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venerdì 29 luglio 2022

52. NELL'ARCIPELAGO DELLE FÆR ØER-FØROYAR, UN TEMPO "ISOLE DELLE PECORE", OGGI TOTALMENTE “GREEN. GRAZIE A VENTO, ACQUA, MAREE, CORRENTI, ONDE, GEOTERMIA (E SOLE)

Primo piano di un interessante figura di anziano faroese, con la tradizionale bustina rosso-blu (húgva) come copricapo [Tórshavn, Manifestazione storica per la Festa Nazionale di St. Olav] (© Franco Pelliccioni)

 Dal diario di viaggio

Dal finestrino vedo le onde dell’Atlantico ribollire sotto di me. Dopo la ricerca dell’anno scorso, tra i minatori norvegesi e russi delle Artiche Svalbard, sto per dare avvio ad un’altra tappa, la sesta, del mio Programma sulle Comunità Marittime dell’Atlantico del Nord. La meta si sta ora approssimando. Se, come penso, rispetterà l’orario, il BAe 146 della compagnia aerea faroese Atlantic Airways (RC 0455), decollato alle 15 da Copenhagen, dove ho effettuato un breve soggiorno, atterrerà alle 16,25 nel piccolo aeroporto di Sørvágur, nell’isola di Vagar. Certo, ciò che si comincia qua e là a intravedere, attraverso le nuvole, non sembra molto invitante.

Eppure non vedo l’ora di stare laggiù, tra gli isolani. Autentici pronipoti dei Vichinghi, che ancora costruiscono barche con il know how norreno, utilizzano zolle di terra ed erba per i tetti delle case, cacciano uccelli con trappole e reti, “purtroppo” talvolta fanno stragi di balenottere e, nelle grandi occasioni, come la festa di St. Olav, che mi ha fatto venire qui alla fine del mese di luglio, si può perfino assistere a danze a catena medievali!

Kædedans på Færøerne (“Danza a catena nelle Fær Øer”), ca. 1930 (di Sophie Petersen, Nationalmuseet/Det Kongelige Danske Geografiske Selskab) 

A Copenhagen ho proseguito i miei contatti, già avviati da Roma. Indirettamente, tramite l’Ambasciata di Danimarca e il Ministero degli Esteri. Direttamente attraverso fax trasmessi nella capitale danese: Università, Rappresentanza delle Fær Øer, Ufficio del Turismo Danese. Un intenso lavoro propedeutico, che mi ha consentito di fare un po’ anche il turista in questa splendida capitale, e di visitare il Museo Nazionale, estremamente prezioso per tutto ciò che riguarda l’Artico groenlandese, gli Inuit e, naturalmente, i vichinghi. Andando immediatamente a rintracciare, tra i reperti esposti, una piccola pietra di circa dieci centimetri, con iscrizioni runiche apposte il 25 aprile del 1333 da tre di essi. Nel 1824 l’aveva scoperta un eschimese in un cairn, nella Groenlandia settentrionale, a Kingiktorssoak, isolotto a nord di Upernavik.

Pensavo a tutto ciò quando, nel corso del pranzo freddo servito a bordo, comincio maggiormente ad interessarmi a ciò che mi sta raccontando sull’arcipelago il vicino di seggiolino: è norvegese, si chiama Edvard ed ha sposato la figlia del proprietario di un cantiere navale delle isole.

All’aeroporto fotografo l’aereo. Ha un aspetto singolare: tozzo, con grandi ali, che puntano verso terra. Sembra un grande gabbiano, che stia per volar via. Lo si impiega preferibilmente per le piste corte e le sue tre ruote toccano simultaneamente terra.

Un paio di autobus, intervallati da un traghetto, tra le isole di Vágar e Streymoy, e già sono nella capitale Tórshavn, nel mio albergo. Il cui nome è sinonimo di mare, ma “profuma” anche di avventura. Perché il Tórshavnar Sjómansheim, di Tórsgøta 47, prenotato dai faroesi, è un semplice, decoroso e convenientissimo 2 stelle. Vicinissimo al cuore, al centro storico della città. Dove si servono i pasti su lunghi tavoli, che vanno condivisi con altri ospiti. Così sono contento di soggiornare in questa “strategica” Casa del Marinaio, risalente al 1923. Istituzione un tempo riservata ai soli naviganti. Perché qui, senza quasi alzarmi dalla sedia, posso avere ulteriori incontri con gli isolani.

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7.2 Il grindadráp, la caccia comunitaria alle balene

Caccia alle balene nelle Fær Øer: Fiordo di Midvaag. Il principe ereditario danese Frederik osserva i globicefali, mentre si reca a Miðvágur, 1847. (Jeaffreson, J. R., The Faröe Islands…1898), British Library

Unica nell'Atlantico settentrionale, ancora oggi è effettuata la caccia comunitaria alle Pothead o Pilot Whales (balene di "media taglia": le globicephala melaena, localmente chiamate grind), con la tecnica del grindaraksur, al tempo delle loro trasmigrazioni estive. Quando i cetacei si trovano a non molta distanza dalle coste isolane. Fin dall’epoca vichinga, le varie fasi della caccia sono state accuratamente regolamentate. Ad iniziare dal primo avvistamento. Seguito dall'avviso a tutta la comunità della presenza delle pilot whales (grindaboð) e al loro sospingimento verso uno dei 21 luoghi autorizzati per lo spiaggiamento. Dove avverrà la loro rapida uccisione, con particolari tecniche e armi. L’ultima fase concerne la suddivisione di ciascuna quota di carne tra tutti i partecipanti al grindadráp e i membri della comunità. Per arrivare, in particolarissime e abbondanti cacce, all'intera isola, in qualche caso all'intero arcipelago.

Questa caccia, che non va contro le rigide regole dettate dall’International Whaling Committee, che le esclude dalla protezione, ha sempre rappresentato per i faroesi una delle poche possibilità di approvvigionamento aggiuntivo di grasso e carne. Grazie alle quali questa popolazione è riuscita a superare indenne i lunghi periodi di sotto-alimentazione e le carestie derivanti dalla non auto-sufficienza alimentare.

Numerose pubblicazioni mediche e nutrizionali concordano in pieno con quanto venivano affermando, nel lontano passato, i medici condotti danesi, circa l'opportunità e la necessità per ogni individuo di alimentarsi, anche saltuariamente, con la carne di balena. I cui apporti nutrizionali (vitaminici, "anticolesterolo", ecc.), per una popolazione, in cui per secoli la tavola era stata solo poveramente imbandita con le pietanze disponibili (patate, carne di pecora e di montone, pesce, carne di uccelli marini, uova, e poco altro). Attualmente questa carne rappresenta circa 1/4 del consumo totale di proteine animali dell'arcipelago.

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10. IL “PORTO DEL DIO TOR”, TÓRSHAVN, CAPITALE DELLE FÆR ØER

Dal diario di viaggio

Un paio di giorni per ambientarmi, ed eccomi totalmente immerso nei febbrili incontri e nelle numerose interviste previste dal progetto di ricerca: Aldan (Ufficio Turistico Nazionale), il giornale Dimmalætting, la Sindaca, il Ministro, ecc.. A lungo visito il forte di Skansin, poi mi reco con John ad Hoyvík, dove incontro uno studioso locale e seguo un tratto del mio primo tradizionale sentiero intercomunitario. La sera spaghetti al pomodoro, assieme ad un biologo di Hannover, che aspetta di prendere la “pelle fresca” della grind. Hanno solo 10 minuti di tempo per intervenire. Avvistato un gruppo di pilot whales, si deve informare un membro del governo, poi un supervisore, che organizzerà il grindaboð.

Lisbeth L. Petersen, Sindaco (Byraðsformaður) di Tórshavn, nel suo ufficio (© Franco Pelliccioni)

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(...) Giornata intensa, passata ad incontrare il Direttore della TV faroese, ma anche la zoologa danese Dorete Bloch del Museo di Storia Naturale. Esperta in barche vichinghe e caccia alle balene. Per concludere, verso sera vado alla Nordic House. Il tutto intervallato dall’interessante visita alla dirimpettaia isola di Nólsoy. Raggiunta in venti minuti con un ferry, salpato alle 12. Durante i quali il tempo è contraddistinto da una successione di pioggia, nebbia, sole e, all’arrivo, ancora nebbia. Sbarcato, oltrepasso un gigantesco arco formato da mascelle di un capodoglio. Pochi passi più in là, vedo la panchina del “parlamento” degli uomini. Il tempo di guardare le Niðastalon, la fila di case parallela al porto, osservare i miei primi puffini faroesi, mangiare un boccone nella Kaffistovan ed è già l’ora (15,45) di rientrare. Questa volta con il sole..."

Veduta del villaggio di Nólsoy nella nebbia (mjørki) con il caratteristico arco fatto da mascelle di un capodoglio (© Franco Pelliccioni)

Nei giorni successivi altri incontri e la visita, prima a Kirkjubøur, poi alla chiesa cattolica di Mariukirkjan”.

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11.1 La visita a Kirkjubøur, il “campo della chiesa”

Dal diario di viaggio

Lo raggiungo in poco più di mezz’ora, con l’autobus 101, della Bygdaleiðir, la linea blu intercomunitaria, poiché dista solo una quindicina di chilometri dal centro città.

Kirkjubøur, 1839 (da: Voyages de la Commission scientifique de Nord: en Scandinavie, en Laponie, au Spitzberg et aux Feroe, pendant les années 1838, 1839 et 1840, sur la corvette La Recherche, di Barthélemy Lauvergne)

Alla fine della visita dell'eccezionale sito storico, intirizzito dal freddo pungente e dalla pioggia, chiedo ospitalità all'interno dell'antica Roykstova, che sembra essere l'unica abitazione di legno al mondo ad essere stata continuativamente abitata da quasi mille anni. La mia cortese ospite, che dal giornale sa bene come io non sia un semplice turista, mi offre un assai apprezzato liquore dolce finlandese, con l'aggiunta di un forte snap, che poi raddoppio. E’ la Sig.ra Patursson, moglie del Kongsbóndi, un "fattore del re". Appartiene ad una delle famiglie storiche e più in vista delle isole, che da diciotto generazioni alleva pecore e coltiva la terra di quell'enorme fattoria. Il nonno Jóannes aveva partecipato all'edificazione dell'autonomia faroese. Fondando, poco dopo l'inizio del secolo, il Sjàlvstyrisflokkur, il partito autonomista faroese, il secondo delle isole e, nel 1939, un altro partito autonomista, il Fólkafìokkur.

Tróndur Patursson fotografato nel 2010 ( CC Some rights reserved Ronni Poulsen)

Suo cognato, apprendo, è Tróndur Patursson, fratello gemello del marito. Il famoso, eclettico, artista e viaggiatore. Dopo avermi fatto attentamente visitare l’interno della casa, con orgoglio mi mostra due vetrate realizzate dal cognato nel salotto e alcune foto scattate durante il viaggio in Italia di cinque anni prima. Nel corso del quale è stata ricevuta in udienza dal Papa. Con ardore mi parla dei colori, degli odori, ma anche dei sapori, dell'Italia. Di Roma, Napoli, Sorrento. Soprattutto di Capri, che aveva tanto amato. Con il marito era andata anche in Nuova Zelanda, dove aveva appreso l’uso delle recinzioni metalliche elettrificate. Infatti in precedenza avevo dovuto fotografare con il teleobiettivo la cattedrale non finita, perché circondata per tre lati dal filo.

Intorno a noi, al di fuori dell’antica abitazione, la pioggia ha finalmente cessato di battere insistentemente, come aveva rabbiosamente fatto per lunghissimo tempo. Ma le acque vicinissime dell'oceano stanno improvvisamente diventando sempre più bianche per la nebbia, che mano a mano tutto avvolge, tutto gradatamente nasconde. Specchio d'acqua, dopo specchio.

Ecco, mi trovo di fronte ad una persona che ama, quasi come nessun’altra, la propria terra e la sua gente, che è orgogliosa di appartenere ad una famiglia, che ha scritto la storia di questo paese e che ne ha ancora un ruolo guida. Poiché, giorno dopo giorno, continua a buttar giù altri paragrafi, forse meno esaltanti di un tempo, ma sempre pregni di valenze e di una continua dialettica tra tradizione e innovazione. Essa mi fa capire, da alcune espressioni verbali e dal suo bel viso, addolcito dai lunghi capelli biondi e dai profondi occhi azzurri, leggermente sfiorito dagli anni, triste e compunto, come il nuovo arrivo della nebbia per lei sia troppo! Poiché le provoca uno stato di spleen che io, come italiano e romano, forse non riesco a capire fino in fondo, fin dentro l'anima... La nebbia...

La rinnovata presenza della bruma, proveniente anche quel giorno dal mare, e la mia presenza avevano involontariamente innescato una profonda contraddizione spirituale nell'orgogliosa moglie del Patursson di Kirkjubøur. Provocando un "qualcosa", che non saprei spiegarmi... (...)

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12. UN’ESCURSIONE NELLE ISOLE DI STREYMOY ED EYSTUROY

Dal diario di viaggio

(...) Per passare su Eysturoy, ritorno indietro e attraverso il ponte, che la collega a Streymoy. Seguendo la 62, mi dirigo nuovamente verso nord, raggiungendo il villaggio di Eiði. Qui visito la chiesa del 1881 e fotografo i due modelli di imbarcazioni a vela, che pendono dal soffitto, uno per lato, con i bompressi rivolti verso l’altare. Poi lascio la costa, per inoltrarmi con la 662 nell’interno montuoso. La strada è stretta, ad una sola corsia. Di tanto in tanto caratterizzata da modestissimi slarghi, per consentire il passaggio ai veicoli, che procedono in senso contrario. Pochissimi sono i guard rails. Non sapevo, allora, che questo sarebbe stato il tratto più “pericoloso” dell’intero viaggio. Per la forte pendenza, in ascesa e in discesa, solo parzialmente mitigata da numerosi tornanti. Con precipizi e scarpate, tutti intorno e sotto di me. Oltre tutto viaggiando su una sede stradale, il cui piano non sempre è perfetto. Anzi... Per cui a tutti i costi cerco di non distrarmi. Inoltre la luce del giorno tende a diventare sempre più fioca, per la forte nuvolosità. Almeno non c’è la nebbia, che giocoforza mi avrebbe costretto a fermarmi sulla montagna, non si sa per quanto tempo!

Ormai il sole di Tjørnuvik è solo un pallido ricordo! Le forti raffiche di vento, che senza pietà colpiscono l’automobile, facendola oscillare, di certo non aiutano. Nonostante sia cupo e orrido, il panorama che, via via, si presenta davanti ai miei occhi, ha un suo indubbio e tenebroso fascino… Così, in una curva, forse affrontata non con troppa accortezza, probabilmente distratto da ciò che vedo, la macchina sbanda, va leggermente fuori strada. Per una frazione di secondo temo che per me sia finita… Invece riesco a riprendere il controllo e a fermarmi! Dopo di allora, per ammirare e fotografare l’incredibile scenario, mi arresterò un paio di volte. [Una volta a Tor scopro che la strada passa accanto al monte più alto dell’arcipelago, lo Slættaratindur (882 m)]. Quindi sulla più “umana” 632 (anche se la strada è sempre stretta, c’è un passo montano da superare, ma minore è l’altitudine media ed è anche meno tortuosa) proseguo fino alla mia nuova meta, Gjógv. Considerato il più bel villaggio delle Fær Øer, si trova in fondo ad una gola collegata al mare, lunga 188 m, dove osservo i binari dell’unica micro-ferrovia dell’arcipelago (...)

Da: VIAGGIO NELLE ATLANTICHE ISOLE FÆR ØER. IL PAESE DAI TETTI DI PRATO, CHE ONDEGGIANO AL VENTO 

E-Book, versione cartacea a colori e in bianco e nero, 182 pp, 271 note, 180 immagini (139 sono mie) 


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 Versione cartacea in bianco e nero  https://www.amazon.it/dp/B0948JWTX2

SOMMARIO


1. PREMESSA 
Dal diario di viaggio 
La ricerca nelle isole 
2. INTRODUZIONE 
3. GEOGRAFIA, CLIMA, NATURA 
3.1 Flora 
3.2 Fauna 
4. STORIA 
4.1 Tra Mito e Storia: dalla Navigatio Sancti Brandano alle "Isole delle Pecore", all'età dei Vichinghi
4.2 Norvegesi, quindi dano-norvegesi 
4.3 Danesi 
4.4 In sintesi 
5. DEMOGRAFIA, ANTROPOLOGIA (FISICA) 
6. LINGUA E CULTURA DI UNA NAZIONE-COMUNITA’ 
La “scuola di vita” della roykstova 
Controllo sociale, alcoolismo 
7. ECONOMIA: IL PESCE, L'«ORO» DELLE FÆR ØER. UNA SOCIETÀ COSTRUITA SULLA PESCA 
7.1 Pesca e imbarcazioni 
7.2 Il grindadráp, la caccia comunitaria alle balene 
7.3 L'uccellagione: fygling, fleyging (e omanfleyg) 
7.4 Allevamento-Agricoltura
7.5 Il Turismo
8. IERI: LA GRANDE CRISI DEGLI ANNI '1990 
8.1 Si continua a pescare eccessivamente, senza fermo biologico 
8.2 L’imprinting vichingo, elemento costitutivo di una delle migliori marinerie atlantiche 
8.3. A livello individuale, comunitario e nazionale, i faroesi tentano di lasciarsi alle spalle il sofferto passato, ipotecando il futuro, con generalizzate richieste di prestiti e finanziamenti 
8.4 Un lungo periodo di austerity e di ricostruzione socio-economica 
9. OGGI: UNA RINASCITA SCANDITA DAL “VERDE” 
9.1 Economia, Trasporti, Infrastrutture, Turismo 
9.2 Un arcipelago totalmente “Green”. Ovvero, quando le negatività geo-climatiche faroesi diventano positive, grazie a Vento, Acqua, Maree, Correnti, Onde, Geotermia (e Sole) 
10. IL “PORTO DEL DIO TOR”, TÓRSHAVN, CAPITALE DELLE FÆR ØER 
Dal diario di viaggio 
10.1 Olavsøka, la festa di St. Olav : La sfilata popolare, il corteo delle autorità politiche e religiose, quello storico 
10.2 Il racconto di una dura ed eroica lotta per la sopravvivenza degli isolani nel Batasavnið, il Museo Marittimo faroese 
10.3 Norðurlandahúsið, la Casa Nordica 
11. IL CATTOLICESIMO NELLE ISOLE 
11.1 La visita a Kirkjubøur, il “campo della chiesa” 
Dal diario di viaggio 
11.2 Dalla riforma protestante, alla libertà di religione. La Mariukirkjan di Tórshavn 
12. UN’ESCURSIONE NELLE ISOLE DI STREYMOY ED EYSTUROY 
Dal diario di viaggio 
13. VÁGUR (LA "BAIA"), COMUNITÀ DI PESCATORI DELLA LONTANA ISOLA MERIDIONALE DI SUÐUROY
Dal diario di viaggio 
14. RITORNO A TOR E, POI, A COPENHAGEN 
Dal diario di viaggio 
15. APPENDICE 
15.1 Corsari e pirati nordafricani, francesi, inglesi, irlandesi 
15.2 L’isola che “non c’è”: la remota Mykines 
16. BIBLIOGRAFIA 
CARTE 



martedì 12 luglio 2022

48. SEA AND LAND ARCHIPELAGOS AT THE MIRROR. A BOOK ABOUT NORTH ATLANTIC FAROE ISLANDS AND THE ITALIAN ALPINE CARNIA

 

Barthélemy Lauvergne: Tórshavn in 1839 (from Voyages de la Commission scientifique de Nord: en Scandinavie, en Laponie, au Spitzberg et aux Feroe, pendant les années 1838, 1839 et 1849, sur la corvette La Recherche)

   The book has the following basic structure:

a) an historical, geo-climatically, administrative, ethno-anthropological and linguistic introduction to both Faroe Islands and Carnia;

b) the singling-out of the ethno-cultural identities of the two communities: Faroe, a small community-nation; Carnia, a strong regional identity.

c) the two communities amid tradition and change:

Samal Elias Joensen-Mikines: Pilot Whale hunt [grindadrap], 1942

- the Faroe Islands: the bygd and the traditional self-sufficient community economy (fishing, farming, cultivation, fowling, grindadrap). The changing economy connected to: 1) the sea: deep fishing, ship-building; 2) tending towards the new frontiers of tourism;

From the top of the winding access road, overlooking the extraordinary village of Tjørnuvik, Northern Streymoy, embedded in a typical Faroese botnur (narrow valley) (© Franco Pelliccioni)

- Carnia: a modern post-industrial economy, which keeps still strong ties with the mountain habitat (wood industry and handicraft, farming, cultivations), but that is also tending towards a stronger touristic development;

d) the Great Faroe Crisis of the 1990s and emigration.

   Carnia, land of centuries old temporary and permanent emigration (till the 1960s and 1970s);

e) two case studies in comparison: the isolated communities of Mykines (Faroe) and Sauris (Carnia).

Stavolo [shed] and in the background the bell tower and the church of S. Osvaldo, Sauris di Sotto (© Franco Pelliccioni)

   I should add something more about the last section of the book. I have naturally thought that it was necessary to focus some more details of the two situations. As we have just seen, our two "worlds", the Atlantic-one, and the Alpine-one, are enough comparable between them. According what represents their main characteristic: isolation in the course of ages. So, bringing selected pieces of different cultural realities, and trying to focus them, is a manner, according me, to try to reach a greater comprehensive picture of the entire frame.

   Isolation has strongly affected both the communities of the sea-island of Mykines and of the land-island of the valley of Sauris. And just for this reason, it has been practically impossible for me to reach that Faroe island. But not Sauris!

   Both places are heavily menaced by strong depopulation. Both are looking for a new chance to survive in a future selected tourism. Both are still experiencing a strong relation man-environment based upon respect. So strong is this attitude, that nature in Mykines must be still be valued in all its great importance!

   Both communities have complied totally with their traditional patterns of spontaneous architectures, perhaps more than other places, in the Faroe, as in Carnia.

   Both their peoples may tell outsiders their long, dramatic, life histories. Made of hardship for islanders and for somari (donkeys) - the Sauris men - and dangerous work (especially for the Mykines islanders and fishermen).

   Both have experienced weeks, sometimes months, or no contact at all with the outside world.

   Moreover, it should be also said, Sauris it is, not only an "island" and highland (the highest hamlet is located 1,400 metres above sea level8) within the archipelago Carnia: in its turn made of several, little or wide, valleys, places, towns, villages, within the autonomous Friuli-Venezia Giulia region.

   Sauris, as a matter of fact, represents also an ethno-cultural and linguistic separateness from any other parts of Carnia. Because it is a German-speaking community, founded in the XIII century by Bavarian farmers. And the place was reached by a military road for the first time in the history only during the Great War. A normal road was builded later, in 1934. Because the four villages, who made this community, were so poor and so unimportant that they couldn't afford, not even with an outside help, the costs of a road!

...

   The distance of the Faroe islands from Denmark, and their rough and wild landscape, that have preserved them from an intense colonization from the European country, combines itself with the obstinacy, the perseverance, the courage, the attachment of the Faroese people to their own language and roots. And still: the notable isolation of the archipelago from the rest of the world, as well as of each village and island from all other villages and islands: all this meant that, respect to other archipelagos, the traditional heritage of the original culture, as well as the same life style of these small farmers-breeders and fishermen, have endured very well the wear and tear of time.

Faroese dance â Viðareidi [Island of Viðoy], by Franz Emil Krause (1836 - 1900)

In the roykstova. Photo of Johannes Klein. Nationalmuseet, Denmark

   Much is also owed to the oral tradition, an important “school of life”. That has been able to let go by, almost undamaged, the "witness": the past, the fantastic one, but also the real one. In the roykstova, in an intimate and moody atmosphere, between hot flashes and sparkles of flames, they would have been again alive the heroes of a mythical past, and those nearer to us and truer. All of them, however, would have offered to the bystanders a small gem of life, of culture, of what in the incoming times would still be the Faroese life style. Marked with wisdom, honesty, courage, yet perseverance. Here, between myth and reality, each new generation was informally inculturated. Slowly learning those that were the authentic values of the structure of the Faroese Atlantic Maritime Culture.

...

A Carnian cjargna (kitchen)

  Somebody has defined the Friulan-Carnian culture as a "civilization of the fogolâr" (fire-place). As a matter of fact, like in the Fær Øer, the kitchen with his fireplace has always had an important rôle in the community sphere. "The union, the meeting that happened between peoples of every age, and of more than a family, around a fire-place was and still partly is today a determinant element of our culture. Because in these evenings unions were consolidated and traditions were handed down. These meetings happened almost every evening during the winter periods (...) The host family (...) set out an ample kitchen and in this all settled (...) The men spoke about what did happened to them abroad, of the plans for the following year, of the jobs to do (…) the boys, that were busy with their games (...) instead were a sort of big sponges that absorbed everything!" 

   Just in those same occasions, but also in others, in the "fredde serate invernali trascorse nelle stalle a fare la "file" (vegliare) i vecchi, Dio li abbia in gloria, (che) narravano leggende e miti di cui la tradizione orale carnica è ricchissima" [in the cold winter evenings spent in the stables to make the "file" (“keep watch the old people”), God bless them, (that) recounted legends and myths of which the Carnian oral tradition is rich].

From: ARCHIPELAGOS AND ISLANDS AT THE MIRROR. SEA-ONES (FAROE and MYKINES, DENMARK), LAND-ONES (CARNIA AND SAURIS, ITALY)

E-Book, paper version in colour, I and II ed., and in black and white, 111 pages, 90 notes, 105 images (66 belong to the Photo Library of the A.)

E-Book

Colour I Ed.
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Colour II Ed.

"black and white"
https://www.amazon.it/dp/1095009621



1. Preface 

2. An ethno-anthropological approach to two cultural distances 

3. Historical-geographical introduction 

3.1. The archipelago of the Fær Øer

3.2. Carnia (Cjargne)

3.3. Discussion 

4. The ethnic-cultural and linguistic identities 

4.1. Fær Øer, a small "community-nation"

4.2. Carnia, a strong regional identity. 

4.3. Discussion 

5. Man-environment relationship 

5.1. In the Fær Øer: the sea and the islands

5.2. In Carnia: the wood and the mountain.

5.3. Discussion 

6. The two economies between tradition and change 

6.1. Fær Øer: the bygd and the traditional community subsistence economy 

6.1.1. Fishing and grindadrap (the community whale hunting), fowling, cultivation and breeding 

6.1.2 The changing economy: oceanic fishing, shipyards and tourism 

6.2. Carnia: the traditional economy, the alimentary self-sufficiency 

6.2.1. The Carnian modern economy and the wood: industry and craftsmanship; tourism

6.3. Discussion 

7. The great existential crisis of yesterday 

7.1. The great Faroese crisis of the 1990s and the emigration

7.2. Carnia land of temporary and permanent emigration up to the 1960s and 1970s 

7.3. Discussion 

8. Two “islands” at the mirror: Mykines (Fær Øer) and Sauris (Carnia) 

8.1. Mykines (Fær Øer) 

8.2. Sauris (Carnia)

9. Bibliography 

9.1. Fær Øer

9.2. Carnia