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lunedì 11 luglio 2022

47. UNA TETRALOGIA DELL'ESPLORAZIONE. VOL. 4 AMERICA

 

Il gruppo di lavoro di Alfred P. Maudslay nella giungla di Quirigua (Guatemala), 1883

   20 sono i personaggi presenti in questo libro, andati alla ricerca di Conoscenza (geografica, storica e culturale), ma anche di Avventura, dalla Groenlandia, alla Terra del Fuoco. Ed è stato l’amore per l’Avventura, coniugata sottilmente con la Conoscenza, che ha indissolubilmente legato tra loro queste figure. Dando vita ad uno straordinario filo conduttore, che si è andato snodando, dall’Artico fino a Capo Horn, attraverso epoche, culture, civiltà, popolazioni, territori, nel corso di una continua sfida dell’Uomo contro l’ignoto.

   Sette sono gli esploratori, quattro i naturalisti, sette sono anche gli archeologi, oltre a un geodeta e un geologo.

   Le loro nazionalità sono le più diverse. Al pari delle epoche, nelle quali hanno vissuto e operato: dall’anno Mille, alla fine del II° millennio.

   Tra loro, i conquistadores spagnoli, addentrandosi nell’ignoto e navigando lungo fiumi impetuosi, scopriranno cose mirabili e nuove terre, anche se si dovranno confrontare contro donne guerriere.

    Altri, inoltrandosi nel fitto delle giungle del Centro e Sud America, scopriranno i resti di superbe civiltà antiche, di cui si ignorava l’esistenza.

   Poi, attraversando da est a ovest il continente, incontreranno, spesso per la prima volta, le numerose tribù pellerossa del Nord America. Mentre, spingendosi profondamente all’interno del Sud America, si imbatteranno nelle bande degli indios. Non sempre d‘indole pacifica, tanto che, in qualche caso, i loro attacchi dovranno essere purtroppo respinti a fucilate.

   Gradatamente, uno dopo l’altro, mondi nuovi e inaspettati continueranno a disvelarsi davanti agli occhi sbalorditi e curiosi degli esploratori e susciteranno l’interesse scientifico di studiosi e ricercatori.

   A volte sarà la natura in toto l’oggetto privilegiato del pluriennale studio di un paio di scienziati, il cui raggio d’azione avrà le dimensioni di mezzo continente. O sarà solo uno dei suoi molteplici aspetti, a far sì che un pittore si interesserà al variopinto universo degli uccelli.

   Alcuni di essi si muoveranno per scopi più concreti. Andando alla ricerca, a cavallo e a piedi: dell’oro, delle Sette Città di Cibola, dell’Eldorado, di fantastiche città perdute nella giungla. Mentre qualcuno a dispetto di fantasiosi miraggi, ne troverà realmente una... Arroccata sopra i pianori di alte e inaccessibili montagne. Per secoli difesa dalla cupidigia degli uomini, grazie alla sua remota posizione, circondata com’era da giungle impenetrabili e dalle tumultuose acque di un fiume.

   E che dire, poi, di coloro che scopriranno l’esistenza di intere civiltà, del tutto ignote fino ad allora? Oppure contribuiranno a farle conoscere per ciò che veramente sono, senza dare adito a immaginifiche e mirabolanti ricostruzioni storiche?

   O, andando testardamente appresso ad un plurisecolare mito, dopo aver vagato per anni da un luogo all’altro del continente, c’è chi si troverà letteralmente “sotto i piedi” ciò che cercava? È allora che la leggenda, “facendo capolino” da quello che era stato sempre ritenuto solo un “libro delle favole”, diventerà tangibile realtà. Subito “cooptata”, per entrare a pieno diritto nel Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Non a caso, il padre di colui che, a suo tempo, soffiò l’alito vitale al “mito”, è anch’esso presente nel libro

   Neppure vanno dimenticati coloro che dedicheranno molti anni della loro vita al sacro fuoco della scienza geodetica, specializzazione ai più del tutto sconosciuta. Poiché abbandoneranno patria e famiglia, per cimentarsi, in un remoto angolo del mondo, in osservazioni, che ancora oggi appaiono del tutto astruse. Inoltre, per misurare l’arco di meridiano all’Equatore, si dovranno improvvisare alpinisti e scalare alte montagne e minacciosi vulcani, portandosi appresso le pesanti attrezzature dell’epoca! Qualcun altro, ancora, vagherà per anni tra giungle, fiumi e montagne, per poter disegnare i confini politici, tra Stato e Stato.

   Alcuni, per finanziare le proprie imprese, spesso assai costose dal punto di vista logistico, dovranno fare affidamento solo sulle proprie risorse, o sui contributi di istituzioni, giornali e facoltosi amici. Tre di loro sono invece benestanti. Anzi, due sono addirittura straricchi… Per cui il loro unico problema sarà quello di procurarsi sempre il miglior equipaggiamento esistente sul mercato. Così, negli anni ‘1920, ci sarà chi disporrà di: aereo, aerofotografia, radio rice-trasmittente

   Il libro narra anche di una spedizione scomparsa nel nulla, alla ricerca di un “sogno”, che un esploratore inglese aveva sempre tenuto gelosamente segreto. Ma anche delle decine e decine di missioni, andate invano a cercarla, per quasi un secolo.

   Il sogno riguardava l’esistenza di una città favolosa, descritta da un’antica cronaca, probabilmente apocrifa, situata in una regione, dove l’unica civiltà visibile ancora oggi è quella dei villaggi degli indios, immersi nelle boscaglie e circondati dai fiumi.

   A questo punto, però, si impone un ma…! Perché proprio in questi ultimi tempi, un antropologo americano, che da tredici anni ricercava tra gli indios, aiutato da una buona dose di fortuna e dalla sua perspicacia, due doti invero non secondarie, che si sono aggiunte al fatto che era anche un archeologo, affermerà come quella lontana fantasticheria avesse un fondamento di verità. Presumibilmente derivante da leggende tramandate di generazione in generazione dagli indios… Poiché ha scoperto ben venti insediamenti risalenti all’800-1600 d.C., collegati da strade, con case costruite con il materiale esistente nella regione: terra, legno, palme. Ogni insediamento aveva dai 2.000 ai 5.000 abitanti. Cioè numeri ben superiori a quelli degli odierni villaggi, che sono nell’ordine delle centinaia di anime. Poiché le città risalgono a ben prima dell’avvento dei brancos, i bianchi, con le loro malattie e la loro “pacificatrice” violenza. Una scoperta, confermata anche dai radar, dalle rilevazioni satellitari, dai sensori remoti, che ha una portata incredibilmente rivoluzionaria, poiché ha sconvolto le fondamenta stesse dell’Archeologia precolombiana. Tanto che andrebbero, forse, rivalutate le stesse “cronache”, sulle quali si basò la ricerca dell’esploratore scomparso!

   E dire che negli anni ‘1950 il figlio aveva, senza successo, sorvolato la zona. Così la recente straordinaria scoperta potrebbe essere stata resa possibile, grazie al cambiamento climatico, che ha amplificato e moltiplicato gli incendi, anche delle boscaglie del Mato Grosso… 

Nord America

1. Eirík “Il Rosso” (Eirík Thorvaldsson “Rauði”) e la colonizzazione vichinga di Grænland, la “Terra Verde”

2. Francisco Vásquez de Coronado, cercando l'oro, scoprì uno straordinario "giacimento" archeologico e culturale

3. Meriwether Lewis e William Clark: l'avventurosa scoperta del Nord America lungo 11.265 chilometri di terra indiana

....

   Prendete un pugno di uomini al comando di due soldati di professione. Aggiungete qualche guida, magari franco-canadese, capace di muoversi agevolmente, sia sui fiumi che sul terreno. Inserite uno schiavo negro come domestico e, infine, la moglie indiana di un trapper: ecco l’organigramma di quella che costituì la prima grandiosa traversata, da est a ovest, del continente nordamericano. Ma non basta... Pur essendo stati i primi ad oltrepassare le Montagne Rocciose, portandosi fin sulla sponda dell’Oceano Pacifico ed aver individuato numerose specie vegetali ed animali, il risultato "principe" della grandiosa, epica impresa non è stato, certo, il percorso seguito. Bensì l’incontro culturale (in un caso sarà purtroppo uno scontro fisico) con decine e decine di tribù di pellerossa, di cui per lo più si ignorava totalmente l'esistenza. Un “incontro” reciproco, naturalmente, perché saranno anche i primi bianchi (e negri) visti dalla maggior parte delle nazioni indiane…

(...) A marzo del 1806 viene abbandonato Fort Clatsop. Il viaggio di ritorno non ha storia, poiché quasi integralmente si ripercorrerà l’itinerario dell'andata. Salvo quando Lewis, dopo una temporanea divisione in due gruppi, si scontra lungo una scorciatoia con i Minnetaree, che uccidono due suoi uomini.

   Dopo due anni, quattro mesi e dieci giorni ed aver percorso 11.265 chilometri di terre ignote, i Corps of North West Discovery raggiungono nuovamente St. Louis. Hanno scoperto duecento specie botaniche e contattato tribù indiane, i cui membri comprendevano, sia coloro che parlavano un inglese elementare e indossavano cappotti e cappelli regalati da capitani di navi europei, sia coloro che non avevano mai visto prima d’allora un uomo bianco.…

   Servendosi anche delle carte disegnate dagli indiani (su pelle o stuoie, o tridimensionali disegnate sulla sabbia, spesso non orientate a nord, ma al tramonto, o all’alba, o in direzione del viaggio e con le distanze misurate in giorni), mappe, schizzi e appunti daranno vita alla Mappa del Nord America occidentale. Inoltre l’Estimate of Eastern Indians (...) costituisce un considerevole sforzo euristico, sistematico e comparativo, su circa cinquanta tribù e bande di pellerossa, strutturato su diciannove domande: etnonimi, numero di villaggi, tende, guerrieri, abitanti, partners commerciali, località di scambio, nazioni nemiche, alleati, ecc… A Fort Clatsop è stato invece elaborato l’Estimate of the Western Indians (...) Entrambe comunque forniranno un quadro pressoché completo del panorama etnico amerindiano: dalle pianure del Canada al Texas settentrionale, dall’ovest dei Grandi Laghi alle Montagne Rocciose. 

4. L'ornitologo che faceva il pittore: l'americano John J. Audubon, naturalista e celebre disegnatore di uccelli

...

   Le avevo viste in passato, ma allora non ci avevo fatto caso più di tanto: riproduzioni a colori di dipinti di uccelli, perfino non troppo esotici. Poi qualche anno fa, per approfondire le mie conoscenze sulla caccia agli animali, non solo marini, storiche (considerata l'estinzione di alcune delle specie trattate) e attuali, della zona di Terranova, mi appassionai ad un libro del grande Farley Mowat (1988), ben curato - come è uso fare - fin nei minimi dettagli scientifici. Nonostante l'argomento non fosse tra i più piacevoli, fu nondimeno una lettura avvincente. Quando parlava degli uccelli spesso il canadese faceva riferimento agli scritti di Audubon, che nella prima metà del XIX secolo fu testimone di raccapriccianti episodi di caccia, in Canada. Per il modo atroce con cui, perpetuando un comportamento utilizzato ampiamente in passato, si massacravano gli uccelli delle numerose colonie presenti nelle isole del Golfo del San Lorenzo. Per l'enorme quantità di uccelli abbattuti e di uova distrutte. Un autentico sterminio, più che un "gioco al massacro" che, evidentemente, non poteva rimanere senza conseguenze. Più tardi alcune specie si estinsero, mentre altre videro il loro numero drasticamente contrarsi.

Martin pescatore con cintura, ca. 1851. (Houghton Library, Università di Harvard)

   Audubon nel corso di un viaggio in Labrador e in Nuova Scozia (1833) si rende conto di quanto orribile sia quel commercio di uova e di piume. Nel 1821 aveva già visto nei pressi di New Orleans altri massacri perpetrati da cacciatori. 48.000 pivieri furono abbattuti in un giorno da duecento di loro. Ora in Canada si imbatte, prima in un gruppo di cercatori d'uova, che aveva già raccolto qualcosa come 40.000 uova di uccelli. Poi si aggrega ad un'altra "banda" composta da otto uomini, che si spostano di isola in isola a bordo di una fetida barcaccia. Nelle piccole isole popolate solo da volatili, i raccoglitori scendono, sparano e distruggono, calpestando e schiacciando meticolosamente e selvaggiamente ogni uovo, inclusi quelli con i pulcini formati. Non rimarrà un sol uovo integro!

5. La scoperta di Vínland, l'America dei Vichinghi. Così Helge Marcus Ingstad, esploratore e archeologo norvegese, trasformò un mito in un fatto storico

Centro America

6. Da Wall Street alla scoperta della civiltà Maya: l’avvocato americano diventato archeologo, John Lloyd Stephens, autore della prima seria indagine nello Yucatán

Disegno di Catherwood del cenote di Bolonchén (Campeche). Gli indios scendevano nel pozzo naturale, grazie a questa gigantesca scala


Quarta di copertina: l’A.dall’alto della grande piramide Maya Nohoch Mul (42 m), di Cobà, Quintana Roo (penisola dello Yucatan), Messico. Stephens (cap.6) ne aveva sentito parlare nel 1842, ma la sua remota posizione gli impedì di raggiungerla, tanto che preferì studiare il sito Maya di Tulum, sulla costa del Mare dei Caraibi. L’archeologo Eric Thompson, maggiormente noto per lo straordinario lavoro (immersione compresa) effettuato nel cenote sacro di Chichén Itzá (cap. 8), visitò invece il sito diverse volte negli anni ‘1920-30 
(© Franco Pelliccioni) 
7. Un perfezionista nella terra dei Maya: l'inglese Alfred P. Maudslay "padre dell'archeologia scientifica sul campo" in Mesoamerica

8. Tra i Maya e i loro discendenti: l’archeologo Alfred Marston Tozzer, il massimo studioso dell'antica civiltà mesoamericana

9. Quei "cabezones" degli Olmechi. Nel 1954 Matthew W. Stirling, l’uomo della Smithsonian, ultimava la sua ricerca su una delle più antiche civiltà mesoamericane da lui scoperta

Matthew Stirling accanto all’Altare 5 di La Venta
(dal documentario Exploring Hidden Mexico del 1943, Smithsonian Institute National Anthropological Archives)

Nel corso delle spedizioni effettuate da Matthew Williams Stirling nel 1938-46 nella regione degli Olmechi, Messico meridionale, vennero scoperte colossali teste in pietra vecchie di 2.500 anni. Come questa, una delle tre riportate alla luce presso il sito di La Venta. Probabilmente raffigurava una divinità o un potente condottiero

Sud America

10. Lungo il Rio delle Amazzoni. Fu il luogotenente di Pizarro, Francisco de Orellana, che per primo discese il grande fiume

...

L’incontro-scontro con le Amazzoni, giugno 1542

  "Era una regione "bella dove crescevano querce sempreverdi e sugheri". Qui gli indios, e non solo loro… attaccarono gli spagnoli. Fra' Gaspar de Carvajal, cronista della spedizione, ricorderà come: "essi erano soggetti e tributari delle Amazzoni, e avendo saputo del nostro arrivo erano andati da quelle a chiedere aiuto, e qui vennero almeno dieci o dodici di esse, perché noi stessi vedemmo queste donne, che combattevano davanti a tutti gli indiani come donne capitane, ed esse si battevano così coraggiosamente che gli uomini non osavano fuggire e chiunque tentasse di fuggire lo uccidevano con le mazze (…) Queste donne sono assai bianche e grandi, e portano i capelli lunghissimi intrecciati e avvolti attorno al capo, e sono molto robuste [e vanno quasi nude, con le parti intime coperte], con le frecce e gli archi in mano, e combattono con vigore di dieci guerrieri indiani…".

Sono le leggendarie Amazzoni!

(...) D'altra parte l'esistenza di villaggi di sole donne, accertata già da Colombo e ricordata da Walter Ralegh, dopo il suo primo viaggio in Guyana del 1595, venne confermata nel 1878 da Jules N. Crévaux che, in un villaggio del Rio Parú (affluente del Rio delle Amazzoni), si era imbattuto in un villaggio di sole donne. Del resto: Un'«agricoltura relativamente progredita, presenza di culti elevati, grande importanza della guerra, formano, con la posizione elevata della donna o di certe donne di particolare lignaggio e aventi mansioni anche sacerdotali, un quadro storico-culturale coerente». La discordanza sulla loro localizzazione sarebbe invece dovuta alle pressioni esercitate dalle storiche migrazioni dei Tupinambá (di lingua Tupi-Guaranì), successive al viaggio dell'Orellana, che avrebbero sconvolto per sempre il tessuto geo-etnico di numerosissimi popoli indios.

“Arrivo della flotta bellica dei Tupinamba, carica di prigionieri. A destra un prigioniero viene ucciso in due maniere: con la freccia e con la mazza, più in fondo lo si squarta e lo si prepara” (dalla Warhaftig Historia…in: Neuen Welt di Hans Staden,Marburgo, 1557)

11. Quell'irrequieto misuratore della terra: Charles-Marie de la Condamine, matematico, geodeta nonché avventuroso esploratore

12. I Tropici visti da un prussiano. Nel 1804 il Barone Friedrich Heinrich Alexander von Humboldt, naturalista e geografo, ultimava la sua storica esplorazione in Sudamerica

13. La vita avventurosa di un paleontologo: il francese Alcide d'Orbigny, viaggiatore, naturalista e padre della micropaleontologia

14. L'uomo che esplorò la Guyana: l'esploratore e naturalista sir Robert H. Schomburgk, prussiano di nascita, al servizio dell'Inghilterra

15. John Louis Rudolphe Agassiz, lo scienziato celebrato da Longfellow. Zoologo, naturalista, paleontologo, glaciologo svizzero-statunitense

16. I tesori dissepolti del Perù archeologico: Max Uhle, uno tra i principali studiosi delle antiche culture andine

17. Uno dei grandi misteri della storia delle esplorazioni. "L'archetipo di "Indiana Jones", il colonnello ed esploratore inglese Percy Harrison Fawcett, scomparve nel 1925, cercando una fantomatica città perduta nel Mato Grosso brasiliano

...

   "Il celebre esploratore britannico Percy Harrison Fawcett (1867-1925?) scomparve infatti nel nulla, quando nel 1925 si mise alla ricerca dei resti di una città leggendaria: forse parte dell'Atlantide?!    "Attraverseremo lo Xingú al decimo Parallelo e ci inoltreremo diritti verso est, attraverso il Tocantins. Superato questo, là dove s'incontrano gli Stati di Goiáz, Piauí e Baía, si trova "Z", il mio obiettivo principale... Quando avremo terminato le nostre ricerche ci sposteremo verso est fino al São Francisco (...) non molto lontano, dall'altra parte del fiume, si trova la città del 1753, che intendo visitare prima di uscire dalle zone selvagge a Salvador". Non sapeva che, dopo la sua sparizione, egli stesso sarebbe diventato una leggenda!

(...) Il 29 maggio del 1925 due mulattieri brasiliani rimandati indietro recano l'ultima lettera indirizzata alla moglie: "penso che verremo a contatto con gl'Indiani tra una settimana o una decina di giorni. Siamo qui al Campo del Cavallo morto, a 11°43' di latitudine Sud e 54°35 Ovest, esattamente nel punto in cui morì il mio cavallo nel 1920 (…) Non devi temere che non si riesca".

  La spedizione, alla quale partecipano il figlio primogenito ventunenne Jack e il suo amico Raleigh Rimmel, è in procinto di lasciare le sorgenti dello Xingú, per inoltrarsi in terre sconosciute!

   Da quel momento non si saprà più nulla. Va ricordato come la spedizione fosse "leggera", cioè in grado di inoltrarsi più agevolmente nelle terre degli indios, senza tema di venire scambiati per invasori. Anche perché la loro stessa sopravvivenza era legata alle risorse dei luoghi.

   "Se non dovessimo tornare", aveva sostenuto, "non voglio che vengano a cercarci con spedizioni di soccorso. È troppo pericoloso. Se con tutta la mia esperienza, non riusciamo noi a farcela, che speranza può esserci per gli altri? Ecco perché non voglio dire esattamente dove andiamo. Sia che riusciamo a salvarci e ritornare, sia che lasciamo là le nostre ossa a marcire, una cosa è certa. La soluzione dell'enigma dell'antica America del Sud - e forse di tutto il mondo preistorico - si troverà solo quando le antiche città saranno ritrovate e aperte alla ricerca scientifica. Che queste città esistano, lo so con certezza...".

   “Se il viaggio non avrà successo, tutto il mio lavoro nell’America meridionale si concluderà con un fallimento, poiché non potrò fare più nulla. Sarò inevitabilmente screditato come visionario, accusato di volermi soltanto arricchire personalmente(…)

ALLA RICERCA DI FAWCETT: IERI (1927-1957)

(...) Molti hanno supposto che gli indigeni locali li abbiano uccisi, poiché a quel tempo diverse tribù vivevano nelle vicinanze: i Kalapalo, che furono gli ultimi a vederli, o gli Arumá, i Suyá o i Xavante, nel cui territorio stavano penetrando. Entrambi i giovani erano malati e camminavano con difficoltà quando sono stati visti l'ultima volta, ma non ci sono prove che furono uccisi. È probabile che siano morti per cause naturali nella giungla brasiliana”.

   Si dovranno comunque aspettare oltre venticinque anni, per avere la conferma dell’inesistenza di quella città, almeno come l’aveva concepita Fawcett, grazie alle due spedizioni e relative ricognizioni aeree effettuate nel 1952-4 dal figlio Brian (1906-1984). Sarebbero infatti tutte fallite quelle che, a partire dal 1927, si organizzarono, per individuare le tracce del colonnello e dei suoi compagni. Incluse quelle dei singoli individui che, a vario titolo, in quegli anni già si trovavano, o si inoltrarono, nel Mato Grosso, per cercarlo, spesso perdendovi anche la vita.

(...) 1931

   Nella regione del fiume Kuluene la spedizione antropologica dell’Università della Pennsylvania diretta da Vincent Petrullo (1906-1991) si imbatte in indios Kalapalo, che avevano incontrato i tre uomini scomparsi. A quanto pare i giovani erano malati e non volevano proseguire. Per cinque notti gli indios da lontano videro innalzarsi il fumo del loro accampamento, poi più nulla. Più tardi constateranno che l’accampamento era stato abbandonato. Questa sarà la versione “ufficiale”, più meno integrata da altri particolari, che da allora in poi sarà fornita dai Kalapalo sulla misteriosa scomparsa della spedizione…

Uomini della tribù Kalapalo

   Petrullo ritiene che Fawcett probabilmente “è morto di sete, fame o malattia. Da qualche parte nelle dense foreste ad est del fiume Kuluene. Credo sia impossibile per il colonnello Fawcett essere vivo in una regione che non si conosce. Là le notizie viaggiano velocemente. Specialmente se riguardano uomini bianchi, perché ce ne sono pochi”.

(...) 1932

   A questa nobile “gara” prende parte anche un personaggio che, interessandomi a Ella Maillart, a suo tempo avevo debitamente citato: il giornalista del Times di Londra Peter Fleming (1907-1971), fratello del più noto Ian, il creatore di James Bond. Infatti la grande viaggiatrice e scrittrice svizzera lo incontrerà a Pechino nel 1935 ed effettuerà con lui uno straordinario viaggio fino in India.

(...) Dopo aver letto un’inserzione apparsa sul Times: “spedizione esplorativa e sportiva, con guida esperta, partente Inghilterra giugno per esplorare Brasile centrale, se possibile accertare fine colonnello Fawcett; caccia abbondante, piccola e grossa; pesca eccezionale; posto libero per due fucili; referenze reciproche”, come corrispondente del giornale partecipa alla spedizione organizzata da Robert Churchward. Raggiungendo con la guida di due indios Tapirapé l’Alto Xingú e il “Campo del Cavallo Morto”, l’ultima posizione conosciuta della spedizione. Purtroppo la missione è destinata a fallire, per i dissapori con il leader sul campo, il capitano Holmani”.

18. L'Amazzonia di Alexander Hamilton Rice. Una singolare figura di esploratore, medico e geografo statunitense nel Sudamerica degli anni venti

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Il sanguinoso attacco dei Guaharibo (Yanoáma), 1920

   Nel gennaio del 1920 Hamilton Rice è accampato, con la sua numerosa e bene armata spedizione, nei pressi delle rapide Guaharibo (Venezuela), tra Venezuela e Brasile, sul lato occidentale della Sierra Parima, al confine con il territorio degli indios Guaharibo (“le bianche scimmie urlatrici”). A piedi ha raggiunto faticosamente la zona, dopo aver lasciato l’Eleanor II, la sua imbarcazione di oltre 13 metri. E i Guaharibo costituiscono un gruppo Yanoáma, definito dall’antropologo Chagnon, che decenni dopo vi condurrà una ricerca, il “Popolo Feroce”, per la loro determinata resistenza agli stranieri. Oltre tutto discendono dai guerrieri che, meno di due secoli prima (1763), avevano selvaggiamente combattuto contro gli spagnoli...

   Subito si avvicina una banda di indios, dalle intenzioni non certo pacifiche. Provvisti, come sono, di lunghi archi, frecce e mazze. Si cerca perciò di parlamentare in spagnolo, ma anche in Tupí-GuaraníMakiritari. Facendo il gesto di donare coltelli, ami e specchi. Atteggiamento che viene però frainteso e scambiato come segno di debolezza. Imbracciati archi e frecce, quattro indios sono pronti a colpire. Ritenendosi sotto attacco, gli esploratori, dotati di fucile, carabina e revolver, dapprima sparano in aria. Poi ad altezza d’uomo, dopo che una freccia al curaro, lunga 2 m, si infilza accanto ad Hamilton Rice. Così vengono uccisi due indios e l’assalto è respinto, ma la spedizione dovrà essere interrotta. Hamilton Rice più tardi scriverà: “non c'erano alternative, loro erano gli aggressori, sdegnando ogni tentativo di parlamentare o di tregua, ci hanno costretto alla difesa, cosa che risultò disastrosa per loro e una profonda delusione per me”.

19. Machu Picchu: la "Vecchia Cima" perduta tra le nuvole. La città degli Incas scoperta nel 1911 dall’archeologo americano Hiram Bingham

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   "E dire che fino ad allora non si era molto fidato di quel ragazzino Quechua, che gli avevano affibbiato come guida… Poi, non essendo uno specialista nel campo, pensa che nessuno crederà mai alle sue parole. Fortuna che con sé ha una macchina fotografica. Potrà così riprendere ciò che incredibilmente ha davanti agli occhi: Machu Picchu, la città perduta degli Inca. Una maestosa città, dalla raffinata architettura, che impressiona per come è stata pianificata. Adattandosi perfettamente all’ambiente che la circonda, inclusi i due splendidi picchi, coperti da nuvole. Oltre tutto c’è uno straordinario panorama mozzafiato, visto il dislivello di oltre 300 m!

Come si presentava Machu Picchu a Bingham nel 1912, dopo i primi lavori di pulitura (da: National Geographic, aprile 1913)

   “Posto com’era nella zona più aspra della più difficile regione delle Ande centrali, il santuario era rimasto sconosciuto per secoli. Nessuna zona degli altipiani del Perù è meglio difesa da baluardi naturali: un canyon stupendo, che sprofonda nel granito per centinaia e centinaia di metri, presentando difficoltà tali da scoraggiare anche il più ardito scalatore moderno. Eppure fu proprio qui, in un remoto angolo del canyon, su una piccola cresta fiancheggiata da tremendi precipizi, che un popolo dalla raffinata civiltà artistica, ricco di inventiva, perfettamente organizzato e capace di sostenere i più duri sforzi, eresse un magnifico santuario in onore della maggiore divinità del suo pantheon, il Sole"

20. Avventure etnologiche di un grande geologo. Versatile e intrepida figura quella di Victor Oppenheim, scienziato franco-lettone, studioso del Sudamerica

Da: ALLA SCOPERTA DEL MONDOArcheologi, Esploratori, GRANDI VIAGGIATORI, Geologi, Naturalisti, Paletnologi. 

VOL. 4: AMERICA 

E-Book, versione cartacea in bianco e nero, 253 pp, 243 note,  Bibliografia, 197 immagini (14 sono dell'A.), Appendice ("Narrazione Storica di una Grande, Nascosta Città Antichissima, Senza Abitanti. Che Venne Scoperta nel 1753", conservata con il n.512 nella Biblioteca Nazionale di Rio de Janeiro)





INTRODUZIONE 

NORD AMERICA 

1. EIRÍK “IL ROSSO” (EIRÍK THORVALDSSON “RAUÐI”), ca. 945-950- ca. 1002 

In Groenlandia 

In Islanda 

Si naviga verso la “Terra Verde” 

2. FRANCISCO VASQUEZ DE CORONADO, 1510-1554 

3. MERIWETHER LEWIS, 1774-1809 e WILLIAM CLARK, 1770-1838 

4. JOHN JAMES AUDUBON, 1785-1851 

5. HELGE INGSTAD, 1899-2001 

La visita di Anse-aux-Meadows (isola di Terranova), alla personale “scoperta” di Vínland 

Alla ricerca della mitica Vínland 

Biografia 

Governatore della Terra di Eirík il Rosso (1932-33), Groenlandia orientale, quindi Governatore delle Svalbard

Tra gli Apache, 1938; i Nunamiut alaskani, 1950-51; in Groenlandia, 1953 

CENTRO AMERICA 

6. JOHN LLOYD STEPHENS, 1805-1842 

L’incontro a Londra con l'artista e architetto Frederick Catherwood, 1836

Il contratto da firmare prima della partenza per il Messico, 1839 

La spedizione si inoltra nella regione dei Maya, 1839 

7. ALFRED PERCIVAL MAUDSLAY, 1850-1931 

Centro America, Indie occidentali, Queensland australiano, Polinesia 

Tra i Maya: Honduras britannico (Belize), Guatemala, Messico, 1880-1894 

8. ALFRED MARSTON TOZZER, 1877-1954 

Nello Yucatán, tra le rovine Maya e gli indios Lacandoni, 1902-1905 

In Guatemala, 1910-11 

9. MATTHEW W. STIRLING, 1896-1975 

Biografia 

Florida, Sud Dakota, Nuova Guinea, 1923-1927 

In Sud America, 1928-1932 

Mesoamerica e America Centrale: la scoperta delle “teste” degli Olmechi, 1938-1946 

Panama, Ecuador, Costarica, Jalisco (Messico), 1948-1967 

SUD AMERICA 

10. FRANCISCO DE ORELLANA, 1500-1545

L’incontro-scontro con le Amazzoni, giugno 1542 

Alla ricerca dell’Eldorado 

La spedizione lascia Quito, 1539 

Si naviga, prima lungo il Rio Napo, poi nel Rio “non ancora” delle Amazzoni… 

Le Amazzoni 

È raggiunta Nueva Cádiz, agosto 1542 

La seconda spedizione, 1545 

Le Amazzoni e gli indios Tupinambá 

11. CHARLES-MARIE DE LA CONDAMINE, 1701-1774 

Colombia, Panama, Ecuador, 1735-36 

Marzo 1743: “l’arco è misurato”… 

12. FRIEDRICH HEINRICH ALEXANDER VON HUMBOLDT, 1769-1859 

Parla Humboldt 

Cenni biografici 

13. ALCIDE CHARLES VICTOR MARIE DESSALINES D'ORBIGNY, 1802-1857 

In Sud America, tra pericoli di ogni natura, attacchi di pirati e corsari, percorre 3.500 km, ricercando nei più vari campi e collezionando un’immensa mole di materiali, 1826-1834 

Ritorno in Francia, 1834 

14. SIR ROBERT HERMANN SCHOMBURGK, 1804-1865 

Cartografo nelle isole Vergini, 1831-1835 

Nella Guyana britannica, 1835-1839 

Traccia i confini tra Guyana, Venezuela e Brasile, 1840-1844 

15. JEAN LOUIS RUDOLPHE AGASSIZ, 1807-1873 

Biografia 

Vienna, Parigi, Neuchâtel 

Tra i ghiacciai delle Alpi, 1837 

Tra i ghiacciai della Scozia, 1840 

Stati Uniti, dal 1846 

La spedizione Thayer (Brasile), 1865-66 e la crociera dell’Hassler, 1871-1872 

16. MAX UHLE, 1856-1944 

Argentina, Bolivia, Perù, 1892-1897 

Ancora in Perù, 1899-1901, 1903-1909 

In Cile, 1912-1918 

In Ecuador, 1919-1933 

Di nuovo in Perù, 1939-1942 

17. PERCY HARRISON FAWCETT, 1867-1925? 

L’autentico Indiana Jones, nel corso della sua ultima esplorazione sudamericana, alla ricerca di una civiltà perduta, scompare nel nulla (1925)

La biografia di un eccezionale, coraggioso, visionario include ben otto esplorazioni, tra Bolivia e Brasile 

Le ultime notizie dal Campo del Cavallo Morto: 29 maggio 1925 

La rivalità Fawcett-Alexander Hamilton Rice 

Una misteriosa scomparsa 

ALLA RICERCA DI FAWCETT: IERI (1927-1957) 

ALLA RICERCA DI FAWCETT: “OGGI” (1982-2005) 

L’incontro con l’esploratore Fawcett, secondo la narrazione tramandata oralmente dai Kalapalo 

La straordinaria scoperta nel Mato Grosso di una rete di città precolombiane: Kuhikugu. Fawcett aveva quindi ragione? 

18. ALEXANDER HAMILTON RICE JR., 1875-1956 

Una biografia “molto” al di sopra delle righe

Sette spedizioni in Amazzonia, 1901-1925 

Il sanguinoso attacco dei Guaharibo (Yanoáma), 1920 

Nel corso dell’ultima spedizione modernamente equipaggiata (utilizzo dell’aereo e dell’aerofotografia, disponibilità di una radio rice-trasmittente) viene girato il primo documentario sull’Amazzonia, 1924-1925 

19. HIRAM BINGHAM, 1875-1956 

L’incredibile scoperta sulle Ande peruviane, 1911 

Biografia 

Una prima spedizione sulle tracce di Bolivar (Venezuela, Colombia) è seguita da quella della strada spagnola, tra Argentina e Perù, 1906-1908 

La Yale University Peruvian Expedition e la scoperta di Machu Picchu, che ritiene essere Vilcabamba, 1911 

20. VICTOR OPPENHEIM, 1906-2005 

Biografia 

In Sud America 

Argentina, dal 1930 

Brasile e Perù, 1935-36 

Cinquanta spedizioni tra Ecuador (9 spedizioni), Colombia (23), Bolivia (8), Perù (10), 1937-1949 

Stati Uniti, e non solo… 

APPENDICE 

BIBLIOGRAFIA 

lunedì 4 luglio 2022

43. VIAGGIO-RICERCA IN ISLANDA

 

Mappa dell'Islanda con l’itinerario seguito dall'A. Meno evidente è la linea che indica la rotta aerea tra Reykjavík e l'arcipelago delle Vestmannaeyjar, a sud-ovest dell'isola
 

L'ISLANDA

 Tra le isole e gli arcipelaghi inclusi nel mio Programma sulle Comunità Marittime dell’Atlantico Settentrionale avevo previsto un’indagine in un’isola-Stato, l’Islanda, appunto. Lavoro che avrebbe dovuto rappresentare lo sfondo, una sorta di “cornice-inventario” entro cui innestare una “ricerca sul campo” mirata, da realizzare nella piccola comunità di Heimaey, nell’omonima isola.

   L’Islanda è terra recente. Emergendo ca. 16 milioni di anni fa. Ed è paese giovane anche dal punto di vista politico. Non solo per l’indipendenza, conquistata non molti decenni addietro (1944).

 Prima dell’arrivo dei Vichinghi nell’874, l’isola era totalmente disabitata. Nei secoli il numero degli abitanti doveva fluttuare, e di molto. Anche a causa di una pressoché interminabile serie di catastrofi indotte dal rigido, spesso pericolosissimo, habitat. Tanto che alla fine del XVIII secolo la Danimarca pensò seriamente che sarebbe stato meglio far evacuare tutti gli abitanti superstiti dell’isola. Trasferendoli nella penisola continentale dello Jutland.

   Oggi lo sviluppo è totalmente incentrato sulla pesca, oltre che sullo sfruttamento delle risorse energetiche rinnovabili (le sorgenti naturali di acqua calda). A partire dalla metà del XX secolo, pesca e attività industriali correlate sono diventate la principale risorsa economica.

   Dal punto di vista linguistico, l’islandese ha mantenuto la sua forma originaria, cioè quella norvegese arcaica, nonostante il paese sia stato governato dalla Danimarca dal 1380 al 1918. Infatti la lingua è rimasta virtualmente non influenzata. La purezza della forma è stata assicurata grazie all’isolamento geo-spaziale e ad una solida tradizione letteraria. Ancora oggi l’Islandese differisce poco dal Vecchio Norvegese. Tanto che gli islandesi possono facilmente leggere le Edda medievali e le saghe. Perfino il glossario tende a rimanere puro. Poiché, a partire dal XVIII secolo, si è sempre accuratamente cercato di prevenire l’utilizzo di termini stranieri. Del resto oggi si tende ad evitare l’uso di terminologie scientifiche e tecnologiche comunemente diffuse in tutto il mondo. Rifiutando la globalizzazione lessicale, si adottano vocaboli alternativi originati da pre-esistenti forme islandesi. O se ne creano di nuovi, sempre però rispettosi delle antiche radici linguistiche.

IN SINTESI IL PROGETTO 

   Nella stesura del progetto a tavolino, il primo problema da risolvere è stato quello della mega-dimensione dell’Islanda, rispetto a quello che era sempre stato lo standard delle “mie” precedenti isole... Complicazione superata attraverso la ricerca intensiva ad Heimaey, che ha evitato di frammentare l’indagine in tanti mini-surveys tra località diverse. Inoltre, sia pure con un certo grado di inevitabile approssimazione, la comprensione delle realtà umane e culturali, etno-storiche e ambientali, naturalistiche e paesaggistiche dell’Islanda è stata avvicinata con una successiva ricognizione, sia pure a volo d’uccello, dell’isola. Servendomi della Ring Road (la Hringvegurinn), la strada statale n. 1, che gira intorno all’isola, ho infatti realizzato un lungo e complesso itinerario, che ha toccato località e comunità, che hanno costituito un importante complemento e integrazione della principale indagine di Heimaey. Ricognizione a sua volta preceduta dalla “visita” della capitale e delle regioni immediatamente a nord e a sud di Reykjavík.

                                            HEIMAEY

  Heimaey, nell’isola omonima, appartiene al gruppo delle Vestmannaeyjar (le "isole degli uomini occidentali", cioè gli schiavi di origine irlandese), localizzate al largo dell’Islanda centro-meridionale. Comunità scelta per le particolari caratteristiche geo-storiche e demografiche e per l’importanza che riveste nel panorama economico dello stato. E dire che gli isolani l’avevano dovuta forzatamente evacuare nel 1973 per un’improvvisa e drammatica eruzione vulcanica.

   La comunità presenta ancora altri motivi di interesse. Ad esempio dal punto di vista storico ricordo la "fondatrice" presenza degli schiavi irlandesi. Oppure le successive, inquietanti, distruttive, ripetute nel tempo, razzie dei corsari inglesi, che a partire dalla metà del XVI secolo vi si stabilirono per oltre un secolo. Fortificando con cura il loro insediamento. Fino a che furono scacciati dai commercianti danesi. E che dire delle incursioni dei pirati-corsari nord-africani (1627)?

   Infine, quale punto di osservazione migliore di quest’arcipelago si può individuare, in una terra, che sappiamo essere "relativamente" giovane geologicamente e tuttora in formazione? Pur non essendo un cultore delle scienze della terra, nello stesso tempo ero consapevole del fatto che tutte le sue diverse connotazioni geologiche e geo-topografiche non potevano, nei secoli, non aver inciso intimamente sul comportamento stesso dei suoi abitanti che, tra l’altro, nel 1963 furono attoniti spettatori della creazione di una nuova terra. Un’altra isola, che gradatamente prenderà forma sotto i loro occhi per l’eruzione (durata quattro anni) di un vulcano sottomarino. L’isola sarà chiamata Surtsey. Oggi ha una superficie di 3 Kmq e un’altezza massima di 150 m.

COSA TROVIAMO NEL LIBRO

   Premesso che tre capitoli sono dedicati ad Heimaey e all’arcipelago delle Vestmannaeyjar, il libro presenta vari spunti di interesse, non solo dal punto di vista storico ed etno-antropologico. 

Mucche al pascolo con lo Snæfellsnesjökull finalmente visibile sullo sfondo (© Franco Pelliccioni)
    Può essere visto, ad esempio, come un tour a tema vulcanico che, partendo dallo Snæfellsnesjökull, reso celebre da Verne nel suo Viaggio al centro della terra, dà modo al lettore di “avvicinare” altri dieci vulcani attivi (la metà di quelli esistenti nell’isola), uno dei quali sta ancora eruttando dall’agosto del 2014. Vulcani di cui, in un passato più o meno remoto, bastava solo pronunciarne il nome per venirne terrorizzati: Hekla, Laki, Askja. O come il Grímsvötn o l’Eyjafjökull, che ben più recentemente hanno provocato ingenti danni a terra e sconvolto per mesi, con le loro nubi di cenere, le rotte aeree euro-americane...

   Naturalmente è anche un viaggio in un mondo vichingo. Dove, grazie ai racconti delle saghe, possiamo ancora rintracciare luoghi e fattorie che hanno visto sia lo svolgersi delle azioni di “eroi culturali”, che l’insediamento dei coloni nordici in uno dei luoghi più duri e pericolosi del globo. Una terra poi che, dopo aver perso la propria indipendenza ed essere diventata una colonia, verrà trascurata e quasi “abbandonata” dalla madre patria, prima norvegese, poi danese. Diventando terra di conquista di pirati e schiavisti nordafricani e di corsari europei. Successivamente dominata da un avido monopolio commerciale senza scrupoli. Un’Islanda che per buona parte dell’anno resterà completamente isolata dal mondo. Spesso priva del necessario e dell’indispensabile per sopravvivere in un ambiente così drammaticamente ostile. Spietatamente più volte battuta da carestie, terremoti, eruzioni vulcaniche, finanche da una plurisecolare “Piccola Era Glaciale”...

   Visiteremo tre tra le città più interessanti d’Europa, anche dal punto di vista naturalistico. Un tempo autentici “rifugi” per la gente. Oggi “isole” naturalistiche circondate da fiumi e mari di lava: la capitale Reykjavík, l’attigua Hafnarfjördur, la nordica “simil-tropicale” Akureyri.

   Entreremo all’interno di quattro tra i più prestigiosi musei islandesi, incontrando perfino un pinguino del nord... Ma anche il “re merluzzo” sarà più volte oggetto di trattazione. Soprattutto quando sarà in grado di far scoppiare un’inconsueta guerra subartica. Ma sarà ancora la natura, spesso a braccetto con la storia, a fare sempre e comunque da padrona di casa. Perché, dove poteva essere situato l’Althing, il Parlamento degli Uomini Liberi vichinghi, se non laddove la gigantesca frattura tra la zolla continentale europea incontra quella americana? E che dire di quelle meravigliose straordinarie cascate di Gullfoss e Goðafoss, che nulla hanno da invidiare a quelle del Niagara?

  Poi, senza soluzione di continuità, storia, letteratura e tradizione si compenetreranno tra loro, alimentandosi a vicenda. Allorché si parlerà di personaggi come il bandito e fuorilegge Eirík il Rosso, un pluriassassino che ha fatto, incredibile a dirsi, perfino la Grande Storia. Spinto altrove, poiché esiliato dall’isola a causa delle sue nefandezze a ripetizione, sarà lui a scoprire una Groenlandia da colonizzare. Poi il figlio Leif, ricevuto dal padre il “testimone”, si porterà fino a Vínland, in un’America ancora precolombiana...

   Nelle pagine di questo libro non ci faremo mancare proprio nulla. Scopriremo, così, l’esistenza di un mostro omologo allo scozzese Nessie, come di pericolosissimi passi montuosi da superare

   “In diretta” attraverseremo in automobile il remoto e desertico centro dell’Islanda, passeggiando poi, un brivido dopo l’altro (non solo per il continuo passare dal gelo al caldo), nel cratere di un vulcano capace di eruttare in qualsiasi momento

  Organizzeremo una mini-spedizione nel lunare vulcano Askja, dove apprenderemo della passata presenza degli astronauti dell’Apollo, come di misteriose sparizioni. 

   Ci imbatteremo in una Pompei in miniatura, la fattoria di Stöng dissepolta dalla cenere eruttata nel 1104 dall’Hekla e di come un’ascia ereditata, che era appartenuta al suo antico bóndi, abbia realizzato dall’altra parte dell’Atlantico, a distanza di circa duecento anni, le rune che decenni prima avevo osservato all’interno della straordinaria tomba ipogea di Maeshowe

   Lasceremo l’antica fattoria di Núpsstaður, non come si è sempre fatto per secoli, cioè a dorso di un pony islandese e con l’aiuto delle guide della fattoria, e attraverseremo lo Skeiðarársandur, un'immensa pianura alluvionale (sandur) “tra le aree maggiormente desolate del mondo abitato”.

Ma c’è ancora dell’altro, che lascio ovviamente alla curiosità e all’interesse del lettore. Non senza infine ricordare come, tra i viaggiatori del passato, che si avventurarono in questa terra ai confini dell’Europa, c’è persino l’«uomo che volle diventare Re»...

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ATTRAVERSO IL DESERTICO SKEIÐARÁRSANDUR, UNA DELLE REGIONI PIÙ REMOTE DELL’ISLANDA, SI GIUNGE A SKAFTAFELL, LA PORTA D’ACCESSO AL PIÙ GRANDE GHIACCIAIO D'EUROPA, IL VATNAJÖKULL, CHE NASCONDE LA POTENZA DISTRUTTIVA DI TRE VULCANI

"Per un lunghissimo periodo di tempo questo era uno dei più remoti distretti dell'isola. Non a caso la principale strada ad anello dell'Islanda - la n.1 – venne completata solo nel 1974. Collegando l'Islanda orientale al resto del paese, grazie alle moderne tecnologie ingegneristico-costruttive, che resero possibile realizzare tre lunghissimi ponti nell'immensa area dello Skeiðarársandur.

Da uno dei ponti che attraversano la pianura alluvionale dello Skeiðarársandur, alcune delle dighe che hanno lo scopo di frenare la furia degli jökulhlaup. Sullo sfondo due ghiacciai del Vatnajökull
(© Franco Pelliccioni)

 

   Un terreno fino ad allora percorso dai coraggiosi viaggiatori, che lo attraversavano in sella ai forti ponies islandesi, servendosi soprattutto delle guide della fattoria di Núpsstaður. Come per secoli si era sempre fatto per poter arrivare nell'est, dall’altra parte dell'isola, seguendo il profilo costiero. Viaggiatori che, non volendo sobbarcarsi l'alternativo giro settentrionale lungo 1100 Km, sfidavano spesso la sorte effettuando l'infido attraversamento. Reso ancora più temibile, se possibile, da venti violenti e tempeste di sabbia o neve in ogni mese dell'anno...

Viaggiatori sostano in un villaggio. La donna seduta sul Kvensöðull, il sellino laterale, ha il tradizionale cappello “crestato”…

   Con ancora maggiore forza si esprimerà nel 1991 l’inglese Ives, che questa regione conosce bene. Per motivi scientifici c’è stato almeno quattro volte: come studente undergraduate (BA in Geografia) dell’Università di Nottingham e leader di una spedizione geologica e glaciologica composta da colleghi e due docenti nel lontano 1952, 1953, 54, la quarta volta nel 1987: oggi la costa sud-orientale dell’Islanda, dalla vecchia fattoria di Núpsstaður (...) fino alla prospera cittadina portuale di Höfn i Hornafjördur, potrebbe essere considerata tra le aree maggiormente desolate del mondo abitato. Qui una stretta, irregolare e accidentata striscia di terra, circa 120 km da ovest ad est e ampia tre chilometri, tra il grande ghiacciaio del Vatnajökull e il grigio Atlantico, dà asilo in fattorie sparse a poche centinaia di islandesi”.

   (...) Da questa fattoria oggi, grazie alla Ring Road, ha inizio il mio attraversamento del più grande dei sandur meridionali (circa 1000 Kmq di fango, sabbia e ghiaia), nella regione quasi completamente desertica dell’Austur-Skaftafellssýsla, dove c’è il concreto rischio di venire attaccati, nel caso si ritengano minacciati, dai grandi e aggressivi stercorari (Stercorarius skua), che qui hanno uno dei luoghi preferiti di riproduzione.

   (...) Il geomorfologo e glaciologo Ives ricorda come durante gli anni 1930 diversi studiosi a dorso di ponies attraversarono lo Skeiðarársandur (le “sabbie” occidentali dell’Hérad milli sanda”) per recarsi a Skaftafell. In questo “gli agricoltori di Skaftafell con i loro famosi vatnahestar (“cavalli d’acqua”) erano vitali per riuscire a superare il pericoloso ostacolo dello Skeiðará (...) ma alcune piccole cose sono cambiate (...) tra il 1929 e il 1936 si stabiliva una linea telefonica; nel 1935 diverse unità mini-idroelettriche, sfruttando i corsi d’acqua, accendevano qualche lampadina; c’era la radio. Ma il postino arrivava una dozzina di volte l’anno, non c’era né il dottore, né il sacerdote. Solo una levatrice e un insegnante itinerante, che viveva nelle diverse fattorie per brevi periodi di intensa istruzione. Gli uomini con i loro ponies viaggiavano attraverso sandur e fiumi un paio di volte l’anno, sia verso ovest, a Vík i Mýrdalur, che verso est, ad Vopnafjördur”. Viaggio per vendere i prodotti e acquistare provviste, che richiedeva giorni o addirittura settimane. Una dura necessità che terminò nel 1916, quando lo Skaftafellingar, piccola imbarcazione a motore, ancorandosi sul lato orientale di Ingólfshöfði, giungerà con le provviste da Reykjavík che, non senza qualche rischio, saranno portate a riva su piccole imbarcazioni a remi.

   Nel 1987, nel corso dell’ultima missione, Ives osservava come ormai “sono rimasti solo tre dei famosi “cavalli d’acqua”, Hæðir non ne ha nessuno e l’automobile regna anche in quest’inverosimile paesaggio”.

L’attraversamento a guado di un fiume. Dovevano essere come questi i vatnahestar dello Skaftafell, i famosi “cavalli d’acqua” menzionati dal glaciologo Ives (Incisione di F.W.W. Howell, 1893)

La spedizione dell’Università di Nottingham degli anni 1950

   Nel 1952 Ives arrivò a Skaftafell su un pony. Anche se il viaggio da Reykjavík, non solo sarebbe stato più breve del solito, ma soprattutto avrebbe evitato di attraversare lo Skeiðará. Grazie al volo settimanale del Douglas DC 3 Dakota delle Flugfélag Íslands, che dal 1946 atterrava su una primitiva pista sita sulla striscia di sabbia nera di Fagurholsmyri, nei pressi dell’omonima fattoria e del villaggio di Hof.

   Nel 1953, dopo un volo di 1,30 ore, i dieci membri della spedizione dell’Università di Nottingham e un paio di tonnellate di materiale “atterrarono su una piccola pista accanto ad una fattoria chiamata Fagursholmy, l’accampamento fu stabilito alcune miglia a sud del Vatnajökull e si fece un altro campo sul ghiacciaio. Le provviste e l’equipaggiamento furono caricate su un vecchio camion a sei ruote, i dieci si arrampicarono a bordo e partimmo diretti a nord attraverso il sandur, un’area composta da detriti fatti scendere nei secoli dagli sfoghi dei ghiacciai del Vatnajökull. Abbiamo impiegato 4 ore per fare 10 miglia lungo il lato orientale del sandur, passando una dozzina di piccole fattorie dislocate tra il sandur e le inospitali montagne, Il nostro progresso era impedito da fiumi e torrenti che precipitavano dalla calotta di ghiaccio. L’unica strada era una pista consumata sulle parti più asciutte e i fiumi turbinosi dovevano essere guadati dove il letto era più ampio e senza canali profondi. Ad un certo punto in questo viaggio tortuoso il camion si impantanò per un quarto d’ora, in mezzo ad uno dei fiumi più ampi. I letti dei fiumi cambiano giorno per giorno, perché i detriti sono trascinati via da un posto e depositati in un altro; spesso canali profondi sono scavati sul fondo dei fiumi ed è impossibile per i veicoli attraversare. I ponies sono gli unici mezzi di trasporto”.

Da: AI CONFINI D’EUROPA. VIAGGIO-RICERCA NELL’ISLANDA DEI VULCANI, DEI GHIACCIAI, DELLE SAGHE, DEL MONDO VICHINGO

E-Book, versione cartacea a colori e in bianco e nero, I e II ediz., 297 pp., 150 note, Bibliografia, Mini-Glossario geografico, 346 immagini, di cui 304 a colori (284 sono dell'A.)

 




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SOMMARIO

1.PREMESSA 

1.1 La Ricerca Antropologica 

1.2 Il “case-study” ad Heimaey 

1.3 I side-surveys islandesi 

1.4 Il side-survey groenlandese 

1.5 Il Libro 

1.6 Infine, un più che doveroso riconoscimento 

2. INTRODUZIONE ALL'ISLANDA. PARTE PRIMA: NATURA 

3. INTRODUZIONE ALL'ISLANDA. PARTE SECONDA: CULTURA 

3.1 Il “carattere nazionale” islandese 

3.2 La lingua 

3.3 La pesca e l’introduzione di imbarcazioni per la pesca in alto mare: la prima rivoluzione culturale 

3.4 L’Età della Vela e la pesca a squali e merluzzi 

3.5 Pre-urbanizzazione: nascita e sviluppo dei centri urbani costieri 

3.6 Le comunicazioni 

3.7  L’urbanizzazione

3.8 Il ruolo della fattoria

3.9 La crisi economica del 2008 colpisce duramente anche l’Islanda 

3.10 Un imprevedibile paese che non può che affascinare il viaggiatore

4. REYKJAVÍK, UN'OASI NEL DESERTO DI GHIACCIO 

4.1 L’arrivo nell’isola 

4.2 Nella capitale Reykjavík, “rifugio” degli islandesi 

4.3 Un’interessante e, per certi versi, imprevista relazione natura-cultura all’interno del tessuto urbano 

5. REYKJAVÍK: DA FATTORIA VICHINGA A CAPITALE DELLA REPUBBLICA ISLANDESE 

5.1 Il centro storico 

5.2 Da fattoria a villaggio 

5.3 Il porto, ieri e oggi 

5.4 L’antico monopolio danese e il commercio 

5.5 Prosegue la visita della città 

6. ÁRBÆJARSAFN, IL MUSEO ALL’APERTO DI REYKJAVÍK 

6.1 I musei all’aperto del Nord Europa 

6.2 Storie di vita ordinarie e “particolari” provenienti dal passato urbano 

6.3 Il villaggio 

6.4 La campagna 

6.5 Imbarcazioni e macchine 

7. IL ÞJÓÐMINJASAFNIÐ ÍSLANDS, Il MUSEO NAZIONALE ISLANDESE 

7.1 Il Museo islandese per antonomasia

7.2 Storia del Museo. Gli inizi 

7.3 La collezione permanente 

7.4 L’Etnografia 

8. NÁTTÚRUFRÆÐISTOFNUN ÍSLANDS, IL MUSEO DI STORIA NATURALE DI REYKJAVÍK E I PINGUINI DELL'EMISFERO SETTENTRIONALE 

8.1 Alla ricerca di un particolare “pinguino” 

8.2 Storia dell’alca gigante 

8.3 Lo sterminio di una razza dopo tre secoli di caccia senza pietà 

8.4 In Islanda gli ultimi esemplari di alche giganti verranno abbattuti nel 1844 

9. LA CITTA’ DI HAFNARFJÖRÐUR E LO SJÓMINJASAFN ÍSLANDS, IL MUSEO MARITTIMO ISLANDESE 

9.1 Viaggiando oggi sulle strade islandesi 

9.2 Nell’Islanda sud-occidentale: il Museo Marittimo Islandese 

9.3 La città di Hafnarfjörður 

9.4 Il porto di Hafnarfjörður 

9.5 Il Museo Marittimo 

10. SECOLI DI "GUERRA DEL MERLUZZO" TRA INGLESI E ISLANDESI NELL'ATLANTICO DEL NORD 

10.1 Una singolare guerra nordica

10.2 I precedenti storici 

10.3 La pesca oggi e il Sjómannadagurinn 

11. LO SNÆFELLSNESJÖKULL, PUNTO DI PARTENZA DELLE IMPRESE VICHINGHE IN TERRA AMERICANA 

11.1 Il vulcano islandese celebrato dalla narrazione del grande Jules Verne

11.2 Alla ricerca di una vecchia stazione baleniera 

11.3 Una doverosa sosta nel sito di Eiríksstaðir, dove scavi archeologici hanno riportato alla luce la fattoria di Eirík il Rosso 

11.4 Alle falde settentrionali del vulcano la base di partenza delle navi vichinghe verso la “Terra Verde” 

11.5 Lo Snæfellsnesjökull 

11.6 Viaggiando sul lato meridionale del vulcano 

12. I VULCANI HELGAFELL E ELDFELL A HEIMAEY, ARCIPELAGO DELLE ISOLE VESTMANNAYJAER: CRONACA DI UNA DRAMMATICA ERUZIONE ISLANDESE "A LIETO FINE" 

12.1 L’ultima comunità marittima interessata dal mio Programma nord-atlantico 

12.2 Un’improvvisa eruzione vulcanica in grado di annichilire l’isola e i suoi abitanti 

12.3 Le Vestmannaeyjar e l’isola di Heimaey: cenni geo-storici-economici 

13. LA GRANDE FESTA POPOLARE DI ÞHJÓÐHÁTÍÐ, HEIMAEY 

13.1 Storia di una straordinaria festa isolana, che ha una sua vita autonoma e “parallela” accanto a quella nazionale del 1874. I prodromi di fine XIX secolo. 

13.2 Þhjóðhátíð, la “Festa della Gente” oggi nell’isola di Heimaey 

13.3 Nell’Herjólfsdalur 

14. SURTSEY, L'ISOLA VENUTA DAL MARE 

14.1 L’arcipelago islandese meridionale delle Vestmannaeyjar dal 1963 conta un’isola in più: Surtsey 

14.2 “L’isola che c’è”: l’isolotto di Surtsey oggi, uno straordinario laboratorio all’aperto geologico e naturalistico 

14.3 “L’isola che non c’è”: iI precedente mediterraneo del XIX secolo (poi scomparso) e ciò che in un futuro, più o meno remoto, potrebbe accadere sempre nei nostri mari con il Marsili... 

15. NEL “TRIANGOLO D’ORO” ISLANDESE

15.1 Introduzione 

15.2 Nel “triangolo d’oro” islandese 

15.3 “Gli islandesi non hanno re, hanno solo la legge” (1075)

15.4 I geysers... di Geysir, la cascata di Gullfoss 

16. SKÁLHOLT, PRIMA SEDE EPISCOPALE DELL’ISOLA 

16.1 La cattedrale di Skálholt 

16.2 Storia di un autorevole e potente vescovado “ai confini del mondo” 

16.3 La Riforma 

16.4 Lo straordinario ruolo esercitato nel campo culturale da Skálholt e Hólar 

16.5 “Il miracolo islandese”: il diffuso interesse degli isolani per la storia, le tradizioni, la letteratura orale e, poi, scritta, la conoscenza in genere 

16.6 La letteratura scritta 

17. L'HEKLA: LA "PORTA" MEDIEVALE DELL'INFERNO 

17.1 L’Hekla, un’introduzione storica 

17.2 Viene scalato l’«orribile» vulcano 

17.3 L'Hekla e la “Pompei” islandese: la fattoria vichinga di Stöng 

18. NELL'ISLANDA MERIDIONALE, LA TERRA DELLE SAGHE E I VULCANI EYJAFJÖLL E KATLA 

18.1 Percorrendo la Ring Road, che si allunga parallela tra l’oceano e i massicci dell’Eyjafjökull e del Mýrdalsjökull, sotto i quali si celano altri due vulcani

18.2 Il vulcano Katla e l’eruzione dell’Eyjafjöll del 2010 

18.3 Il viaggio prosegue lungo la costa, tra riserve naturali, stupefacenti scogliere, territori abitati da elfi e trolls 

18.4 Il grandioso e naturale palcoscenico, dove un millennio fa si andarono dipanando le vicende scrupolosamente raccontate nella Saga di Njáll

19. LA CATASTROFICA ERUZIONE DEL LAKI DEL 1783-84 RISCHIÒ DI FAR SGOMBRARE L'INTERA ISOLA 

19.1 I "Fuochi dello Skaftafell" e la “Grande Catastrofe” dell’Islanda di fine XVIII secolo 

19.2 Si studia di evacuare tutti gli abitanti dell’Islanda 

19.3 Nei secoli terremoti, eruzioni, carestie, perfino una “Piccola Era Glaciale” incisero profondamente sulla vita degli abitanti dell’isola 

19.4 Kirkiubæjarklaustur 

20. SOTTO IL VATNAJÖKULL SI NASCONDE LA POTENZA DISTRUTTIVA DI TRE VULCANI 

20.1 Preambolo 

20.2 Nella regione dell'Austur-Skaftafellssýsla

20.3 Skaftafell nei secoli XIV-XX 

20.4 La spedizione dell’Università di Nottingham degli anni 1950

20.5 I tre vulcani: il Bárðarbunga, il Grímsvötn, l'Öræfajökull 

20.6 Solcando le acque della splendida laguna dello Jökulsárlón 

21. VIAGGIO AL CENTRO DELL’ISLANDA 

SULLA RING ROAD, DALLA COSTA MERIDIONALE AL LAGO MYVATN 

21.1 La “visione” del Vatnajökull e la “quasi scalata” da brivido del Passo dell’Almannaskarð 

21.2 Si torna sulla costa 

21.3 Verso Egilsstaðir e il lago dell’omologo islandese di Nessie 

21.4 Il lago Mývatn 

22. SPEDIZIONE NELLA REMOTA REGIONE ISLANDESE DELL'ASKJA: DA SECOLARE RIFUGIO DEI FUORILEGGE A PALESTRA DEGLI ASTRONAUTI STATUNITENSI DELL'APOLLO

23. NELLA STORIA DELLE ESPLORAZIONI SCIENTIFICHE DUE MISTERI "GEOLOGICI" TRA EUROPA E AFRICA 

23.1 Preambolo 

23.2 Ecco i fatti in ordine cronologico riguardanti il primo mistero 

23.3 Eccoci ora al nostro secondo mistero 

24. UNA "DISCESA" NELL'INFERNO DANTESCO DEL VULCANO KRAFLA

IL LAGO MÝVATN. LA CASCATA DI GOÐAFOSS 

24.1 Passeggiando all’interno del Leirhnjúkur, uno dei crateri del Krafla 

24.2 Il vulcano Krafla 

24.3 Il lago Mývatn 

24.4 La cascata di Goðafoss 

25. ALLA SCOPERTA DELLA CITTA’ DI AKUREYRI, CARATTERIZZATA DA UN MICROCLIMA PARTICOLARMENTE MITE PER GLI STANDARD DELL'ISOLA 

25.1 In avvicinamento ad Akureyri 

25.2 Si entra in città 

25.3 Visitando la città

25.4 Cenni storici 

26. L’ISOLAMENTO GEO-STORICO DELL’ISLANDA 

26.1 L’isolamento geografico 

26.2 Le vicissitudini storico-politico-economiche. L’Islanda terra coloniale

26.3 Il “secolo inglese” (XV)

26.4 Il secolo “germanico” (XVI) 

26.5 Il monopolio danese (secoli XVII e XVIII) 

26.6 Epidemie, rigori climatici, terremoti, eruzioni vulcaniche 

26.7 La Grande Catastrofe e la Carestia della Nebbia. Si pensa allo sgombero totale degli isolani 

26.8 Inizia l’emigrazione verso sud e nord America 

26.9 Timidi interventi danesi a favore dell’Islanda 

27. VIAGGIATORI IN ISLANDA (XV-XVIII SECOLO) 

27.1 XV secolo 

27.2 XVI secolo

27.3 XVII secolo

27.4 XVIII secolo 

28. VIAGGIATORI IN ISLANDA DEL XIX SECOLO 

28.1 Prima Parte: 1800-1855 

28.2 Seconda Parte: 1856-Fine secolo 

29. ALL’INIZIO DEL XIX SECOLO GIUNGE UN VIAGGIATORE INVERO “SINGOLARE”: È HANS JONATAN, PRIMO UOMO DI COLORE IN ISLANDA 

29.1 Premessa 

29.2 Djúpivogur 

29.3 La vita 

29.4 In Islanda

29.5 Un moderno Íslendingabók, tra genetica, antropologia e storia 

30. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI 

31. MINI-GLOSSARIO GEOGRAFICO