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lunedì 31 ottobre 2022

72. UN RACCONTO ESOTICO-ETNOLOGICO GIOVANILE: SESTA PUNTATA (PROSEGUE LA VISITA DELLA CITTA' DI NAIROBI)

Bazaar Indiano, 1910-12: "le donne Kikuyu fanno acquisti" (Gerhard Lindblom, Museum of Ethnography, National Museums of World Culture) 

A sedici anni (1962-63) ho scritto il mio unico romanzo. Purtroppo è rimasto incompiuto... Il protagonista è un etnologo italiano, poiché allora ero attratto dall'Etnologia. Oltre a raccontare anche dell'amore tra lui e un'affascinante, ma molto gelosa, donna, basandomi sulla letteratura di viaggio ed etno-antropologica in mio possesso (e sulle ricerche  effettuate nelle Biblioteche dell'Istituto Italo-Africano e del Museo Pigorini, al Collegio Romano), ho cercato di descrivere l'ambiente tropicale, la fauna, alcuni popoli.  Ho anche lasciato inalterato il testo. 

[precedenti puntate: 23.9; 3, 8, 15, 23.10] 

Dopo aver scattato alcune foto alla statua di quel valoroso uomo, John e Milly continuarono nella loro visita alla città.

La statua di Lord Delamere. E' stata rimossa nel novembre del 1963 e collocata nella tenuta di famiglia di Soysambu

Delamere Avenue in alcuni punti era vigilata da nerissimi metropolitani che, dall’alto di alcune pedane, agitavano i manganelli, sbraitando se un pedone passava dove non doveva. O se qualche conducente indigeno non rispettava le regole.

Sui marciapiedi della centralissima e importante via poterono anche ammirare gli ampi prati costellati da fiori di un colore rosso acceso.

L'Hotel New Stanley negli anni '1970

Da Piccadilly Circus. come era stata soprannominata la piazza accanto al New Stanley Hotel, per la sua forma circolare con la statua al centro, sia pure inconsapevolmente si spinsero molto verso ovest. Poi, volendo visitare il quartiere indiano e, quindi, quello africano, si rivolsero ad un poliziotto bianco, che cortesemente fece presente che avevano sbagliato completamente strada: quei quartieri stavano ad est!

Il centro di Nairobi

NEL QUARTIERE AFRICANO

Ritornati sui loro passi, come Dio volle arrivarono nel quartiere negro. Passarono molti mercati indigeni, dove le venditrici, alcune volte perfino con un neonato al seno, strepitavano per pubblicizzare i loro prodotti.

Bazaar Street nel 1904

Come notò più tardi John, là si vendeva di tutto: dai liquori inglesi ed americani di contrabbando alle sigarette, dalle collanine di vetro (che una volta gli esploratori trovavano comodo quale mezzo di scambio) ai recipienti in ferro. Inoltre si vendeva ogni sorta di cibo, ma anche animali vivi. Come quella capretta portata da un Kikuyu che, cercando di dimostrare l’alta bontà della sua carne, la faceva tastare e le apriva la bocca. In modo da far vedere che i suoi denti erano tutti sani. Mentre altri venditori, con la loro assai vivace e spigliata parlantina, cercavano di imbrogliare i clienti. Riuscendoci. Poiché i compratori, il più delle volte intimiditi da tanta sicumera, abboccavano all’amo delle loro lusinghe.

Urla, bestemmie, grida degli animali legati, odori non certo gradevoli, frastornarono Milly. La puzza era infatti sufficiente a stordire una forestiera.

Il mercato nel villaggio di Karatina, nei pressi della città di Nyeri "Tipi Kikuyu, uomini e donne",
 1936 (Matson - Eric and Edith - Photograph             Collection, Library of Congress)

Lasciati i mercati e le bidonvilles fatte di ogni sorta di materiale: dal cartone al legno, dalle lamiere di fusti di benzina alla stoffa, al fango, alla paglia e, persino, alla carta!, sempre camminando nel quartiere negro arrivarono, non si sa come, in un luogo non certamente definibile “elegante”. Ma di ciò se ne sarebbero dovuti accorgere troppo tardi!

Uno dei più grandi slums di Nairobi: la baraccopoli della Mathare Valley, 2009 (foto Claudio Allia, CC some rights reserved)


Sulla Mathare Valley  ho pubblicato  nel 1977 l'articolo: "Lo slum della Mathare Valley. un'area problematica di Nairobi", mentre "I "Parking Boys" di Nairobi, Un "caso" di devianza sociale in un tessuto urbano africano" figurano nel libro: I processi di comunicazione nell'ambito urbano, Stroppa Claudio (a cura di), 1979. Entrambi sono reperibili su Research Gate:


https://www.researchgate.net/publication/346943404_I_PARKING_BOYS_DI_NAIROBI_UN_CASO_DI_DEVIANZA_SOCIALE_IN_UN_

NEL QUARTIERE A LUCI ROSSE. LA PROSTITUZIONE IN AFRICA

Erano arrivati nel quartiere a “luci rosse”. Sgualdrine nere dalla testa ricciuta, in abiti europei, ma con i piedi nudi e le dita divaricate, ridevano e contrattavano i prezzi nei crocchi di gente di ogni razza. Videro perfino dei bianchi, che contrattavano con prostitute giovanissime, di 10, 11 anni. Un etnologo le avrebbe subito riconosciute. Per lo più appartenevano alla tribù Swahili.

Il meretricio in Africa orientale esiste da molto tempo, prima ancora dell’arrivo degli europei. Furono gli arabi a portarlo.

Giovane somala in una casa di tolleranza dell'Africa Orientale, denudatasi per danzare

Le prostitute africane oggigiorno si riconoscono solo per i vestiti che, a differenza delle altre donne, sono sempre più costosi ed elaborati.

In passato la distinzione era ancora più marcata. Adesso la si può solo riscontrare in qualche tribù dell’interno. Le bellezze locali un tempo andavano in giro con il petto scoperto o completamente nude. Invece le prostitute erano vestite da capo a piedi.

"Donne della tribù Sani [Luo del clan Seme] , vicino Kisumu, lago Victoria, 1902 (Charles William Hobley)

È un metodo come un altro per sbarcare il lunario. Gli indigeni non la considerano un’attività infamante. Donne che hanno rapporti con molti uomini sono sempre esistiti e se i maschi (dicono), soprattutto i bianchi, sono tanto stolidi da pagarle per questo, le donne sarebbero malaccorte a rifiutare il denaro.

- Siamo capitati in un bel lupanare, fece Milly guardandosi intorno. Ed aggiunse: andiamocene al più presto. 

- Come vuoi.

Cercarono di uscire da quel quartiere malfamato, che certo non poteva essere sopportato da una signora per bene e, mentre passarono davanti a decine e decine di donne di malaffare videro, anzi…, prima di vedere, sentirono urla e pianti, lamenti e bestemmie provenire da un vicolo semioscuro alla loro destra. Quando passarono vicino, scoprirono il motivo: un gruppo di prostitute si stava accapigliando per un sordido motivo di denaro.

Il quartiere era frequentato anche da arabe ed indiane.

Finalmente ne uscirono fuori e Milly giurò a se stessa di non andare mai nei quartieri negri di una città africana.

NEL QUARTIERE INDIANO

Lasciata alle spalle la zona africana, giunsero nel quartiere indiano. Sikhs barbuti e Parsi alimentavano il movimento delle strade.

Gli indiani, come del resto gli arabi, hanno praticamente accentrato tutto il movimento commerciale delle città dell’Africa orientale.

Il Club Indiano e Giardini, 1936 (G. Eric and Edith Matson Photograph Collection,", Library of Congress Prints and Photographs Division)

Prima i mercati indigeni erano solo per i negri, o per gli europei, che volevano soddisfare qualche curiosità o fare fotografie di “colore”. Ora bazar, suqs, botteghe chiamate ducca, residenze di facoltosi indiani arricchitisi naturalmente con il commercio, prendono il posto dei poveri mercatini indigeni e delle loro case. Anche qui vengono gli europei, che vogliono risparmiare (i negozi del centro fanno pagare molto cara la merce) o i negri, per comprare i dolciumi. Ma si vendono anche bibite fatte chissà di che cosa, birra di pessima qualità (il pombe), scarpe da tennis, oggetti di vestiario di quinta mano, provenienti dal mercato clandestino dei ladri e degli usurai indigeni. Una specie di mercato delle pulci francese, o della romana Porta Portese.

Nelle taverne si possono mangiare patate dolci al forno ed un piatto di carne di montone o di capra con il “posho”. Dentro si vedono gli indigeni mentre, accosciati, sono intenti ad appallottolare con le mani il “posho” e a praticarvi, poi, un foro con il dito, per far posto ad un pezzo di carne o ad una fetta, unta ed indescrivibile, di grasso rancido o di qualche altra cosa...

La Moschea Jamia nel centro di Nairobi fotografata nel 1973 (van Rinsum, CC Some rights reserved, Tropenmuseum, part of the National Museum of World Cultures

Si ode il gracidare dei vecchi fonografi a manovella e il canto di Rita Pavone arrivata, chissà come, anche qua. Mentre dall’alto della Moschea Alì [Masjid Imtiaz Ali], veneratissima dai pakistani di religione mussulmana, la preghiera del muezzin invoca Allah e il suo Profeta.

Anche qui un’infinità di odori che, alla fine, fecero venire la nausea ai due europei. 

                SI RIENTRA AL NORFOLK

Così, chiamato un taxi, se ne andarono all’Hotel Norfolk, dove all’una e mezzo era fissato il pranzo con Giorgio.

- Chissà come sarà stata quella baruffa di ieri notte? pensò Milly

Il taxi percorse abbastanza piano il tragitto tra il quartiere indiano e l’hotel. Cosa stranissima… Il motore di quella macchina non ce la faceva ad andare più veloce. Ma fu un bene per i due, che a loro agio videro un’altra parte della città, senza stancarsi troppo, senza venire assordati da vicino dalle grida e, principalmente, senza dover annusare quell’infinità di odori puzzolenti, quasi una prerogativa dei quartieri indigeni.

Videro pullman zebrati che portavano i turisti a fare un’escursione al Nairobi National Park (così, con poca spesa, potranno dire di essere andati in safari), per fotografare e ammirare animali non più selvaggi, ma resi mansuefatti dalla quotidiana vicinanza dell’uomo, che non ha mai fatto loro del male.

Essendo l’ora del pranzo, osservarono inoltre anche jeeps e Land Rovers un po’ impolverate. Le stesse che nel corso di un safari il giorno prima avevano percorso fino a 1.000 chilometri. Trasportando i signori e le signore, che ora scendono dagli autoveicoli, indossando eleganti abiti da società, per andare a pranzo con gli amici in qualche ristorante e poi proseguire di sera in qualche night club. 

E le signore, forse, come di frequente accadeva durante l’insurrezione dei Mau Mau, nelle loro borsette nascondono eleganti rivoltelle, che nella savana avevano magari usato per uccidere qualche pericolosissimo mamba nero: il temibile "seven steps snake", il serpente dei sette passi...

CONTINUA

IL LEOPARDO DELLE NEVI, IL KILIMANJARO, PREPARATIVI PER LA SPEDIZIONE AL LAGO RODOLFO, IL CACCIATORE BIANCO

 p.s. Attualmente (novembre 2022) sto lavorando alla stesura di una: BREVE INTRODUZIONE ETNO-ANTROPOLOGICA AI POPOLI DEL KENYA.

IN QUESTO PAESE DELL’AFRICA ORIENTALE HO AVUTO MODO DI EFFETTUARE DUE SESSIONI DI RICERCA. LA PRIMA NELLA CITTA’ MULTIETNICA E MULTICULTURALE DI ISIOLO, A NORD DEL MONTE KENYA. LA SECONDA TRA I POPOLI NOMADI, TRANSUMANTI E SEDENTARI (TURKANA, MERILLE, BORANA, RENDILLE, ELMOLO) LOCALIZZATI INTORNO ALLE SPONDE DEL LAGO TURKANA (GIÀ RODOLFO), KENYA NORD-OCCIDENTALE.

lunedì 3 ottobre 2022

67. UN RACCONTO ESOTICO-ETNOLOGICO GIOVANILE: SECONDA PUNTATA (ROMA-KHARTOUM-ENTEBBE-NAIROBI)

Il lago Rodolfo, oggi Turkana (da: von Höhnel, 
Discovery of lakes Rudolf and Stefanie; a narrative of
Count Samuel Teleki's exploring & hunting expedition
in eastern equatorial Africa in 1887 & 1888,
Londra, 1894
)
A sedici anni (1962-63) ho scritto il mio unico romanzo. Purtroppo è rimasto incompiuto... Il protagonista è un etnologo italiano, poiché allora ero attratto dall'Etnologia. Oltre a raccontare anche dell'amore tra lui e un'affascinante, ma molto gelosa, donna, basandomi sulla letteratura di viaggio ed etno-antropologica in mio possesso (e sulle ricerche  effettuate nelle Biblioteche dell'Istituto Italo-Africano e del Museo Pigorini, al Collegio Romano), ho cercato di descrivere l'ambiente tropicale, la fauna, alcuni popoli.  Ho anche lasciato inalterato il testo. 
[I puntata: 23.9] 

NELL’ISTITUTO ITALIANO PER L’AFRICA, ROMA, 1962

I soliti convenevoli tra il Dott. Rossi e Rovi: Come state? Bene, grazie. Come sta sua moglie? Il viaggio come è andato? Ecc

Giorgio Rovi, così si chiama lo studioso, affrontò l’argomento che lo interessava.

- Ho intenzione di ripartire sabato sera con la B.O.A.C. per Nairobi, desidero soggiornare presso i Turkana del Rodolfo.

- Se posso fare qualcosa per lei me lo dica, mi sembra che non le ho mai negato alcun favore, risponde Rossi

- Certamente! L’unica cosa che vorrei è che lei mi desse una lettera dj presentazione per il Prof. Giorgetti, che è distaccato a Nairobi, in modo da accompagnarmi nella mia spedizione (se possiamo chiamarla così nel 1962), verso il nord-ovest del Kenya.

- Senz’altro!

Salirono entrambi le scale, che portavano fuori della biblioteca, quindi l’ascensore, infine l’ufficio. Il dottore stilò in breve tempo una lettera, che consegnò a Giorgio.

Ringraziò, stretta di mano e di nuovo giù. Dopo aver salutato la signorina e l’usciere, risalì sulla Jaguar. Pioveva ancora.

Il giallo della macchina era diventato più scuro, il suo “bidone” era quasi del tutto infangato. Pensò tra sé e sé: “deve essere quel maledetto pulviscolo radioattivo portato da tutte quelle bombe atomiche, che russi e americani, per uno sciocco puntiglio di prestigio, si sono ostinati a sperimentare (Ma che sciocchezza sto dicendo. Sto diventando peggio di una donnetta! Mah…)

Ingranò la marcia, e via. Non volle correre troppo forte. Una frenata improvvisa ed addio Kenya!

Dopo essere giunto nel suo appartamento, si riposò un istante. Trasse dal mobile bar la bottiglia di Haig’s, riempii un bicchierino fino all’orlo, lo trangugiò tutto di un fiato. Si adagiò sulla poltrona preferita. Una telefonata e prenotò il posto dell’aereo. Tutto bene, pensò!  

DA ROMA A NAIROBI, VIA ENTEBBE, UGANDA

Da molte ore il DC 8 si era lasciata dietro la tanto noiosa, ma tanto amata, Roma e, con lei, l’Italia. Il Mare Nostrum era già stato sorvolato, e così il Cairo.

A Khartoum, uno dei pochi scali della linea, che arriva fino a Johannesburg e da lì a Cape Town, Rovi volle fare una deviazione - così, per capriccio - al programma che si era preventivamente fissato. Infatti, insieme a pochi altri europei prese una carretta di un trimotore, che gli ricordava i vecchi Caproni. La “signorina”, così era stato battezzato l’aereo dagli scherzosi piloti inglesi, lo portò ad Entebbe.

Il giardino botanico di Entebbe, 1971 (CC Some rights reserved, Guus Gorter) 

Una volta capitale dell’Uganda, famosa per il clima eternamente primaverile, Entebbe sorge in riva al Victoria. Conserva tuttora edifici inglesi di stile coloniale.

Giorgio era la terza volta che vi ritornava e francamente lo faceva volentieri.

- Che peccato! Pensò. Dato che la sosta era solo di poche ore. Vorrà dire che ne approfitterò per andare a bere un goccetto al Safari Hotel.

Al bar fece la conoscenza di una coppia di giovani inglesi, che si recavano nel Kenya per un safari.

Lui, tipo sportivo, sui 25 anni, laureato ad Oxford in filosofia, abile giocatore di rugby, fin da bambino aveva sognato di effettuare una partita di caccia grossa nel Continente Nero. 

Lei, una bella ragazza bionda sui vent’anni, aveva occhi azzurri, dita affusolate, un naso un po’ lungo, ma molto dritto, una bocca larga, con labbra lievemente carnose, ma molto ben tagliate. Molto alta, aveva delle belle gambe e anche un bel seno da quello che si poteva scorgere dal vestito. Nel complesso un bel tipino, che aveva indubbiamente attirato la cupidigia - prontamente repressa - dell’italiano.

Accompagnava il marito nel suo viaggio – sebbene di malavoglia – e avrebbe fatto le funzioni di fotografa.

Non sapevano una parola di kiswahili e quindi Giorgio ordinò per tutti tre Martini “Maui mbile” [doppio] al boy negro.

Sorseggiarono il liquido gelato un po’ per volta e incominciarono a parlare del più e del meno.

John parlò del suo passato di professore e del suo futuro; Giorgio disse il motivo per cui andava in Kenya.

- Ma lei passa la sua vita tra quelle genti primitive e selvagge, che neppure lontanamente si sognano cosa sia la civiltà mentre, continuò John, lei con il suo denaro potrebbe fare la “dolce vita” in Italia. Goda delle bellezze che Madre Natura ha concesso alla vostra penisola e magari si faccia dei viaggetti – se ama viaggiare - sulla Costa Azzurra o, magari, a Rio!

- A parte il fatto che sarei defraudato della mia dignità se non facessi nulla – rispose Rovi -lei si è laureato in filosofia ed insegna in un College, io mi sono specializzato in Etnologia e studio i popoli protomorfi “in loco”. Non mi sembra che ci sia nulla di strano! Due passioni, due mestieri (se il mio si può chiamarlo in questo modo).

- Perché non la finite di discutere? Tra poco l’aereo riparte e il pulmino sta aspettandoci! Continuerete in volo il vostro scambio di idee, s’intromise Milly

- Va bene, disse Giorgio.

- Okay, disse John.

Il pulmino Volkswagen li riportò all’aerostazione, dove salirono sull’aereo, insieme a molte altre persone di diverse condizioni sociali e di differenti razze. Tutti avevano come unica destinazione il Kenya.

Giornalisti, fotoreporters, facoltosi e vecchi industriali o comunque magnati americani con le consuete giovani mogli, che regolarmente avrebbero messo le corna ai rispettivi anziani mariti, farmers inglesi, Kikuyu laureatisi nelle migliori università europee ed americane e, forse, anche nell’Università Lumumba di Mosca. Vecchi “coloniali” inglesi affetti dal mal d’Africa, e così via.

Francobollo russo del 1960. L'Università Lumumba di Mosca. Oggi Università russa dell'amicizia tra i popoli
   (RUDNРоссийский университет дружбы           народов)

I motori dell’aereo furono accesi, l’apparecchio cominciò a rollare sulla pista, prima pian piano, poi sempre più velocemente, fino a che le ruote anteriori e quelle posteriori non abbandonarono il cemento armato. Via per il Kenya!

Addio Uganda, terra di foreste, steppe, grandi fiumi, laghi meravigliosi! Addio Montagne della Luna!

Lago Victoria, 1968

In breve tempo, l’aereo sorvolò a bassa quota il Victoria Nyanza. 

Il secondo lago al mondo per superficie era solcato regolarmente da battelli più o meno grossi (quando il lago è in burrasca, le onde raggiungono anche l’altezza di qualche metro). 

Quasi indistintamente, lungo le insenature della costa, si poteva scorgere l’attività dei pescatori Kavirondo. Con il loro primitivo metodo di pesca, potevano trarre di che sostentarsi. Uno “sbarramento” fatto di papiri mesi uno accanto all’altro, era portato al largo con delle zattere. Trascinato poi a riva, in qualche piccolo seno, i poveri pesciolini, che venivano intrappolati nella rozza gabbia, non avevano più scampo, se non quello di andare a finire in “padella”.

Pescatori Luo del Lago Victoria, 1949 (CC some rights reserved, Emile Dubois)

Coltivatrici Kavirondo (da: Peter MacQueen, In wildest Africa: the record of a hunting and exploration trip through Uganda, Victoria Nyanza, the Kilimanjaro region and British East Africa, with an account of an ascent of the snowfields of Mount Kibo, in East Central Africa, and a description of the various native tribes, 1910)


Giorgio era assorto in quei pensieri, quando Milly, che era seduta un po’ distante dal marito, gli fece una domanda – a dir poco - imbarazzante…

-È vergine? Disse la graziosa inglesina.

Giorgio strabuzzò un po’ gli occhi, per sincerarsi che non stava dormendo, poi:

- Lei mi fa una domanda alla quale non so se posso rispondere.

- Milly: Vede, so che tutti coloro che hanno la possibilità di andare in Africa (e lei ci è andato spesse volte), riescono sempre più ad accoppiarsi (scusi la parola) con qualche ragazza anche se negra! -  e incominciò a guardarlo fisso negli occhi.

Giorgio non era per niente timido, però quella domanda, fatta in tono molto pacato, quegli occhi di un colore così azzurro, che lo guardavano insistentemente nei suoi occhi, il fatto che Milly fosse sposata e lui no… ebbene tutto ciò lo rese alquanto nervoso.

Prese la sua pipa, la caricò con del tabacco “Prince Albert”, l’accese e tirò una, due boccate. Si volse verso Milly.

- Non sono vergine -, disse in maniera piuttosto asciutta ed anche un po’ seccata.

- Milly, sempre non distogliendo il suo sguardo dai suoi occhi… - Me lo sarei immaginato! Un tipo, diciamo all’italiana, “fusto” come lei, non poteva non aver provato l’amore. Con chi?

- Mi scusi se la interrompo, disse l’etnologo.

- Steward tra quanto tempo si atterra a Nairobi?

- Tra una decina di minuti, signore.

Nessuno dei due parlò più. Milly pensò che aveva fatto una “gaffe”, era stata troppo invadente! Una domanda indiscreta. Forse, pensò, era stato l’effetto di quel Martini “Malui” o come diavolo era stato chiamato, che l’aveva resa così euforica e priva di inibizioni.

L’uccello d’acciaio stava sorvolando quel caratteristico fenomeno geologico che si stende dal lago di Tiberiade in Palestina, fino alla regione dei Grandi Laghi ed oltre, che aveva il nome di Rift Valley o Valle Spaccata. 

Era stato proprio l’attraversamento di quella frattura che molti anni prima, nella costruzione della ferrovia dall’isola di Mombasa a Kampala, aveva causato la perdita di molte vite umane.

Ormai la meta era molto vicina.

Dopo aver piegato a destra, l’aereo si preparò ad atterrare.

Il grande apparecchio si abbassò sulla pista, sobbalzò un poco, frenò, voltò e si diresse verso gli edifici dell’aerodromo.  

NAIROBI

La grande capitale del Kenya indipendente è l’unico centro di tutta l’East Africa che si possa designare con il nome di città. Grattacieli, ampie vie, negozi elegantissimi come si possono trovare a Via Frattina o a Via del Tritone. Grandi magazzini di vendita al minuto tipo Standa trovano anche qui i loro clienti. Bungalows nei sobborghi e se vogliamo, anche le bidonvilles, gli slums dove vivono tutti gli urbanizzati Kikuyu, Masai, Kipsigi, Nandi, e chi più ne ha, più ne metta… 

Anche in Africa esiste il fenomeno dell’urbanesimo che, più che in Europa, date le ataviche tradizioni tribali, assume un aspetto ben più preoccupante. Gli agricoltori, in questo caso dobbiamo dire gli allevatori di bestiame, che vanno nella città per lavorare, o di solito, per cercare di sbarcare alla meglio il lunario facendo un po’ di tutto, dal ruffiano alla prostituta, creano vuoti spaventosi nelle file delle tribù. Queste vengono a trovarsi nella maggior parte dei casi senza uomini. Solo bambini, donne e vecchi rimangono nelle loro capanne. I popoli primitivi così, come per molte altre ragioni, sono destinati all’estinzione. Comunque questo è un problema che va trattato in separata sede, e non qui.

Nairobi, ca. 1950

Ritornando a Nairobi, questa si può definire la Johannesburg del Kenya. La sua popolazione, rispetto a quella del ricco centro minerario ed industriale del Transvaal, è esigua: non più di 297.000 abitanti, compresi europei, indiani e, naturalmente, gli arabi.

A Nairobi fanno capo le più importanti linee aeree dell’intero continente. 

“Il centro dell’acqua”, così vuol dire in Masai, è la capitale del turismo equatoriale e punto di partenza dei safari. Solo Arusha, nella East Africa ex britannica, le può fare concorrenza.

CONTINUA


Nairobi e la ferrovia Mombasa Kampala figurano nel Cap. 3 del mio libro Amazon (E-Book e versioni cartacee a colori e in  bianco e nero): IL GIRO DEL MONDO… IN 15 TRENI: TRANSCONTINENTALI E DI LUSSO, DI PENETRAZIONE COLONIALE E MILITARE, DEI CERCATORI D’ORO, DEGLI HAJJI, “ALPINISTICI”



PAGINA AUTORE ITALIA

PAGINA AUTORE USA

p.s. Attualmente (novembre 2022) sto lavorando alla stesura di una: BREVE INTRODUZIONE ETNO-ANTROPOLOGICA AI POPOLI DEL KENYA.
IN QUESTO PAESE DELL’AFRICA ORIENTALE HO AVUTO MODO DI EFFETTUARE DUE SESSIONI DI RICERCA. LA PRIMA NELLA CITTA’ MULTIETNICA E MULTICULTURALE DI ISIOLO, A NORD DEL MONTE KENYA. LA SECONDA TRA I POPOLI NOMADI, TRANSUMANTI E SEDENTARI (TURKANA, MERILLE, BORANA, RENDILLE, ELMOLO) LOCALIZZATI INTORNO ALLE SPONDE DEL LAGO TURKANA (GIÀ RODOLFO), KENYA NORD-OCCIDENTALE.