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domenica 11 dicembre 2022

77. UN RACCONTO ESOTICO-ETNOLOGICO GIOVANILE: OTTAVA PUNTATA (DRAMMA DELLA GELOSIA! TRAGEDIA SFIORATA AL NORFOLK HOTEL)

Il Norfolk Hotel di Nairobi all'inizio degli anni '1980

A sedici anni (1962-63) ho scritto il mio unico romanzo. Purtroppo è rimasto incompiuto... Il protagonista è un etnologo italiano, poiché allora ero attratto dall'Etnologia. Oltre a raccontare anche dell'amore tra lui e un'affascinante, ma molto gelosa, donna, basandomi sulla letteratura di viaggio ed etno-antropologica in mio possesso (e sulle ricerche  effettuate nelle Biblioteche dell'Istituto Italo-Africano e del Museo Pigorini, al Collegio Romano), ho cercato di descrivere l'ambiente tropicale, la fauna, alcuni popoli.  Ho anche lasciato inalterato il testo. 

[precedenti 7 puntate: 23 settembre; 3, 8, 15, 23, 31. ottobre; 2 novembre, oltre all'integrazione del 22 novembre] 

MENTRE I CONIUGI INGLESI EFFETTUANO LA VISITA MATTUTINA DI NAIROBI…

AL NORFOLK HOTEL, DOPO IL CONTROLLO DEI BAGAGLI E LA TELEFONATA AL “CACCIATORE BIANCO”…

Suonarono alla porta. Giorgio lasciò il telefono e i suoi pensieri, per andare ad aprire. Quella mattina non aspettava nessuno. Disse tra sé, mentre a grandi falcate si avvicinava all’uscio. Sarà forse il dottor Johnson, che mi vuol ragguagliare sulla rissa di ieri notte. Boh?

Aprì la porta e la faccia si illuminò per i raggi del sole, ma anche per lo stupore. Sulla piccola veranda, intenta a fumare una sigaretta americana, c’era una ragazza di circa 21-22 anni. Non molto alta. Anzi, si potrebbe definirla piccolina, ma ben proporzionata. Un “gingillo” da salotto, una bamboletta. Con i capelli rossi, per la maggior parte nascosti da un foulard verde, che le lasciava sulla fronte due ampie ciocche di capelli. Aveva due grandissimi occhi verdi. Una bella bocca, un bel nasino e un mento non molto pronunciato con la caratteristica fossetta. Indubbiamente era assai carina.

La bamboletta indossava un paio di calzoni rossi, che non lasciavano molto spazio all’immaginazione, poiché risaltavano le armoniose curve del suo corpo. Oltre tutto portava una maglietta aperta sul collo.

- “Ciao Giorgio. È parecchio tempo che non ci si vede, non ti sembra? Non restare così imbambolato. Va bene che non… avresti mai pensato di rivedermi ancora, da quella volta, e, quindi, si può ritenere legittimo il tuo stupore” – proseguì la ragazza con fare sprezzante

- “Va bene che per te non conto ormai più nulla. Va bene che mi consideri molto stupida, ma io mi ricorderò sempre quel giorno!”

- “Senti”, rispose con voce ansimante e piuttosto affannata l’italiano, visibilmente provato dall’inaspettato incontro, che non gli andava certo a genio (sudava e non sapeva più come comportarsi, dove tenere le proprie mani, che andavano nervosamente dal collo alla camicia, all’orologio, alla tasca).

Senti, ormai è acqua passata. È trascorso più di un anno da quella volta e io… io…IO, mi sono pentito molto. Tu non ci crederai, ma mi sono pentito! Già ti porsi allora le mie scuse, e poi…

- “E poi te ne andasti la mattina presto, lasciandomi nei guai, col rischio che mi beccasse la polizia, che i miei genitori mi cacciassero di casa, senza un soldo. Tanto da costringermi a fare la sgualdrina. E' questo che volevi dire, no?! Non è questo? Avanti. Voglio vedere quali sono le tue sfrontatezze, che ancora una volta vuoi darmi a bere. Avanti… Parla!”

- “Senti Kathy, cerca di ascoltarmi, non fare così, che mi rendi più nervoso di quello che già sono “-, disse Giorgio con voce ancora più sommessa, “E’ acqua passata…”

- “Perché, tu credi che io non sia nervosa, che abbia trascorso tutti questi giorni (e sono tanti) come rose e fiori”, rispose, alzando sempre più la voce, quasi gridando.

Ora era paonazza in viso. Alla ragazza cadde in terra il fazzoletto, mentre la massa dei capelli, che sembravano ancora più rossi, si sciolsero sulle sue spalle.

I suoi occhi “acquamarina” si muovevano, fissando sia lui, sia la porta, che tutto intorno. Saettando da una parte all’altra.

Giorgio sudava sempre più. Il liquido gelato gli colava giù per la faccia, per il collo. La sua camicia color kaki era tutta bagnata.

- “Kathy, cerca di abbassare la voce, non fare così, vuoi rovinarmi? Vuoi che tutta Nairobi sappia?”

La ragazza adesso si era zittita, ma era solo la quiete, che precede la tempesta. Infatti, guardandolo fissamente negli occhi:

- “Me la pagherai… sporca carogna!”.

Velocemente mise la mano destra in tasca, estraendo una piccola pistola, che gli puntò contro. Era del tipo che una volta le signore  portavano elegantemente nella borsetta, quando andavano ai cocktail parties e che avrebbero anche usato per difendersi, all’epoca dei Mau Mau.

Il giardino del Fairmont The Norfolk Hotel, 2019
(CC, Some rights reserved, Pi3.124)
 


- “Entra dentro, Giorgio”, disse con voce calma. “Entra dentro il villino”.

- “Non fare la stupida, Kathy, non scherzare con la pistola. Metti via quell’arma. Vuoi che succeda qualcosa di brutto? Non stiamo in Sicilia! Smettila!”

- “Stai zitto ed entra”.

Facendo buon gioco a cattiva sorte, Giorgio accondiscese ed entrò, seguito dalla ragazza, che teneva sempre puntata la pistola alla schiena dell’italiano.

. “Va in camera da letto”.

- “Senti, basta ora! Sei diventata tutto ad un tratto pazza?”

- “Può darsi, ma non è tuo diritto giudicare. Avanti, cammina o ti devo fare il solletico con la canna? Guarda che sono molto nervosa e non si sa mai se ti uccido adesso, o dopo…”

Giorgio entrò nella camera, sempre voltando le spalle alla ragazza.

- “Accomodati come meglio puoi sul divano, che ora ti voglio rinfrescare la memoria, poiché la dovresti avere assai annebbiata”. -“Incomincerò dal principio, Vuoi? O è meglio iniziare da quello che viene dopo? Come preferisci? Per me è lo stesso…”

- “Senti Kathy, cerca di ragionare, posa quell’arma e vattene. Anch’io tra un po’ di giorni me ne andrò e…”

- “Chi s’è visto, s’è visto! Troppo comodo, mio caro. Ora hai davanti a te quella stupidella che violentasti. Non ha paura? Se premo il grilletto vai nel mondo dei più in poco tempo. 

Stai tranquillo, che mi ucciderò anche io. Non voglio rischiare l’impiccagione o, se le cose vanno bene, se trovo un azzeccagarbugli abbastanza bravo, me la posso cavare con una bella ventina di anni di carcere ed esco ormai vecchia. Un pezzo da museo e nient’altro. Tu mi hai rovinata. Hai fatto di me una cosa da poter usare ed adoperare al momento adatto, per poi buttarla via”.

- “Senti, Cerchiamo di ridimensionare il fatto. Tentiamo di riportare le cose alla loro giusta dimensione. È passato un anno, e quella notte mi ero talmente ubriacato da non capire più niente. Avevo la mente annebbiata e tu fosti così gentile da accompagnarmi all’albergo. Proprio qui, proprio in questa stanza”,

- “Gentilezza male ripagata!”

- “Quella notte, ti giuro, non capivo niente. Comprendevo solo che nella mia stanza c’era una ragazza e che era molto bella… È stata una ragazzata! O forse non proprio?”

- “E tu da maiale ne approfittasti, ma ora sono io ad avere il coltello dalla parte del manico, mio caro…

- “Non dire mio caro, per favore. La mattina dopo, quando mi resi conto di quello che avevo fatto, mi scusai moltissimo, ero davvero dispiaciutissimo, se non ricordo male…”

- “Fu molto bello da parte tua. Chiudi la stalla quando già sono usciti i buoi. Resta il fatto che mi hai disonorata e quindi devi morire!

. “Non fare la pazza”, urlò Giorgio

Kathy tolse in pochissimo tempo la sicura e premette il grilletto. Un colpo rintronò nella stanza semi buia, che si riempi subito di fumo.

Giorgio, che aveva avuto la prontezza di spirito di buttarsi da un lato, riuscendo ad evitare il colpo, che poteva essere mortale, in qualche modo cercò di distrarla.

- “Ancora non sei morto, hai più vite di un gatto, ma ora vedrai…”

Prima che potesse premere il grilletto per la seconda volta, Giorgio si buttò selvaggiamente su di lei e con una mossa repentina le fece cadere sul pavimento la pistola, che ormai sembrava inoffensiva.

Giorgio teneva molto stretto il braccio destro di Kathy, mentre con l’altra mano la teneva per il collo. Kathy cercò di divincolarsi per cercare di afferrare la pistola. Non ci riuscì. Così con la bocca si avventò  contro la mano, che le teneva il collo, mordendola con tutta la forza possibile.

 -“Ah, sei peggio di una cagna – Giorgio cercò di estrarre la mano dai suoi denti. Riuscendoci. Poi con una mossa di judo la scaraventò a terra. La mano sinistra sanguinava molto, sporcando la pelle di leone, che nella concitazione era stata gettata da una parte.

- “Speriamo che ne hai finalmente abbastanza”, fece lui.

Kathy ormai non opponeva più resistenza. Giorgio lasciò la presa. Cercò un fazzoletto e ripose la rivoltella in un cassetto. La ragazza, ora inerte sul pavimento, non dava più apparenti segni di vita, salvo che per il suo pianto sommesso. Piangeva a singhiozzi, istericamente.

-“Sei riuscito a farmela anche questa volta… Sei… Stato più… furbo… di me. Dovevi morire…”

- “Calmati, vuoi che ti faccio portare qualche cosa?  Adesso ti tranquillizzi. Vedrai che tra un po’ non avrai più niente”.

- “Non voglio niente, hai capito, non voglio niente”, e si rimise a piangere.

La sollevò dal pavimento con la mano destra e l’adagiò sul letto.

Andò nel bagno e si pulì accuratamente la ferita, che non solo era piuttosto profonda, ma era del tutto evidente che era stata provocata da una morsicatura, certamente non da parte di un cane...

Aprì l’armadietto dei medicinali, prese cerotti e spirito.

Dopo aver medicato al meglio la ferita, ritornò in camera. Kathy stava ancora piangendo, ma adesso più flebilmente, sommessamente. Guardò l’ora, era l’una e mezzo, l’ora concordata per il pranzo con i due inglesi.

Affinché nessuno si potesse preoccupare e decidesse di mandare qualcuno a chiamarlo, telefonò alla hall per avvertire che avrebbe tardato un po’. La verifica dei bagagli aveva richiesto più tempo del previsto.

Accese le luci. Il viso di lei era bagnato dalle lacrime. Non piangeva più. Gli occhi verdi, lucidi di Kathy lo stavano guardando. Si avvicinò e, preso un altro fazzoletto, si chinò per asciugarle il viso come meglio poteva .

- “E’ meglio che ti vai a lavare”, le disse.

L’aiutò ad alzarsi e mentre lei si lavava, andò a guardare che fine avesse fatto la pallottola. Nella parete, dalla parte del divano, si era formato un buco. La pallottola, perforante, non aveva avuto buon gioco su quel materiale duro. Si era inutilmente schiacciata, piombando sui cuscini. La raccolse. Cercò il bossolo. Era vicino al letto. Raccolse anche quello.

- Come me ne posso sbarazzare, pensò. Non nella spazzatura, che potrebbero essere scovate da qualche boy curioso . È meglio che le riponga nel mio bagaglio.  Me ne disferò domani.

Ah! Il colpo che era rintronato nella stanza? Speriamo che nessuno l’abbia sentito. Forse… Sì, bravo Johnson, che mi ha dato questo villino, che è il più appartato che ci sia al Norfolk. Del resto, se l’avessero udito, qualcuno sarebbe certo venuto a curiosare. Magari sarebbe stata addirittura avvertita la polizia, ed allora addio Turkana…

La porta del bagno si spalancò. Kathy venne verso di lui. Lo salutò con pochi monosillabi. non sembrava più che, fino a poco tempo prima, i suoi begli occhi verdi avessero pianto come le cascate del Niagara. Si era rimessa a posto il leggero trucco che portava e si avviò verso il soggiorno. Raccolse il suo foulard e si allontanò. Nel nulla! Così come era venuta…. 




 

martedì 26 luglio 2022

51. RICERCHE E AVVENTURE, REALI E VIRTUALI, TRA KENYA, STATI UNITI, MESSICO, INDONESIA, VESUVIO E IL LAGO DI BOLSENA (ALLA RICERCA DEL TESORO DEI LUCUMONI)

Dr. Carl Dutto bersama anak (tengah) dan dua cucunya (bahasa indonesia)  "Il Dr. Carl Dutto con sua figlia e i suoi due nipoti"

Questo post è stato più volte rimandato. Così ho deciso di pubblicarlo ora. Anche se, essendo in Maremma, non ho sotto mano alcuni indispensabili dati reperibili nella corrispondenza. 

LAVORI IN CORSO       WORK IN  PROGRESS

Il motivo principale della presenza di questo post è vedere se Carl, facendo ricerche sul Web, riesca a trovarlo e mi mandi una E-Mail. Oppure scriva qui un commento. 

Da molti anni ho perso le sue tracce. Nonostante lo abbia più volte cercato, non solo recandomi all'Ambasciata statunitense a Roma. L'ultima volta che mi aveva scritto si trovava in Nepal, sempre  con l'AID americana (U.S. Agency for International Development). 

Malgrado le mie numerose ricerche sul Web, non sono riuscito mai ad "individuarlo". Infine a febbraio l'ho trovato, grazie ad un articolo apparso su un giornale indonesiano (OKE NEWS e TV) e l'utilizzo del preziosissimo Traduttore di Google, che mi ha consentito di usare il bahasa indonesia, la lingua indonesiana. La foto risale al 13/9/2020 e  ritrae Carl Dutto assieme alla moglie, alla figlia indonesiana adottiva, e ai due nipoti, in occasione della Festa dei Nonni :"i cittadini degli Stati Uniti domenica  hanno celebrato il National Grandparents Day".

C'è poi un altrocertamente non secondario, motivo. Perchè l'italo americano di origine piemontese Carl Dutto è stato il mio "Virgilio", in occasione della prima ricerca in Africa (Kenya) del 1976. Cioè di quella che ha rappresentato la mia "iniziazione antropologica". Allora insegnava Antropologia nell'Università di Nairobi e faceva parte dell'Institute of African Studies. Istituto al quale, successivamente, sarei stato anch'io associato come ricercatore.

Dutto aveva già effettuato una ricerca nella città monoetnica (Bantu Kikuyu) di Nyeri, pubblicando un interessante libro di antropologia urbanaNyeri Townsmen, Kenya (East African Literature Bureau, 1975). Quindi era entusiasta per il fatto che la mia ricerca avrebbe interessato il centro multietnico di Isiolo (Kenya settentrionale), a nord del monte Kenya. Cittadina che rappresentava la porta d'accesso al nord desertico o semidesertico del paese. Perchè sarei stato il primo studioso italiano ad interessarsi alla multiculturalità in ambiente urbano! 

Ma c'è ancora dell'altro, che qui sintetizzo e cercherò in seguito di approfondire: 

- Prima sera in Africa-Kenya-Nairobi. Carl con la sua Volkswagen mi porta, come desideravo ardentemente, a bere una birra ghiacciata al Norfolk Hotel, uno storico albergo (per intenderci bungalows e frequentazione di White Hunters). Proprio qui avevo ambientato la prima parte kenyota del mio unico romanzo (manoscritto purtroppo non ultimato). L'avevo scritto a sedici anni. Il protagonista era un  etnologo italiano e membro dell'Istituto Italiano per l'Africa. Il mio interesse allora era infatti concentrato sull'Etnologia. L'Antropologia Culturale sarebbe arrivata in seguito... Il romanzo racconta anche dell'amore tra lui e un'affascinante, ma molto gelosa, donna. Ma le sue pagine descrivono soprattutto l'ambiente tropicale, la fauna, alcuni popoli. Il tutto grazie ai libri della mia biblioteca in formazione...

- Con lui discendo fino alla base della gigantesca Rift Valley, la  Valle Spaccata dell'Africa orientale;

- Le lettere di presentazione scritte ai suoi colleghi della Catholic University of America (Washington), dove aveva studiato, mi  consentiranno due anni dopo, nel 1978, di incontrare Washington Conrad Reining. Uno studioso che aveva effettuato ricerche sugli Zande del Sudan (nel 1979 avrei continuato le mie ricerche sul multiculturalismo urbano, andando a Malakal, nella regione del Nilo Superiore, nel Sud Sudan), e che fu prodigo di preziosi consigli e suggerimenti. Inoltre avrò la straordinaria possibilità di visitare il National Museum of Natural History della Smithsonian assieme al Curatore della sezione africana. Ricordo come ogni singolo diorama fosse stato accuratamente e dettagliatamente realizzato proprio con la supervisione dello studioso, che in quel gruppo umano aveva fatto ricerche antropologiche. Come, ad esempio, il diorama sui pigmei Bambuti del Congo, studiati dal Turnbull (The Forest People, 1961).

- Successivamente da Washington sarei andato a Mérida (Yucatan, Messico), per partecipare al mio primo Congresso Internazionale (Society for Applied Antjropology). Qui avrei incontrato un'altra importante collega di Carl, la Lucy Cohen, che sapeva del mio arrivo. Tra i vari argomenti trattati, mi accennò al fatto che, se fosse stata avvisata in tempo, avrebbe potuto organizzare un mio incontro a New York con la celebre Margaret Mead (la grande Antropologa sarebbe scomparsa proprio alla fine di quell'anno). Uno straordinario ed eccezionale onore per me, che al mio attivo potevo contare solo sulla mia ricerca ad Isiolo. Anche se dopo il Congresso, sarei andato tra gli indios Huave di Santa Maria del Mar, distretto di Tehuantepec, Oaxaca, per una ricerca di comunità.  

                      Carl A. Dutto nel 1979 assieme alla moglie

- Qualche anno dopo con Carl e sua moglie, arrivati dal Kenya e in procinto di partire per gli USA, prendo una pizza a Trastevere in un noto locale tradizionalmente conosciuto, per via dei suoi tavoli di marmo, come l'obitorio (sic). Mi onora della sua presenza il Maestro dell'Antropologia Culturale italiana Bernardo Bernardi.

- Carl va in Indonesia come antropologo dell'AID;

- E' richiamato negli Stati Uniti. La sua prossima destinazione sarà il Nepal;

- C'è la possibilità di effettuare ricerche in Indonesia e ricevere in ogni isola assistenza da parte dei responsabili locali dell'AID (anche utilizzo di elicotteri, imbarcazioni, guide, ecc...)

- Assieme agli amici speleologi Albergamo (Ines e Sergio) del Centro di Speleologia scientifica decidiamo di progettare una missione mista etnografica-speleologica, che ci avrebbe condotto fino a Djakarta, nell'isola di Giava, quindi a Bali e Sulawesi (Celebes). 

In effetti io non avrei dovuto effettuare ricerche etno-antropologiche, ma solo collezionare oggetti etnografici indonesiani per il Museo Pigorini di Roma (l'allora Direttrice del Museo era naturalmente molto interessata al progetto). Gli Albergamo avrebbero invece esplorato cavità e grotte presenti a Sulawesi. Purtroppo non riuscimmo ad ottenere sponsorizzazioni o contributi finanziari per la missione. E dire che gli Albergamo in quel periodo (anni '1980) erano conosciutissimi. Non solo per la loro nutrita attività speleologica e di divulgazione nelle scuole. Ines era stata la prima donna a "discendere" nel Vesuvio e la coppia era già apparsa diverse volte in televisione. 

- Infine, assieme a loro e all'amico antropologo Domenico - Mimmo - Volpini (dell'Università di Bologna, ma nato a Gradoli), per un paio di estati ci siamo immersi nella folta vegetazione delle forre, caratterizzate da alte felci, presenti nella zona di Gradoli (lago di Bolsena), alla ricerca del mitico tesoro dei Lucumoni. In base a leggende e storie locali tramandate nel tempo, studi di Mimmo, conformazione del terreno, rinvenimenti passati? Ovviamente senza successo...

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lunedì 24 gennaio 2022

10. SULLE TRACCE DEI GIGANTESCHI IDROVOLANTI DELLE IMPERIAL AIRWAYS, TRA LONDRA, CRETA, EGITTO, SUDAN E KENYA

 

Manifesto delle Imperial che consente di volare modernamente  a bordo di un idrovolante trimotore “Calcutta” (Short 8)

Locandina pubblicitaria degli aeromobili Armstrong Whitworth Atlanta che sorvolano l’Africa, ca. anni 1930'

GIGANTESCHE “BARCHE VOLANTI” COLLEGARONO LA MADRE PATRIA CON I PIU’ REMOTI ANGOLI DELL’IMPERO, DOVE IL “SOLE NON TRAMONTAVA MAI”

Nel corso dei miei “vagabondaggi” scientifici, tra Europa e Africa, più volte mi sono imbattuto, non sempre consapevolmente, nelle “tracce” di quella che ha rappresentato un’autentica epopea all’interno della cosiddetta “Età dell’oro” (per progressi tecnologici e operativi) dell’aviazione mondiale (1918-1939).

Tra le due guerre mondiali le Linee Aeree Imperiali per quasi un trentennio furono in grado di assicurare i collegamenti con i più sperduti angoli dell’Impero britannico, tra Africa, Asia e Oceania.

Mappa con le rotte verso Asia ed Australia (Brisbane) e quella africana fino a Città del Capo delle Imperial Airways del 1935. Non è presente la rotta transafricana da Khartoum alla Nigeria, attivata nel 1936  


Dapprima con
i grandi quadrimotori (landplanes), che a sezioni ne percorrevano la rotta, ma necessitavano delle usuali piste aeroportuali. Perciò di costosi impianti e strutture fisse a terra. Spesso del tutto inesistenti o di improbabile realizzazione, in luoghi remoti e perciò difficilmente raggiungibili.


Pubblicità dei nuovi idrovolanti Empire (Short 23). Apertura alare 34,75 m, lunghezza 26,82 m, peso 10.886 kg, velocità di crociera 266 km/h

La cabina per fumatori dell’Empire  “Canopus”, 1936

In seguito per una questione di sicurezza: la tranquillizzante presenza dell’acqua, ma anche per non cambiare aeromobili ed equipaggi, i landplanes saranno rimpiazzati da giganteschi idrovolanti, perfino a due piani, come gli Empire. “Macchine” (come ancora oggi sono definite dalla “gente dell’aria”) in grado di ammarare indifferentemente sulle acque di baie, laghi e fiumi. Perciò verranno creati appositi “aeroporti marittimi”, nei più importanti dei quali saranno presenti ufficiali britannici, mentre le società petrolifere riforniranno gli idrovolanti con i bidoni di carburante trasportati da lance a motore.

Un idrovolante Short S.17 Kent sorvola le piramidi di Giza, anni 30’

In avvicinamento a Luxor

Probabilmente per il loro straordinario ed esotico appeal saranno comunque le tratte africane a costituire la “rotta principe”. Quella che ben presto diventerà il classico itinerario della Compagnia, per molti rappresenterà un’autentica, straordinaria avventura. Poiché i viaggiatori avranno l’eccezionale opportunità di ammirare, a volte anche di visitare, alcuni tra i più grandiosi monumenti che oggi troviamo puntualmente elencati nel Patrimonio dell’Umanità. Come le civiltà classiche di Roma e Atene. O l’antico Egitto, dalle piramidi ai templi sul Nilo. E non solo. Perché si sorvolerà il “Padre dei fiumi”, il Nilo, fino alle sorgenti (Lago Victoria). Osservando cascate, deserti, giungle, e montagne. Per poi sorvolare gli altopiani dell’Africa orientale e, infine, per spingersi ancora più giù. Fino alla punta estrema del continente africano. Il tutto puntualmente commentato dal Primo ufficiale di bordo.


La copertina di un timetable delle Imperial

Un passeggero con il tradizionale casco coloniale scende dall’aeromobile nell’aeroporto di Malakal (oggi Sud Sudan), accolto da alcuni guerrieri nilotici Shilluk,,1936

Risalendo il Nilo Bianco in piroga, NELLE STESSE ACQUE CHE AVEVANO VISTO I GRANDI IDROVOLANTI DELL’IMPERIAL AIRWAYS AMMARARE, NEL CORSO DELLA LORO ROTTA AFRICANA

Si risale il Nilo Bianco a sud di Malakal, Sud Sudan (Simbolo di copyright Franco Pelliccioni)

Alla ricerca di testimonianze storiche della zona, assieme ai miei due assistenti di ricerca africani pagaiavo sulle acque limacciose e cosparse di vegetazione del Nilo Bianco. Cercando di evitare alla piroga le numerose e lussureggianti isole galleggianti di giacinti d'acqua, stracolme di papiri, ambatch, uccelli e serpenti più o meno velenosi. Bellissime da vedersi, rappresentavano però un grave pericolo per la navigazione fluviale, e non solo quella... Sapevo, infatti, che quest’area, 850 km a sud di Khartoum, dove sorge la cittadina di Malakal, un tempo era stata la tappa obbligata per i giganteschi idrovolanti britannici provenienti da Londra o da Città del Capo, che ammaravano sul Nilo. Evitando di collidere con la vegetazione e con semisommersi ippopotami e coccodrilli… Idrovolanti che per decenni hanno assicurato i collegamenti con le colonie e i dominions del Regno Unito. Flying Boats che, tra l’altro, avevano sostituito i landplanes, che in precedenza usavano atterrare sulla pista dell’aeroporto di Malakal. E dire che all’inizio degli anni ‘1980, durante la mia seconda sessione di ricerca antropologica nel Sud Sudan, troverò alloggio - l’unico esistente nella cittadina - proprio nella sua vecchia rest house! 

Un idrovolante trimotore Short S.8 “Calcutta” ancorato ad una boa nelle acque antistanti la città sudanese meridionale di Malakal (oggi Sud Sudan), ca. anni 1930

L’IMPERIAL AIRWAYS, TRA EUROPA E AFRICA



Si sorvola la Rift Valley del Kenya in direzione di Nairobi, dopo aver lasciato il lago Naivasha, che si scorge sullo sfondo, 1936

Sia pure inconsapevolmente, più volte nella mia vita mi sono trovato a visitare luoghi che avevano fatto parte integrante della storica rotta Imperiale africana. Ancor prima di arrivare nella Provincia sudanese del Nilo Superiore. Ad esempio nel 1976, quando dal bordo della Rift Valley (Kenya) osservai da lontano lo stupendo lago Naivasha. Quattro anni dopo vi sarei tornato per sorbire un tè nello storico Lake Naivasha Hotel. Un tempo si chiamava Sparks’ Hotel ed era la “stazione di posta” degli idrovolanti dell’Imperial (più tardi della Boac), che vi ammaravano a partire dal 1937, per far scendere i passeggeri diretti a Nairobi. D’altronde non era quello l’aeroporto della città? Qui stazionava l’ufficiale all’immigrazione e si trovava il boarding desk per i nuovi passeggeri.  Nel 1949 i viaggiatori dell’idrovolante Solent “City of London”, che il giorno dopo avrebbero proseguito per Mombasa, trascorreranno la notte nello storico New Stanley Hotel di Nairobi, che ben conosco, come lo stesso Old Harbour di Mombasa, dove il Solent era diretto. Ecco le altre tappe della rotta transafricana nelle quali, nel tempo, mi sono imbattuto: Khartoum (Sudan), Cairo, Luxor ed Assuan (Basso, Medio e Alto Egitto), Baia di Soúda e lo stupendo Golfo di Mirabello, nell’est della grande isola di Creta.

 


Infine, dopo aver scoperto che il Terminal delle Imperial è tuttora presente nello skyline di Londra, nel corso di uno dei miei ultimi viaggi nella capitale britannica sono andato espressamente a cercarlo in Buckingham Palace Road. Mai avrei immaginato che l’edificio fosse così centralmente posizionato, tra la stazione ferroviaria Victoria e quella degli autobus. Sito scelto proprio per la presenza di un collegamento ferroviario diretto con Southampton (la base degli idrovolanti), raggiungibile in 90 minuti, a bordo di convogli di prima classe. Il giorno dopo i passeggeri dell’Imperial sarebbero saliti su idrovolanti diretti verso le più varie e lontane destinazioni: Africa, India, Estremo Oriente, Australia.

Inaugurato nel giugno del 1939, all’epoca venne definito come il più splendido Air Terminal al mondo.  In effetti è un capolavoro di art déco, con torre dell’orologio centrale, due ali più basse e curve e la scultura “Ali sopra il Mondo” (Wings Over The World) sopra l’entrata. Anni dopo diventerà il Terminal, prima della BOAC, poi della British Airways. Dal 1986 è sede del National Audit Office (la Corte dei Conti britannica).

Science Museum, Londra 
(Simbolo di copyright Franco Pelliccioni)


Poi avrei visitato lo Science Museum in South Kensington. Qui potrò osservare un modello in scala 1:24 del Canopus, lo Short S.23 Empire. I passeggeri occupavano il ponte inferiore, dove c’erano 24 sedili o 16 cuccette, ma anche un fumoir e un corridoio-passeggiata. Equipaggio, posta e bagaglio si trovavano, invece, sul ponte superiore.  


Ricordo i miei libri (E-Book e cartacei, a colori e in bianco e nero) riguardanti l’isola di Creta e l’Egitto: 

ALLA SCOPERTA DI MEGALI NÍSI, L’ISOLA DI CRETA: STORIA, ARCHEOLOGIA, NATURA,  CULTURA


VIAGGI IN EGITTO 1980-2009. 

Crociera aerea e fluviale sul Nilo; ai confini con il Sudan, alla ricerca di Berenice Trogloditica e della “carovaniera degli 11 giorni”; nel Sinai. 

Libro che ho dedicato alla compianta amica e collega CECILIA GATTO TROCCHI, scomparsa tragicamente nel 2005, che nel dicembre del 1980 era con me nel Misr (Egitto), entrambi en route per il Sudan.   
Ediz. cartacea a colori: https://www.amazon.it/dp/B088N3WVYN