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lunedì 8 luglio 2024

169. L’ISOLA DI HEIMAEY, NELL’ARCIPELAGO DELLE VESTMANNAEYJAR, A SUD OVEST DELL’ISLANDA: Pesca, uccellagione; Thjódhátíd: una festa nazionale “particolare”; Una storia tormentata; Razzie e incursioni di corsari inglesi e pirati nord-africani; Lotta per la sopravvivenza DA: AI CONFINI D’EUROPA. VIAGGIO-RICERCA NELL’ISLANDA DEI VULCANI, DEI GHIACCIAI, DELLE SAGHE, DEL MONDO VICHINGO

 

Dopo una battuta di caccia ai puffini (© Franco Pelliccioni) 

Le Vestmannaeyjar e l’isola di Heimaey

 Le isole dell'arcipelago delle Vestmannaeyjar, sono state definite da un poeta islandese "come zaffiri incastonati in un anello d'argento".

Heimaey, che vagamente assomiglia ad un otto un po' deformato - come, dall'altra parte del mondo, l'isola di Tahiti -, è l’unica permanentemente abitata di un gruppo di quindici.

Le altre hanno solo ricoveri temporanei di cacciatori di puffini (e pecore che vi pascolano durante la breve estate), salvo Surtsey, dove è proibito sbarcare senza autorizzazione

Pesca, uccellagione

Pur rappresentando solo il 2% della popolazione islandese, gli isolani mettono insieme il 15% delle esportazioni complessive di pesce con la loro flotta di 100 imbarcazioni.

Il porto è uno dei più importanti del paese. Il pesce viene esportato sia fresco, che trattato nei locali impianti conservieri.

Accanto alla pesca gli isolani si dedicano alla raccolta di alghe (kelp) considerate un cibo sano.   In un arco di circa sei settimane, in estate, catturano gli uccelli (dagli 80.000 ai 100.000 puffini), in primavera raccolgono le uova.

Attività risalenti all'età vichinga, destinate ad integrare la dieta alimentare, specialmente in un non lontano passato (fino agli anni '30).

Mangiare puffini, che vengono preparati in occasioni speciali, di solito durante le festività, come quella di Thjódhátíd, è oggi soprattutto un simbolo, che denota la stretta appartenenza alla comunità isolana.

In più di un'occasione è stato fatto rilevare dai miei gentili interlocutori come essi si sentano, sotto molti aspetti, "diversi" dagli islandesi della Mainland o "più islandesi degli islandesi".

Thjódhátíd: una festa nazionale “particolare”

 Cosa che si evidenzia ancora oggi, anno dopo anno, nel corso dell'importante festa di Thjódhátíd, la loro "particolare" festa nazionale celebrata in una data diversa da quella islandese. Fin dal 1874. Quando per il maltempo fu impossibile agli isolani raggiungere Reykjavík, per festeggiare la concessione della prima costituzione da parte del re danese.

Così per gli abitanti di Heimaey la Thjódhátíd è ben più importante di tutte le altre festività messe assieme. In effetti si può affermare come gli isolani delle Vestmannaeyjar abbiano avuto una storia "autonoma" rispetto alla terraferma islandese.

D'altronde la loro posizione decentrata spazialmente, ma soprattutto geo-strategicamente più vicina ai paesi europei, ha fatto sì che nei secoli abbiano potuto contare su un più grande numero di contatti con l'esterno. Fatti di incontri culturali, ma anche di scontri!

Una storia tormentata

 La storia della comunità è stata abbastanza tormentata addirittura da prima della sua fondazione. Quando nell'isola vi furono rintracciati e giustiziati gli schiavi irlandesi (gli "uomini occidentali": è il significato di Vestmannaeyjar) lì rifugiati, dopo aver assassinato il fratellastro di Ingólfur Arnarson.

In seguito il vichingo Herjólfur Báðarson impiantò una fattoria, i cui resti sono oggi visibili nella Herjólfsadulur. Un perfetto anfiteatro naturale, dove ogni anno non casualmente si celebra la festa di Thjódhátíd.

Razzie e incursioni di corsari inglesi e pirati nord-africani

L'arcipelago nel XV secolo divenne proprietà della Norvegia e, successivamente, del Regno di Danimarca. Diverse e distruttive furono le razzie dei corsari inglesi che, a partire dalla metà del XV secolo, vi si stabilirono per oltre un secolo. Fortificando adeguatamente l'insediamento. Fino a quando furono scacciati dai commercianti danesi.

Mentre "sufficiente" fu l'unica incursione dei pirati nord-africani (1627)! Non contenti delle devastazioni già apportate ad altri villaggi islandesi, i "turchi" attaccarono Heimaey, razziandola e bruciandola. Oltre metà degli abitanti fu uccisa, resa schiava e deportata in Nord Africa.

La statua di Guðríður Símonardóttir.(© Franco Pelliccioni[Tra i prigionieri sarà famosa Guðríður Símonardóttir (1598-1682), in seguito conosciuta come Tyrkja Gudda (“Gudda la turca”). Venduta come schiava in un harem, sarà riscattata da re Cristiano IV di Danimarca. Più tardi sposerà Hallgrímur Pétursson, uno dei più famosi poeti islandesi] 

Lotta per la sopravvivenza

Ma gli isolani hanno sempre dovuto combattere una loro difficilissima quotidiana lotta per poter sopravvivere.

Navigando in un oceano, spesso tempestoso e crudele, dove solo avvicinare o lasciare il porto diventava un'impresa "eroica".

Lotta quotidiana che richiese, perciò, un alto prezzo in vite umane. E che spiega molto bene come il carattere dei membri di questa comunità sia stato forgiato nell'acciaio.

Si ricorda come in un sol giorno ben cinquanta pescatori scomparvero tra i flutti oceanici e come 100 furono le vittime nel secolo XIX.

Cifre di per sé già molto alte, ma che sono stratosfericamente incompatibili per il fatto che la comunità, fino a tutto il XIX secolo, aveva una popolazione demograficamente esigua. 

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sabato 29 giugno 2024

158. ADATTAMENTI CULTURALI (TECNOLOGICI, ECONOMICI, DEMOGRAFICI) E FISIOLOGICI ALL’ARTICO: UNA PREMESSA AI POPOLI CIRCUMPOLARI. Da: QUI BASE ARTICA DIRIGIBILE ITALIA, SVALBARD. DALLA TERRA DEGLI ORSI POLARI UNA RASSEGNA E UN INVENTARIO CULTURALE DEI POPOLI DEL GRANDE NORD

 

“Unangan [Aleuta] su un “quajaq”  [in realtà è una baidarka, simile ai kayak degli Inuit] al largo dell’Isola di Saint Paul”, Alaska (Louis Choris, artista ucraino, membro della nave russa, che nel 1815-18 effettuò un’esplorazione del Nord America)

I popoli che vivono nell'Artico, a parte le singole differenziazioni, i particolari ritmi di vita e gli "unici" percorsi esistenziali, presentano di sfondo una sorprendente omogeneità. In toto possiamo, quindi, parlare di un ben definito cluster culturale, quello dei popoli artici, appunto.

Il particolare ambiente, le sue specifiche caratteristiche di rigidità geo-climatica, fanno sì che essi abbiano adattato le proprie società e culture all'ambiente, trovando soluzioni tecnologiche, modi di sussistenza, economie, dimore e costumi tra loro paragonabili.

[La cultura circumpolare]

Tanto che il Sami [Lappone] Hætta parla di "cultura circumpolare". Sembra che questa appaia come una sorta di "determinismo ambientale", pressoché la sola a sfuggire ad un’antropogeografia fin de siècle e superata da fatti e verifiche sul campo.

La base di queste culture, ripeto, ha adottato, non solo sistemi ergologici e di sopravvivenza (basati su caccia, pesca, e in Eurasia, allevamento delle renne), ma anche meccanismi di controllo, che tendono a proteggere e a conservare l'unità e la coesione del gruppo, sia a livello famigliare, che collettivo.

Quindi coesione sociale e cooperazione economica, con distribuzione del cibo e del lavoro in misura egualitaria tra tutti.

[Controllo demografico]

E presenza coeva di tratti ed elementi culturali, che ad un osservatore esterno, quale può essere un occidentale, possono risultare particolari, "strani", o terribili, come tra gli Inuit (Eschimesi).

Quando, specialmente nel passato, ma ancora oggi, avveniva lo scambio o l'imprestito d'amicizia delle mogli (si è sempre teso a favorire la maggiore fertilità possibile, anche uscendo dal proprio modesto gruppo endogeno).

Gli eschimesi infatti accettavano che ogni uomo che viaggiasse solo venisse, non solo bene accolto nell'accampamento, ma che potesse avere relazioni sessuali con una donna del gruppo.

 Oppure l'infanticidio delle femmine, l'abbandono di vecchi e di malati, per non minare la sopravvivenza presente e futura dell'intera banda.

[Popoli paleo o neo siberiani]

 C'è ancora da aggiungere come, a parte i Sami, i Lapponi, ci troviamo di fronte, dall'Eurasia all'America, anche ad un'omogeneità razziale: popoli paleo o neo siberiani.

Ecco quindi che le famiglie linguistiche dei popoli boreali e circumartici, che abitano le immense distese a tundra o a taiga del Grande Nord, possono raggrupparsi in tre grandi entità: a) paleoasiatiche (Paleosiberiane: Ciukci, Coriachi, Iucaghiri); b) uralo-altaiche (Sami -Lapponi -, Samoiedi, Jacuti, Tungusi, e altri gruppi neo-siberiani); c) eschimesi (Inuit) e Aleute.

[I Vichinghi e il cambiamento climatico nell’Artico]

Le rigide condizioni climatiche dell'area circumpolare hanno inoltre impedito ai popoli bianchi e alla loro cultura massificante di penetrare a fondo nell'Artide. Ancora oggi! L'unico esempio storico che mi viene subito in mente è relativo ai due insediamenti Vichinghi nella Groenlandia meridionale, che non sarebbero sopravvissuti al brusco deteriorarsi del clima.

Anche perché si trovarono in improvvisa e violenta collisione con gli Inuit, che si erano portati giocoforza verso sud e, perciò, nello stesso territorio abitato dagli europei, con le drammatiche conseguenze che si possono immaginare!

[La Piccola Era Glaciale e l’Islanda]

Ricordo, ancora, come la popolazione della stessa Islanda durante la Piccola Era Glaciale (tra il 1400 e il 1850) si dimezzò.  

[Adattamenti fisiologici]

D'altra parte studi bio-antropologici ci rivelano che, come è avvenuto nel tempo per altri gruppi umani (per esempio tra alcuni popoli andini), si siano verificati adattamenti fisiologici dei popoli del ceppo mongoli alle condizioni artiche.

Accumulando depositi di grasso in quelle "parti del corpo che sono abitualmente esposte al freddo, come le guance, le palpebre, le mani e i piedi.

Tra i Lapponi, che sono di statura più bassa e più snelli, “le vene delle braccia e delle gambe scorrono vicinissime le une alle altre, in modo che il calore possa circolare rapidamente e facilmente dal sangue arterioso caldo al sangue venoso freddo".

[I Sami (Lapponi) e l’allevamento delle renne]

 Quest’ultimo popolo è quello che meglio ha resistito alla cultura occidentale. Unico, tra tutti i popoli artici, a modificare radicalmente, e da solo, nel XVI secolo, la base della propria cultura.

Passando da un'economia di caccia ad una incentrata sull'allevamento della renna.

 Lapponi (Sami), ca. 1900

Gli eschimesi [Inuit] costituiscono, invece, il popolo più conosciuto, anche dal grosso pubblico, mentre quelle meno studiate e note sono le etnie siberiane.

[L’aspetto demografico]

 Si impone a questo punto una breve panoramica etno-demografica dei popoli circumartici autoctoni.

Complessivamente la loro consistenza si aggira su oltre due milioni di individui.

Komi e Jacuti da soli assommano a oltre 1.000.000. Più piccoli sono gli altri popoli. Tutti insieme non arrivavano a toccare nel 1993 le 100.000 unità. Oggi sono invece circa 323.000. Ad essi vanno aggiunti 130.000 Inuit (Eschimesi) [Groenlandesi compresi], 87.000 Sami (Lapponi), 10-60.000 Kvens, 70.000 Careli.

 A queste cifre si dovrebbero ancora sommare anche quelle relative ai Popoli Indiani delle foreste settentrionali (ca. 390.000).

Se, infine, includiamo anche le popolazioni non autoctone, secondo l’AHDR (Arctic Human Development Report), la cifra per gli otto stati (Canada, Stati Uniti, Russia, Finlandia, Svezia, Norvegia, Islanda e Danimarca - Groenlandia) va raddoppiata, raggiungendo i 4.000.000 di individui.

[Il paragrafo 3.2 ("I popoli circumpolari") include 11 riferimenti bibliografici e 10 note]

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venerdì 23 febbraio 2024

128. AI CONFINI D’EUROPA. VIAGGIO-RICERCA NELL’ISLANDA DEI VULCANI, DEI GHIACCIAI, DELLE SAGHE, DEL MONDO VICHINGO

 


Mappa dell'Islanda con l’itinerario seguito dall'A. Meno evidente è la linea che indica la rotta aerea tra Reykjavík e l'arcipelago delle Vestmannaeyjar, a sud-ovest dell'isola
 

L'ISLANDA
    Tra le isole e gli arcipelaghi inclusi nel mio Programma sulle Comunità Marittime dell’Atlantico Settentrionale avevo previsto un’indagine in un’isola-Stato, l’Islanda, appunto. Lavoro che avrebbe dovuto rappresentare lo sfondo, una sorta di “cornice-inventario” entro cui innestare una “ricerca sul campo” mirata, da realizzare nella piccola comunità di Heimaey, nell’omonima isola.

   L’Islanda è terra recente. Emergendo ca. 16 milioni di anni fa. Ed è paese giovane anche dal punto di vista politico. Non solo per l’indipendenza, conquistata non molti decenni addietro (1944).

 Prima dell’arrivo dei Vichinghi nell’874, l’isola era totalmente disabitata. Nei secoli il numero degli abitanti doveva fluttuare, e di molto. Anche a causa di una pressoché interminabile serie di catastrofi indotte dal rigido, spesso pericolosissimo, habitat. Tanto che alla fine del XVIII secolo la Danimarca pensò seriamente che sarebbe stato meglio far evacuare tutti gli abitanti superstiti dell’isola. Trasferendoli nella penisola continentale dello Jutland.

   Oggi lo sviluppo è totalmente incentrato sulla pesca, oltre che sullo sfruttamento delle risorse energetiche rinnovabili (le sorgenti naturali di acqua calda). A partire dalla metà del XX secolo, pesca e attività industriali correlate sono diventate la principale risorsa economica.

   Dal punto di vista linguistico, l’islandese ha mantenuto la sua forma originaria, cioè quella norvegese arcaica, nonostante il paese sia stato governato dalla Danimarca dal 1380 al 1918. Infatti la lingua è rimasta virtualmente non influenzata. La purezza della forma è stata assicurata grazie all’isolamento geo-spaziale e ad una solida tradizione letteraria. Ancora oggi l’Islandese differisce poco dal Vecchio Norvegese. Tanto che gli islandesi possono facilmente leggere le Edda medievali e le saghe. Perfino il glossario tende a rimanere puro. Poiché, a partire dal XVIII secolo, si è sempre accuratamente cercato di prevenire l’utilizzo di termini stranieri. Del resto oggi si tende ad evitare l’uso di terminologie scientifiche e tecnologiche comunemente diffuse in tutto il mondo. Rifiutando la globalizzazione lessicale, si adottano vocaboli alternativi originati da pre-esistenti forme islandesi. O se ne creano di nuovi, sempre però rispettosi delle antiche radici linguistiche.


                                            HEIMAEY

  Heimaey, nell’isola omonima, appartiene al gruppo delle Vestmannaeyjar (le "isole degli uomini occidentali", cioè gli schiavi di origine irlandese), localizzate al largo dell’Islanda centro-meridionale. Comunità scelta per le particolari caratteristiche geo-storiche e demografiche e per l’importanza che riveste nel panorama economico dello stato. E dire che gli isolani l’avevano dovuta forzatamente evacuare nel 1973 per un’improvvisa e drammatica eruzione vulcanica.

   La comunità presenta ancora altri motivi di interesse. Ad esempio dal punto di vista storico ricordo la "fondatrice" presenza degli schiavi irlandesi. Oppure le successive, inquietanti, distruttive, ripetute nel tempo, razzie dei corsari inglesi, che a partire dalla metà del XVI secolo vi si stabilirono per oltre un secolo. Fortificando con cura il loro insediamento. Fino a che furono scacciati dai commercianti danesi. E che dire delle incursioni dei pirati-corsari nord-africani (1627)?

   Infine, quale punto di osservazione migliore di quest’arcipelago si può individuare, in una terra, che sappiamo essere "relativamente" giovane geologicamente e tuttora in formazione? Pur non essendo un cultore delle scienze della terra, nello stesso tempo ero consapevole del fatto che tutte le sue diverse connotazioni geologiche e geo-topografiche non potevano, nei secoli, non aver inciso intimamente sul comportamento stesso dei suoi abitanti che, tra l’altro, nel 1963 furono attoniti spettatori della creazione di una nuova terra. Un’altra isola, che gradatamente prenderà forma sotto i loro occhi per l’eruzione (durata quattro anni) di un vulcano sottomarino. L’isola sarà chiamata Surtsey. Oggi ha una superficie di 3 Kmq e un’altezza massima di 150 m.

COSA TROVIAMO NEL LIBRO

   Premesso che tre capitoli sono dedicati ad Heimaey e all’arcipelago delle Vestmannaeyjar, il libro presenta vari spunti di interesse, non solo dal punto di vista storico ed etno-antropologico. 

Mucche al pascolo con lo Snæfellsnesjökull finalmente visibile sullo sfondo (© Franco Pelliccioni)
    Può essere visto, ad esempio, come un tour a tema vulcanico che, partendo dallo Snæfellsnesjökull, reso celebre da Verne nel suo Viaggio al centro della terra, dà modo al lettore di “avvicinare” altri dieci vulcani attivi (la metà di quelli esistenti nell’isola), uno dei quali sta ancora eruttando dall’agosto del 2014. Vulcani di cui, in un passato più o meno remoto, bastava solo pronunciarne il nome per venirne terrorizzati: Hekla, Laki, Askja. O come il Grímsvötn o l’Eyjafjökull, che ben più recentemente hanno provocato ingenti danni a terra e sconvolto per mesi, con le loro nubi di cenere, le rotte aeree euro-americane...

   Naturalmente è anche un viaggio in un mondo vichingo. Dove, grazie ai racconti delle saghe, possiamo ancora rintracciare luoghi e fattorie che hanno visto sia lo svolgersi delle azioni di “eroi culturali”, che l’insediamento dei coloni nordici in uno dei luoghi più duri e pericolosi del globo. Una terra poi che, dopo aver perso la propria indipendenza ed essere diventata una colonia, verrà trascurata e quasi “abbandonata” dalla madre patria, prima norvegese, poi danese. Diventando terra di conquista di pirati e schiavisti nordafricani e di corsari europeiSuccessivamente dominata da un avido monopolio commerciale senza scrupoli. Un’Islanda che per buona parte dell’anno resterà completamente isolata dal mondo. Spesso priva del necessario e dell’indispensabile per sopravvivere in un ambiente così drammaticamente ostile. Spietatamente più volte battuta da carestie, terremoti, eruzioni vulcaniche, finanche da una plurisecolare “Piccola Era Glaciale”...

   Visiteremo tre tra le città più interessanti d’Europa, anche dal punto di vista naturalistico. Un tempo autentici “rifugi” per la gente. Oggi “isole” naturalistiche circondate da fiumi e mari di lava: la capitale Reykjavík, l’attigua Hafnarfjördur, la nordica “simil-tropicale” Akureyri.

   Entreremo all’interno di quattro tra i più prestigiosi musei islandesi, incontrando perfino un pinguino del nord... Ma anche il “re merluzzo” sarà più volte oggetto di trattazione. Soprattutto quando sarà in grado di far scoppiare un’inconsueta guerra subartica. Ma sarà ancora la natura, spesso a braccetto con la storia, a fare sempre e comunque da padrona di casa. Perché, dove poteva essere situato l’Althing, il Parlamento degli Uomini Liberi vichinghi, se non laddove la gigantesca frattura tra la zolla continentale europea incontra quella americana? E che dire di quelle meravigliose straordinarie cascate di Gullfoss e Goðafoss, che nulla hanno da invidiare a quelle del Niagara?

  Poi, senza soluzione di continuità, storia, letteratura e tradizione si compenetreranno tra loro, alimentandosi a vicenda. Allorché si parlerà di personaggi come il bandito e fuorilegge Eirík il Rosso, un pluriassassino che ha fatto, incredibile a dirsi, perfino la Grande Storia. Spinto altrove, poiché esiliato dall’isola a causa delle sue nefandezze a ripetizione, sarà lui a scoprire una Groenlandia da colonizzare. Poi il figlio Leif, ricevuto dal padre il “testimone”, si porterà fino a Vínland, in un’America ancora precolombiana...

   Nelle pagine di questo libro non ci faremo mancare proprio nulla. Scopriremo, così, l’esistenza di un mostro omologo allo scozzese Nessie, come di pericolosissimi passi montuosi da superare

   “In diretta” attraverseremo in automobile il remoto e desertico centro dell’Islandapasseggiando poi, un brivido dopo l’altro (non solo per il continuo passare dal gelo al caldo), nel cratere di un vulcano capace di eruttare in qualsiasi momento

  Organizzeremo una mini-spedizione nel lunare vulcano Askja, dove apprenderemo della passata presenza degli astronauti dell’Apollo, come di misteriose sparizioni. 

   Ci imbatteremo in una Pompei in miniatura, la fattoria di Stöng dissepolta dalla cenere eruttata nel 1104 dall’Hekla e di come un’ascia ereditata, che era appartenuta al suo antico bóndi, abbia realizzato dall’altra parte dell’Atlantico, a distanza di circa duecento anni, le rune che decenni prima avevo osservato all’interno della straordinaria tomba ipogea di Maeshowe

   Lasceremo l’antica fattoria di Núpsstaður, non come si è sempre fatto per secoli, cioè a dorso di un pony islandese con l’aiuto delle guide della fattoria, e attraverseremo lo Skeiðarársandur, un'immensa pianura alluvionale (sandur) “tra le aree maggiormente desolate del mondo abitato”.

Ma c’è ancora dell’altro, che lascio ovviamente alla curiosità e all’interesse del lettore. Non senza infine ricordare come, tra i viaggiatori del passato, che si avventurarono in questa terra ai confini dell’Europa, c’è persino l’«uomo che volle diventare Re»...

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ATTRAVERSO IL DESERTICO SKEIÐARÁRSANDUR, UNA DELLE REGIONI PIÙ REMOTE DELL’ISLANDA, SI GIUNGE A SKAFTAFELL, LA PORTA D’ACCESSO AL PIÙ GRANDE GHIACCIAIO D'EUROPA, IL VATNAJÖKULL, CHE NASCONDE LA POTENZA DISTRUTTIVA DI TRE VULCANI

"Per un lunghissimo periodo di tempo questo era uno dei più remoti distretti dell'isola. Non a caso la principale strada ad anello dell'Islanda - la n.1 – venne completata solo nel 1974. Collegando l'Islanda orientale al resto del paese, grazie alle moderne tecnologie ingegneristico-costruttive, che resero possibile realizzare tre lunghissimi ponti nell'immensa area dello Skeiðarársandur.

Da uno dei ponti che attraversano la pianura alluvionale dello Skeiðarársandur, alcune delle dighe che hanno lo scopo di frenare la furia degli jökulhlaup. Sullo sfondo due ghiacciai del Vatnajökull
(© Franco Pelliccioni)

 

   Un terreno fino ad allora percorso dai coraggiosi viaggiatori, che lo attraversavano in sella ai forti ponies islandesi, servendosi soprattutto delle guide della fattoria di Núpsstaður. Come per secoli si era sempre fatto per poter arrivare nell'est, dall’altra parte dell'isola, seguendo il profilo costiero. Viaggiatori che, non volendo sobbarcarsi l'alternativo giro settentrionale lungo 1100 Km, sfidavano spesso la sorte effettuando l'infido attraversamento. Reso ancora più temibile, se possibile, da venti violenti e tempeste di sabbia o neve in ogni mese dell'anno...

Viaggiatori sostano in un villaggio. La donna seduta sul Kvensöðull, il sellino laterale, ha il tradizionale cappello “crestato”…

     (...) Da questa fattoria oggi, grazie alla Ring Road, ha inizio il mio attraversamento del più grande dei sandur meridionali (circa 1000 Kmq di fango, sabbia e ghiaia), nella regione quasi completamente desertica dell’Austur-Skaftafellssýsla, dove c’è il concreto rischio di venire attaccati, nel caso si ritengano minacciati, dai grandi e aggressivi stercorari (Stercorarius skua), che qui hanno uno dei luoghi preferiti di riproduzione.

   (...) Il geomorfologo e glaciologo Ives ricorda come durante gli anni 1930 diversi studiosi a dorso di ponies attraversarono lo Skeiðarársandur (le “sabbie” occidentali dell’Hérad milli sanda”) per recarsi a Skaftafell. In questo “gli agricoltori di Skaftafell con i loro famosi vatnahestar (“cavalli d’acqua”) erano vitali per riuscire a superare il pericoloso ostacolo dello Skeiðará (...) Gli uomini con i loro ponies viaggiavano attraverso sandur e fiumi un paio di volte l’anno, sia verso ovest, a Vík i Mýrdalur, che verso est, ad Vopnafjördur”. Viaggio per vendere i prodotti e acquistare provviste, che richiedeva giorni o addirittura settimane. Una dura necessità che terminò nel 1916, quando lo Skaftafellingar, piccola imbarcazione a motore, ancorandosi sul lato orientale di Ingólfshöfði, giungerà con le provviste da Reykjavík che, non senza qualche rischio, saranno portate a riva su piccole imbarcazioni a remi.

 

L’attraversamento a guado di un fiume. Dovevano essere come questi i vatnahestar dello Skaftafell, i famosi “cavalli d’acqua” menzionati dal glaciologo Ives (Incisione di F.W.W. Howell, 1893)

La spedizione dell’Università di Nottingham degli anni 1950

   Nel 1952 Ives arrivò a Skaftafell su un pony. Anche se il viaggio da Reykjavík, non solo sarebbe stato più breve del solito, ma soprattutto avrebbe evitato di attraversare lo Skeiðará. Grazie al volo settimanale del Douglas DC 3 Dakota delle Flugfélag Íslands, che dal 1946 atterrava su una primitiva pista sita sulla striscia di sabbia nera di Fagurholsmyri, nei pressi dell’omonima fattoria e del villaggio di Hof.

   Nel 1953, dopo un volo di 1,30 ore, i dieci membri della spedizione dell’Università di Nottingham e un paio di tonnellate di materiale “atterrarono su una piccola pista accanto ad una fattoria chiamata Fagursholmy, l’accampamento fu stabilito alcune miglia a sud del Vatnajökull e si fece un altro campo sul ghiacciaio. Le provviste e l’equipaggiamento furono caricate su un vecchio camion a sei ruote, i dieci si arrampicarono a bordo e partimmo diretti a nord attraverso il sandur, un’area composta da detriti fatti scendere nei secoli dagli sfoghi dei ghiacciai del Vatnajökull. Abbiamo impiegato 4 ore per fare 10 miglia lungo il lato orientale del sandur, passando una dozzina di piccole fattorie dislocate tra il sandur e le inospitali montagne, Il nostro progresso era impedito da fiumi e torrenti che precipitavano dalla calotta di ghiaccio. L’unica strada era una pista consumata sulle parti più asciutte e i fiumi turbinosi dovevano essere guadati dove il letto era più ampio e senza canali profondi. Ad un certo punto in questo viaggio tortuoso il camion si impantanò per un quarto d’ora, in mezzo ad uno dei fiumi più ampi. I letti dei fiumi cambiano giorno per giorno, perché i detriti sono trascinati via da un posto e depositati in un altro; spesso canali profondi sono scavati sul fondo dei fiumi ed è impossibile per i veicoli attraversare. I ponies sono gli unici mezzi di trasporto”.

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SOMMARIO

1.PREMESSA 

1.1 La Ricerca Antropologica 

1.2 Il “case-study” ad Heimaey 

1.3 I side-surveys islandesi 

1.4 Il side-survey groenlandese 

1.5 Il Libro 

1.6 Infine, un più che doveroso riconoscimento 

2. INTRODUZIONE ALL'ISLANDA. PARTE PRIMA: NATURA 

3. INTRODUZIONE ALL'ISLANDA. PARTE SECONDA: CULTURA 

3.1 Il “carattere nazionale” islandese 

3.2 La lingua 

3.3 La pesca e l’introduzione di imbarcazioni per la pesca in alto mare: la prima rivoluzione culturale 

3.4 L’Età della Vela e la pesca a squali e merluzzi 

3.5 Pre-urbanizzazione: nascita e sviluppo dei centri urbani costieri 

3.6 Le comunicazioni 

3.7  L’urbanizzazione

3.8 Il ruolo della fattoria

3.9 La crisi economica del 2008 colpisce duramente anche l’Islanda 

3.10 Un imprevedibile paese che non può che affascinare il viaggiatore

4. REYKJAVÍK, UN'OASI NEL DESERTO DI GHIACCIO 

4.1 L’arrivo nell’isola 

4.2 Nella capitale Reykjavík, “rifugio” degli islandesi 

4.3 Un’interessante e, per certi versi, imprevista relazione natura-cultura all’interno del tessuto urbano 

5. REYKJAVÍK: DA FATTORIA VICHINGA A CAPITALE DELLA REPUBBLICA ISLANDESE 

5.1 Il centro storico 

5.2 Da fattoria a villaggio 

5.3 Il porto, ieri e oggi 

5.4 L’antico monopolio danese e il commercio 

5.5 Prosegue la visita della città 

6. ÁRBÆJARSAFN, IL MUSEO ALL’APERTO DI REYKJAVÍK 

6.1 I musei all’aperto del Nord Europa 

6.2 Storie di vita ordinarie e “particolari” provenienti dal passato urbano 

6.3 Il villaggio 

6.4 La campagna 

6.5 Imbarcazioni e macchine 

7. IL ÞJÓÐMINJASAFNIÐ ÍSLANDS, Il MUSEO NAZIONALE ISLANDESE 

7.1 Il Museo islandese per antonomasia

7.2 Storia del Museo. Gli inizi 

7.3 La collezione permanente 

7.4 L’Etnografia 

8. NÁTTÚRUFRÆÐISTOFNUN ÍSLANDS, IL MUSEO DI STORIA NATURALE DI REYKJAVÍK E I PINGUINI DELL'EMISFERO SETTENTRIONALE 

8.1 Alla ricerca di un particolare “pinguino” 

8.2 Storia dell’alca gigante 

8.3 Lo sterminio di una razza dopo tre secoli di caccia senza pietà 

8.4 In Islanda gli ultimi esemplari di alche giganti verranno abbattuti nel 1844 

9. LA CITTA’ DI HAFNARFJÖRÐUR E LO SJÓMINJASAFN ÍSLANDS, IL MUSEO MARITTIMO ISLANDESE 

9.1 Viaggiando oggi sulle strade islandesi 

9.2 Nell’Islanda sud-occidentale: il Museo Marittimo Islandese 

9.3 La città di Hafnarfjörður 

9.4 Il porto di Hafnarfjörður 

9.5 Il Museo Marittimo 

10. SECOLI DI "GUERRA DEL MERLUZZO" TRA INGLESI E ISLANDESI NELL'ATLANTICO DEL NORD 

10.1 Una singolare guerra nordica

10.2 I precedenti storici 

10.3 La pesca oggi e il Sjómannadagurinn 

11. LO SNÆFELLSNESJÖKULL, PUNTO DI PARTENZA DELLE IMPRESE VICHINGHE IN TERRA AMERICANA 

11.1 Il vulcano islandese celebrato dalla narrazione del grande Jules Verne

11.2 Alla ricerca di una vecchia stazione baleniera 

11.3 Una doverosa sosta nel sito di Eiríksstaðir, dove scavi archeologici hanno riportato alla luce la fattoria di Eirík il Rosso 

11.4 Alle falde settentrionali del vulcano la base di partenza delle navi vichinghe verso la “Terra Verde” 

11.5 Lo Snæfellsnesjökull 

11.6 Viaggiando sul lato meridionale del vulcano 

12. I VULCANI HELGAFELL E ELDFELL A HEIMAEY, ARCIPELAGO DELLE ISOLE VESTMANNAYJAER: CRONACA DI UNA DRAMMATICA ERUZIONE ISLANDESE "A LIETO FINE" 

12.1 L’ultima comunità marittima interessata dal mio Programma nord-atlantico 

12.2 Un’improvvisa eruzione vulcanica in grado di annichilire l’isola e i suoi abitanti 

12.3 Le Vestmannaeyjar e l’isola di Heimaey: cenni geo-storici-economici 

13. LA GRANDE FESTA POPOLARE DI ÞHJÓÐHÁTÍÐ, HEIMAEY 

13.1 Storia di una straordinaria festa isolana, che ha una sua vita autonoma e “parallela” accanto a quella nazionale del 1874. I prodromi di fine XIX secolo. 

13.2 Þhjóðhátíð, la “Festa della Gente” oggi nell’isola di Heimaey 

13.3 Nell’Herjólfsdalur 

14. SURTSEY, L'ISOLA VENUTA DAL MARE 

14.1 L’arcipelago islandese meridionale delle Vestmannaeyjar dal 1963 conta un’isola in più: Surtsey 

14.2 “L’isola che c’è”: l’isolotto di Surtsey oggi, uno straordinario laboratorio all’aperto geologico e naturalistico 

14.3 “L’isola che non c’è”: iI precedente mediterraneo del XIX secolo (poi scomparso) e ciò che in un futuro, più o meno remoto, potrebbe accadere sempre nei nostri mari con il Marsili... 

15. NEL “TRIANGOLO D’ORO” ISLANDESE

15.1 Introduzione 

15.2 Nel “triangolo d’oro” islandese 

15.3 “Gli islandesi non hanno re, hanno solo la legge” (1075)

15.4 I geysers... di Geysir, la cascata di Gullfoss 

16. SKÁLHOLT, PRIMA SEDE EPISCOPALE DELL’ISOLA 

16.1 La cattedrale di Skálholt 

16.2 Storia di un autorevole e potente vescovado “ai confini del mondo” 

16.3 La Riforma 

16.4 Lo straordinario ruolo esercitato nel campo culturale da Skálholt e Hólar 

16.5 “Il miracolo islandese”: il diffuso interesse degli isolani per la storia, le tradizioni, la letteratura orale e, poi, scritta, la conoscenza in genere 

16.6 La letteratura scritta 

17. L'HEKLA: LA "PORTA" MEDIEVALE DELL'INFERNO 

17.1 L’Hekla, un’introduzione storica 

17.2 Viene scalato l’«orribile» vulcano 

17.3 L'Hekla e la “Pompei” islandese: la fattoria vichinga di Stöng 

18. NELL'ISLANDA MERIDIONALE, LA TERRA DELLE SAGHE E I VULCANI EYJAFJÖLL E KATLA 

18.1 Percorrendo la Ring Road, che si allunga parallela tra l’oceano e i massicci dell’Eyjafjökull e del Mýrdalsjökull, sotto i quali si celano altri due vulcani

18.2 Il vulcano Katla e l’eruzione dell’Eyjafjöll del 2010 

18.3 Il viaggio prosegue lungo la costa, tra riserve naturali, stupefacenti scogliere, territori abitati da elfi e trolls 

18.4 Il grandioso e naturale palcoscenico, dove un millennio fa si andarono dipanando le vicende scrupolosamente raccontate nella Saga di Njáll

19. LA CATASTROFICA ERUZIONE DEL LAKI DEL 1783-84 RISCHIÒ DI FAR SGOMBRARE L'INTERA ISOLA 

19.1 I "Fuochi dello Skaftafell" e la “Grande Catastrofe” dell’Islanda di fine XVIII secolo 

19.2 Si studia di evacuare tutti gli abitanti dell’Islanda 

19.3 Nei secoli terremoti, eruzioni, carestie, perfino una “Piccola Era Glaciale” incisero profondamente sulla vita degli abitanti dell’isola 

19.4 Kirkiubæjarklaustur 

20. SOTTO IL VATNAJÖKULL SI NASCONDE LA POTENZA DISTRUTTIVA DI TRE VULCANI 

20.1 Preambolo 

20.2 Nella regione dell'Austur-Skaftafellssýsla

20.3 Skaftafell nei secoli XIV-XX 

20.4 La spedizione dell’Università di Nottingham degli anni 1950

20.5 I tre vulcani: il Bárðarbunga, il Grímsvötn, l'Öræfajökull 

20.6 Solcando le acque della splendida laguna dello Jökulsárlón 

21. VIAGGIO AL CENTRO DELL’ISLANDA 

SULLA RING ROAD, DALLA COSTA MERIDIONALE AL LAGO MYVATN 

21.1 La “visione” del Vatnajökull e la “quasi scalata” da brivido del Passo dell’Almannaskarð 

21.2 Si torna sulla costa 

21.3 Verso Egilsstaðir e il lago dell’omologo islandese di Nessie 

21.4 Il lago Mývatn 

22. SPEDIZIONE NELLA REMOTA REGIONE ISLANDESE DELL'ASKJA: DA SECOLARE RIFUGIO DEI FUORILEGGE A PALESTRA DEGLI ASTRONAUTI STATUNITENSI DELL'APOLLO

23. NELLA STORIA DELLE ESPLORAZIONI SCIENTIFICHE DUE MISTERI "GEOLOGICI" TRA EUROPA E AFRICA 

23.1 Preambolo 

23.2 Ecco i fatti in ordine cronologico riguardanti il primo mistero 

23.3 Eccoci ora al nostro secondo mistero 

24. UNA "DISCESA" NELL'INFERNO DANTESCO DEL VULCANO KRAFLA IL LAGO MÝVATN. LA CASCATA DI GOÐAFOSS 

24.1 Passeggiando all’interno del Leirhnjúkur, uno dei crateri del Krafla 

24.2 Il vulcano Krafla 

24.3 Il lago Mývatn 

24.4 La cascata di Goðafoss 

25. ALLA SCOPERTA DELLA CITTA’ DI AKUREYRI, CARATTERIZZATA DA UN MICROCLIMA PARTICOLARMENTE MITE PER GLI STANDARD DELL'ISOLA 

25.1 In avvicinamento ad Akureyri 

25.2 Si entra in città 

25.3 Visitando la città

25.4 Cenni storici 

26. L’ISOLAMENTO GEO-STORICO DELL’ISLANDA 

26.1 L’isolamento geografico 

26.2 Le vicissitudini storico-politico-economiche. L’Islanda terra coloniale

26.3 Il “secolo inglese” (XV)

26.4 Il secolo “germanico” (XVI) 

26.5 Il monopolio danese (secoli XVII e XVIII) 

26.6 Epidemie, rigori climatici, terremoti, eruzioni vulcaniche 

26.7 La Grande Catastrofe e la Carestia della Nebbia. Si pensa allo sgombero totale degli isolani 

26.8 Inizia l’emigrazione verso sud e nord America 

26.9 Timidi interventi danesi a favore dell’Islanda 

27. VIAGGIATORI IN ISLANDA (XV-XVIII SECOLO) 

27.1 XV secolo 

27.2 XVI secolo

27.3 XVII secolo

27.4 XVIII secolo 

28. VIAGGIATORI IN ISLANDA DEL XIX SECOLO 

28.1 Prima Parte: 1800-1855 

28.2 Seconda Parte: 1856-Fine secolo 

29. ALL’INIZIO DEL XIX SECOLO GIUNGE UN VIAGGIATORE INVERO “SINGOLARE”: È HANS JONATAN, PRIMO UOMO DI COLORE IN ISLANDA 

29.1 Premessa 

29.2 Djúpivogur 

29.3 La vita 

29.4 In Islanda

29.5 Un moderno Íslendingabók, tra genetica, antropologia e storia 

30. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI 

31. MINI-GLOSSARIO GEOGRAFICO 

.....................

PAGINA AUTORE ITALIA;

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sabato 23 settembre 2023

108 BIS. UNA "VOCE", LA MIA, CHE NON TROVERETE SU WIKIPEDIA! PARTE SECONDA: LE RICERCHE SUL CAMPO

 



LE RICERCHE SUL CAMPO

L'INIZIAZIONE ANTROPOLOGICA SUL CAMPO: ISIOLO, KENYA SETTENTRIONALE, 1976

Nel 1976 effettua la sua prima ricerca sul campo in Africa orientale, nel centro multietnico e multiculturale di Isiolo: "Studio della situazione etnico sociale di Isiolo, Kenya settentrionale”, su suggerimento del suo mentore, il Prof. Bernardo Bernardi, uno dei Maestri dell'Antropologia Culturale italiana(1). In Kenya si associa come Ricercatore all'Institute of African Studies dell'Università di Nairobi(2).

INTERLUDIO MESOAMERICANO, 1978

Nel 1978 effettua una ricerca di comunità nel villaggio di Santa Maria del Mar (Istmo di Tehuantepec, Oaxaca, Messico) abitato dagli indios pescatori Huave, per verificare sul terreno alcune ipotesi formulate dagli americanisti Gerardo Bamonte e Gilberto Mazzoleni, che in precedenza avevano realizzato una ricerca nel vicino villaggio Huave di San Mateo del Mar, nell'ambito di un team diretto da Italo Signorini dell'Università di Roma(3).

SUD SUDAN, 1979

Partecipazione politica e integrazione sociale dei Dinka, Shilluk e Nuer in Malakal, centro urbano multietnico e multiculturale dell'Upper Nile, Sud Sudan.

KENYA, 1980

Survey socio-antropologico (sviluppo) tra i popoli nomadi, transumanti e sedentari (Turkana, Merille, Borana, Rendille, Elmolo) localizzati intorno alle sponde del Lago Turkana (già Rodolfo), Kenya nord-occidentale(4).

SUD SUDAN, 1980-81

Partecipazione politica e integrazione sociale dei Dinka, Shilluk e Nuer in Malakal, centro dell'Upper Nile , Sud Sudan. E' la seconda di sessione di ricerca in questo centro multietnico e multiculturale. In Sudan si associa come Ricercatore al Department of Anthropology of the University of Khartoum.

ISOLE SHETLAND E ORCADI (SCOZIA), 1982

Grazie ad un viaggio di studio (o di reconnaissance), prima delle Shetland, poi delle meridionali Orcadi, sia pure involontariamente sarebbe stato gettato il primo seme di ciò che anni dopo si sarebbe trasformato nel suo Programma sulle Comunità Marittime dell’Atlantico Settentrionale.

In quel periodo era particolarmente attratto dalla quella che, a quei tempi, costituiva la terza "rivoluzione culturale", che gli abitanti delle isole Shetland stavano sperimentando sulla propria pelle. Il ritrovamento (1970-71) e lo sfruttamento razionale e sistematico (dal 1975) delle enormi riserve di petrolio e gas scoperte nella piattaforma continentale del Mare del Nord avevano portato alla costruzione di grandi infrastrutture a terra e comportato un conseguente afflusso di uomini, mezzi e denaro dalla Gran Bretagna e dal continente nelle isole. In quell’epoca le isole stavano perciò passando da un'economia di tipo pastorale e marittima, ad un'altra di tipo industriale, in passato anche fortemente contestata.

Il suo interesse per le più meridionali isole Orcadi era invece costituito, non solo dalla loro morfologia, ben più "dolce" rispetto alle montuose, frastagliate e aspre Shetland, ma anche dal poter verificare "in situ" la differenza, lo iato che si veniva allora formando, o che si era già aperto, tra i due arcipelaghi. Il tutto in assoluto "tempo reale". Costatando le situazioni una dopo l'altra. Temendo che un contrasto netto e cospicuo si fosse già delineato nelle posizioni raggiunte dai due arcipelaghi. Nel primo caso, tra quelle innovative e ormai sull'orlo di un'industrializzazione forzata, che dall’esterno appariva non particolarmente rispettosa dell’itinerario culturale perseguito nei secoli dagli Shetlanders. Nel secondo caso le tradizionali isole Orcadi non sembravano essere rimaste coinvolte, se non in maniera del tutto trascurabile, da turbolenti realtà economiche di tipo esogeno

INUIT DELL'ARTICO CANADESE, 1983

Indagine antropologica (sviluppo) in un campione di sei comunità Inuit dell'Artico canadese: Inuvik, Tuktoyaktuk (delta del Mackenzie, Mare di Beaufort, Artico occidentale); Qausuittuq (già Resolute Bay, Cornwallis Island, Alto Artico), Frobisher Bay (oggi Iqaluit), Pangnirtung (Baffin Island e Cumberland Sound, Artico orientale, oggi Nunavut), Kuujjuaq (già Fort Chimo, Penisola di Ungava, Nouveau Québec)(5).

ARCIPELAGO DI SAINT-PIERRE ET MIQUELON (FRANCIA) E ISOLA DI TERRANOVA (CANADA), 1987

Una Comunità Marittima Multietnica: Baschi, Normanni, Bretoni, Irlandesi. A non molta distanza dalle coste meridionali dell'immensa isola canadese di Terranova si trovano le due piccole e splendide isole di Saint-Pierre e Miquelon. Dal 1976 Dipartimento d'Oltremare e Collettività d'Oltremare francese dal 2003. I suoi poco più di seimila abitanti si concentrano nella città capoluogo di Saint-Pierre e nel villaggio dell’attigua Miquelon. Gli isolani discendono dai pescatori baschi, bretoni e normanni, che nel tempo vi si sono insediati. L’arcipelago rappresenta il più antico dei possedimenti francesi in terra americana, poiché è l'ultimo lembo della Nouvelle France(6).

L'indagine antropologica è stata resa possibile grazie ad interviste guidate a key informers individuati sia nella cittadina di Saint-Pierre, che nel villaggio di Miquelon.

Per quanto riguarda l'isola di Terranova, sono state individuate alcune comunità marttime (outports) ubicate nel settore orientale, nord e nord-occidentale dell'immensa e scarsamente popolata grande isola. Tenendo conto sia della loro dimensione demografica, che della loro importanza nel contesto economico regionale. Con particolare riguardo alle attività collegate alla pesca. Sono stati perciò "visitati" alcuni centri per la pesca offshore, come Saint John's, la capitale, che inshore. Scelri nell'ambito di quella grandiosa costellazione di piccoli e medi villaggi di pescatori sparsi lungo le innumerevoli piccole e grandi insenature della frastagliatussima linea costiera.

COMUNITA’ MONTANA DEL TURANO (LAZIO, ITALIA), 1984-1989

Ricerca sul campo “part time”, a seguito della quale sono scaturiti due progetti di ricerca “partecipata” applicata. Il primo relativo all’intera Comunità (approvato all’unanimità dal Consiglio della Comunità Montana come Piano del 1990)(7), il secondo alla cittadina di Ascrea(8).

SVALBARD (NORVEGIA), 1994

Ricerca socio-antropologica presso le comunità marittime norvegesi e russe delle isole Svalbard (Norvegia, Alto Artico): sviluppo, rapporto uomo-ambiente e integrazione multietnica in un arcipelago "ai confini del mondo"

ISOLE FÆR ØER (DANIMARCA), 1995

Un approccio etno-antropologico alle comunità marittime delle isole Fær Øer, Danimarca. Individuazione e analisi del ruolo attualmente esercitato da una tradizione culturale e linguistica di antica derivazione vichinga, in un contesto geo-politico altamente modernizzato. Come il plurisecolare isolamento geo-spaziale ha saputo indirizzare la via "autonoma" faroese allo sviluppo

EBRIDI ESTERNE (SCOZIA, UK) 1997

Ricerca socio-antropologica presso le comunità marittime delle Ebridi Esterne (Western Isles), Scozia: tradizione e cambiamento culturale in un arcipelago "Celtico" e "ai confini del mare"

1998 ISLANDA GROENLANDIA

Un Approccio Etno-Socio-Antropologico alle Comunita’ Marittime Islandesi di Antica Derivazione Vichingo-Norvegese. Con uno "studio del caso": Heimaey: Storia, Cultura, Economia (Pesca, Uccellagione, Turismo), in una comunità marittima di una giovane terra nordica e una ricognizione storico-archeologica nell’insediamento orientale della vicina "Terra Verde".


NOTE

  1. ^ " (...) 'Dott. Franco Pelliccioni, che si presenta candidato per l'insegnamento di Antropologia Culturale, mi permetto di esprimere, a sostegno della sua domanda, il mio apprezzamento per le sue qualità di studioso. Conosco il Dott. Pelliccioni dal periodo dei suoi studi secondari, quando mi sottomise, per consiglio di uno dei suoi insegnanti, un suo primissimo saggio sul problema dell'acculturazione. L'ho seguito successivamente quando il suo interesse per i problemi antropologici si è andato precisando con una notevole costanza di studio e di ricerca non solo sui problemi teorici generali ma anche sui problemi particolari dell'incontro esistenziale tra portatori di culture diverse. I suoi scritti sono di argomento prevalentemente africanistico, ma il suo interesse di studio si apre a trarre dall'esperienza specifica africana motivo di insegnamento per il superamento del pregiudizio etnocentrico". Firmato: Prof. Bernardo Bernardi, Ordinario di Antropologia Culturale, Preside della Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Bologna, 18 aprile 1977
  2. ^ 1977. "Isiolo, centro di incontro etnico nel Kenya settentrionale (Rapporto preliminare)", Africa, giugno, pp. 260-282.
  3. ^ 1979. "Il cambiamento culturale tra gli indios lagunari di Santa Maria del Mar (Oaxaca, Messico):alcune osservazioni", Rivista di Etnologia- Antropologia Culturale, VII, pp. 94-103; 1979. " Lo spazio sociale tra gli indios Huave di Santa Maria del Mar: un approccio storico-culturale", Bollettino della Società Geografica Italiana, 10, 12, pp. 665-676.
  4. ^ Sessione di ricerca che ha sostituito la seconda fase del progetto Isiolo, che non si è potuta realizzare per via della situazione in cui allora versava il paese: a) risentimento della tribù dei Kikuyu nei confronti di un governo in maggioranza non Kikuyu; b) presenza dei guerriglieri somali shiftas, che imperversavano nelle aree nord-orientali. Arrivando sulle Nyambeni Hills all'altezza della città di Isiolo. Facendo sì che tutto il traffico veicolare venisse concentrato in colonne scortate da mezzi della polizia e dell'esercito kenyota.
  5. ^ Il survey è stato reso possibile grazie alla massiccia assistenza del Governo Federale (Ottawa, Ministero degli Affari Indiani e dei Territori del Nord), di quelli Provinciali (Québéc e Yellowkife), dello Science Advisory Board of the Northwest Territories, a Yellowknife. Oltre che del Ministero degli Affari Esteri Italiano, dell’Ambasciata del Canada a Roma, dell'Ambasciata d'Italia ad Ottawa, del Consolato Generale Italiano a Vancouver, della collaborazione della Canadian Pacific.
  6. ^ I progetti di ricerca sul campo, una volta avviati, a volte devono cambiare. Cercando di adattarsi alla situazione concreta e alla realtà che deve affrontare lo studioso. Come nel 1987. Quando, per insormontabili difficoltà di diversa natura, una volta arrivato a Montréal (Canada), ha dovuto cambiare campo di indagine sic et simpliciter. Grazie al fatto che le notizie che periodicamente arrivavano a Roma dal Canada, oltre che dal nostro Ministero degli Affari Esteri, aveva presagito l'impossibilità di proseguire, approfondendola, la sua ricerca sugli Inuit dell'Artico canadese, in questo caso della Baia di Hudson (Sanikiluaq, Isole Belcher). Sicché, con il cosiddetto "Piano B.", che in qualche misura aveva già predisposto nelle sue linee principali prima di partire, avrebbe dato corpo e sostanza, rivitalizzandolo, al suo Programma sulle Comunità Marittime del Nord Atlantico.
  7. ^ Una ricerca socio-antropologica "partecipata" applicata ad un progetto di sviluppo integrato della Comunità Montana del Turano: ipotesi ed eventuali future implicazioni operative ai fini di un concreto miglioramento della "qualità" della vita" (sviluppo) degli abitanti della Comunità' medesima, Aprile 1989, DOI: 10.13140/RG.2.2.21664.40968
  8. ^ Ascrea e la Valle del Turano: analisi socio-economica e culturale di un borgo montano dell'Alta Sabina, aprile 1989, DOI: 10.13140/RG.2.2.28561.25449