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sabato 15 ottobre 2022

70. UN RACCONTO ESOTICO-ETNOLOGICO GIOVANILE: QUARTA PUNTATA (IL CIRCOLO EQUATORE - THE EQUATOR CLUB -, NAIROBI)

Un cantante europeo, forse Peter Colmore, si esibisce con una band di musicisti africani sul palco dell'Equator Club, 21 Settembre 1957 (CC BY-NC-SA 4.0, Bristol Archives, 2001/090/1/1/18074, Trotter Collection)

A sedici anni (1962-63) ho scritto il mio unico romanzo. Purtroppo è rimasto incompiuto... Il protagonista è un etnologo italiano, poiché allora ero attratto dall'Etnologia. Oltre a raccontare anche dell'amore tra lui e un'affascinante, ma molto gelosa, donna, basandomi sulla letteratura di viaggio ed etno-antropologica in mio possesso (e sulle ricerche  effettuate nelle Biblioteche dell'Istituto Italo-Africano e del Museo Pigorini, al Collegio Romano), ho cercato di descrivere l'ambiente tropicale, la fauna, alcuni popoli.  Ho anche lasciato inalterato il testo. 

[precedenti puntate: 23.9; 3.10; 8.10] 

ll Circolo Equatore è un ristorante ed un club notturno ostentatamente privato. Giorgio Rovi e il dott. Johnson erano arrivati da qualche minuto e stavano parlando tra loro, quando arrivarono i coniugi Smith.

- Buonasera signora, buonasera signor Smith, spero che vi siate riposati abbastanza e che abbiate trovato comoda la stanza.

- Non è male, certo che ci sono meno rumori che a Piccadilly Circus!

- Vogliamo andare, fece Giorgio

- Certo, e si avviarono verso l’entrata.

Un barbuto negro si trovava alla porta e non avrebbe fatto passare la coppia, se non ci fosse stato l’intervento del direttore del Norfolk e di Rovi.

- Lo sa perché è successo tutto questo? disse l’etnologo a Milly. Perché hanno voluto copiare i clubs londinesi.

- Ma lì da noi basta pagare il biglietto d’ingresso per ottenere la nomina di soci, rispose l’inglesina

. Qui invece hanno voluto strafare, comunque siamo riusciti a farvi entrare lo stesso.

Incominciarono a salire le scale coperte da una passatoia di velluto che, più che a scopo decorativo, serve da soffice cuscino per gli esuberanti, che hanno alzato il gomito un tantino di troppo. Che cadono, vengono spinti o precipitano giù dalle scale a qualsiasi ora dopo l’una del mattino.

L’orchestra fino a poco tempo fa suonava solo sambe e rumbe. Ora anche nel Kenya, come in molte altre parti del mondo, sono giunte le diavolerie di questi balli moderni: il rock and roll, il twist, l’hully gully, il madison, e così via, fino all’ultimo arrivato che prende il nome da un simpatico mezzo di divertimento acquatico usato alle Hawaii: il surf.

Una coppia balla energicamente al Limuru Hunt Ball. La donna, identificata come "Wanda", indossa un abito senza spalline che si allarga mentre balla, 19 Ottobre 1957 (CC BY-NC-SA 4.0 Bristol Archives, British Empire & Commonwealth Collection, 2001/090/1/1/18853)

Ritratto di tre camerieri africani in uniforme all'Equator Club. Due barman africani versano scherzosamente i drink nei bicchieri dietro un bancone decorato con strisce zebrate e sgabelli leopardati, 21 Settembre 1957 (CC BY-NC-SA 4.0, Bristol Archives: British Empire & Commonwealth Collection, 2001/090/1/1/18079)

Da un lato c’è il bar, di solito occupato da una sestupla fila di clienti, nebbioso di fumo. Le cene sono servite intorno alla pista di ballo. I tavolini sono letteralmente circondati da ogni sorta di esotismo africano: zanne di elefante, paralumi ornati da disegni di giraffe, gazzelle e rinoceronti e di ogni altro tipo animale, che si può vedere quasi ogni giorno nelle aperte praterie o nell’infida boscaglia.

Ritratto di tre camerieri africani in uniforme all'Equator Club.
21 Settembre 1957 (CC BY-NC-SA 4.0, Bristol Archives: British Empire & Commonwealth Collection, 2001/090/1/1/18080)

Il dottor Johnson fece iscrivere nel suo registro il nome degli ospiti e tutti quanti si diressero verso un tavolino d’angolo.

Giorgio ordinò la cena, che era composta da specialità italiane, inglesi e irlandesi ed era innaffiato da parecchi fiaschi di Chianti. Dopo cena, si fecero portare il caffè.

Mentre lo stavano sorseggiando, erano circa le 22 e la pista da ballo era gremita di giovani, che ballavano la bossa nova, 

Giorgio iniziò a parlare sull’argomento che stava molto a cuore agli sposini inglesi: non so se vi siate già messi d’accordo, fece rivolto a John, riguardo al white hunter, che dovrà portarvi in safari. Comunque, se non avete già preso impegni, io conosco uno dei migliori “safari guide” (credo che ormai sia il termine migliore, rispetto al sorpassato white hunter dell’epoca dei pionieri) di tutto lo Stato.

- Per la verità noi credevamo che… insomma ci saremmo messi d’accordo sul posto e… quindi non abbiamo nessun white hunter impegnato con noi.

Johnson s’intromise: avete fatto molto male, non sa che bisogna prenotarsi almeno un mese prima per fare un safari e, in alcuni casi, per i cacciatori bianchi assai abili ed esperti ci vuole anche la prenotazione di almeno un anno?

- Le giuro che non sapevo niente di tutto ciò…

Giorgio riprendendo: spero che Mon Collins non abbia preso alcun impegno e vi possa offrire il suo servigio!

Milly: certo che qui nel Kenya la voce del safari nelle entrate statali deve essere molto importante. Prima quasi non trovavamo posto in albergo, ora rischiamo di non fare alcun safari, perché ci vuole anche qui una prenotazione.

- In effetti, fece Johnson, la voce safari viene subito dopo quella dell’esportazione del caffè!

- Bisogna considerare, fece Rovi, finendo di bere il suo espresso, che la full licence, la licenza che dà la possibilità di uccidere un gran numero di animali di ogni taglia e dimensione, costa molto. Ma quali animali desidera cacciare?

- Noi vorremmo fare un Big Game, rispose Milly, anticipando il marito e, quindi, prendendolo in contropiede… cioè, come lei ben saprà, vorremmo uccidere e portarci tranquillamente a casa i trofei dei quattro animali più pericolosi: l’elefante, il rinoceronte, simba e il bufalo.

- Come pretese non c’è che dire, nient’altro? Fece Giorgio…

- Nient’altro, rispose con la sua faccetta impertinente Milly.

L’orchestra in quel momento attaccò un pezzo classico, quindi un lento e, ben presto, la pista fu lasciata dai giovani, che andarono a rifarsi al bar con qualche ghiacciata coca cola, mentre la vecchia guardia ne prendeva il posto.

- Bando alle chiacchiere, disse Rovi rivolgendosi a Milly, che ne direste di fare un ballo con me, sempre se suo marito acconsenta?

- Milly per tutte le cose che fa ha sempre il mio incondizionato assenso e, quindi, lei può ballare senza il pericolo che le spari alle spalle con una mia fantomatica rivoltella.

- Grazie!

Giorgio aiutò Milly ad alzarsi e insieme si recarono in mezzo alla pista.

Prese tra le braccia l’inglesina e si chinò a guardarla. Era molto alta di statura, ma i suoi occhi azzurri arrivavano appena all’altezza del mento di lui. I capelli biondi sembravano vivi alla luce dei candelabri, come se vi danzassero piccole scintille luminose. Indossava un semplice abito giallo, dalla scollatura assai bassa, ma senza arrivare al “topless”. Sapeva di un profumo che Giorgio non riuscì a riconoscere. Milly alzò il viso sorridendogli e Giorgio la ricambiò. La sentiva incredibilmente morbida sotto le dita. Danzava con la leggerezza di un seme piumato spinto dal vento sulla pianura.

- Lo sa che è molto bella?

- Non so, nessuno me lo ha mai detto prima di lei, è la prima volta, fece con un sorrisetto. Oh, vedo che il dottore si è alzato, temo che stia per andarsene.

- È meglio che ci avviciniamo e sentiamo un po’ che cosa è successo. Aggiunse Giorgio.

Si fecero largo tra la gente e finalmente arrivarono ai bordi della pista ed, infine, al tavolo.

- Mi hanno telefonato proprio ora dal Norfolk, disse con aria piuttosto preoccupata il direttore. Sembra che ci sia stata una zuffa al bar tra alcuni piloti ubriachi e che perfino Allub, uno dei barman, sia stato ferito al mento. Quindi mi dispiace lasciarvi, ma occorre la mia presenza.

Con una buonanotte a tutti si allontanò e sparì ben presto alla vista dei tre.

- Mi dispiace proprioed è veramente una persona a modo, fece John a Giorgio. Senta, sempre continuando, dato che domani mattina dovremo alzarci presto per fare un giro per Nairobi, non potremo andarcene?

- Giorgio - La vita notturna comincia proprio adesso (è mezzanotte!), ma se desiderate andare a letto subito, non sarò io a costringervi. Volete che chiami un taxi?

- Sì, grazie!

Giorgio andò a parlare con un negro, che si trovava vicino all’uscita e ritornò subito dopo.

- Una Chevrolet vi sta aspettando, buonanotte e sogni d’oro. Vi invito domani al Norfolk, mi dispiace non accompagnarvi, ma sono un tipo nottambulo e, quindi, resto ancora un po’ all’Equatore.

- Arrivederci Prof Rovi.

- Arrivederci

- A che ora dobbiamo stare al suo Hotel?

- All’una e mezza.

- Va bene

- Buona Notte

- Buona notte. Felici bagordi.

- Grazie…

Due europei vestiti in giacca e cravatta alzano i bicchieri per la macchina fotografica appoggiata al bancone del bar zebrato dell'Equator Club,  21 Settembre 1957 (CC BY-NC-SA 4.0, Bristol Archives: British Empire & Commonwealth Collection, 2001/090/1/1/18078)

I coniugi Smith se ne andarono e, quando Giorgio rimase solo (per modo di dire, in quanto il night club era abbastanza affollato), salì al piano di sopra, dove c’era un’ampia terrazza ed un secondo bar. Ordinò una birra e con il bicchiere in mano si appoggiò alle sbarre di protezione. La vetta nevosa del Kilimangiaro, che a sud si poteva scorgere solo in giornate particolarmente chiare, era all’oscuro. Nairobi era illuminata qua e là. Le luci al neon dei locali notturni e degli alberghi, le lampade al sodio delle strade, i fari anabbaglianti delle auto, che correvano veloci, gli facevano ricordare quella notte di tanti anni prima, quando ancora ragazzo era andato a vedere la Rassegna di Elettronica all’EUR (Roma) [22.6.1962], ed era ritornato a casa alle 3 e mezza! Ora era assai “diverso”, pensò... 

 CONTINUA: LA VISITA DELLA CITTA' DI NAIROBI


sabato 8 ottobre 2022

68. UN RACCONTO ESOTICO-ETNOLOGICO GIOVANILE: TERZA PUNTATA (NAIROBI: EMBAKASI AIRPORT E NORFOLK HOTEL)

L'aeroporto Embakasi di Nairobi nel 1975 (CC Some Rights Reserved, Aart Rietveld Collection)
A sedici anni (1962-63) ho scritto il mio unico romanzo. Purtroppo è rimasto incompiuto... Il protagonista è un etnologo italiano, poiché allora ero attratto dall'Etnologia. Oltre a raccontare anche dell'amore tra lui e un'affascinante, ma molto gelosa, donna, basandomi sulla letteratura di viaggio ed etno-antropologica in mio possesso (e sulle ricerche  effettuate nelle Biblioteche dell'Istituto Italo-Africano e del Museo Pigorini, al Collegio Romano)ho cercato di descrivere l'ambiente tropicale, la fauna, alcuni popoli.  Ho anche lasciato inalterato il testo. 
[prime due puntate: 23.9 e 3.10] 


NAIROBI: EMBAKASI AIRPORT E NORFOLK HOTEL 

La Regina Elisabetta, la Regina Madre, accolta il 5 febbraio del 1959 all’Aeroporto Embakasi di Nairobi da Sir Evelyn Baring (1903-1973), Governatore del Kenya (1952-1959), in alta uniforme (Charles Trotter Collection, CC BY-NC-SA 4.0, Bristol Archives


Il Norfolk Hotel (da John T. McCutcheon, In Africa, Hunting Adventures in the Big Game Country, 1910)  

Giorgio, insieme ai due inglesi, scese le scalette dell’aereo, si recò negli uffici della dogana. Qui furono vistati i passaporti e controllati certificati medici (libretto giallo delle vaccinazioni: vaiolo, tifo, colera, febbre gialla) e bagagli. Questi, piuttosto voluminosi, specialmente quelli dell’etnologo, furono ritirati da boys negri, che li caricarono su una Land Rover. Giorgio disse al guidatore Kikuyu di portare tutti all’Hotel Norfolk.

Il primo dei miei due libretti di vaccinazione risale al 1975. Infatti nel 1976 effettuerò ad Isiolo, cittadina multietnica e multiculturale a nord del Monte Kenya, nel Kenya settentrionale, quella che sarà la mia prima ricerca antropologica sul campo   

I due inglesi per tutto il tragitto, dall’aeroporto di Embakasi (dal 1978 trasformato nel Jomo Kenyatta International Airport), situato alla periferia orientale, fino all’albergo, non fecero altro che guardare estasiati ciò che potevano vedere all’intorno. La visione di una cosa, però, durava abbastanza poco, in quanto la camionetta filava… eccome!

Nei tropici: in America, come in Africa od in Asia, i piloti indigeni sono infatti degli autentici “Fangio”. Guidano velocemente i mezzi loro affidati e non valutano affatto l’incolumità altrui. Lui non era da meno degli altri…

Bene o male i tre arrivarono sani e salvi al Norfolk, che non è certo l’unico albergo di Nairobi, ma è quello in un certo senso più suggestivo. Composto, com’è, da un grande caseggiato rosso, con il bar, veranda ristorante e la Direzione, e così via. L’albergo vero e proprio è formato da molti villini circondati dal verde esuberante dei prati cespugliosi e dagli alberi. Vegetazione tropicale, che è quella che tutti i turisti si aspettano da queste parti. In un certo senso si può definire il più… “coloniale” degli alberghi. Rispetto al suo tradizionale concorrente, il ben più moderno New Stanley, che si trova nel centro commerciale della città.

Incontro ai tre si fece il proprietario del Norfolk, un longilineo cinquantenne irlandese, dai capelli rossi e piuttosto pallido in viso, per uno che si trova all’Equatore…

- Oh, Mr. Rovi! Che piacere riavervi tra noi! Per la verità non vi aspettavo che nel tardo pomeriggio. Dall’aeroporto mi hanno telefonato proprio adesso per avvertirmi che eravate in anticipo

- Sono diventato proprio una personalità? Ah, ah, ah, disse Giorgio, ridendo di gusto, e stringendo forte la mano che gli porgeva il direttore. - Queste due brave persone che mi accompagnano vorrebbero partire per un safari e, in attesa, ho pensato che un villino per loro ci sarebbe stato in questa “stamberga”.

Dopo le presentazioni d’uso, con “genuflessionecella” e baciamano del direttore alla signora, il dott. Johnson si scusò infinitamente per il villino: erano tutti occupati.

- Siamo in aperta stagione di safari, benché qui tutto l’anno lo sia. Quindi mi dispiace proprio, ma non posso affittare alcun villino. In quanto, o sono tutti occupati, o sono stati prenotati in anticipo. Se solo mi avessero scritto un mese prima…!

Rovi s’intromise - Ma, se nell’hotel non ci sono villini disponibili, lei può provare a telefonare al New Stanley e vedere se possono dare una camera a questi due simpatici giovani… Oltretutto lei conosce bene il direttore dello Stanley e una sua telefonata… !

- Va bene, disse il proprietario del Norfolk. Adesso faccio telefonare. Intanto se volessero prendere qualcosa al bar, non facciano complimenti!

Il magro direttore se ne andò via a passo spedito.

- Giorgio: se lo dice lui (aggiunse con un sorrisetto sulle labbra), possiamo andare al bar a prenderci qualcosa. Dopotutto è pagato e un posticino al “New” lo troverete senz’altro!

Ehi?, continuò, rivolto all’autista della Rover – spegni il motore e vieni pure te a bere al bar. Paga il bwana direttore. Dopo ti sborserò il prezzo della corsa, disse Giorgio in Kiswahili. ueste due care persone che mi accompagnano vorrebbero partire per un nsafari e in attesa, ho pensato che un villino per loro ci sarebbe stato in questa “Wstamberga”

-Bene bwana- rispose il negro, dopo aver parcheggiato meglio la jeep vicino al caseggiato  ed aver spento il motore, accodandosi ai tre, che entravano nel bar dalla veranda.

Il Norfolk Hotel fotografato il 13 ottobre del 1957. Collezione Trotter (CC BY-NC-SA 4.0 Bristol Archives, UK)

….

Il direttore dopo aver lasciato il simpatico etnologo italiano e la giovane coppia di sposi, entrò nella hall e disse allo scultoreo portiere Luo, che nella sua divisa bianca tutta scintillante di bottoni dorati stava leggendo un giornale a fumetti…

- Tom, tasama (“chiama”) l’Hotel Stanley e guarda se possono mettere una camera matrimoniale, voglio la migliore, con bagno? E’ per una giovane coppia di sposini, che vogliono fare safari.

- Ndio, bwana direttore.

Il Luo prese il telefono, fece alcuni numeri: 5328 - Pronto, qui è l’hotel Norfolk… c’è il direttore… buongiorno sono Tom, il dottor Johnson vorrebbe una camera con bagno, una delle migliori, s’intende, per una coppia di suoi amici… Ah… Va bene! La ringrazio … Jambo!

- Allora, fece il direttore a Tom – Cosa ha detto?

- Tutto bene, il bwana direttore ha messo una bellissima camera a disposizione per il bwana e la memsaab inglesi!

 Grazie Tom – e si allontanò in direzione del bar.

Attraversato un lungo corridoio, con un soffice tappeto rosso sul pavimento, appliques e tendaggi vari sulle pareti, sulle quali spiccavano le teste cornute di alcuni rinoceronti e le zanne d’avorio di elefanti più che vecchi (più l’elefante è vecchio, più sono lunghe le sue zanne N.D.A.), finalmente arrivò di fronte ad in grande tendaggio damaschinato, scansato il quale penetrava nel bar.

- Buongiorno signor direttore-, dissero all’unisono i due barbuti Sikhs, che si trovavano dietro il bancone.

Senza rispondere al saluto ossequioso dei due indiani, dato che, esclusi due americani che bevevano birra ghiacciata in un angolo, non c’era nessuno, Johnson domandò:

- È venuto qui il prof. Rovi, l’italiano… tanto per intenderci, con una coppia d’inglesi?

Il più barbuto dei due rispose: - Si sono venuti qui insieme ad un… negro! Credo sia il loro autista – disse facendo una smorfia di disgusto: un negro! Noi indiani sia molto superiori a questi sporchi indigeni, pensò Allub) – Hanno preso tutti del cognac ghiacciato e il dottore ha detto che era tutto pagato. Se ne sono andati poco fa, ma credo siano ancora sulla veranda.

- Va bene, grazie!, dirigendosi verso la veranda.

Un negro che beve insieme a tre bianchi (pensò Allub) deve essere molto impudente. Ah, questi maledetti negri! Appena hanno un po’ di corda, acquistano l’indipendenza e si credono di essere uguali agli altri. Mah!

Intanto sulla veranda, Rovi dopo aver pagato al Kikuyu il prezzo della corsa, stava scaricando i suoi bagagli, in tutto 12 valigie e un baule. Alcuni boys negri, dopo averlo aiutato, come del resto aveva fatto John, incominciarono a portarli nel suo villino, che era uno dei più lontani e, quindi, appartato rispetto agli altri.

Milly stava seduta in un angolo e guardava il tutto, continuando a parlare con il marito e con l’etnologo, mentre il Kikuyu dentro la Land aspettava di portare i rimanenti bagagli e i passeggeri in qualche altro albergo.

- Credevo che facesse più caldo a Nairobi, disse l’inglesina a Giorgio.

- È credenza comune per gli europei! Non ci faccia caso. Tutti prendono in considerazione solo il lato latitudine. È vero, siamo a pochi gradi dall’Equatore, ma bisogna considerare in questo caso anche il fattore altitudine, che è determinante. Siamo sui 1.700 metri d’altezza, per la precisione 1.675 sul livello del mare! Nairobi è una delle poche grandi città africane, che possa vantare un clima così mite, così dolce. - Giorgio rispose in maniera piuttosto calma e serena alla bionda, ed avrebbe continuato sull’argomento, quando videro il direttore uscire dal bar e venire verso di loro.

Benché piuttosto lontano, si poteva capire dalla sua aria soddisfatta che la camera per John e Milly allo Stanley era stata rimediata.

- Allora Johnson, come è andata?

- Il direttore dello Stanley ha gentilmente messo una delle sue migliori camere a vostra disposizione, disse l’irlandese, rivolto ai due inglesi.

 - Non sappiamo come ringraziarla, fece Milly all’indirizzo del direttore.

- Se non c’era lei, forse dovevamo tornare in Gran Bretagna! aggiunse John.

- Eh! Per una camera! Niente ringraziamenti, ormai l’avete avuta! È meglio che ci andiate subito, prima che ci ripensi, Vi avverto è un… cornuto! disse il direttore, sbottando dal ridere.

A questa battuta, perfino il flemmatico inglese si mise a ridere di cuore e con lui anche l’italiano.

- Alcune volte penso che io abbia fatto male a sposare un londinese come te, fece Milly, rivolgendosi a John. Avrei dovuto sposare un irlandese, se sono tutti tremendamente simpatici come lei, guardando Johnson.

- Eh! Per così poco!

- Credo che sia meglio che vi affrettiate. Non so se il direttore dello Stanley sia cornuto, per questo non ci metterei la mano sul fuoco. Comunque, se fossi in voi, mi sbrigherei, anche per trovare un posto per mangiare. Tagliò corto Giorgio

Milly - Va bene, egregio etnologo, ci sbrigheremo. Arrivederci signor Johnson e grazie del favore. Ehi John? È meglio che andiamo, hai sentito cosa ha detto la scienza in persona?

- Ho ascoltato! Arrivederci signor Johnson, spero di incontrarla di nuovo, magari a Londra, per ricambiarla del favore enorme che ci ha fatto. Signor Rovi, vogliamo vederci questa sera in qualche bel localino?

- Certamente, appuntamento al Circolo Equatore alle 9 p.m., dove potremo mangiare, bere e anche ballare, rispose Rovi, volgendo lo sguardo a Milly, che si dirigeva verso la Rover. Verrà anche il nostro più che simpatico direttore.

- Va bene. Va bene. Arrivederci.

Salirono sulla jeep, che con uno strappo partì in quarta. In breve tempo uscì fuori dal campo visivo, anche perché la Rover si trovò subito incuneata in mezzo ai trabiccoli, sia spinti a mano, che trainati da animali. Oltre che tra i molti veicoli a motore, che per la loro numerosità danno qui un “non so che” all’atmosfera nairobina.

Johnson - Simpatici giovani, sono contento di averli aiutati

Rovi – Tutto tornerà a merito suo, ma per la questione della testa cornuta del direttore dello Stanley, è vero o…no?

- Così dicono in città, io non ho assoldato alcun detective per verificare l’autenticità di questa nomea. Ah! Vedo che i boys hanno finito di portare i bagagli nel vostro villino. A che ora devo far servire il pranzo?

- Alla solita! Adesso sono le 11, benissimo a mezzogiorno… Direttore la saluto, perché voglio buttare per almeno una mezzoretta le mie stanche membra su un soffice materasso. La zanzariera è del tipo dell’anno scorso?

- Si è dello stesso tipo!

- Arrivederci, disse Giorgio stringendo la mano di Johnson. Good Bye!

L’italiano si diresse verso l’uscita della veranda. A due a due scese gli scalini e si allontanò lungo il sentiero ghiaioso, che costeggia i vari cottages nascosti in mezzo alla flora tropicale. Ogni tanto un prato all’inglese. Cespugli spinosi qua e là. Bellissimi fiori, dei quali non si ricordava mai il nome, spuntavano come dal nulla, o in mezzo all’erba.

A passo sempre più svelto, proseguì per un sentiero a destra e poi girò di nuovo alla sua sinistra. In quei luoghi tutto era ombreggiato ed il sole, che ormai stava per raggiungere lo zenith, si poteva scorgere solo dai riflessi, che penetravano come punte di lancia attraverso la folta vegetazione. Scansò due bimbi, che giocavano a palla e, finalmente, salutato da un boy indigeno con un jambo, entrò nel suo villino.

Guardò tutto il suo bagaglio ammonticchiato nell’ingresso, e proseguì per il bagno. Si fece una gagliarda doccia e con l’accappatoio tutto sgocciolante entrò nella camera da letto.

La stanza assai spaziosa era arredata con un letto a due piazze, aveva un’ampia zanzariera, alcuni divani, un bell’armadio guardaroba e alcuni quadri appesi alle pareti.

Sì! Si ricordava…! Era stato già un’altra volta in quel villino. I quadri di quelle donne nude gli erano rimaste impresse nella mente.

Chiuse accuratamente la porta, non senza aver ordinato al boy di portagli il pranzo, quando avrebbe suonato il campanello. Attraversò la stanza, levò l’accappatoio e, alzato un lembo della zanzariera, si gettò nudo come un verme sul letto.

Non si sentiva volare una mosca, solo qualche zanzara, e quel posto ne era pieno, notte e giorno. I raggi del sole penetravano debolmente attraverso l’ampia finestra. Pensò che tra poco si sarebbe sfamato e, dopo, avrebbe fatto una bella dormita fino alle 7 di sera. Pian piano si addormentò.

INTANTO ALL’HOTEL NEW STANLEY, NEL CENTRO DI NAIROBI

L'Hotel New Stanley fotografato nel febbraio del 1952, poco tempo prima della sua ristrutturazione (Collezione Charles Trotter, CC BY-NC-SA 4.0 Bristol Archives)

John ormai si era riposato abbastanza, e si alzò dal letto, dopo aver levato il braccio di Milly dal suo petto. Si fece una doccia e incominciò a vestirsi.

Milly: ciao tesoro, come mai ti stai vestendo? Che ore sono?

- Sono le 8, fece lui. Mi sembra che sei un po’ assonnata, o che tu stia ancora dormendo!

Milly: scherzi? Io sono sveglia eccome, e si alzò dal letto.

Facendo così Milly si era scordata della zanzariera, che si afflosciò ai suoi piedi.

- John: vedi, come eri sveglia. Vatti a fare una doccia fredda, cammina…

- Come vuoi, bwana marito e, avvolta nella sua vestaglia, si diresse spedita verso il bagno

 

CONTINUA: NAIROBI, AL CIRCOLO EQUATORE

p.s. Attualmente (novembre 2022) sto lavorando alla stesura di una: BREVE INTRODUZIONE ETNO-ANTROPOLOGICA AI POPOLI DEL KENYA.

IN QUESTO PAESE DELL’AFRICA ORIENTALE HO AVUTO MODO DI EFFETTUARE DUE SESSIONI DI RICERCA. LA PRIMA NELLA CITTA’ MULTIETNICA E MULTICULTURALE DI ISIOLO, A NORD DEL MONTE KENYA. LA SECONDA TRA I POPOLI NOMADI, TRANSUMANTI E SEDENTARI (TURKANA, MERILLE, BORANA, RENDILLE, ELMOLO) LOCALIZZATI INTORNO ALLE SPONDE DEL LAGO TURKANA (GIÀ RODOLFO), KENYA NORD-OCCIDENTALE.