Elefanti nell'Amboseli National Park, 2012 (CC Some Rights Reserved Amoghavarsha JS amoghavarsha.com) |
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Lasciata Nairobi, la Land Rover correva verso sud-est, lungo la foresta illuminata dai potenti fari, che creavano un fantasmagorico gioco di ombre.
La notte ai tropici è bellissima. In alto, nel cielo,
brilla la Croce del Sud, che qui ha preso il posto della nostra Stella Polare.
Gli animali propri dell’Africa: scimmie, leopardi, leoni,
facevano sentire la loro musica orchestrata. Sembrava che, da un momento
all’altro, un leopardo potesse balzare sulla macchina, o che un elefante
disturbato dalla luce, che gli doveva sembrare assai indiscreta, potesse attraversare
la strada, o addirittura bloccarla!
Ogni tanto si attraversava un villaggio, un povero agglomerato di capanne, dove tutto era profondamente addormentato. Solo qualche cane, svegliatosi per il rumore del motore, assisteva alla corsa notturna della Rover, abbaiando con insistenza.
L’aria era umida e piuttosto afosa. La luce dei fari, protetti da un robusto reticolato, illuminava nugoli di zanzare.
Nell’abitacolo del veicolo, Giorgio era pienamente preso dalla guida. Non
potendo usare la pipa prediletta, fumava una sigaretta. Ogni tanto la mano
sinistra lasciava il volante, per tirare qualche boccata. Poi buttò il
mozzicone.
Malgrado i parecchi scossoni, la Land raggiungeva i 70
all’ora di media, su quella che solo il più ottimista degli uomini avrebbe
potuto chiamare strada. Già! Era tutto, fuorché una strada! Una carrareccia a
gobba d’asino, ciottolosa. Con buche, che nella stagione delle piogge si sarebbero
trasformate in profondi acquitrini, che avrebbero preso nella loro morsa gli
sventurati veicoli, che vi sarebbero transitati.
Di tanto in tanto bisognava anche fermarsi. Aiutato dal giovane
Moussa, che gli sedeva accanto, bisognava infatti togliere qualche ramo
contorto, che sbarrava la strada. Forse appartenente ad un albero divorato
dalle termiti, o crollato durante la passata stagione delle piogge.
Moussa e l’anziano Little Jack, che sedeva dietro, erano due ex bracconieri. Quest’ultimo gli era stato caldamente consigliato da Tom. Così aveva voluto che partecipasse all’escursione. D’altronde era un profondo conoscitore del posto, quindi una garanzia assoluta!
Del resto Little Jack più volte era stato messo in gattabuia dai poliziotti [guardacaccia-rangers], che pattugliavano le riserve.
In passato con le frecce avvelenate aveva infatti ucciso diversi
elefanti e svariati altri animali, solo per mangiare qualche appetitoso pezzo
di carne (proboscide dell’elefante). O per cercare di commerciare con i Swahili
della costa le corna dei rinoceronti abbattuti. Che, triturate, sembra siano molto
apprezzate in Oriente (India) come afrodisiaci. Le protuberanze cornute dei rinoceronti
sono infatti pagate a peso d'oro dai vecchi e facoltosi raja indiani.
Dietro Giorgio e Moussa c’erano Milly e John.
Milly era addormentata. Con tutto che quella sera era andata prestissimo a letto, non aveva resistito alla tentazione di farsi un buon sonnellino.
Nonostante i frequenti sbalzi e i continui scossoni, che ad
ogni piè sospinto facevano sussultare la camionetta, continuava a sognare le
sue bestie feroci, con il capo reclinato sulla robusta spalla del professore di
filosofia.
John invece stava in stato di dormiveglia. Anche perché,
per cercare di tenere gli occhi aperti quel tanto che basta per sostenere erga
omnes che si è svegli e coscienti di sé, con l’orecchio destro tentava con
il suo “all transistors” di ascoltare i programmi di musica leggera,
immancabili nelle trasmissioni radiofoniche notturne.
Infine, dietro ai quattro, disteso come poteva, russava come
un ghiro Little Jack. Accatastate accanto a lui le vettovaglie, che dovevano servire
per l’intera giornata, qualche bibita, le macchine fotografiche di Milly e il
fucile per la caccia grossa e la macchina fotografica di Giorgio.
- “Non si sa mai”, aveva detto alla partenza dal
Norfolk a John, che gli aveva ricordato che non si può cacciare nella riserva.
- “Non siamo in Brasile dove lo S.P.I. [Serviço de Proteção aos Índios] ha dato ordine ai suoi uomini di farsi uccidere dagli indios, piuttosto che sparare ed uccidere, per difendersi dai loro funesti attacchi.
Siamo nel Kenya e se qualche stupido bufalo ci vuol far la pelle, avrà la sua razione di piombo, alla barba di tutti i regolamenti di questo mondo”. Stia tranquillo…
Come vede porto l’Express solo per precauzione…”
…
La Land Rover proseguiva veloce la sua corsa in direzione della frontiera con il Tanganyika [oggi Tanzania] e il Kilimangiaro.
Vennero superati altri
poveri insediamenti. Villaggi Kikuyu, Masai, Dorobo, capanne a cupola, a punta,
emisferiche e recinti per il bestiame rappresentarono l’unico diversivo per il
guidatore.
Ad un certo momento una bestia, più esattamente un felino, attraversò la strada con un guizzo. Giorgio frenò bruscamente.
La macchina ebbe
un’impennata. Milly con gli occhi tutti assonnati e preoccupatissima domandò
cosa stesse succedendo. Il vecchio bracconiere, che fino ad allora aveva
russato alla grande, tutto coperto dal bagaglio, che con la brusca frenata era
rotolato sopra il suo corpo, riempiendolo di bernoccoli, dovette suo malgrado svegliarsi.
Giorgio, ancora preoccupato per l’inatteso incontro, chiese
in kiswahili a Moussa che, sveglio come lui, forse poteva aver riconosciuto l’animale,
se fosse stato un leone.
- “No, bwana, essere stato tui, io visto bene”.
- “Che animale era Giorgio? chiese di rimando John,
alle sue spalle
- “Un leopardo, l’animale più sanguinario e astuto che esista
in Africa. Almeno così dice questo ex bracconiere. Non so come abbia fatto a riconoscerlo,
in meno di un attimo di secondo. Mah!
Dopo quella sosta, Giorgio ingranò la prima e con un balzo
la Rover continuò la sua marcia veloce.
Ormai era quasi l’alba. Gli uccelli cominciavano di nuovo a far sentire la loro voce melodiosa. I primi raggi del sole spuntarono, illuminando tutta la foresta. Erano giunti alla meta. A non più di una ventina di chilometri c’era il confine con la RUZ, la nuova Repubblica Unita Tanganyika-Zanzibar voluta da Julius Nyerere [1922-1999, Presidente della Tanzania dal 1964 al 1985] per cercare di porre un freno alla pericolosa ingerenza cinese a Zanzibar.
Già si vedevano le pendici del Kilimangiaro, ma non la
vetta, con il suo cratere più alto: il Kibo.
Giorgio sperava che forse verso le 9 sarebbe stata visibile
attraverso le nubi, che quasi costantemente circondano, come un alone misterioso,
la “Montagna dove hanno sede gli dei”. Così come sostengono le leggende Masai.
Dopo aver sbrigato le consuete formalità, d’obbligo
all’ingresso di ogni Parco e Riserva, la Land Rover lasciata l’entrata [Lemeiboti
Gate], si addentrò su una delle piste tracciate dal frequente passaggio dei
veicoli. Aveva rifiutato la guida, dato che lui ne aveva ben due: Moussa e
Little Jack. Oltre tutto quei due ex bracconieri, specialmente il più vecchio, -
almeno così riteneva -, forse erano stati addirittura riconosciuti dai
guardiani del parco. In quanto in più occasioni avevano dato loro la caccia. Rinnovando, anche nel Continente Nero, l’eterna lotta tra “guardie e ladri”….
Due rinoceronti, uno è un cucciolo, nella riserva di Amboseli,1958, Trotter Collection, Bristol Archives, British Empire & Commonwealth Collection, CC BY-NC-SA 4.0, 2001/090/1/1/25637 |
Ormai erano tutti svegli. La giornata prometteva bene. A
vista d’occhio si dilatava la magnifica prateria di erba elefantina, mentre la
boscaglia di euforbie a candelabro, acacie e sicomori era illuminata dai raggi
solari, che ne mettevano in risalto i diversi colori. Qua e là qualche baobab, il
gigante degli alberi, appariva ancora più imponente e maestoso.
- “Finalmente potrò fare conoscenza con qualche bestia
feroce”, esclamò Milly
- “Non credo che un leone, o tantomeno un rinoceronte, possano porgerle la zampa e dirle buongiorno. Ma se succedesse, bisogna che mi faccia conoscere questi ultimi esemplari di animali. Non si sa mai.
Potrebbe
darsi che abbiano pure la televisione a transistors e, mentre noi li
fotografiamo, magari annoiati stanno vedendo “Non è mai troppo tardi”
[prima trasmissione nel 1960, programma condotto dal famosissimo Maestro
Alberto Manzi]. Rispose ironicamente Giorgio.
- “Spiritoso! Ribatté un po’ stizzita. Lei prende
le cose sempre dal punto di vista letterale. Non ha un’ampiezza di vedute…
La pista ora si biforcava. Moussa consigliò a Giorgio di
prendere quella di sinistra, la più interessante dal punto di vista zoologico.
La Rover adesso andava molto piano. Si temeva che qualche
elefante da un momento all’altro potesse sbarrare la carreggiata.
Ad una svolta, dove la pista da ambo i lati era libera dalla
folta vegetazione, improvvisamente si presentò davanti ai loro occhi ciò che la
coppia inglese aveva sempre desiderato e sognato. Anche se il giorno prima avevano
appreso che il Kilimangiaro poteva essere osservato perfino da Nairobi, per una fortunata
serie di giornate limpidissime, che però potevano anche terminare. Ma da là era
tutta un’altra cosa!
Per un attimo i tre rimasero letteralmente senza fiato,
davanti all’affascinante visione!
La vetta più alta della grande montagna, il cratere concentrico del Kibo, era visibilissima.
La cima, che raggiunge i 6.000 metri, era tutta ammantata di bianco. Lo spettacolo era certamente grandioso.
La vetta, che si
può dire sia una cupola, grazie ad una lunga sella risulta connessa ad un’altra
sommità, quella del Mwanzi (4950 m). Un aguzzo picco chiazzato di rocce nere e ricoperto
dalla neve solo ad intervalli.
- “È fantastico! ruppe il silenzio John.
- “Ehi, Little Jack, Prendi le macchine fotografiche
della memsaab e la mia. Bisogna assolutamente fotografare lo straordinario spettacolo, che
Madre Natura una volta di più sta offrendo ai nostri sempre stupefatti sguardi,
disse Giorgio.
- “È realmente stupendo, fece Milly
Il vecchio ex bracconiere portò le macchine fotografiche:
una Leica e due Rolleiflex.
Tutti e tre imbracciarono le macchine. Per qualche tempo
gli unici rumori furono i clicks degli otturatori, che scattavano una foto dopo
l’altra.
- “Spero che queste foto a colori riescano bene. Hai
controllato attentamente l’esposimetro, John?
- “Sembra che sua moglie sia il tipo di pignola, che non
fa mai le cose, ma tende a farle fare sempre agli altri. O non è vero?
Aggiunse Giorgio
- “L’ho controllato… Come dice Giorgio? …. Ah, sì! Ha
veramente ragione. Piuttosto vorrei che lei dica qualcosa di questa montagna, che
sorge a tre gradi a sud dell’Equatore ed è ammantata di neve.
- “La storia?... Dico vuole avere qualche notizia
storica od etnografica?
- “Se possibile, tutte e due.
- “Va bene! Come lor signori vedono - ed incominciò ad assumere un’aria saccente da Cicerone di museo - questa montagna in realtà è un vulcano e non è soffocata dalla vicinanza di altri monti.
Solo il Meru, che si trova ad una quarantina di km, è la vetta più vicina alla “Montagna splendente”. Per il resto il Kilimangiaro si erge solitario ed isolato sulla pianura.
Devo continuare?
- “Prosegua, prosegua, ma si tolga quest’aria da guida
turistica, perché siamo anche capaci di darle una mancia. Alla fine, beninteso,
disse Milly
- “Non è che io rifiuti il denaro, ma… come vogliono lor
signori…
CONTINUA
Non avendo più molto tempo a disposizione, ho invece dovuto interrompere qui il mio racconto giovanile...