NAIROBI:
EMBAKASI AIRPORT E NORFOLK HOTEL
La Regina Elisabetta, la Regina Madre, accolta il 5 febbraio
del 1959 all’Aeroporto Embakasi di Nairobi da Sir Evelyn Baring (1903-1973), Governatore
del Kenya (1952-1959), in alta uniforme (Charles Trotter Collection, CC
BY-NC-SA 4.0, Bristol Archives)
Il Norfolk Hotel (da John T. McCutcheon, In Africa, Hunting Adventures in the Big Game Country, 1910) |
Giorgio,
insieme ai due inglesi, scese le scalette dell’aereo, si recò negli uffici
della dogana. Qui furono vistati i passaporti e controllati certificati medici (libretto giallo delle vaccinazioni: vaiolo, tifo, colera, febbre gialla) e bagagli. Questi, piuttosto voluminosi, specialmente quelli dell’etnologo,
furono ritirati da boys negri, che li caricarono su una Land Rover. Giorgio disse
al guidatore Kikuyu di portare tutti all’Hotel Norfolk.
I due
inglesi per tutto il tragitto, dall’aeroporto di Embakasi (dal 1978 trasformato
nel Jomo Kenyatta International Airport), situato alla periferia orientale,
fino all’albergo, non fecero altro che guardare estasiati ciò che potevano
vedere all’intorno. La visione di una cosa, però, durava abbastanza poco, in
quanto la camionetta filava… eccome! Nei
tropici: in America, come in Africa od in Asia, i piloti indigeni sono infatti degli
autentici “Fangio”. Guidano velocemente i mezzi loro affidati e non valutano
affatto l’incolumità altrui. Lui non era da meno degli altri… Bene o male i tre arrivarono sani e salvi al Norfolk, che non è certo l’unico albergo di Nairobi, ma è quello in un certo senso più suggestivo. Composto, com’è, da un grande caseggiato rosso, con il bar, veranda ristorante e la Direzione, e così via. L’albergo vero e proprio è formato da molti villini circondati dal verde esuberante dei prati cespugliosi e dagli alberi. Vegetazione tropicale, che è quella che tutti i turisti si aspettano da queste parti. In un certo senso si può definire il più… “coloniale” degli alberghi. Rispetto al suo tradizionale concorrente, il ben più moderno New Stanley, che si trova nel centro commerciale della città. Incontro
ai tre si fece il proprietario del Norfolk, un longilineo cinquantenne
irlandese, dai capelli rossi e piuttosto pallido in viso, per uno che si trova all’Equatore… - Oh,
Mr. Rovi! Che piacere riavervi tra noi! Per la verità non vi aspettavo che nel
tardo pomeriggio. Dall’aeroporto mi hanno telefonato proprio adesso per avvertirmi
che eravate in anticipo - Sono
diventato proprio una personalità? Ah, ah, ah, disse Giorgio, ridendo di
gusto, e stringendo forte la mano che gli porgeva il direttore. - Queste due
brave persone che mi accompagnano vorrebbero partire per un safari e, in
attesa, ho pensato che un villino per loro ci sarebbe stato in questa “stamberga”. Dopo le
presentazioni d’uso, con “genuflessionecella” e baciamano del direttore alla signora,
il dott. Johnson si scusò infinitamente per il villino: erano tutti occupati. - Siamo
in aperta stagione di safari, benché qui tutto l’anno lo sia. Quindi mi
dispiace proprio, ma non posso affittare alcun villino. In quanto, o sono tutti
occupati, o sono stati prenotati in anticipo. Se solo mi avessero scritto un
mese prima…! Rovi
s’intromise - Ma, se nell’hotel non ci sono villini disponibili, lei può
provare a telefonare al New Stanley e vedere se possono dare una camera a
questi due simpatici giovani… Oltretutto lei conosce bene il direttore dello
Stanley e una sua telefonata… ! - Va
bene, disse il proprietario del Norfolk. Adesso faccio telefonare. Intanto
se volessero prendere qualcosa al bar, non facciano complimenti! Il magro direttore
se ne andò via a passo spedito. - Giorgio:
se lo dice lui (aggiunse con un sorrisetto sulle labbra), possiamo
andare al bar a prenderci qualcosa. Dopotutto è pagato e un posticino al “New”
lo troverete senz’altro! Ehi?, continuò, rivolto
all’autista della Rover – spegni il motore e vieni pure te a bere al bar. Paga
il bwana direttore. Dopo ti sborserò il prezzo della corsa, disse Giorgio in
Kiswahili. -Bene
bwana- rispose il negro, dopo aver parcheggiato meglio la jeep vicino al
caseggiato ed aver spento il motore, accodandosi
ai tre, che entravano nel bar dalla veranda. Il Norfolk Hotel fotografato il 13 ottobre del 1957. Collezione Trotter (CC BY-NC-SA 4.0 Bristol Archives, UK) …. Il
direttore dopo aver lasciato il simpatico etnologo italiano e la giovane coppia
di sposi, entrò nella hall e disse allo scultoreo portiere Luo, che nella sua
divisa bianca tutta scintillante di bottoni dorati stava leggendo un giornale a
fumetti… - Tom, tasama (“chiama”) l’Hotel Stanley e guarda se possono mettere una camera
matrimoniale, voglio la migliore, con bagno? E’ per una giovane coppia di
sposini, che vogliono fare safari. - Ndio,
bwana direttore. Il Luo
prese il telefono, fece alcuni numeri: 5328 - Pronto, qui è l’hotel Norfolk…
c’è il direttore… buongiorno sono Tom, il dottor Johnson vorrebbe una camera
con bagno, una delle migliori, s’intende, per una coppia di suoi amici… Ah… Va
bene! La ringrazio … Jambo! - Allora,
fece il direttore a Tom – Cosa ha detto? - Tutto
bene, il bwana direttore ha messo una bellissima camera a disposizione per il bwana
e la memsaab inglesi! Grazie Tom – e si allontanò in direzione del bar. Attraversato
un lungo corridoio, con un soffice tappeto rosso sul pavimento, appliques e
tendaggi vari sulle pareti, sulle quali spiccavano le teste cornute di alcuni rinoceronti
e le zanne d’avorio di elefanti più che vecchi (più l’elefante è vecchio, più sono
lunghe le sue zanne N.D.A.), finalmente arrivò di fronte ad in grande tendaggio
damaschinato, scansato il quale penetrava nel bar. - Buongiorno
signor direttore-, dissero all’unisono i due barbuti Sikhs, che si
trovavano dietro il bancone. Senza
rispondere al saluto ossequioso dei due indiani, dato che, esclusi due
americani che bevevano birra ghiacciata in un angolo, non c’era nessuno, Johnson
domandò: - È venuto
qui il prof. Rovi, l’italiano… tanto per intenderci, con una coppia d’inglesi? Il più
barbuto dei due rispose: - Si sono venuti qui insieme ad un… negro! Credo sia
il loro autista – disse facendo una smorfia di disgusto: un negro! Noi
indiani sia molto superiori a questi sporchi indigeni, pensò Allub) – Hanno preso
tutti del cognac ghiacciato e il dottore ha detto che era tutto pagato. Se ne
sono andati poco fa, ma credo siano ancora sulla veranda. - Va bene,
grazie!, dirigendosi verso la veranda. Un negro
che beve insieme a tre bianchi (pensò Allub) deve essere molto impudente. Ah,
questi maledetti negri! Appena hanno un po’ di corda, acquistano l’indipendenza
e si credono di essere uguali agli altri. Mah! Intanto
sulla veranda, Rovi dopo aver pagato al Kikuyu il prezzo della corsa, stava
scaricando i suoi bagagli, in tutto 12 valigie e un baule. Alcuni boys negri,
dopo averlo aiutato, come del resto aveva fatto John, incominciarono a portarli
nel suo villino, che era uno dei più lontani e, quindi, appartato rispetto agli
altri. Milly
stava seduta in un angolo e guardava il tutto, continuando a parlare con il
marito e con l’etnologo, mentre il Kikuyu dentro la Land aspettava di portare i
rimanenti bagagli e i passeggeri in qualche altro albergo. - Credevo
che facesse più caldo a Nairobi, disse l’inglesina a Giorgio. - È
credenza comune per gli europei! Non ci faccia caso. Tutti prendono in
considerazione solo il lato latitudine. È vero, siamo a pochi gradi dall’Equatore,
ma bisogna considerare in questo caso anche il fattore altitudine, che è
determinante. Siamo sui 1.700 metri d’altezza, per la precisione 1.675 sul
livello del mare! Nairobi è una delle poche grandi città africane, che possa
vantare un clima così mite, così dolce. - Giorgio rispose in maniera
piuttosto calma e serena alla bionda, ed avrebbe continuato sull’argomento,
quando videro il direttore uscire dal bar e venire verso di loro. Benché piuttosto
lontano, si poteva capire dalla sua aria soddisfatta che la camera per John e
Milly allo Stanley era stata rimediata. - Allora
Johnson, come è andata? - Il
direttore dello Stanley ha gentilmente messo una delle sue migliori camere a vostra
disposizione, disse l’irlandese, rivolto ai due inglesi. - Non sappiamo come ringraziarla, fece
Milly all’indirizzo del direttore. - Se
non c’era lei, forse dovevamo tornare in Gran Bretagna! aggiunse John. - Eh!
Per una camera! Niente ringraziamenti, ormai l’avete avuta! È meglio che ci
andiate subito, prima che ci ripensi, Vi avverto è un… cornuto! disse il
direttore, sbottando dal ridere. A questa
battuta, perfino il flemmatico inglese si mise a ridere di cuore e con lui anche
l’italiano. - Alcune
volte penso che io abbia fatto male a sposare un londinese come te, fece
Milly, rivolgendosi a John. Avrei dovuto sposare un irlandese, se sono tutti
tremendamente simpatici come lei, guardando Johnson. - Eh!
Per così poco! - Credo
che sia meglio che vi affrettiate. Non so se il direttore dello Stanley sia
cornuto, per questo non ci metterei la mano sul fuoco. Comunque, se fossi in
voi, mi sbrigherei, anche per trovare un posto per mangiare. Tagliò corto
Giorgio Milly - Va
bene, egregio etnologo, ci sbrigheremo. Arrivederci signor Johnson e grazie del
favore. Ehi John? È meglio che andiamo, hai sentito cosa ha detto la scienza in
persona? - Ho ascoltato!
Arrivederci signor Johnson, spero di incontrarla di nuovo, magari a Londra, per
ricambiarla del favore enorme che ci ha fatto. Signor Rovi, vogliamo vederci
questa sera in qualche bel localino? - Certamente,
appuntamento al Circolo Equatore alle 9 p.m., dove potremo mangiare, bere e
anche ballare, rispose Rovi, volgendo lo sguardo a Milly, che si dirigeva
verso la Rover. Verrà anche il nostro più che simpatico direttore. - Va
bene. Va bene. Arrivederci. Salirono
sulla jeep, che con uno strappo partì in quarta. In breve tempo uscì fuori dal
campo visivo, anche perché la Rover si trovò subito incuneata in mezzo ai
trabiccoli, sia spinti a mano, che trainati da animali. Oltre che tra i molti
veicoli a motore, che per la loro numerosità danno qui un “non so che” all’atmosfera
nairobina. Johnson -
Simpatici giovani, sono contento di averli aiutati Rovi – Tutto
tornerà a merito suo, ma per la questione della testa cornuta del direttore
dello Stanley, è vero o…no? - Così
dicono in città, io non ho assoldato alcun detective per verificare l’autenticità
di questa nomea. Ah! Vedo che i boys hanno finito di portare i bagagli nel
vostro villino. A che ora devo far servire il pranzo? - Alla
solita! Adesso sono le 11, benissimo a mezzogiorno… Direttore la saluto, perché
voglio buttare per almeno una mezzoretta le mie stanche membra su un soffice
materasso. La zanzariera è del tipo dell’anno scorso? - Si è
dello stesso tipo! - Arrivederci,
disse Giorgio stringendo la mano di Johnson. Good Bye! L’italiano
si diresse verso l’uscita della veranda. A due a due scese gli scalini e si
allontanò lungo il sentiero ghiaioso, che costeggia i vari cottages nascosti in
mezzo alla flora tropicale. Ogni tanto un prato all’inglese. Cespugli spinosi
qua e là. Bellissimi fiori, dei quali non si ricordava mai il nome, spuntavano
come dal nulla, o in mezzo all’erba. A passo
sempre più svelto, proseguì per un sentiero a destra e poi girò di nuovo alla
sua sinistra. In quei luoghi tutto era ombreggiato ed il sole, che ormai stava
per raggiungere lo zenith, si poteva scorgere solo dai riflessi, che penetravano
come punte di lancia attraverso la folta vegetazione. Scansò due bimbi, che giocavano
a palla e, finalmente, salutato da un boy indigeno con un jambo, entrò nel suo
villino. Guardò
tutto il suo bagaglio ammonticchiato nell’ingresso, e proseguì per il bagno. Si
fece una gagliarda doccia e con l’accappatoio tutto sgocciolante entrò nella
camera da letto. La stanza
assai spaziosa era arredata con un letto a due piazze, aveva un’ampia
zanzariera, alcuni divani, un bell’armadio guardaroba e alcuni quadri appesi
alle pareti. Sì! Si
ricordava…! Era stato già un’altra volta in quel villino. I quadri di quelle
donne nude gli erano rimaste impresse nella mente. Chiuse
accuratamente la porta, non senza aver ordinato al boy di portagli il pranzo, quando
avrebbe suonato il campanello. Attraversò la stanza, levò l’accappatoio e,
alzato un lembo della zanzariera, si gettò nudo come un verme sul letto. Non si
sentiva volare una mosca, solo qualche zanzara, e quel posto ne era pieno,
notte e giorno. I raggi del sole penetravano debolmente attraverso l’ampia
finestra. Pensò che tra poco si sarebbe sfamato e, dopo, avrebbe fatto una
bella dormita fino alle 7 di sera. Pian piano si addormentò. INTANTO
ALL’HOTEL NEW STANLEY, NEL CENTRO DI NAIROBI John
ormai si era riposato abbastanza, e si alzò dal letto, dopo aver levato il
braccio di Milly dal suo petto. Si fece una doccia e incominciò a vestirsi. Milly: ciao
tesoro, come mai ti stai vestendo? Che ore sono? - Sono
le 8, fece lui. Mi sembra che sei un po’ assonnata, o che tu stia ancora
dormendo! Milly: scherzi?
Io sono sveglia eccome, e si alzò dal letto. Facendo così
Milly si era scordata della zanzariera, che si afflosciò ai suoi piedi. - John: vedi,
come eri sveglia. Vatti a fare una doccia fredda, cammina… - Come
vuoi, bwana marito e, avvolta nella sua vestaglia, si diresse spedita verso
il bagno
CONTINUA:
NAIROBI, AL CIRCOLO EQUATORE p.s. Attualmente (novembre 2022) sto lavorando alla stesura di una: BREVE INTRODUZIONE ETNO-ANTROPOLOGICA AI POPOLI DEL KENYA. IN QUESTO PAESE DELL’AFRICA ORIENTALE HO AVUTO MODO DI EFFETTUARE DUE SESSIONI DI RICERCA. LA PRIMA NELLA CITTA’ MULTIETNICA E MULTICULTURALE DI ISIOLO, A NORD DEL MONTE KENYA. LA SECONDA TRA I POPOLI NOMADI, TRANSUMANTI E SEDENTARI (TURKANA, MERILLE, BORANA, RENDILLE, ELMOLO) LOCALIZZATI INTORNO ALLE SPONDE DEL LAGO TURKANA (GIÀ RODOLFO), KENYA NORD-OCCIDENTALE. |