, continua la donna, mi ha assicurato che tra qualche minuto sarà da lei.

- In attesa andrò a rovistare qualche rivista in biblioteca. L'uomo si allontanò.

L'UOMO

L'uomo, trentacinquenne, alto un metro e novanta, con due larghissime spalle, un torace ed un petto enormi da far invidia ad un pescatore di perle, ben piantato, abbronzatura perfetta da poter competere con un Uolof (n. d. Gli Uolof sono i negri più neri di tutta l'Africa. Sono situati nella West Africa: Senegal e dintorni), era insomma il tipico esempio di esploratore dell'800, tipo Speke o Stanley.

Habitants du Sénégal inférieur : Oualofs et Peulhs (1861, vol.3, Le Tour du Monde, Jules Duvaux) 
Nato da una famiglia nobile ed anche agiata, fin da giovane aveva - con la lettura - preso la passione per l'etnologia. 

Leggendo e poi ancora leggendo, studiando si era laureato in Scienze Politiche e contro la volontà dei genitori, che volevano fare di lui un buon diplomatico, si era specializzato in Scienze Etnologiche.

Da quel momento fece molte spedizioni sia in Uganda tra i Baganda, che nel Tanganyika (Masai) ed infine soggiornò presso i Kikuyu del Kenya.

In una parola aveva visitato tutta l'East Africa ex inglese, acquisendo una ricca esperienza. 

Aveva scritto svariati libri di etnografia, per lo più monografie dei popoli visitati, che erano stati tradotti in molte lingue.

Apprezzato in Italia, che all'estero, come "uno" che sapeva il fatto suo e che faceva il suo dovere con rigore strettamente scientifico, godeva dell'appoggio di molte persone influenti, sia in patria che in Gran Bretagna. L'ultima sua spedizione, nel Tanganyika, presso i Masai, lo aveva visto insieme ai "moran" uccidere un leone. Sapeva fare buon uso di qualsiasi arma. L'Express era però il fucile da caccia grossa preferito. Non disdegnava però neanche il machete con il quale un giorno, lungo le rive boscose di un fiume nel Buganda, aveva troncato in due la orripilante testa di un boa.

Moran Masai, Africa Orientale tedesca [Tanganyika], ca. 1906-1918, Bundesarchiv, Bild 105-DOA0816 / Walther Dobbertin / CC-BY-SA 3.0 

LA BIBLIOTECA

Scendendo a passi misurati i gradini che dall’ampia vetrata d’ingresso conducono alla biblioteca vera e propria, vide che una giovane negra alla sua destra stava consultando alcune riviste. Era di una bellezza che la maggior parte delle persone di cultura occidentale non avrebbe compreso. Alta, slanciata, ben fatta, i capelli “a granuli di pepe” ricoperti da un fazzoletto variopinto, due begli occhi color carbone acceso, attirava irresistibilmente il giovane scienziato.

- Excusez-moi -, disse l’etnologo alla giovane – parlez-vous français? -

- Oui ! Rispose la ragazza – Qu’est-ce que vous voulez ? –

- Je suis en ethnologue en admirant votre beauté, je me demande quelle population a vu naitre une fleur aussi charmante !

- Je suis une éthiopique, mais vous êtes très envahissant, rispose la negra un po’ sdegnosa

L’etnologo, che sapeva benissimo a quale razza appartenesse la ragazza, comprese che non c’era niente da fare e quindi tirò via e si diresse allo scaffale contenente libri riguardanti il Kenya: Something of Value e Uhuru di R. Ruark, Facing Mount Kenya di Jomo Kenyatta, Africa di John Gunther, Kenya del Central Office of Information. Tutti libri che aveva letto e riletto e che ormai non avevano più nulla di nuovo da offrire. Pensò che era ora che l’Istituto si rifornisse di nuovi libri quando… qualcuno entrò in Biblioteca. Era il Dott Rossi.


CONTINUA: 3 ottobre


I popoli menzionati (Tuareg, Boscimani, Uolof, Masai, Baganda, Kikuyu) e gli esploratori citati (Speke, Stanley) figurano, rispettivamente, nella mia trilogia antropologica e nel vol. 2 di quella degli Esploratori. 


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p.s. Attualmente (novembre 2022) sto lavorando alla stesura di una: BREVE INTRODUZIONE ETNO-ANTROPOLOGICA AI POPOLI DEL KENYA
IN QUESTO PAESE DELL’AFRICA ORIENTALE HO AVUTO MODO DI EFFETTUARE DUE SESSIONI DI RICERCA. LA PRIMA NELLA CITTA’ MULTIETNICA E MULTICULTURALE DI ISIOLO, A NORD DEL MONTE KENYA. LA SECONDA TRA I POPOLI NOMADI, TRANSUMANTI E SEDENTARI (TURKANA, MERILLE, BORANA, RENDILLE, ELMOLO) LOCALIZZATI INTORNO ALLE SPONDE DEL LAGO TURKANA (GIÀ RODOLFO), KENYA NORD-OCCIDENTALE.