Translate

Visualizzazione post con etichetta Kvens. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Kvens. Mostra tutti i post

sabato 29 giugno 2024

158. ADATTAMENTI CULTURALI (TECNOLOGICI, ECONOMICI, DEMOGRAFICI) E FISIOLOGICI ALL’ARTICO: UNA PREMESSA AI POPOLI CIRCUMPOLARI. Da: QUI BASE ARTICA DIRIGIBILE ITALIA, SVALBARD. DALLA TERRA DEGLI ORSI POLARI UNA RASSEGNA E UN INVENTARIO CULTURALE DEI POPOLI DEL GRANDE NORD

 

“Unangan [Aleuta] su un “quajaq”  [in realtà è una baidarka, simile ai kayak degli Inuit] al largo dell’Isola di Saint Paul”, Alaska (Louis Choris, artista ucraino, membro della nave russa, che nel 1815-18 effettuò un’esplorazione del Nord America)

I popoli che vivono nell'Artico, a parte le singole differenziazioni, i particolari ritmi di vita e gli "unici" percorsi esistenziali, presentano di sfondo una sorprendente omogeneità. In toto possiamo, quindi, parlare di un ben definito cluster culturale, quello dei popoli artici, appunto.

Il particolare ambiente, le sue specifiche caratteristiche di rigidità geo-climatica, fanno sì che essi abbiano adattato le proprie società e culture all'ambiente, trovando soluzioni tecnologiche, modi di sussistenza, economie, dimore e costumi tra loro paragonabili.

[La cultura circumpolare]

Tanto che il Sami [Lappone] Hætta parla di "cultura circumpolare". Sembra che questa appaia come una sorta di "determinismo ambientale", pressoché la sola a sfuggire ad un’antropogeografia fin de siècle e superata da fatti e verifiche sul campo.

La base di queste culture, ripeto, ha adottato, non solo sistemi ergologici e di sopravvivenza (basati su caccia, pesca, e in Eurasia, allevamento delle renne), ma anche meccanismi di controllo, che tendono a proteggere e a conservare l'unità e la coesione del gruppo, sia a livello famigliare, che collettivo.

Quindi coesione sociale e cooperazione economica, con distribuzione del cibo e del lavoro in misura egualitaria tra tutti.

[Controllo demografico]

E presenza coeva di tratti ed elementi culturali, che ad un osservatore esterno, quale può essere un occidentale, possono risultare particolari, "strani", o terribili, come tra gli Inuit (Eschimesi).

Quando, specialmente nel passato, ma ancora oggi, avveniva lo scambio o l'imprestito d'amicizia delle mogli (si è sempre teso a favorire la maggiore fertilità possibile, anche uscendo dal proprio modesto gruppo endogeno).

Gli eschimesi infatti accettavano che ogni uomo che viaggiasse solo venisse, non solo bene accolto nell'accampamento, ma che potesse avere relazioni sessuali con una donna del gruppo.

 Oppure l'infanticidio delle femmine, l'abbandono di vecchi e di malati, per non minare la sopravvivenza presente e futura dell'intera banda.

[Popoli paleo o neo siberiani]

 C'è ancora da aggiungere come, a parte i Sami, i Lapponi, ci troviamo di fronte, dall'Eurasia all'America, anche ad un'omogeneità razziale: popoli paleo o neo siberiani.

Ecco quindi che le famiglie linguistiche dei popoli boreali e circumartici, che abitano le immense distese a tundra o a taiga del Grande Nord, possono raggrupparsi in tre grandi entità: a) paleoasiatiche (Paleosiberiane: Ciukci, Coriachi, Iucaghiri); b) uralo-altaiche (Sami -Lapponi -, Samoiedi, Jacuti, Tungusi, e altri gruppi neo-siberiani); c) eschimesi (Inuit) e Aleute.

[I Vichinghi e il cambiamento climatico nell’Artico]

Le rigide condizioni climatiche dell'area circumpolare hanno inoltre impedito ai popoli bianchi e alla loro cultura massificante di penetrare a fondo nell'Artide. Ancora oggi! L'unico esempio storico che mi viene subito in mente è relativo ai due insediamenti Vichinghi nella Groenlandia meridionale, che non sarebbero sopravvissuti al brusco deteriorarsi del clima.

Anche perché si trovarono in improvvisa e violenta collisione con gli Inuit, che si erano portati giocoforza verso sud e, perciò, nello stesso territorio abitato dagli europei, con le drammatiche conseguenze che si possono immaginare!

[La Piccola Era Glaciale e l’Islanda]

Ricordo, ancora, come la popolazione della stessa Islanda durante la Piccola Era Glaciale (tra il 1400 e il 1850) si dimezzò.  

[Adattamenti fisiologici]

D'altra parte studi bio-antropologici ci rivelano che, come è avvenuto nel tempo per altri gruppi umani (per esempio tra alcuni popoli andini), si siano verificati adattamenti fisiologici dei popoli del ceppo mongoli alle condizioni artiche.

Accumulando depositi di grasso in quelle "parti del corpo che sono abitualmente esposte al freddo, come le guance, le palpebre, le mani e i piedi.

Tra i Lapponi, che sono di statura più bassa e più snelli, “le vene delle braccia e delle gambe scorrono vicinissime le une alle altre, in modo che il calore possa circolare rapidamente e facilmente dal sangue arterioso caldo al sangue venoso freddo".

[I Sami (Lapponi) e l’allevamento delle renne]

 Quest’ultimo popolo è quello che meglio ha resistito alla cultura occidentale. Unico, tra tutti i popoli artici, a modificare radicalmente, e da solo, nel XVI secolo, la base della propria cultura.

Passando da un'economia di caccia ad una incentrata sull'allevamento della renna.

 Lapponi (Sami), ca. 1900

Gli eschimesi [Inuit] costituiscono, invece, il popolo più conosciuto, anche dal grosso pubblico, mentre quelle meno studiate e note sono le etnie siberiane.

[L’aspetto demografico]

 Si impone a questo punto una breve panoramica etno-demografica dei popoli circumartici autoctoni.

Complessivamente la loro consistenza si aggira su oltre due milioni di individui.

Komi e Jacuti da soli assommano a oltre 1.000.000. Più piccoli sono gli altri popoli. Tutti insieme non arrivavano a toccare nel 1993 le 100.000 unità. Oggi sono invece circa 323.000. Ad essi vanno aggiunti 130.000 Inuit (Eschimesi) [Groenlandesi compresi], 87.000 Sami (Lapponi), 10-60.000 Kvens, 70.000 Careli.

 A queste cifre si dovrebbero ancora sommare anche quelle relative ai Popoli Indiani delle foreste settentrionali (ca. 390.000).

Se, infine, includiamo anche le popolazioni non autoctone, secondo l’AHDR (Arctic Human Development Report), la cifra per gli otto stati (Canada, Stati Uniti, Russia, Finlandia, Svezia, Norvegia, Islanda e Danimarca - Groenlandia) va raddoppiata, raggiungendo i 4.000.000 di individui.

[Il paragrafo 3.2 ("I popoli circumpolari") include 11 riferimenti bibliografici e 10 note]

Da: QUI BASE ARTICA DIRIGIBILE ITALIA, SVALBARD. DALLA TERRA DEGLI ORSI POLARI UNA RASSEGNA E UN INVENTARIO CULTURALE DEI POPOLI DEL GRANDE NORD

(E-Book, versione cartacea a colori e bianco e nero, I e II ediz., 243 pp., 204 note, 232 immagini, di cui 106 a colori (82 sono dell'A.) 

E-Book:
 https://www.amazon.it/dp/B01H35AOGE

Versione cartacea a colori, I ediz.
https://www.amazon.it/dp/1520604041

Versione in bianco e nero I ediz.
https://www.amazon.it/dp/152075048X

Versione cartacea a colori II ediz. https://www.amazon.it/dp/1790164621

Bianco e nero https://www.amazon.it/dp/1790246121

….

TUTTI I DATI (ECONOMICI, STATISTICI, DEMOGRAFICI, ETNOGRAFICI, ECC.) CONTENUTI NEI MIEI LIBRI SONO STATI ACCURATAMENTE VERIFICATI, INTEGRATI E AGGIORNATI AL MOMENTO DELLA LORO PUBBLICAZIONE.

 

venerdì 30 settembre 2022

66. LA “PORTA DELL’ARTICO”: TROMSØ, NORD NORGE

 

Foto panoramica di Tromsø e dell'isola di Tromsøya, scattata dalla collina di Storsteinen (420 m). Riconoscibile è l’ingresso del porto, a sinistra del ponte, che la collega alla terraferma. Sullo sfondo l’isola di Kvaloya.
Mentre il molo di sinistra è parzialmente fuori quadro, è riconoscibile quello di destra, il Nordjeteen. Sulla destra della foto, in basso, la stupenda Tromsdalen Kirke, la cosiddetta Ishavskatedralen, la "Cattedrale dell’Artico" 
(© Franco Pelliccioni)  

La città di Tromsø, considerata la “Porta dell’Artico”, venne fondata nel 1794, ben al di là del Circolo Polare Artico (350 km), nella regione del Troms, di cui diventerà il capoluogo.

L'ULTIMA TAPPA NORVEGESE, PRIMA DEL VOLO ALLE SVALBARD 

La città ha rappresentato per me una tappa intermedia nell'avvicinamento alla meta finale, le isole Svalbard, oltre le fredde e desolate acque del mare di Barents, a 1.300 km di distanza dal Polo. Dove nel 1994, anche in quelle terre "ai confini del mondo", ho portato avanti il discorso sull'etnicità e sull'integrazione panetnica che, primo tra i ricercatori italiani, avevo iniziato nell'ormai lontano 1976 (Isiolo, Kenya settentrionale). Tra l’altro la mia è stata anche la prima indagine socio-antropologica ad essere effettuata nell'arcipelago artico, e la prima svolta tra le comunità di minatori norvegesi e russi (ma anche ucraini... La mia competente interprete, l'ing. mineraria Helena Chuprina, messami gentilmente a disposizione dal Rappresentante in Norvegia della Compagnia Mineraria russa Trust Arktikugolera ucraina!) che, esempio unico al mondo, avevano coesistito pacificamente in quelle lande per decenni. Perciò anche durante la "guerra fredda"!

[Il "pezzo" è stato elaborato nel 2014. Quindi riferimenti e dati, salvo poche eccezioni, si riferiscono a quell’anno. Poiché non tengono conto dei successivi e gravi avvenimenti geopolitici: l’annessione della Crimea alla Russia, la guerra contro i secessionisti del Donbass, le sanzioni occidentali, l’invasione russa dell’Ucraina…]

LA CITTA', L'ISTITUTO POLARE NORVEGESE, L'UNIVERSITA', I MUSEI

La città di Tromsø, la maggiore di tutta la Norvegia settentrionale (77.000 abitanti nel 2019), è un piccolo gioiello dell’architettura nordica, con la sua passeggiata sulla via principale, la Storgata, il monumento ad Amundsen, i moli del trafficato porto, istituti superiori, musei d'arte, stazione meteorologica, stazione radio, l’Osservatorio delle Luci settentrionali, cioè le Aurore Boreali (dal 1927), varie industrie.

L'Aurora Boreale fotografata a Tromsø, 2011
(CC Some rights reserved, Frank Olsen)

Nel 1998 qui veniva trasferito da Oslo anche il celebre Istituto Polare Norvegese.

Nel Museo Polare (Polarmuseet i Tromsø), fondato nel 1976, incontrerò Torbjorn Trulssen, il Direttore (Museumsbestyrer). 

Situato in un magazzino del 1837, il Museo raccoglie i reperti delle decine e decine di spedizioni artiche, esplorative o per la caccia alle foche ed agli animali da pelliccia. Mentre nel Museo "all'aperto" della città, a Skansen, troviamo l'edificio più antico della città (del 1789). Perché qui sono stati ricostruiti numerosi edifici storici della città. 

Il Museo della città di Tromsø (del 1872), unitamente alla Biblioteca, rappresenta un Dipartimento decentrato dell'Università fondata nel 1972 che, fino all’inaugurazione dell’Università delle Svalbard, è stata la più settentrionale al mondo

[Dopo la fusione con diversi centri di istruzione superiore della Norvegia settentrionale, nel 2013 è diventata Università di Tromsø-Università Artica della Norvegia (Universitetet i Tromsø (UiT)-Norges arktiske universitet. Fusioni proseguite negli anni successivi, tanto che oggi l’Università dispone di ben sei campus].

Le splendide collezioni museali offrono un’ampia panoramica del folklore degli abitanti del Nord Norge. Autentico blend di popoli: lapponi (Sami), norvegesi meridionali (commercianti, coloni, pubblici ufficiali) e finlandesi (Kvens, che tra l’inizio del XVII secolo e il 1860 si stabilirono in queste regioni). 

Tre etnie che vanno ad incontrarsi proprio in quest’area, come giustamente rilevò il poeta e scrittore Carl Schøyen (1877-1951) nel libro del 1918: Tre stammers møte ("Incontro di tre popoli").

GLI ANTICHI RAPPORTI COMMERCIALI CON I RUSSI

Genti che, per di più, hanno commerciato per secoli (dal XIII secolo alla rivoluzione del 1917) con i mercanti Pomori, grandi navigatori provenienti dalla Russia settentrionale. Scambiando legno, farina, cordami con pesce, carne e pelli. Una presenza slava che, nel tempo, avrebbe innescato innumerevoli relazioni amicali tra i due popoli, ma anche influenzato i dettagli architettonici (guglie, torri) di numerose abitazioni.

Nella parte centrale del XX secolo la società norvegese Pomor Nordic Trade riallacciò i rapporti commerciali con i russi. 

Il ristorante Pomor nella Storgata 
(© Franco Pelliccioni)
 

Dagli anni ‘1990 la presenza slava si è intensificata in misura esponenziale: 489 navi nel 1997 (solo nella giornata del 3 marzo 2003 in porto c’erano ben 22 navi russe). Oggi [2014] i loro pescherecci scaricano il pesce, attendono per le “quote”, fanno rifornimento, riparano le imbarcazioni. È una presenza che non passa invero inosservata. Poiché annualmente sbarcano mediamente 15.000 marinai russi!

Nei pochi spazi giornalieri, che ero riuscito certosinamente a ritagliarmi, per dare un'occhiata in giro, visti i numerosi impegni già previsti da Roma, tra visite e incontri (Ingeborg Harsten, Chief Administrator Social Studies Institute, dell’Università di Tromsø; Reidar Bertelsen, Archeologo e Preside della Facoltà; Trond Thuen, Direttore dell’Institute of Social Science, Department of Social Anthropology and Sami Studies; l’archeologo Per Kirre Reymevt. Oltre che con Tor Sveum, direttore delle Pubbliche Relazioni), in una delle piazze principali della città avevo ammirato lo stupendo Duomo Luterano in legno del 1861- Tromssan Tuomiokirkko - e più tardi, dalle banchine del porto, sarei stato attratto dalla vista della Cattedrale Artica (la Tromsdalenin Kirkko, del 1965), che troneggia imponente dall'altra parte del ponte, che collega il continente all'omonima isola di Tromsø (Tromsøya), dove è sita la città.

La parte finale del ponte che collega l’isola di Tromsø alla terraferma e la “Cattedrale dell’Artico” 
(© Franco Pelliccioni)
  

La Cattedrale cattolica sede del vescovado, anch'esso ovviamente il più settentrionale del globo, si trova nei pressi del Centro Culturale e della Stortoget, la piazza centrale del mercato. 

Grazie all'ausilio di un'interprete, messami gentilmente a disposizione da Miss Hilde Johnsen, Produktsjef del Troms Arrangement, sulla sommità della collina di Storsteinen (raggiunta con la funivia), di fronte all'isola di Tromsøavrei intervistato Inga Sara Eira. Lappone (Sami) del Finnmark e commerciante in oggetti artigianali, oggi si direbbe “etnici”. Dopo aver accettato di prendere, assieme alla mia interprete, un caffè, che ci preparerà all'interno di una delle sue due tende (lavvu).  

L'interprete norvegese mi fotografa assieme ad Inga
(© Franco Pelliccioni)

Infatti la città è anche un centro privilegiato di questa etnia nordica. A partire dagli anni 1970. Quando cultura e lingua sono state rivitalizzate, tanto da essere insegnate in alcune scuole. Così che oggi il toponimo norvegese “Tromsø” viene ufficialmente accompagnato dal Sami “Romssa”!

Nel 1257 venne fondata la prima chiesa missionaria "tra norvegesi e Sami". Man mano attorno ad essa si raccolsero case di pescatori e botteghe. 

In una lettera papale del 1308 si parla della "Chiesa di Maria a Troms vicina ai pagani": Ecclesia Sanctae Mariae de Trums juxta paganos. Successivamente vennero edificate sette cappelle. Ricordo come Papa Clemente V (1264-1314)  concesse un'indulgenza - da 100 giorni ad un anno - a tutti coloro che avrebbero visitato la Chiesa di Maria, dal 1639 diventata sede parrocchiale. Fino ad allora la chiesa sarebbe dipesa dalla città meridionale di Bergen, successivamente da Trondheim.

ALLA FINE DEL XVIII SECOLO RICEVE LO STATUS DI CITTA'

Nel 1794 re Cristiano VII di Danimarca, alla quale apparteneva la Norvegia, concesse a Tromsø lo status di città-mercato, dopo l’abolizione del monopolio del commercio del merluzzo di Bergen. Allora contava solo un’ottantina di abitanti.

Nel 1805 un grossista originario di Copenaghen iniziava ad esportare pesce essiccato. Spedendo una prima partita in Italia, a Messina. 

Intorno al 1820 in un’area gigantesca, che andava dal Canada, alle Svalbard, alla Nuova Zemlja, ebbero inizio le spedizioni di caccia alle volpi, agli orsi polari, ai trichechi, alle foche. Trent’anni dopo (1850) il traffico del porto, che dal 1827 aveva una sua commissione ad hoc, superava per mole quello dell’importante centro settentrionale di Hammerfest. Un commercio importante, che avrebbe interessato la russa Arcangelo, come la francese Bordeaux… Al 1848 risale invece il primo cantiere navale. Così, per merito della pesca, la città dalla metà del sec. XIX conoscerà un fortissimo sviluppo. 

IL KNOW-HOW ARTICO

Alla fine del secolo XIX Tromsø non solo è il principale centro commerciale nordico, ma le conoscenze artiche, intimamente condivise da molti dei suoi abitanti, non potranno che attrarre numerosi esploratori, che qui recluteranno i loro equipaggi.

Tromsø con il Tromstind, al di là dello stretto, ca. 1900 (Library of Congress, USA)

Attualmente è uno dei maggiori porti della Norvegia e il maggiore hub infrastrutturale della regione denominata “Barents-Euro-Artica”. Un porto favorito dalla presenza della Corrente del Golfo che, nonostante la latitudine, lo rende tutto l’anno privo di ghiacci. Accoglie navi da crociera e flottiglie di pescherecci. 

LA PESCA

"Mucchi di merluzzo che vengono essiccati vicino a Tromso".1907, foto Jules Richard (University of Washington)

Infatti, dopo petrolio e gas, la pesca è la seconda fonte di esportazione del paese. Un'industria preziosa che, accanto alla pesca tradizionale, comprende acquacoltura ed inscatolamento. Il settore impiega oggi circa il 5% della forza lavoro della Norvegia settentrionale. Malgrado negli ultimi dieci anni si sia dimezzato il numero delle navi da pesca e negli ultimi venti il personale impiegato…

La Norvegia è anche il secondo esportatore di pesce al mondo. Soprattutto grazie alle attività portate avanti da Tromsø, nel 2009 sono state prese 2,5 milioni di tonnellate, pari a 11,1 miliardi di corone norvegesi (NOK), senza contare le 958.000 tonnellate provenienti da acquacoltura e dai crostacei. Va ancora aggiunto come tecnologie innovative si aggiungano sinergicamente al rispetto per l’ambiente marino e ad un’acquacoltura sostenibile. Nel contesto del progetto MAREANO, ad esempio, dal 2006 si stanno realizzando dettagliate mappe del Mar di Barents: batimetria, fondo marino, biodiversità, habitat, chimica ambientale ed inquinamento.

Non a caso la centralità della città nel settore ittico è ulteriormente confermata dalla presenza del Norges Råfisklag (Associazione di Vendita dei Pescatori Norvegesi), dal Norwegian Seafood Export Council, oltre che da un’importante Scuola Marittima (fondata nel 1864). Dove si addestrano gli studenti ai quali si insegna l’arte della marineria, navigazione, trasporto, logistica e sicurezza. Anche impiegando la nave scuola MS “Kongsnes” che, solcando le acque della costa del Nord Norge, offre ai pescatori norme ed addestramento sulla sicurezza.

Inoltre, proprio per “non farsi mancare nulla”, nell’Università di Tromsø è presente il Collegio Norvegese di Scienza della Pesca (Norges fiskerihøgskole, NFH), dotato di una grande nave rompighiaccio, la “Jan Mayen”, oltre che del più modesto “Johan Ruud”. 

LA PARIGI DEL NORD

Il centro di Tromsø in questa foto panoramica, ca. 1901-1910 (Nasjonalbiblioteket,  Mo i Rana)

Tromsø nel XIX secolo fu anche conosciuta come la "Parigi del Nord". Ai forestieri risultava infatti ben più “civilizzata” rispetto a quanto potevano attendersi da una comunità così isolata, a quella latitudine! D’altronde, all’epoca, il mondo intero riteneva la capitale francese l’ombelico del mondo, e qualsiasi comparazione non poteva che aver luogo con essa… Grazie ai notevoli guadagni provenienti da pesca e caccia agli animali da pelliccia, le signore erano così in grado di importare direttamente da Parigi abiti, accessori e quant’altro. Snobbando i più "vicini" negozi di Oslo. Non a caso ancora oggi i moli del porto si chiamano jetéen.

La visita del re di Norvegia a Tromsø nel 1907
 

UN'ESCURSIONE NEL TROMS

Tromsø è stato anche il punto di partenza per un giro di un'intera, intensa, giornata nello splendido Troms settentrionale. Utilizzando ferries, ponti e ben mimetizzate gallerie sottomarine. Lungo la frastagliatissima linea costiera numerosi sono i porti pescherecci, gli stretti, i fiordi.

Come quello di Lyngen, dove molti Lapponi (Sami) "costieri" sono di confessione Lestadiana. Setta puritana fondata nel 1844 dal prete luterano svedese Laestadius. Dove sotto il sole brillano i vasti ghiacciai alpini (la cima più alta delle Alpi di Lyngen è lo Jekkevare, con i suoi 1.833 m) e non è inusuale compiere inaspettati incontri "stradali" con renne selvatiche (sull'isola di Ringvassoy), mentre assai vicino è il confine con la Finlandia...

...

La città di Tromsø e i popoli della Fennoscandia (Norvegia Settentrionale: Sami - Lapponi -, Kvens e Careli finlandesi) figurano nel mio libro Amazon: 

Qui Base Artica Dirigibile Italia, Svalbard. Dalla Terra degli Orsi Polari una Rassegna e un Inventario Culturale dei Popoli del Grande Nord

E-Book e versioni cartacee a colori e in bianco e nero
I ediz.

Versioni cartacee a colori e in bianco e nero, II ediz. 

PAGINA AUTORE ITALIA

PAGINA AUTORE USA



martedì 16 agosto 2022

56. VISITANDO IL NORSK FOLKEMUSEUM, IL “MUSEO ALL’APERTO” DEL FOLKLORE NORVEGESE (BYGDØY, OSLO), NEL CENTENARIO DELLA FONDAZIONE

Il tetto quasi a pagoda della stavkirke di Gol (Hallingdal), con le sue teste di drago vichinghe scolpite. Norsk Folkemuseum, Oslo (© Franco Pelliccioni)

Per il turista che non ha il tempo e i mezzi necessari per approfondire la conoscenza delle tradizioni architettoniche e folkloriche delle diverse regioni norvegesi, è d'obbligo visitare con estrema attenzione il Museo del Folklore Norvegese a Bygdøy. Sobborgo elegante di Oslo, che ospita anche la residenza reale estiva, il maniero di Kongsgård.

Il Norsk Folkemuseum ha 128 anni di vita. Fu fondato nel 1894 da Hans Aall, che ne divenne anche il suo primo direttore. Dal 1898 si trova nella sua attuale sede, nei pressi della collezione del re Oscar II (nata nel 1881), dal 1907 diventata parte integrante del Folkemuseum. Il primo edificio veniva ricostruito già nel 1899. Tre anni dopo il museo apriva al pubblico.

LA VISITA

Un'intera intensa giornata sarà un tempo appena sufficiente per l’antropologo. Curioso, com'è, di vedere le case, i complessi delle fattorie e le ricostruzioni a grandezza naturale di pezzi autentici e secolari, di storia ed architettura nordica, anche se molte di loro risalgono solo al XVIII-XIX secolo. Preziose testimonianze architettoniche e culturali, in questo modo salvate da un'irrimediabile e deprecabile perdita.

In questo piccolo, seppure molto ampio, microcosmo dello stupendo paese scandinavo, tutti sono stati ricostruiti, pezzo dopo pezzo. Così basta spostarsi solo di qualche metro, al di là di un albero o dietro un angolo di strada, che si cambia regione, vallata, fiordo. Ecco che un’autentica scuola (con i suoi banchi, la lavagna e quant'altro serviva, in un non lontano passato, per imparare a scrivere, leggere e a far di conto) lascia il passo ad una casa di abitazione, con i vari arredamenti per la cucina, la sala del camino, la camera da letto. Oppure ad un fienile. E che dire della stupenda stavkirke (chiesa in legno) di Gol, risalente al 1200? Adesso un forno è celato da un mulino ad acqua. Mentre gli intarsi delle finestre di un edificio a due piani si possono immediatamente paragonare a quelli dei tetti della casa accanto. Ed una nuova vallata prende il posto della precedente. Dove osservo, intagliati sulla cornice di una porta (dørkinni), una vecchia data di costruzione...

In quest’angolo di Oslo, nell'«isola della cultura» di Bygdøy, in realtà una penisola, che i visitatori amano raggiungere con i frequenti vaporetti direttamente dal Rådhusbbrygge, il molo portuale antistante il municipio, il Museo all'aperto espone un’interessante collezione di 140 edifici di varie epoche, dal Medio Evo ai giorni nostri, provenienti dalle diverse vallate e regioni della Norvegia.

Nel tradizionale complesso museale, ma anche nei suoi ampi spazi interni, il Museo ospita mostre permanenti (ambienti delle abitazioni, dal Rinascimento ad oggi; arte rurale; suppellettili; sculture lignee; costumi; arte sacra; utensili agricoli; strumenti musicali) ed esibizioni temporanee.

Nel 1994, anno del centenario, queste erano state particolarmente numerose. Poiché ospitavano settimanalmente mostre tematiche e regionali. All'epoca ho avuto la possibilità di ammirare due mostre straordinarie.

La prima sulla cultura dei Lapponi (Sami): costumi, tende, utensili per la caccia, la pesca e l’allevamento delle renne, oltre ad una tradizionale casa di zolle erbose ricostruita nel 1992 da Jonas Danielsen, allevatore Sami di 64 anni dell’Engerdalin.

La seconda relativa al ricco folklore della fertile regione centrale di Valdres (tra Oslo e Bergen). Con mostre, artigianato, gastronomia, e culminata in manifestazioni all'aperto nella Festplassen, con musiche, danze e canti tradizionali.

Una tipica fattoria del Setesdal (Norvegia sud-occidentale) ha rappresentato il primo complesso da me visitato. Costituisce un modello che viene ripetuto, nel metodo e nella sostanza, nei diversi altri tipi di costruzioni regionali presenti. La dislocazione dei dodici edifici in legno che la compongono rispecchia quella originaria di provenienza, cioè le vallate di Austad, Valle, Hylestad, Bygdland e Skomedal e i centri di Kjelleberg, Ose, Amlid, Brottveit, Rysstad, Rike, Kultran. Le abitazioni sono state collocate ai due lati di una “corte” centrale, così come avveniva prima della riforma agraria norvegese: le residenze da una parte, le pertinenze (magazzini, stalle, ecc.) dall’altra.

La fattoria include due stue (case di abitazione), che denotano come vi abitassero due famiglie. Ma anche due loft ("zona notte") costruite sopra la bur del XVIII secolo (camera a piano terra, adibita a magazzino, ma utilizzata durante l'estate anche per dormirci, come ricorda la presenza del letto nell’angolo). Oltre ad un magazzino, a due granai, a due stalle per le mucche e una per i cavalli e ad una sauna del XVII secolo, in cui è evidente l’intaglio 1600.

Nel mio itinerario Setesdal è seguita dal Numedal, con una stue di Rauland (Uvdal), uno dei più antichi edifici in legno della Norvegia. Risale alla seconda metà del XIII secolo. Sulla porta c’è un’iscrizione runica: “Þorgautr fifil mil gerði” (“Torgaut Fivil mi ha costruito”). Certamente essa non è più recente del 1300. Anche se non sappiamo se la data riguardi l’edificio nel suo complesso o, ben più modestamente, solo l’intaglio in legno.

 La stavkirke di Gol, ca. 1890-1900, Library of Congress, USA 

LA STAVKIRKE DI GOL (HALLINGDAL)

Il "pezzo" più bello dell'intera collezione è, senza alcun dubbio, la stupenda stavkirke di Gol, nell'Hallingdal, a nord-ovest di Oslo. Dalla curiosa forma a pagoda, apparteneva alla collezione reale. Venne qui ricostruita nel 1885, subendo da allora diversi interventi restaurativi. Non ha finestre. L’unica fioca luce che vi penetra proviene dagli occhi delle teste di drago scolpite. Un’illuminazione che a malapena consente di scorgere le decorazioni pittoriche del coro, risalenti al 1652 o qualche runa intagliata sui muri.

La stavkirke è il più antico modello di chiesa norvegese. Fiorì nel meridione - la città di Trondheim ne rappresenta il limite settentrionale - tra il XII e il XIII secolo (anche se qualche prodromo risale al IX secolo). Coincidendo l’epoca con la definitiva affermazione nel paese della religione cristiana. E’ caratterizzata da una struttura a tavole verticali (stav) che, per sostenere il tetto fortemente spiovente, utilizza tronchi-pilastri ancorati nel terreno e disposti parallelamente alle quattro pareti perimetrali. I pilastri reggono un’architrave di appoggio ed ancora altri pilastri. Una successione verticale che dà alla chiesa un’originalissima fisionomia esterna, grazie ai suoi molteplici piani progressivamente rientranti, coperti da tetti spioventi. La sua intelaiatura, come la struttura delle navi vichinghe, fu accuratamente studiata per contrastare  efficacemente il rigido clima nordico. Spesso connotato da tempeste e bufere, che non prevede l’impiego di chiodi, né di parti in ferro. Come nelle imbarcazioni norrene. Il tutto consente, nel suo insieme, una maggiore elasticità e flessibilità strutturale.

LE STAVKIRKER NORVEGESI

La stavkirke è la testimonianza architettonica più originale che questa terra scandinava offre graziosamente al mondo: un tipo di sincretismo religioso-architettonico che riesce a conciliare, durante la sua evoluzione, le forme romaniche (le due teorie di colonne longitudinali, i capitelli cubici, la sopraelevazione della navata centrale rispetto alle laterali, la presenza di presbiterio e abside) alla tradizionale, solida costruzione in legno. Dando vita ad un qualcosa di incomparabilmente unico e stupendo! I motivi ornamentali d’altra parte sono propri della cultura vichinga: figure zoomorfe ad intreccio e stilizzate, che traggono la loro ispirazione più profonda dalla mitologia nordica. Anche se più tardi verranno sostituite da decorazioni più povere. Mentre l’iniziale navata unica sarà gradatamente sostituita da una più alta struttura centrale, separata dalle due laterali da un colonnato. Il tutto però vedrà il coevo ritorno delle tradizionali ornamentazioni. In questa fase ricompaiono le teste di drago poste, assieme alle croci, sulla sommità degli edifici.

Simili a mostri ricoperti di scaglie, le stavkirker si elevavano tra le vallate e le montagne nel paese dei fiordi. Slanciandosi orgogliosamente al di sopra delle prime costruzioni in pietra, con le loro teste di drago dalle fauci spalancate sui frontoni. Come quelle che ritroviamo sulle prue delle “lunghe navi” vichinghe.

Intorno al 1300 le chiese di legno esistenti in Norvegia erano più di 650. Già nel secolo successivo la maggior parte di esse era in rovina. Tra il XVII e il XIX secolo molte furono abbattute per far posto ad edifici più grandi. Attualmente esistono 32 stavkirker, compresa una situata in Polonia. Di queste 27 sono rimaste nei siti originari, mentre cinque sono state smontate e ricostruite altrove come chiese-museo. Come la Vang Kirke di Grindaheim (Valdres). Riassemblata nel 1842 a Brückenberg, in Slesia (un tempo Prussia, oggi Polonia).

La stavkirke di Vang, cartolina del 1900


Chiesa di Vang, sezione trasversale e longitudinale (di Ludwig Böttger, 1891, Zeitschrift für Bauwesen 41. Ministerium der öffentlichen Arbeiten, Berlino)

……

La storia del suo “trasloco” ha dell’avventuroso. Specialmente pensando che è avvenuto nella prima metà del XIX secolo.

Il pittore Johan Christian Dahl, dopo aver acquistato la chiesa di Vang nel 1841, convince re Federico Guglielmo IV di Prussia a riedificarla a Potsdam. Contrassegnati e imballati tutti i pezzi, a settembre nel Sognefjord sono caricati a bordo di una nave, che giungerà a Stettino dopo due mesi di navigazione. Qui saranno trasferiti su una chiatta e, una volta a Berlino, verranno immagazzinati nell'Altes Museum. Ma non andranno più a Potsdam. Saranno invece trasferiti a Brückenberg, un villaggio del Riesengebirge, tra i Monti dei Giganti (oggi Karkonosze). Nella primavera del 1842 i materiali riprenderanno il loro lungo e complesso viaggio a bordo di una nuova chiatta, che lentamente risalirà l’Oder, fino alle pendici delle montagne. Dove con un carro saranno portati fino a Krummhübel e, infine, a Brückenberg (885 m slm). Villaggio a metà strada tra Krummhübel e lo Schneekoppe. 

......

Ventitre anni dopo, nel 2017, avrei avuto l'opportunità di andare ad ammirare la stavkirke di Vang, nel corso del mio secondo viaggio in Polonia. Da Breslavia (Wroclaw) un'escursione giornaliera mi avrebbe infatti portato fino alle montagne Karkonosze e a Brückenberg

Da Roma, dopo aver visto un interessante documentario televisivo, avevo invece deciso di visitare l'incredibile complesso militare, scavato sotto le montagne, di Osówka. E' stato aperto al pubblico nel 1996. E' composto da una rete di tunnel (1.750 m di lunghezza e un'area di 6.700 mq). E questo complesso è solo uno dei numerosi sistemi di tunnel costruiti tra il 1943 e il 1945 dai nazisti, nell'ambito del progetto Riese. Tra l'altro era collegato al castello di Książ (dove nei sotterranei sono stati scavati ben due livelli di tunnel), sito a 30 km di distanza. Probabilmente il tutto doveva servire come Quartier Generale deFührer.

…...


La visita al museo termina nella Natås skole. Una scuola proveniente da Lindås, nell’Hordaland, costruita subito dopo la legge scolastica del 1860, che aveva messo fine all’insegnamento primario affidato da ogni parrocchia (o impresa avente più di 30 operai) a maestri ambulanti, a partire dal 1827. E’ costruita come un'unità residenziale di una fattoria. La camera principale è in tronchi sovrapposti ed è unita alla kove, una camera più piccola, per l’insegnante.

.....

A proposito dei "Musei all'aperto" del Nord Europa

Nel corso dei miei viaggi, pur andando ovviamente a visitare anche i Musei "generalisti", d'arte, storici e archeologici, tendo a privilegiare quelli Etnografici-Antropologici e i Marittimi. Quando invece il mio itinerario mi ha portato verso il nord Europa, ad essi non posso non aggiungere anche quelli all'aperto. Così, dopo Oslo, già in quell'anno visiterò nel Nord Norge il Folkeparken di Tromsø. Tappa intermedia obbligata del mio avvicinamento alle isole Svalbard

Negli anni successivi mi troverò invece a "vagabondare" nello Árbæjarsafn (Reykjavík, Islanda), Skansen (Stoccolma,   Svezia),  nello Seurasaari (sull'isola omonima, Helsinki, Finlandia), nell'Eesti Vabaõhumuuseum (Tallinn, Estonia), nello Latvijas Etnogrāfiskais brīvdabas muzejs (sponda del Lago Jugla, Riga, Lettonia)in quello dell'isola di Kiji (Lago Onega, Carelia russa, Russia ), o nel ben conosciuto Zaanse Schans olandese.  

......................

I popoli della Fennoscandia  (Norvegia settentrionale: Sami - Lapponi -, Kvens e Careli finlandesi), e l'Architettura nordica tradizionale e innovativa, autoctona e non, figurano nel mio libro Amazon: 

Qui Base Artica Dirigibile Italia, Svalbard. Dalla Terra degli Orsi Polari una Rassegna e un Inventario Culturale dei Popoli del Grande Nord

E-Book e versione cartacea a colori e in bianco e nero, I ediz.

Versione cartacea a colori e in bianco e nero, II ediz.

PAGINA AUTORE ITALIA

PAGINA AUTORE USA