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mercoledì 21 settembre 2022

63. VISITA INVERNALE A BERLINO. IL GRANDE ESPLORATORE E GEOGRAFO FRIEDRICH HEINRICH ALEXANDER VON HUMBOLDT

 

Immagine notturna della grande ruota allestita nella Piazza del Castello, "Isola dei Musei", all’interno di un mercatino di natale (© Franco Pelliccioni)
“Il recentissimo viaggio nella vecchia e “nuova” capitale tedesca, effettuato allo scopo di visitare alcuni musei, tra cui l’Etnografico (è stato il primo al mondo e fu fondato, nella seconda parte del XIX secolo, dal grande Adolf Bastian), mi ha avvicinato ad una realtà urbana che, lo confesso, avevo sempre cercato di evitare con cura. Perché città divisa e sofferta. Perché centro direzionale e volano di innumerevoli efferatezze, prima e durante la seconda guerra mondiale. Atrocità tragicamente “bilanciate” da durissime reazioni avversarie, capaci di devastarla, annichilirla, distruggerla. Causando infinite sofferenze umane (…)
Questa "prima parte" è reperibile su Research Gate:

https://www.researchgate.net/publication/347260399_Nell'evoluzione_architettonica_di_Berlino_l'occasione_per_riflettere_su_un_difficile_passato_Viaggio_nella_citta_tedesca_recente_protagonista_di_un_Rinascimento_Culturale

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Lasciate alle spalle le numerose testimonianze della Berlino prussiana, proseguo la visita lungo l’antica strada Unter den Linden, andando verso ovest. 

L’Università Humboldt in Unter den Linden. Si intravede la statua del suo fondatore: Wilhem von Humboldt, filologo classico e uomo politico, fratello del grande esploratore-geografo Alexander 
(© Franco Pelliccioni) 

La statua del grande esploratore-geografo Alexander von Humboldt (1767-1835), davanti all’omonima Università (© Franco Pelliccioni)

"Al lettore forse basterà solo dare un’occhiata ai numeri per ottenere un quadro più che realistico del colossale lavoro svolto dal ventottenne Humboldt che, accompagnato dal citoyen Bonpland, a dorso di mulo o in barca ha attraversato Brasile, Venezuela, Colombia, Amazzonia, Ecuador, Perù, Cuba e Messico: 64.000 chilometri percorsi, trenta cassoni di materiale, 1.500 misurazioni, pile di note (geologia, astronomia, vulcanologia, archeologia), 60.000 campioni di piante (6.000 nuove), ascensioni del Chimborazo e del Popocatepetl. 

Ha rintracciato diverse città incaiche, disegnando per la prima volta la carta della strada degli Inca.

Ha scoperto la corrente fredda del Pacifico, che da lui prenderà il nome! 

Il tutto verrà pubblicato lungo un arco di 17 anni in una trentina di libri, per oltre 150.000 pagine" 

[da: ALLA SCOPERTA DEL MONDO, VOL IV, AMERICA]
 

Dopo aver incrociato l’altrettanto storica Friedrichstrasse, l’aspetto degli edifici mi dice che questa è una parte più moderna. Una dopo l’altra incontro le sedi delle quattro Ambasciate alleate: l’immensa Botschaft, in perfetto stile stalinista, che prese il posto di quella zarista, poi l’americana e l’inglese. Infine nella Pariser Platz trovo, non poteva essere altrimenti, quella francese. Ormai sono vicinissimo ad uno dei simboli più prestigiosi della prussianità (e, dal 1871, della germanicità): la grande Porta neoclassica di Brandeburgo, con la sua stupenda Quadriga. E sì, perché qui sono nel Brandeburgo.

Fu grazie all’Orso - oggi emblema della capitale -, come fu soprannominato il Sassone Albrecht che, dopo aver sconfitto gli slavi invasori, divenne Margravio (Markgraf, conte) di Brandeburgo, che si deve il grandioso sviluppo di questa capitale europea. Ma la quadriga avrebbe fatto presto gola anche all’Armata napoleonica. Nel 1806, pochi anni dopo la sua costruzione (fine XVIII secolo), venne infatti smantellata e razziata, anche se sarà restituita qualche anno dopo.

Specialmente le aree considerate una sorta di “terra di nessuno”, a cavallo tra le “due” Berlino: immensi spazi liberi causati dai bombardamenti e, successivamente, dalle “ragioni di sicurezza” (cioè poliziesche), sono letteralmente costellate da lavori in corso. Posso così ammirare la Porta solo stando nelle sue immediate vicinanze, all’altezza dello storico Albergo Adlon, il più lussuoso di Berlino e dell’intera Germania. Risale al 1907, è stato demolito nel 1945, quindi accuratamente ricostruito nel 1997. Curioso di luoghi che fanno parte integrante della storia, anche se “minore”, alla fine del mio primo approccio berlinese, anche perché il freddo intenso mi ha pressoché congelato le mani, troppo impegnate nel fotografare, mi permetterò una pausa ristoratrice nella lobby, accanto alla “fontana nera”, che è tutto ciò che rimane del vecchio albergo.

D’altronde il mese scelto non è tra i migliori per passeggiare in città. Anche se ben servita da trasporti efficienti, che includono metropolitane di superficie e sotterranee (S e U Bahn): il primo treno urbano entrò in servizio nel lontano 1882. Ma, grazie al particolare periodo, sarò gratificato dalla presenza di numerosi, graziosi, multicolorati ed assai animati mercatini di Natale, che includono tante altre attrattive: chioschi per la vendita di alimentari e bevande, Luna Park, piste di schettinaggio, discese per i toboggan, ecc. Sempre con l’immancabile presenza dei giganteschi e tradizionali Krippe (presepi) girevoli in legno... Tra l’altro favoriti dalla presenza della prima neve di fine d’anno, che ha incorniciato ciò che mi circonda e celato le “bruttezze”. Come constatai anni fa nelle comunità eschimesi (Inuit) dell’Artico canadese. Là rifiuti. Qui scavi, fili, tubazioni, depositi, terra, ecc.

In seguito la “ricerca” si è dipanata intorno ai centri storici per antonomasia, entrambi localizzati nell’ex parte orientale della città: Alexanderplatz e Potsdamer Platz. I due immensi spiazzi vengono oggi gradualmente “occupati” da palazzi e avveniristici grattacieli, sedi di grandi magazzini e di importanti società multinazionali.

Nelle immediate vicinanze della Alexanderplatz, la Fernsehturm, la torre della televisione (tra le più alte d’Europa: 365 m), divenne subito uno dei simboli-vetrina dell’ex regime comunista. Dalla sua piattaforma si gode un’insuperabile panoramica della città, anche se l’inclemenza del tempo mi scoraggerà dall’andarci: a volte vedrò la punta riemergere inaspettatamente tra le nuvole... Più tardi mi accontenterò della visione offerta dalla terrazza della DaimlerChrysler (96 m), nella Potsdamer Platz.

Nei pressi della Alexanderplatz, visito gli stupendi affreschi della gotica Marienkirche (XIII secolo), sita ai bordi del “nulla” del Marx-Engels Forum. Solitaria si erge una statua del Nettuno (Neptunbrunnen), ispiratasi a quella del Bernini di Piazza Navona. Di fronte il Municipio (Rotes Rathaus) è “rosso”, ma non per la politica, bensì per l’aspetto. Mostra singolari bassorilievi in terracotta. Da qui mi inoltro all’interno di un “chiacchierato” tentativo tedesco-orientale di ricostruire, lungo la sponda del fiume e in pieno centro cittadino, un villaggio medievale: il Nikolaiviertel (1979-87), dominato dalla chiesa gotica di San Nicola. Due soli sono gli edifici restaurati, mentre tutti gli altri sono repliche di antiche case. Apprezzabile, comunque, il risultato finale… Forse volevano farsi perdonare le costruzioni di tanti grigi mega-palazzoni popolari, come quelli che si vedono al di là della Sprea, all’altezza del Märkisches Ufer e davanti alla punta meridionale dell’Isola dei Musei?

Al di là del fiume, dove sono ancorati numerosi vecchi barconi, l’area di Fischerinsel un tempo conservava i resti dell’antica Cölln (inizio XIII secolo). Più tardi, assieme alla Berlino propriamente detta (1307), darà vita alla futura città, unione ufficialmente sancita nel 1432. Nel 1960 quanto rimaneva fu abbattuto, per far posto ai prefabbricati!

Dopo una rapida “incursione” nel quartiere ebraico (Scheunenviertel), per vedere la nuova sinagoga (parzialmente distrutta nella famigerata Kristallnacht del 1938, poi bombardata, infine ricostruita nel 1995), che mostra elementi architettonici a cupola simili alle moschee, oltre all’attiguo Postfurhamt, l’antica scuderia dei cavalli del Servizio di Posta, mi porto fino a Checkpoint Charlie.

Cronologicamente è il terzo posto di controllo ad essere stato creato, dopo Alfa e Bravo. Ne rimango impressionato, anche se so che l’originale è nel Museo degli Alleati a Zehlendorf. Più volte l’avevo visto nei documentari o nelle non tanto fantasiose, e drammatiche, ricostruzioni di qualche film di spionaggio. Il vicino pannello ricordava agli occidentali, che stavano per lasciare il settore americano. Tra il 1961 e il 1990 fu l’unico punto di passaggio per gli stranieri. Nei pressi, un muro ricostruito ricorda l’orrore postbellico, mentre l’attiguo museo della Topographie des Terrors quello pre-bellico… Emotivamente è davvero “troppo” per me, in così poco tempo e spazio!

Con una U-Bahn raggiungo velocemente l’immensa Potsdamer Platz. Importante da sempre, specialmente negli esaltanti anni ‘1920, vi ferve una grandiosa attività di costruzione (e di ricostruzione). Incastonata alla base del grattacielo del Sony Center c’è la ben conservata Kaisersaal, dove usava recarsi Guglielmo II, l’ultimo Kaiser. Faceva parte del Grand Hotel, andato pressoché distrutto dalle bombe.

Una visita all’ex Berlino occidentale non può che focalizzarsi sul simbolo stesso dell’occidente, peraltro troppo “consumistico”: l’elegante arteria del Kurfürstendamm, il Ku’damm, dove grandi e piccoli palazzi residenziali coesistono con immensi magazzini (l’esclusivo KaDeWe, il Kaufhaus Des Westens: il grande magazzino dell’occidente), con centri commerciali come l’Europa Center, ma anche con lussuosi alberghi, raffinati negozi, celebri caffè, ottimi ristoranti. Una delle fasi più soft dell’antagonismo est-ovest fu infatti quello di rivaleggiare l’uno con l’altro in grandiosità. Dal punto di vista consumistico, nessuno poteva certo gareggiare con l’ovest… Ma proprio qui, a dispetto di ogni “tentazione”, passata e futura, trovo l’altro, ben più profondo, simbolo di Berlino. La sua parziale riedificazione mi parla di una religiosità intima e popolare, di un’indomita volontà di ricominciare e di ricostruire, di monito contro la guerra. Nel contempo costituisce un inno di pace proteso verso il cielo. È la Kaiser-Wilhem-Gedächtnis-Kirche, la chiesa votiva voluta da Guglielmo, di cui rimane poco più di un moncherino: la torre frontale. Si è preferito lasciarla così, costruendo di fronte una nuova chiesa ed allestendo alla base un Gedenkhalle (memoriale), che contiene il poco salvatosi dai bombardamenti: mosaici, croci, crocifissi.

La visita alla città si conclude andando in un “triangolo”, che unisce il passato al futuro: il grandioso Reichstag è nei pressi del Sowjetisches Ehrenmal, il Monumento ai 300.000 soldati russi morti nella battaglia di Berlino. Vi entrarono nell’aprile 1945. I due carri armati che si vedono furono tra i primi. A non molta distanza, nel Tiergarten, l’ex riserva di caccia, trasformata dall’architetto di giardini Lenné nel più vasto parco di Berlino (vi si trova anche il Diplomatenviertel, il quartiere delle Ambasciate, compresa quella italiana, con la sua magnifica palazzina), c’è la Großer Stern, la “Grande Stella”, una rotonda dalla quale si diramano cinque viali (le punte). Al centro la colonna della Siegessäule ricorda la vittoria prussiana sulla Danimarca. Di lato vedo il monumento al Cancelliere Bismark. Ma ormai sono anche vicino al bianco castello rococò di Bellevue, residenza ufficiale del Presidente della Repubblica...

Il monumento in bronzo al Cancelliere Bismark (1815-98) è posto su un lato della Großer Stern, la “Grande Stella”, la rotonda che si trova nell’immenso parco di Tiergarten 
(© Franco Pelliccioni)

Friedrich Heinrich Alexander von Humboldt figura nel capitolo  12 di: ALLA SCOPERTA DEL MONDO, VOL. IV, AMERICA, pp.113-120
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