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giovedì 30 giugno 2022

41. MASTERS & COMMANDERS VERSO L’IGNOTO. UNA TRILOGIA DI GRANDI NAVIGATORI. PARTE II: XIX SECOLO

E’ l’inizio di settembre e gli uomini cominciano a costruire la loro casa nella Nuova Zemlja (incisione colorata da: G. De Veer, The True and perfect Description of three Voyages…, 1609) [nel 1596 gli olandesi avevano trovato legno da deriva, con il quale poterono costruire una casa in cui, come scrive il cronista de Veer, “fummo costretti a trascorrere l'inverno nel grande freddo, in miseria, indigenza e angoscia". Solo il 13 giugno del 1597, non appena liberate dalla morsa del ghiaccio, le navi poterono nuovamente salpare. Il Barents sarebbe morto sette giorni dopo. Il 7 settembre del 1871 il cacciatore di foche Elling Carlsen sbarcò in una zona poco battuta dell'isola, la "Baia del Ghiaccio": il 9 avrebbe scoperto le rovine di una capanna di 16 m per 10!

   La presenza in questo secondo volume della trilogia di Masters & Commanders di un autentico parterre du roi di navigatori credo possa ampiamente attrarre curiosità e interesse nel lettore. John Ross, Bellingshausen, Parry, Franklin, Nils Nordenskjöld, Sverdrup, Nansen: ecco alcuni dei nomi più prestigiosi dell’esplorazione marittima qui raccolti. Figure storiche di spessore, particolarmente attratte dai deserti ghiacciati del Polo Sud, come del Polo Nord. E che spesso si sarebbero anche dovuti cimentare nella ricerca estenuante di una via settentrionale verso l’Oriente: i mitici “Passaggi” a Nord-Ovest e a Nord-Est.

   A loro ho aggiunto altri protagonisti, che solo superficialmente potremmo considerare “minori”... Come la coppia russa Lisianski e Kruzenstern che, all’inizio del XIX secolo, realizzò la prima circumnavigazione del mondo dell’Impero zarista.

   E che dire di Matthew Flinders, nonno di uno dei più grandi egittologi inglesi, di cui a Londra ho potuto ammirare il suo minuscolo, quanto straordinario, museo? L’antenato dell’archeologo scoprirà, infatti, dopo averla integralmente circumnavigata, come l’Australia in realtà sia… una gigantesca isola!

Se poi, accanto a loro, collochiamo, ad esempio, un baleniere, stiamo forse sminuendo le qualità di tutti gli altri? Ma, no… Poiché in Scoresby junior emergeva un’innata propensione per la scienza, l’osservazione empirica, gli esperimenti. Anzi, si può dire come egli sia stato addirittura un precursore. Lui, che era un incredibile e curiosissimo autodidatta, e che prestava estrema attenzione a cose, fatti, fenomeni, accadimenti, dettagli. Un talento naturale che si andava ad aggiungere alla sua più che ragguardevole esperienza marittima e polare. Tutto ciò fece sì che suoi saranno i primi lavori scientifici pubblicati sull’Artico.

Forse solo per un colpo di fortuna, ma sarà invece il norvegese Carlsen, un altro “non paludato” frequentatore dei mari artici (era un provetto cacciatore di foche), a scoprire nella remota isola della Nuova Zemlja l’accampamento invernale del navigatore Barents, risalente a quasi tre secoli prima.

Il Tempio di Tjintak-Kjong, Singapore. Acquerello realizzato dal pittore Joseph Selleny nel corso della circumnavigazione della Terra della fregata austriaca Novara  (1857-59) diretta  dal Marineroberkommandanten   Arciduca Ferdinando Massimiliano (Max) d’Asburgo

   Ecco poi spuntare dal nostro parterre un altro periplo della Terra. Quello della Novara comandata dall’Arciduca Ferdinando Max, per brevissimo tempo perfino Imperatore del Messico. Ed è la stessa fatal nave che cantò il Carducci, che in seguito avrebbe riportato in patria le sue spoglie mortali.

   A questo punto vi starete forse domandando se nel mio elenco sia compreso anche qualche italiano. Risposta affermativa: Enrico D’Albertis, che al suo attivo conta, tra l’altro: tre viaggi intorno al mondo, crociere della Marina e su yachts, scontri navali, esplorazioni fluviali.

   Inoltre non potevo qui non ricordare la missione diplomatica in Asia dello squadrone navale dell’Ostasiengeschwader prussiana, con bordo un giovane Ferdinand von Richthofen. Futuro grande sinologo e zio di Manfred, il famoso Barone Rosso dell’aviazione germanica. È infatti a Ferdinand che si deve la coniazione dello storico termine, diventato poi d’uso universale, di “Via della Seta”.

“Espelli i barbari”. Immagine di lottatore giapponese che manda a terra uno straniero (1861)

   A questo punto bisogna però tornare cronologicamente indietro. La parte principale del libro è infatti costituita dalla grande spedizione del navigatore britannico Sir John Franklin. Scomparsa misteriosamente nel nulla, mentre a metà ottocento si accingeva ad inoltrarsi all’interno di quel gigantesco e caotico meandro di isole, stretti e canali, che formano l’arcipelago artico canadese.

   Per molto, troppo, tempo non si saprà più nulla della sorte toccata alle due navi e ai loro equipaggi. Come dicono gli inglesi, con ogni probabilità bisognava quindi solo aspettarsi il tragico: ships lost with all hands. Solo dopo quasi tre anni le prime missioni di ricerca, via mare e via terra, cominciarono a ritrovare sparse in un immenso territorio materiali, tombe, resti umani. Tracce frammentate di un gigantesco dramma consumatosi tra i ghiacci.

   Alle missioni di ricerca via mare appartengono altre tre figure, che qui ricordo. La prima è quella dello statunitense Elisha Kane, che nel 1850 scoprì sull’isola Beechey le prime tracce della spedizione Franklin: il quartiere invernale della spedizione e le tombe di tre componenti l’equipaggio, i primi a morire. La seconda è quella di Robert McClure. Non scoprirà nessuno, né a nessuno potrà portare soccorso. Però sarà il primo ad aver fatto il periplo delle Americhe e aver scoperto, “suo malgrado”, il Passaggio a Nord-Ovest. Da lui affrontato dallo Stretto di Bering, dopo aver superato tre e, poi, quattro sverni. Percorrendo il Passaggio, sia a bordo della propria nave, che imbarcandosi su un'altra. Ma anche compiendo lunghi tragitti, sia su slitte, che a piedi. Il terzo personaggio è quello di Sir Francis Mc Clintock. Nel 1857-58 scoprirà una significativa testimonianza scritta (quasi “ufficiale”) riguardante l’inizio della tragedia.

   A loro ho aggiunto, anche se non lo si può certo considerare un navigatore, l’orcadiano John Rae, un esperto funzionario della Compagnia della Baia di Hudson. Le sue lunghissime traversate, sia per terra, che per mare (1847,1848, 1850,1853-54), gli daranno modo di raccogliere altri oggetti della spedizione e di ottenere preziosissime informazioni dagli eschimesi via via incontrati.

   I numerosi ritrovamenti riguardanti la spedizione di Franklin non avevano però mai portato ad individuare quali fossero state le reali cause del fallimento della più grande spedizione mai allestita dal governo britannico. Per conoscere la triste verità bisognerà infatti aspettare oltre un secolo (anni ‘1980), Allorché un collega antropologo (ma forense) canadese effettuerà analisi di laboratorio sulle salme ibernate di due marinai estratti dalle loro tombe scavate nel permafrost ghiacciato. Poi, trent’anni più tardi, complice il riscaldamento del pianeta, il sapiente utilizzo di apparecchiature sofisticate, le rivalutate testimonianze degli eschimesi (Inuit) della regione, a suo tempo completamente inascoltate, o ignorate, si è addirittura riusciti a localizzare i relitti di entrambe le navi sul fondo marino. Dapprima l’Ammiraglia, l’Erebus (2014), poi la Terror (2016). E dire che la seconda è stata individuata nella baia che proprio da lei aveva preso il toponimo, cioè Terror Bay (sic)…

   Ecco quindi i personaggi che il lettore troverà nelle pagine del libro, anche se ne manca ancora uno, il primo. Mi riferisco a Bligh, una figura controversa che, in effetti, avrebbe dovuto figurare nel primo volume della trilogia. Comunque, sia pure “in corner”, l’ho potuto qui inserire per via dell’anno della sua scomparsa (1817).

1. L'odioso, straordinario Capitano William Bligh, 1754-1817. Nome legato all'ammutinamento del Bounty, ma anche ad una delle più grandi imprese marinare di sempre

2. Urey Fyodorovich Lisianski, 1773- 1837 e Johann von Kruzenstern, 1770-1846: da San Pietroburgo all'America. La prima circumnavigazione del globo compiuta dalla Marina Russa (1803-1806), "scorciatoia" per evitare due anni di lunghi viaggi estenuanti con ottomila cavalli

3. Matthew Flinders, 1774 -1814: alla scoperta della "Terra Australis", che viene circumnavigata per la prima volta

4. John Ross, 1777-1856: il grande navigatore-esploratore scozzese, che per primo raggiunse il Polo Magnetico nell'Artico canadese

5. Fabian Gottlieb Thaddeus von Bellingshausen, 1778-1852: il navigatore estone che scoprì il Polo Sud

6. Sir John Franklin, 1786-1848: la scomparsa nel nulla della Grande Spedizione britannica, inviata a ricercare il Passaggio a Nord-Ovest, per oltre un secolo ha rappresentato il più grande mistero della storia dell'esplorazione

6.1 Alla ricerca via mare della Spedizione Franklin: Elisha Kent Kane, 1820-1857, l'eroe americano dei viaggi artici

6.2 Alla ricerca via mare della Spedizione Franklin: Robert McClure, 1807-1873, lo scopritore del Passaggio a Nord-Ovest

6.3 Alla ricerca via mare della Spedizione Franklin: Sir Francis Leopold Mc Clintock, 1819-1907, lo “Sherlock Holmes” dell’Artico

6.4 Alla ricerca via terra della spedizione Franklin: John Rae, 1813-1893, per gli eschimesi Meeteelik: "uno che ha lo spirito di un'anatra". 37.000 chilometri a piedi tra i ghiacci il "carnet" di viaggio dell’esploratore scozzese. Con le sue imprese apportò nel XIX secolo un notevole contributo alla conoscenza del Grande Nord canadese

7. William Scoresby Jr., 1789-1857: un baleniere a cui si deve l’inizio dello studio scientifico dell’Artico

8. William Edward Parry, 1790-1855: gli arditi tentativi del grande navigatore ed esploratore del mare artico, per ricercare il mitico Passaggio a Nord-Ovest e conquistare il Polo Nord

9. Elling Carlsen, 1819-1900: l'accampamento invernale di Barents nella Nuova Zemlja. Tre secoli ritrovati sul pack nel 1871 dal capitano norvegese

10. Arciduca Ferdinando Massimiliano (Max) d’Asburgo, 1832-1867: a Castel Tirolo la mostra "Oltre l'orizzonte: l'ultima circumnavigazione della Novara (1857-59)", il veliero che più tardi avrebbe ricondotto dal Messico la sua salma

11. Nils Adolf Erik Nordenskjöld, 1832-1901: il “Conquistatore” del Passaggio a Nord-Est, tra i più grandi navigatori di tutti i tempi

La Vega di Nils Adolf Erik Nordenskjöld tra i ghiacci. Quadretto ad olio di G. Bove (G. Bove, Il Passaggio di Nord-Est, 1940)

12. Enrico Alberto D’Albertis, 1846-1932, grande navigatore-esploratore dei cinque continenti

13. La Missione in Asia della Ostasiengeschwader, la Squadra Prussiana dell’Asia Orientale (1860-62)

14. Otto Sverdrup, 1854-1930, il "principe" dei navigatori ed esploratori polari norvegesi, le cui imprese non furono inferiori a quelle di Nansen e Amundsen

15. Fridtjof Nansen, 1861-1930: a Oslo il Fram Museet custodisce la nave, che nel 1893-1896 l'esploratore guidò in una storica spedizione polare, lasciandosi trascinare da un imprevedibile tappeto di ghiaccio

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   "Nel XIX secolo un cacciatore di foche di Hammerfest, il capitano Elling Carlsen, riuscì comunque a passare alla storia in un modo del tutto insolito e, per lui, imprevisto. Arrivando il 7 settembre 1871 in una zona poco battuta dell'isola russa della Nuova Zemlja, la "Baia del Ghiaccio". Il 9 avrebbe scoperto le rovine di una capanna di 16 m per 10. Pressoché nello stesso periodo dell'anno, l'11 settembre, però del lontanissimo anno 1596, gli olandesi avevano infatti trovato legno da deriva, con il quale poterono costruire una casa in cui, come scrive il cronista de Veer, “fummo costretti a trascorrere l'inverno nel grande freddo, in miseria, indigenza e angoscia". Solo il 13 giugno del 1597, non appena liberate dalla morsa del ghiaccio, le navi poterono nuovamente salpare. Il Barents sarebbe morto sette giorni dopo. Gli olandesi furono così i primi europei a sopravvivere un inverno a latitudini così elevate.

   Questo ritrovamento ha certamente dell'incredibile! Ad un profano può sembrare del tutto improbabile pensare che, a distanza di così tanto tempo, sia stato possibile rintracciare, in habitat così estremo, materiale che altri ecosistemi avrebbero condannato a far scomparire, senza lasciare traccia alcuna. Ma nell'ambiente artico, per altri versi così fragile, le tracce dell'uomo sono destinate a durare per un lunghissimo periodo di tempo. Non solo se preservate dal gelo del permafrost! Ecco perché i responsabili dell'ambiente, nelle Svalbard, come nell'Artico canadese, ad esempio, sono particolarmente sensibili a ogni attività umana presente in quelle regioni, che perciò è severamente regolamentata.

L'Assistente all'Ambiente del Governatorato delle Svalbard ebbe modo di mostrarmi alcuni segni particolari su una mappa dell'arcipelago. Erano segni di pneumatici presenti nell'isola di Edgeøya, ad est dello Spitsbergen. Dove normalmente vi si arriva con lo skidoo (motoslitta) solo durante i lunghi e bui mesi invernali. Quei segni così ben visibili erano divenute profonde cicatrici sul terreno, che si sarebbero rimarginate lentissimamente. Erano state lasciate da alcuni veicoli appartenenti ad una società impegnata in prospezioni petrolifere oltre trent'anni prima! (...)

   Alcuni degli oggetti riportati dal Carlsen sono esposti "quasi religiosamente" nell'importante, e per certi versi "unico", Museo Polare di Tromsø, nel nord della Norvegia. In una vetrina fanno bella mostra di sé: alcuni sigilli in piombo che venivano applicati sui rotoli di tessuto da commerciare nella lontana Cina; parti di slitta; misure per polvere da sparo; lucchetti; coltelli; resti di una bilancia e di una lampada ad olio. La quasi totalità degli oggetti, tra cui una relazione di viaggio manoscritta dal Barents, venne comunque donata dallo scopritore al governo olandese. Ora i reperti sono visibili presso il Rijksmuseum di Amsterdam, dopo essere stati depositati per un certo periodo presso il Museo della Marina (L'Aia)".

Da: MASTERS & COMMANDERS VERSO L’IGNOTO.   NAVIGAZIONI STRAORDINARIE AI CONFINI DELLA TERRA. PARTE II: XIX SECOLO 

E-Book, versione cartacea a colori e in bianco e nero, I e II ediz., 165 pp, 31 note, 150 immagini, di cui 75 a colori (24 sono dell'A.)

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Introduzione 

1. William Bligh, 1754-1817 

2. Urey Fyodorovich Lisianski, 1773- 1837 e Johann Von Kruzenstern, 1770-1846 

3. Matthew Flinders, 1774-1814 

4. John Ross, 1777-1856

5. Fabian Gottlieb Thaddeus von Bellingshausen, 1778-1852 

6. Sir John Franklin, 1786-1848 

Introduzione 

La Grande Spedizione di Franklin salpa alla ricerca del Passaggio a Nord-Ovest 

Prima Fase: le missioni di soccorso e ricerca (1847-1880) scoprono materiali, tombe, resti umani 

6.1 Alla ricerca via mare della Spedizione Franklin: Elisha Kane, 1820-1857

6.2 Alla ricerca via mare della Spedizione Franklin: Robert McClure, 1807-1873

6.3 Alla ricerca via mare della Spedizione Franklin: Sir Francis Leopold Mc Clintock, 1819-1907 

6.4 Alla ricerca via terra della spedizione Franklin: John Rae, 1813-1893 

Seconda Fase: alla fine di un decennio di ricognizioni sul terreno, di studi e analisi a tavolino e in laboratorio, negli anni ‘1980 si ricostruiscono le cause del tragico fallimento di una delle più grandi imprese umane, che la storia dell'esplorazione ricordi 

La sopravvivenza nell'Artico: insegnamenti provenienti dalla cultura Eschimese (Inuit) e dall'Antropologia 

Terza fase: anni ‘2000. il cambiamento climatico favorisce il ritrovamento sul fondo del Mar Glaciale Artico prima dell’Erebus (2014), poi della Terror (2016) 

7. William Scoresby Jr., 1789-1857

8. William Edward Parry, 1790-1855 

9. Elling Carlsen, 1819-1900 

10. Arciduca Ferdinando Massimiliano (Max) d’Asburgo, 1832-1867 

11. Nils Adolf Erik Nordenskjöld, 1832-1901 

12. Enrico Alberto D’Albertis, 1846-1932 

13. La Missione in Asia Orientale della Ostasiengeschwader, 1860-62 

14. Otto Sverdrup, 1854-1930 

15. Fridtjof Nansen, 1861-1930 

BIBLIOGRAFIA 



domenica 19 giugno 2022

34. UNA STORIA DELL'ANTROPOLOGIA IN 61 PERSONAGGI E UNA SPEDIZIONE INTERCONTINENTALE TRA AMERICA E RUSSIA: VOLUME I°, DA ADOLF BASTIAN A VINIGI LORENZO GROTTANELLI

Indio Bororo mentre sta per scoccare una freccia. Foto Steinen
[Karl von Den Steinen, 1855-1929. Spedizione nello Xingù (Mato Grosso,  Brasile) del 1887-1888, da: Unter den Naturvolkern Zentralbrasiliens, 1894] 

Quando nel lontano 1980 apparve il sesto volume dell’Enciclopedia della Curcio: Le Grandi Avventure dell’Archeologia, ero reduce da tre sole sessioni di ricerca antropologica sul campo (Africa, Mesoamerica): nel 1976 nella cittadina multietnica di Isiolo, a nord del Monte Kenya, nel Kenya settentrionale; nel 1978 nel piccolo villaggio di indios Huave di Santa Maria del Mar, nell’istmo di Tehuantepec (Oaxaca, Messico); nel 1979 nella cittadina multietnica di Malakal, nella Provincia del Nilo Superiore (Sud Sudan).

   Oltre agli usuali problemi d’ordine burocratico e alle difficoltà logistiche, che immancabilmente attendono al varco ogni ricercatore non “da tavolino”, a quei tempi già ero incorso in diverse “avventure”, tutte comunque andate a lieto fine. Così, dopo aver collaborato con diapositive (Messico, Grecia, Italia meridionale) all’apparato fotografico dell’Enciclopedia, pensai che sarebbe stato fantastico riuscire a realizzare l’“equivalente” antropologico! Progetto che a quei tempi era forse troppo grande per le mie “possibilità”, così che non andò in porto…

   Oggi ritengo che età ed esperienza mi consentano di presentare ai lettori questa nuova trilogia interamente dedicata agli Antropologi. Vi ho raccolto, debitamente illustrate da foto d’epoca, le schede di 61 personaggi. Oltre a quella relativa ad una spedizione antropologica intercontinentale, svoltasi tra America del Nord e Asia a cavallo tra il secolo XIX e XX.

   Se possiamo affermare che, in generale, conosciamo i contributi fondamentali apportati alla disciplina dai numerosi studiosi “incontrati” sul nostro cammino, al di là di teorie, idee, correnti di pensiero e scuole nazionali, sappiamo invece poco, o nulla, dei singoli e diversificati percorsi esistenziali. Infatti spesso, al di là delle righe scritte dai ricercatori, c’è esclusivamente il nulla. Ove ad hoc non abbiamo potuto approfondirne la vita. Circostanza secondo me determinante per comprendere appieno ciò che ritroveremo all’interno di un discorso scientifico. Se poi, per ipotesi, siamo in possesso di qualche elemento in più, spesso è lì, appiccicato nel vuoto “più spinto”, slegato dalla realtà, frammentato…

   Eppure gli uomini e le donne che hanno un “posto” in questa mia galleria virtuale, ciascuno nel proprio campo e nel proprio paese, sono personaggi indubbiamente d’eccezione e valgono, non solo per ciò che hanno fatto all’Università, o sul terreno. Tutti loro hanno difatti apportato straordinari contributi a scienza e conoscenza. Molti hanno avuto echi di portata mondiale e storica. E il loro vissuto continua tuttora a stupirmi. Poiché, man mano che mi sono addentrato nelle loro vite, sono rimasto sempre più colpito ed attratto da quelle che sono state le profonde passioni, che li hanno guidati sui loro strabilianti, se non unici, itinerari esistenziali e scientifici. Peraltro spesso in tempi ed epoche dove pressoché tutto risultava difficoltoso, pionieristico, pericoloso, impossibile. Poiché ci si doveva inoltrare con pochi mezzi, a volte anche con scarsi riconoscimenti, in terreni “geografici” e “culturali” prima di allora mai violati. Osservando e partecipando alla vita dei popoli più diversi, in particolare di quelli un tempo definiti “primitivi”. Rischiando spesso la vita.

   Sempre ricercando la Verità e le risposte a mille interrogativi, hanno studiato le sfaccettature culturali dei gruppi umani. “Diversità” che rendono comunque tutti noi “uguali”: nelle emozioni, nei sentimenti, nei bisogni primari, nella dignità umana… Così, al di là delle loro asettiche descrizioni scientifiche, ho sempre cercato di apprendere: come siano arrivati sul campo e perché, cosa e chi hanno incontrato.

   Trattando di Antropologi, non posso fare a meno di citare alcuni aneddoti personali. A cominciare dal fatto che, sia pure on line, anni addietro fui accettato come membro dallo storico Explorer’s Club di New York. Il primo risale agli ultimi anni della collaborazione all’Osservatore Romano (Terza Pagina e supplemento domenicale). Quando inaspettatamente scoprii in redazione, con indubbia soddisfazione, come fossi considerato l’Indiana Jones del giornale. In quel momento il pensiero mi riportò indietro di oltre una ventina d’anni. Allorché nel 1979, al mio rientro a Khartoum dalla prima ricerca sul campo a Malakal, il Direttore dell’Agip Sudan Ltd. mi svelò come nell’ambiente degli expatriates europei, dopo la mia determinata partenza per l’ignoto…, ero stato soprannominato: Dr. Livingstone. In effetti loro, che si spostavano nelle vicine oasi con almeno un paio di fuoristrada, cuoco e kit d’emergenza medico-chirurgica al seguito, erano rimasti “sconvolti” per il fatto che, poco dopo essere giunto nella capitale sudanese, ero intenzionato a spingermi per 850 km a sud, con un paio di valigie e il borsone con il registratore e la pesante attrezzatura fotografica di quei tempi. Attraversando in jeep il deserto fino a Kosti, per poi risalire lo storico Nilo Bianco su un vetusto battello a pale posteriori per quattro lunghissimi e straordinari giorni…

Guerrieri Zande, foto Czekanowski
[Jan Czekanowski, 1882-1965, spedizione germanica nell'Africa Centrale, 1907-1908]  

Questo volume contiene i primi venti protagonisti delle Grandi Avventure dell’Antropologia. Alcuni di essi si spinsero nelle inesplorate boscaglie del Mato Grosso e del Paraguay popolate dalle tribù indie - dove un italiano vi perderà la vita -. Ma si recarono anche tra i pellerossa delle praterie e dei semi-desertici altopiani del Far West. Per conoscerli, studiarli, registrarne i canti. Addirittura vivere con loro. Come loro. Cioè: “andando nativi”. In un caso cercarono anche di “difenderli”. Nell’Insulindia incontrarono i cannibali del Borneo e studiarono gli isolani di Alor. Nell’Asia sud-orientale si imbatterono nei popoli che vivevano sulle montagne e sopra le barche. Più volte attraversarono da ovest ad est il Continente Nero e nell’Africa centro-orientale scoprirono una moltitudine di popoli, mentre in quella occidentale un colpo di fortuna li fece incappare in uno straordinario “cantastorie”, un vecchio e cieco griot. In seguito dovettero anche prendere atto come egli appartenesse ad un popolo che sapeva dell’esistenza di Sirio B, stella nana visibile solo con il telescopio. E che dire di uno dei maestri dell’antropologia, che si interessò ai nudi Nilotici, ma anche ai Zande. Noti nella letteratura ottocentesca come Niam Niam, poiché cannibali? Ecco ora arrivare colui che, con le sue molteplici spedizioni, riscoprì prima di ogni altro lo spessore culturale delle civiltà autoctone africane. Infine un altro italiano a me molto caro, conosciuto quando ero ancora un ragazzo, scelse l’Africa come campo di ricerca. Trascorrendo la sua vita scientifica tra Etiopia, Somalia e Ghana. Anche gli Inuit, cioè quelli che prima del “politically correct” tutti noi chiamavamo “eschimesi”, hanno qui un loro pregevole testimone, che potremmo definire emico, cioè “dal di dentro”, avendo una moglie Inuit… Inoltre c’è una donna coraggiosa che, all’inizio del XX secolo, si spinse in Siberia fin sulle remote coste del Mar Glaciale Artico. Grazie ai Papua della Nuova Guinea. alle Salomone e alla Polinesia qui sono rappresentati anche gli isolani degli arcipelaghi dell’Oceania.

Guerrieri di Owa Raha, isole Salomone, con lance e clave scutiformi [a forma di scudo], foto Bernatzik, 1936
[Hugo A. 
Bernatzik, 1897-1953]

Al tedesco Adolf Bastian l’onore di aprire il volume: ha fondato a Berlino il primo Museo Etnografico al mondo e trascorso quasi un terzo della sua vita in lunghi e complessi viaggi intorno alla Terra e nei paesi più lontani e sconosciuti. Trasformando la sua inesauribile curiosità per il “diverso” in una straripante passione scientifica per l’Etnologia e l’Etnografia.

LE GRANDI AVVENTURE DELL’ANTROPOLOGIA 

Antropologi culturali, sociali, fisici, applicati, etnologi, etnografi, etnomusicologi, etnostorici. Vol. 1: da Adolf Bastian a Vinigi L. Grottanelli 

E-Book e versione cartacea in bianco e nero di grande formato (16,99 x 24,4), 171 pp., 87 note, 145 immagini

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Versione cartacea: https://www.amazon.it/dp/1719852340

SOMMARIO

1. Le "idee elementari" delle culture umane: lo studioso tedesco Adolf Bastian, uno dei padri dell'etnologia contemporanea

2. Tra "gli spiriti delle foglie gialle": Hugo A. Bernatzik, uno dei massimi etnologi e viaggiatori austriaci"

3. Tra i miti e le realtà del Borneo favoloso: l’esploratore ed etnografo norvegese Carl Alfred Bock, uno tra i primi studiosi dei Dayaks

4. Un artista tra gli indios del Mato Grosso: Guido Boggiani, pittore, fotografo, esploratore ed etnografo, morto in circostanze misteriose

5. George Catlin, pittore-etnografo, spese la sua vita per difendere e far conoscere il mondo in rapida scomparsa degli indiani d'America

6. La saga di Ténatsali “Fiore medicinale”: Frank H. Cushing, uno dei più singolari esponenti della Storia dell’Antropologia

7. La polacca Maria Antonina Czaplicka e la sua ricerca sul campo nell’artico siberiano

8. Un polacco in Africa centrale: l’antropologo Jan Czekanowski protagonista della prima missione scientifica nei Grandi Laghi

9. Un genovese in Nuova Guinea: Luigi M. D'Albertis, primo europeo a esplorare la terra degli uccelli del paradiso

10. La grandiosa opera etnomusicologica di Frances T. Densmore sui canti degli Indiani delle Pianure

11. Lo Xingú, un remoto angolo di mondo: Karl von den Steinen con le sue complesse esplorazioni scientifiche nel Mato Grosso è il “padre dell'etnologia brasiliana”

12. Tra i "sapienti" Dogon del Mali: gli importanti studi sull'Africa occidentale dell'etnologa francese Germaine Dieterlen

13. Storie di vita nelle Indie Olandesi: l'antropologa americana Cora A. Du Bois nell'isola di Alor compì studi fondamentali sulla cultura e la personalità dei nativi

14. Fred Eggan antropologo moderno. Lo studioso statunitense che ha saputo coniugare etnologia storica e struttural-funzionalismo

15. Lo studio sistematico del popolo dei Nuer: Edward Evans-Pritchard, maestro dell'antropologia sociale britannica

16. Un "ragazzo" tra i Maori: l'antropologo neozelandese Sir Raymond Firth

17. Il “Grande Peter” degli Inuit artici: la vita avventurosa dell’esploratore e antropologo danese Freuchen

18. Con ricerche audaci e "fuori dal coro" l'esploratore tedesco Leo Frobenius rivoluzionò gli studi etno-antropologici, restituendo all'Africa la propria storia

19. Un appassionato studioso dell'Uomo dalle biblioteche alle piste dell'Africa occidentale: l'antropologo francese Marcel Griaule, maestro di generazioni di ricercatori

20. Lungo la via maestra dell'etnologia italiana, un nome su tutti spicca nella ricerca sul campo e nell'analisi teorica: quello di Vinigi L. Grottanelli