Missione Dainelli al lago Tana (Etiopia), 1937 (Some rights reserved, Archivio Fotografico Società Geografica Italiana, Roma) |
Non poteva essere più tempestivo di così il mio nuovo achievement
su Research Gate, riguardante l’articolo del 1993 su Vinigi Lorenzo
Grottanelli. Perché oggi, a trent’anni dalla sua morte, mi dà modo ancora una
volta di ricordare una figura a me molto cara.
https://www.researchgate.net/profile/Franco-Pelliccioni/achievement/646de074c243be44533c39c3
“Pur non essendo stato un suo allievo, non posso nascondere come la scomparsa di questo grande dell’etnologia italiana nel 1993 mi toccò molto da vicino, riuscendo a scuotere, nel profondo, alcune corde della mia stessa esistenza. In effetti, egli, oltre ad aver rappresentato, per almeno due generazioni di studiosi, un maestro o, meglio, il Maestro (nel contesto dell’Istituto di Etnologia da lui diretto per lunghi anni, si andò formando la cosiddetta “scuola romana”), ha costituito per chi scrive la reale essenza e l’empirica fattuale realizzazione di come un grande ed “importante” sogno possa inverarsi(…) Ero un giovanissimo studente quando, dopo diverse affascinanti ma anche meticolose “immersioni” esplorative nelle sale del Museo Pigorini allora al Collegio Romano, egli mi volle incontrare: esattamente cinquantacinque anni fa, nel 1963. Rispetto ai successivi incontri, che risalgono fino alle conferenze svoltesi al CNR nella prima metà degli anni ’80 del XX secolo, le immagini relative a quei primi trepidanti colloqui, nonché i suggerimenti, i consigli, gli incoraggiamenti, le indicazioni di cui egli fu prodigo, si stamparono indelebilmente nella memoria (e nell’anima). La sua figura e ciò che egli rappresentava mi coinvolsero in maniera totalizzante, tanto da condizionare positivamente - nonostante i molti e tempestosi venti contrari - tutto il corso della mia vita. L’anno dopo, nel 1964, iniziavo le mie prime ricerche museologiche e bibliografiche presso lo stesso Pigorini. Questa mia è certamente un’inusuale digressione che, comunque, gli dovevo con affetto, perché, come in quegli stessi anni mi fu riferito da persone a lui vicine, egli rivedeva in me un po’ di quello che lui stesso era stato in passato: giovane, curioso, ansioso di conoscere mondi e popoli “esotici”. Per giunta stavo anche seguendo - come aveva fatto lui da giovane - un itinerario di studio scolastico che era agli antipodi di quello certo più consono ad un aspirante studioso dell’Uomo. (…) Ricordo ora, sia pure succintamente, quali siano stati i meriti (tanti) del Grottanelli, del resto ampiamente noti nel mondo etno-antropologico, non solo italiano. Innanzi tutto, va sottolineato come in lui si siano potuti splendidamente fondere, in maniera armonica e densa di fruttuosi risultati, le due anime dell’etno-antropologo: quella vivificante e brillante - supportata dalla padronanza di numerose lingue “altre” (amharico, ge’ez, swahili, kiBajuni, nzema) - della ricerca sul terreno e quella dell’attenta e scrupolosa analisi teorica. Ricerche e indagini vennero da lui condotte, poi anche dirette, fin dal 1932, allorché, appena ventenne effettuò quella che definì una “indagine d’esordio”: tra i Sab ed i gruppi negri situati fra l’Uebi Scebeli ed il Giuba, in Somalia”(…) Molteplici e di ampia diffusione internazionale sono le sue pubblicazioni (scritte direttamente anche in diverse lingue europee) (…) Mi limito, infine, a ricordare come per ventidue anni
(1946-1968) sia stato membro del Consiglio Esecutivo dell’International African
Institute di Londra e come dal 1967 al 1971 abbia fatto parte del Consiglio
Direttivo della Società Geografica Italiana, al cui “Bollettino” collaborò in
più occasioni”. N.B. Il blog è dotato di Google Traduttore e di un motore di ricerca interno |