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sabato 4 novembre 2023

115. E' IN CORSO DI PUBBLICAZIONE SU AMAZON COME E-BOOK IL MIO NUOVO LIBRO. MAASAI. GENTI E CULTURE DEL KENYA

Moran Maasai. Indossa l’e-rrap, il morsetto per il braccio sinistro, ca. '1920

 

PRESENTAZIONE:IL PAESE, LE GENTI, IL LIBRO

IL LIBRO

   Il libro, come indicato dal sottotitolo, offre una panoramica generale sui popoli del Kenya. Il titolo "Maasai" è stato invece scelto per celebrare un popolo le cui imprese guerresche hanno lasciato un segno indelebile nella storia dell'Africa e nell'immaginario collettivo europeo.

   Il libro presenta una rassegna etno-antropologica delle principali tribù kenyote, suddivise in base a diversi criteri, quali economia, lingua, rapporto con il territorio e con gli altri popoli, elementi culturali. Alcune di queste tribù sono trattate in modo più approfondito, sia per la loro cultura in generale, sia per alcuni aspetti specifici, che la rendono particolarmente interessante.

   Sfogliando le pagine del volume, dapprima testo e fotografie condurranno il lettore tra le fertili White Highlands, contrassegnate dalla presenza di estese piantagioni di caffè e tè. Poi, discendendo sul fondo della grandiosa Rift Valley, potrà vedere coltivazioni, savana, foreste e laghi, a volte anche di soda. Come il Magadi, al confine meridionale con la Tanzania, che si può addirittura attraversare in macchina!

   Dirigendosi verso il nord del paese, incontrerà invece steppa, deserti e lugga [Letti asciutti di corsi d’acqua].  Perché quelle sono le terre dei nomadi Nilo Camiti e Cusciti. Allevatori in particolare di dromedari. Il cui stile di vita è spesso scandito da razzie e contro razzie di bestiame, più o meno sanguinose.

   Dal punto di vista storico, un rapido excursus lo farà tornare molto indietro nel tempo. Sarà così che si imbatterà nelle straordinarie scoperte della famiglia Leakey, che hanno saputo disegnare nuove date per l’evoluzione dell’Uomo. Poi un grosso balzo in avanti nella storia gli farà incontrare i primi invasori. Vengono dall’Europa (portoghesi)[Preceduti da indonesiani, arabi e persiani], ma anche dall’Arabia (Omaniti). Questi ultimi, dopo essere stati costretti ad abolire la schiavitù, da Zanzibar saranno in grado di esercitare ancora la loro sovranità sul paese, sia pure nominale, fino all’indipendenza del Kenya.

   Nel frattempo, a cavallo tra il XIX e il XX secolo, la ferrovia Mombasa-Kampala aprirà la strada alla colonizzazione britannica. Così un paio di testimoni saranno in grado di fornirgli qualche elemento in più su un’epoca nella quale molti africani non avevano mai visto un uomo bianco. Erano gli stessi tempi in cui si imponeva la Pax Britannica tra le varie tribù, organizzando spedizioni punitive. Come contro i Turkana del nord. Qualche decennio dopo, la fase terroristica dei Mau Mau sarà seguita dall’indipendenza (1963). 

I capitoli antropologici

   La rassegna è aperta dalla “cultura mista costiera” dei Swahili. Appartengono ai Bantu, a parte alcune realtà minori (Arabi, Shirazi). La loro è una cultura sincretistica, che ha saputo realizzare un’interessante civiltà urbana, densa di sviluppi nel campo dell’architettura, dell’arte, della letteratura scritta in caratteri arabi.

   Subito dopo con gli agricoltori sedentari Bantu, come i Kikuyu, il lettore saprà come il pagamento della “ricchezza della sposa” non equivalga alla compera di una moglie. Qui si inoltrerà nel “Mondo perduto” dei pescatori Bagiuni, vessati da una lunga pulizia etnica da parte somala.

   Il testo del successivo capitolo è tra i più corposi. Riguarda i Nilo Camiti e, naturalmente, i famosi nomadi pastori Maasai. Ampiamente conosciuti attraverso la letteratura e la filmografia, costituirono una formidabile barriera fisica alla penetrazione, prima afro-araba, poi europea, dell’interno africano. Del resto le loro razzie li spingeranno, non solo a Mombasa sulla costa, ma anche a molta distanza dalla loro terra. Fino al lago Nyassa, a ben 800 km di distanza.

   Solo Joseph Thompson, un coraggioso giovanotto inglese, riuscirà ad attraversare per primo la loro pericolosa terra. Giungendo indenne fin sulla sponda del lago Victoria. Il capitolo include anche elementi e fatti poco noti e indubbiamente interessanti. Tra i quali il “complesso del bestiame”, del resto condiviso da altri gruppi di allevatori, e il “governo diffuso”. Senza trascurare le profezie, per lo più avveratesi, del grande laibon (mago professionista) Mbatian, il cui nome figura oggi sulla più alta vetta del monte Kenya.

   Le tribù di lingua cuscitica Somali, Borana, Rendille sono anch’esse composte da allevatori, soprattutto di dromedari. Un accenno (più che sufficiente!) al complicatissimo sistema sociale dei gada (classi d’età) per i Borana, è seguito dalla importantissima cerimonia collettiva del galgulumi per i Rendille, che ogni quattordici anni si tiene in un gigantesco insediamento, che vede riuniti tutti i clan, sulla sponda orientale del lago Turkana, alle pendici del monte Kulal.

   Cerimonia che purtroppo mi “perderò” nel 1980, poiché avverrà un mese dopo la mia partenza dal Kenya. Al termine di quella che è stata la mia seconda ricerca antropologica sul campo. Infatti nel 1980 mi trovavo proprio in quel desertico e settentrionale lago, a non molta distanza dal luogo prescelto per l’occasione. Tanto da poter osservare un notevole incremento della presenza Rendille. La mia prima ricerca risale invece al 1976, ed è stata effettuata nella cittadina multietnica e multiculturale di Isiolo, a nord del Monte Kenya [Situata a 1.106 m di quota, contava 8 201 abitanti all’ultimo censimento del 1969. Erano invece 45 989 nel 2009]. Così ho ritenuto utile qui inserire estratti di entrambi i miei diari, Integrando, arricchendo e vivacizzando il testo, con narrazioni “dal vivo” di fatti, luoghi, situazioni, imprevisti, stati d’animo, emozioni, incontri con “l’altro da noi”.... [Così questo è anche un libro sul Kenya, come l’ho conosciuto e apprezzato durante i miei due lunghi soggiorni: dai confini con la Tanzania, a sud (lago Magadi e Rift Valley), a quello con l’Etiopia, a nord-ovest (lago Turkana) e a nord (Marsabit), alle sponde dell’Oceano Indiano, ad est (Mombasa, Malindi, Gedi).]

   La rassegna si conclude con i popoli considerati “marginali”. Pressoché sconosciuti al grosso pubblico, comprendono i cacciatori raccoglitori Bon delle intricate foreste costiere, ai confini con la Somalia; i Dorobo delle foreste dell’interno; i pescatori Elmolo del lago Turkana.

   Ho anche inserito brani dai libri, sia di Thompson, che di Teleki. Che con von Hohnel scoprì il lago oggi chiamato Turkana. Dandogli il nome di Rodolfo, in onore del Principe ereditario della Corona d'Austria[Meno di un anno dopo si sarebbe suicidato a Mayerling, assieme alla sua amante]. Inoltre ho aggiunto un paio di paragrafi relativi alla “scoperta”, nel XIX secolo (e nel 1952), degli sfuggenti cacciatori Bon.

   In appendice una galleria “etnografico-artistica” espone le miniature di dipinti raffiguranti i membri di numerose tribù kenyote riportate su 22 carte da gioco. Indubbiamente si inspirano ai ritratti realizzati da Joy Adamson [L’autrice di Nata Libera]. per il governo del Kenya, a partire dal 1949. Per l’attenta cura di dettagli, particolari e paraphernalia tradizionali, sono in grado di contribuire alla maggiore comprensione della variegata umanità kenyota.   

   Il libro, 155 pp, 248 note, è corredato da 154 foto (69 sono mie). Tutte le altre sono d’epoca, alcune anche abbastanza rare. Come quella relativa ad un altro famoso laibon: Lenana, figlio di Mbatian (ca. 1890) [Avrà l’onore di figurare sulla terza vetta più alta del monte Kenya]. 

.......

Seguiranno le versioni cartacee a colori e in bianco e nero. 

Oltre ad una non illustrata (salvo per 2-3 carte geografiche e demo-etnografiche), che ritengo possa essere utilmente impiegata nei corsi di Antropologia Culturale, Etnologia, Storia dell'Africa, Storia e Istituzioni dei Paesi afro-asiatici, Geografia.

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domenica 22 ottobre 2023

113. ECCO IL SOMMARIO DEFINITIVO DEL MIO ULTIMO LIBRO: MAASAI. GENTI E CULTURE DEL KENYA

 

Danzatore-suonatore di tamburo Chuka (© Franco Pelliccioni)

PRESENTAZIONE:IL PAESE, LE GENTI, IL LIBRO

1. INTRODUZIONE STORICA

UN SALTO NELLA PREISTORIA: SCOPERTE PALEONTOLOGICHE E PALETNOLOGICHE IN AFRICA ORIENTALE

STORIA ANTICA

L’AZANIA, LA “TERRA DEGLI ZENG, O ZENJ

I PRIMI EUROPEI ARRIVANO DAL PORTOGALLO

IL DOMINIO DEI SULTANI OMANITI

L’AVVENTO COLONIALE INGLESE: IMPERIAL BRITISH EAST AFRICA COMPANY (1887), PROTETTORATO DELL’AFRICA ORIENTALE BRITANNICA (1895), PROTETTORATO E COLONIA DEL KENYA (1920), RIVOLTA MAU MAU (1952-56). INDIPENDENZA (1963)

QUALCHE APPROFONDIMENTO STORICO

La creazione del Northern Frontier District (1909)

Due testimoni dei prodromi della colonizzazione britannica

Browne (1909-1916)

Storia della fondazione di Fort Hall tra i Kikuyu e i Maasai (1900). Nel 1907 giunge Winston Churchill

Yardley (1918), Kenya settentrionale: lago Rodolfo, Abissini [Merille?], Turkana, razzie, schiavitù, Somali

2. INTRODUZIONE GEOGRAFICA, DEMOGRAFICA, ETNO-ANTROPOLOGICA

LA PREZIOSA GALLERIA DI DIPINTI ETNOGRAFICI DEL KENYA: 22 POPOLI IMMORTALATI SULLA TELA DALLA TALENTUOSA ARTISTA JOY ADAMSON

3. LA “CULTURA MISTA COSTIERA”: I SWAHILI

INTRODUZIONE: LE “CONTAMINAZIONI” ETNICO-LINGUISTICO-CULTURALI AFRO-ASIATICHE

UNA STRAORDINARIA FONTE STORICA. IL PERIPLO DEL MARE ERITREO, PORTOLANO GRECO-EGIZIANO DEL I SEC. D.C.

L’AZANIA

CONTATTI CON L’ESTREMO ORIENTE: LE ESPLORAZIONI MEDIEVALI CINESI

I Cinesi in Africa Orientale: le fonti scritte

I Ming e le sette esplorazioni marittime di Cheng Ho, l'«Eunuco dei Tre Gioielli». Fonti scritte e iscrizioni su pietra

Tramonto di una straordinaria, avventurosa e misconosciuta epopea asiatica nell’Oceano Indiano

IL CONTRIBUTO ACCULTURATIVO PORTOGHESE

ALLA FINE DEL XIX SECOLO NEL FOLTO DELLA FORESTA EQUATORIALE COSTIERA È SCOPERTA LA MACCHU PICCHU AFRICANA, LA CITTA’ MEDIEVALE DI GEDI

LA CULTURA SINCRETISTICA SWAHILI

LA LINGUA SWAHILI, IL KISWAHILI

UTENDI WA INKISHAFI, CELEBRE POEMA CHE RIMPIANGE I FASTI DEL PASSATO

4. I BANTU, GLI “UOMINI”: GLI AGRICOLTORI SEDENTARI

MIGRAZIONI, ECONOMIA

UNA CARATTERISTICA CULTURALE: LA “RICCHEZZA DELLA SPOSA”

I KIKUYU E LA RIBELLIONE ANTIBRITANNICA MAU MAU, PER RIAVERE LA TERRA DEGLI AVI

IL MITO DELLE ORIGINI E IL PERCHÉ DEI NOMI FEMMINILI DEL SISTEMA CLANICO PATRILINEARE KIKUYU

I BAGIUNI

Il “mondo perduto” dei Bagiuni, tra le omonime isole somale, l’arcipelago di Lamu, la costa del Kenya: una “pulizia etnica” lunga oltre trenta anni

5. I NILO CAMITI: I NOMADI PASTORI

UNA CARATTERISTICA CULTURALE: IL “COMPLESSO DEL BESTIAME” TRA I POPOLI ALLEVATORI DELL’AFRICA ORIENTALE

I MAASAI

NELL’IMMAGINARIO COLLETTIVO EUROPEO, ARABO E AFRICANO

Nelle terre dei Maasai: Joseph Thompson (1883); la spedizione Teleki-von Hohnel (1888); Charles William Hobley (1929)

UNA STORIA REALMENTE BELLICOSA

SANGUINOSI CONFLITTI INTERTRIBALI (E INTRATRIBALI: IL “SUICIDIO” COLLETTIVO MAASAI) E LA “PAX BRITANNICA”

IL “GOVERNO DIFFUSO”, SISTEMA POLITICO DELLA SOCIETA’ ACEFALA MAASAI

Le profezie avverate del grande laibon Mbatian

6. I NILOTICI

I LUO

MIGRAZIONI DEI LWOO

7. LE POPOLAZIONI DI LINGUA CUSCITICA

SOMALI

BORANA

Il sistema sociale dei gada o classi d’età

RENDILLE

Il ciclo della vita tra i Rendille

8. LE CULTURE “MARGINALI”: I CACCIATORI RACCOGLITORI DOROBO E BON; I PESCATORI ELMOLO

DOROBO, CACCIATORI-RACCOGLITORI DELLE FORESTE

Il primo europeo ad incontrare i Dorobo, nel corso del suo coraggioso attraversamento della terra Maasai è l’esploratore britannico Thompson (1883)

GLI ELMOLO PESCATORI DEL LAGO TURKANA

Dalla scoperta europea (1888) al 2020

Alcune caratteristiche culturali

NEL 2019 LE PIOGGE CAUSATE DAL CAMBIAMENTO CLIMATICO E LA CONSEGUENTE CRESCITA DEL LIVELLO DELLE ACQUE DEL LAGO COSTRINGE GLI ELMOLO AD ABBANDONARE IL VILLAGGIO, PER PORTARSI SU TERRENI PIU’ ELEVATI

I BON (BONI, AWEER, WABONI), CACCIATORI-RACCOGLITORI DELLA FORESTA COSTIERA

I Bon oggi

Storia dell’avventurosa scoperta dei Bon nelle foreste costiere tra Somalia e Kenya

Nel 1952 l’incontro dell’etnologo Grottanelli con i Bon

9. APPENDICE: UNA GALLERIA ETNOGRAFICO-ARTISTICA “PARTICOLARE”

10.BIBLIOGRAFIA

CARTE

.....

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giovedì 6 luglio 2023

102. IL TITOLO DEL MIO PROSSIMO LIBRO: MAASAI. GENTI E CULTURE DEL KENYA

Coppia Maasai (© Franco Pelliccioni) 

In un paio di post precedenti avevo scritto che stavo lavorando alla stesura di una: Breve Introduzione Etno-Antropologica ai Popoli del Kenya

Infatti, sulla spinta della forte ondata emotiva, provocata dalla pubblicazione sul blog del mio incompiuto romanzo giovanile ambientato in Kenya, e risalente ad esattamente sessanta anni fa [le rimanenti quattro “puntate” rimarranno per sempre custodite nel cassetto…], da ex africanista avevo deciso che era tempo di elaborare un mio vecchio progetto sui “Popoli del Kenya”. 

Paese dell’Africa orientale dove negli anni ‘1970 e ‘1980 avevo effettuato due sessioni di ricerca. 

Prima nella cittadina multietnica di Isiolo, a nord del monte Kenya (è stata la mia prima ricerca antropologica sul campo!); successivamente tra i pescatori Elmolo del lago Turkana, nel desertico e semidesertico nord-ovest del paese. 

Come allora osservai, mi ero lasciato “trasportare” dalla mia vecchia abitudine di ricercatore “a tutto tondo”: biblioteca, archivio, Internet, diari di viaggio, diari di ricerca, registrazioni audio, diapositive. 

A Capodanno 2023 decisi che, per un periodo, avrei interrotto l’elaborazione del libro, per dedicarmi completamente a quello su Balene e ai Balenieri.

Ora, dopo la sua pubblicazione, ho ripreso a lavorare al libro del Kenya, in modo da ultimarlo per il prossimo autunno/inverno.

Poi mi potrò finalmente concentrare sugli Inuit dell’Artico canadese…

Di seguito titolo e sommario, sia pure provvisori.

MAASAI

GENTI E CULTURE DEL KENYA

PREMESSA

1. INTRODUZIONE STORICA

UN SALTO NELLA PREISTORIA: SCOPERTE PALEONTOLOGICHE E PALETNOLOGICHE IN AFRICA ORIENTALE

STORIA ANTICA

L’AZANIA, LA “TERRA DEGLI ZENG, O ZENJ

ARRIVANO I PRIMI EUROPEI DAL PORTOGALLO

ALLA FINE DEL XIX SECOLO NEL FOLTO DELLA FORESTA EQUATORIALE COSTIERA VIENE SCOPERTA LA MACCHU PICCHU AFRICANA, LA CITTA’ MEDIEVALE DI GEDI

IL DOMINIO DEI SULTANI OMANITI

L’AVVENTO COLONIALE INGLESE: L’IMPERIAL BRITISH EAST AFRICA COMPANY (1887), IL PROTETTORATO DELL’AFRICA ORIENTALE BRITANNICA (1895), Il PROTETTORATO E LA COLONIA DEL KENYA (1920), LA RIVOLTA MAU MAU (1952-56). L’INDIPENDENZA (1963)

La creazione del Northern Frontier District (1909)

Due testimoni dei prodromi della colonizzazione britannica

Browne (1909-1916)

La storia della fondazione di Fort Hall

Yardley (1918)

2. INTRODUZIONE GEOGRAFICA E DEMOGRAFICA

3. INTRODUZIONE ETNO-ANTROPOLOGICA

4. LA “CULTURA MISTA COSTIERA”: I SWAHILI

IL PERIPLO DEL MARE ERITREO, PORTOLANO GRECO-EGIZIANO DEL I SEC. D.C.

L’AZANIA

I CONTATTI CON L’ESTREMO ORIENTE: LE ESPLORAZIONI MEDIEVALI CINESI

I Cinesi in Africa Orientale

I Ming e le sette esplorazioni marittime di Cheng Ho, l'«Eunuco dei Tre Gioielli»

Tramonto di una straordinaria, avventurosa ed ancora misconosciuta epopea asiatica nell’Oceano Indiano

GIUNGONO I PORTOGHESI

SAWĀHIL

LA CULTURA SWAHILI

LA LINGUA SWAHILI, IL KISWAHILI

UTENDI WA INKISHAFI, CELEBRE POEMA CHE RIMPIANGE I FASTI DEL PASSATO

5. I BANTU: GLI AGRICOLTORI SEDENTARI

LE MIGRAZIONI DEI BANTU

LA “RICCHEZZA DELLA SPOSA”

I KIKUYU E LA RIBELLIONE ANTIBRITANNICA MAU MAU, PER RIAVERE LA TERRA DEGLI AVI

IL MITO DELLE ORIGINI E IL PERCHÉ DEI NOMI FEMMINILI DEL SISTEMA CLANICO PATRILINEARE KIKUYU

BAGIUNI

Il “mondo perduto” dei Bagiuni, tra le omonime isole somale, l’arcipelago di Lamu, la costa del Kenya: una “pulizia etnica” lunga oltre trenta anni:

6. I NILO CAMITI: I NOMADI PASTORI

LA CULTURA DEI NILO-CAMITI

IL “COMPLESSO DEL BESTIAME” TRA I POPOLI ALLEVATORI DELL’AFRICA ORIENTALE

I MAASAI NELL’IMMAGINARIO COLLETTIVO EUROPEO, ARABO E AFRICANO

Nelle terre dei Maasai: Joseph Thompson, la spedizione Teleki-von Hohnel (XIX secolo), Charles William Hobley (XX secolo)

I MAASAI: UNA STORIA REALMENTE BELLICOSA

SANGUINOSI CONFLITTI INTERTRIBALI (E INTRATRIBALI: IL “SUICIDIO” COLLETTIVO MAASAI) E LA “PAX BRITANNICA”

IL GOVERNO DIFFUSO: IL SISTEMA POLITICO DELLA SOCIETA’ ACEFALA MAASAI

Le profezie avverate del grande laibon Maasai Mbatian

7. I NILOTICI

I LUO

MIGRAZIONI DEI LWOO

8. LE POPOLAZIONI DI LINGUA CUSCITICA

SOMALI

RENDILLE

9. LE CULTURE “MARGINALI”: DOROBO, ELMOLO, BON

DOROBO

L’esploratore Thompson è il primo europeo ad incontrare i Dorobo, nel corso del suo attraversamento della terra Maasai

ELMOLO

NEL 2019 LE PIOGGE CAUSATE DAL CAMBIAMENTO CLIMATICO E LA CRESCITA DEL LIVELLO DELLE ACQUE DEL LAGO COSTRINSE GLI ELMOLO AD ABBANDONARE IL VILLAGGIO, PER RAGGIUNGERE TERRENI PIU’ ELEVATI

BON (BONI, AWEER, WABONI)

I Boni oggi

Storia dell’avventurosa scoperta dei Boni nelle foreste costiere tra Somalia e Kenya

L’incontro di Grottanelli con i Bon nel 1952

10.BIBLIOGRAFIA

CARTE

......

Il Kenya figura  nel mio GIRO DEL MONDO… IN 15 TRENI. TRANSCONTINENTALI E DI LUSSO, DI PENETRAZIONE COLONIALE E MILITARE, DEI CERCATORI D’ORO, DEGLI HAJJI, “ALPINISTICI, capitolo 3:"A bordo di un treno della celebre “ferrovia di penetrazione” Mombasa-Kampala: l'Uganda Railways, Kenya (1896-1901)", 

"(...) ha aperto la colonizzazione dell’Africa Orientale. 

Parte dall’Oceano Indiano e, dopo aver raggiunto Nairobi, arriva fino a Kampala, in Uganda.

Oltre ai soliti immancabili problemi incontrati nella sua costruzione, ha dovuto risolvere un’inaspettata complicazione in più, che nessuno aveva mai sperimentato altrove, né tantomeno immaginato potesse esistere… 

Poiché la linea era infestata dai leoni che, a quanto pare, preferivano mangiarsi gli indifesi operai indiani addetti alla sua costruzione…

[Come racconta il famoso film premio oscar Spiriti nelle tenebre (The Ghost and the Darkness) del 1996, con Michael Douglas].

Questo è stato il primo dei quindici treni sul quale ho viaggiato, sia pure in senso contrario: da Nairobi fino a Mombasa. 

Nei paraggi non ho scorto alcun leone, ma so bene che ce ne sono parecchi nel vicinissimo Parco Nazionale Tsavo".

 ......

Per chi fosse interessato a seguire il blog troverà ora in alto, accanto a Google Traduttore e al motore di ricerca interno,   il pulsante “Lettori Fissi”. Basterà cliccare il pulsante Segui.

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p.s. del 23.7.2023. 

Ho scoperto in questi giorni che il servizio E-Mail relativo al pulsnte "Segui" non è più attivo! Mi dispiace...

......

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N.B. Il blog è dotato di Google Traduttore e di un motore di ricerca interno

domenica 19 giugno 2022

34. UNA STORIA DELL'ANTROPOLOGIA IN 61 PERSONAGGI E UNA SPEDIZIONE INTERCONTINENTALE TRA AMERICA E RUSSIA: VOLUME I°, DA ADOLF BASTIAN A VINIGI LORENZO GROTTANELLI

Indio Bororo mentre sta per scoccare una freccia. Foto Steinen
[Karl von Den Steinen, 1855-1929. Spedizione nello Xingù (Mato Grosso,  Brasile) del 1887-1888, da: Unter den Naturvolkern Zentralbrasiliens, 1894] 

Quando nel lontano 1980 apparve il sesto volume dell’Enciclopedia della Curcio: Le Grandi Avventure dell’Archeologia, ero reduce da tre sole sessioni di ricerca antropologica sul campo (Africa, Mesoamerica): nel 1976 nella cittadina multietnica di Isiolo, a nord del Monte Kenya, nel Kenya settentrionale; nel 1978 nel piccolo villaggio di indios Huave di Santa Maria del Mar, nell’istmo di Tehuantepec (Oaxaca, Messico); nel 1979 nella cittadina multietnica di Malakal, nella Provincia del Nilo Superiore (Sud Sudan).

   Oltre agli usuali problemi d’ordine burocratico e alle difficoltà logistiche, che immancabilmente attendono al varco ogni ricercatore non “da tavolino”, a quei tempi già ero incorso in diverse “avventure”, tutte comunque andate a lieto fine. Così, dopo aver collaborato con diapositive (Messico, Grecia, Italia meridionale) all’apparato fotografico dell’Enciclopedia, pensai che sarebbe stato fantastico riuscire a realizzare l’“equivalente” antropologico! Progetto che a quei tempi era forse troppo grande per le mie “possibilità”, così che non andò in porto…

   Oggi ritengo che età ed esperienza mi consentano di presentare ai lettori questa nuova trilogia interamente dedicata agli Antropologi. Vi ho raccolto, debitamente illustrate da foto d’epoca, le schede di 61 personaggi. Oltre a quella relativa ad una spedizione antropologica intercontinentale, svoltasi tra America del Nord e Asia a cavallo tra il secolo XIX e XX.

   Se possiamo affermare che, in generale, conosciamo i contributi fondamentali apportati alla disciplina dai numerosi studiosi “incontrati” sul nostro cammino, al di là di teorie, idee, correnti di pensiero e scuole nazionali, sappiamo invece poco, o nulla, dei singoli e diversificati percorsi esistenziali. Infatti spesso, al di là delle righe scritte dai ricercatori, c’è esclusivamente il nulla. Ove ad hoc non abbiamo potuto approfondirne la vita. Circostanza secondo me determinante per comprendere appieno ciò che ritroveremo all’interno di un discorso scientifico. Se poi, per ipotesi, siamo in possesso di qualche elemento in più, spesso è lì, appiccicato nel vuoto “più spinto”, slegato dalla realtà, frammentato…

   Eppure gli uomini e le donne che hanno un “posto” in questa mia galleria virtuale, ciascuno nel proprio campo e nel proprio paese, sono personaggi indubbiamente d’eccezione e valgono, non solo per ciò che hanno fatto all’Università, o sul terreno. Tutti loro hanno difatti apportato straordinari contributi a scienza e conoscenza. Molti hanno avuto echi di portata mondiale e storica. E il loro vissuto continua tuttora a stupirmi. Poiché, man mano che mi sono addentrato nelle loro vite, sono rimasto sempre più colpito ed attratto da quelle che sono state le profonde passioni, che li hanno guidati sui loro strabilianti, se non unici, itinerari esistenziali e scientifici. Peraltro spesso in tempi ed epoche dove pressoché tutto risultava difficoltoso, pionieristico, pericoloso, impossibile. Poiché ci si doveva inoltrare con pochi mezzi, a volte anche con scarsi riconoscimenti, in terreni “geografici” e “culturali” prima di allora mai violati. Osservando e partecipando alla vita dei popoli più diversi, in particolare di quelli un tempo definiti “primitivi”. Rischiando spesso la vita.

   Sempre ricercando la Verità e le risposte a mille interrogativi, hanno studiato le sfaccettature culturali dei gruppi umani. “Diversità” che rendono comunque tutti noi “uguali”: nelle emozioni, nei sentimenti, nei bisogni primari, nella dignità umana… Così, al di là delle loro asettiche descrizioni scientifiche, ho sempre cercato di apprendere: come siano arrivati sul campo e perché, cosa e chi hanno incontrato.

   Trattando di Antropologi, non posso fare a meno di citare alcuni aneddoti personali. A cominciare dal fatto che, sia pure on line, anni addietro fui accettato come membro dallo storico Explorer’s Club di New York. Il primo risale agli ultimi anni della collaborazione all’Osservatore Romano (Terza Pagina e supplemento domenicale). Quando inaspettatamente scoprii in redazione, con indubbia soddisfazione, come fossi considerato l’Indiana Jones del giornale. In quel momento il pensiero mi riportò indietro di oltre una ventina d’anni. Allorché nel 1979, al mio rientro a Khartoum dalla prima ricerca sul campo a Malakal, il Direttore dell’Agip Sudan Ltd. mi svelò come nell’ambiente degli expatriates europei, dopo la mia determinata partenza per l’ignoto…, ero stato soprannominato: Dr. Livingstone. In effetti loro, che si spostavano nelle vicine oasi con almeno un paio di fuoristrada, cuoco e kit d’emergenza medico-chirurgica al seguito, erano rimasti “sconvolti” per il fatto che, poco dopo essere giunto nella capitale sudanese, ero intenzionato a spingermi per 850 km a sud, con un paio di valigie e il borsone con il registratore e la pesante attrezzatura fotografica di quei tempi. Attraversando in jeep il deserto fino a Kosti, per poi risalire lo storico Nilo Bianco su un vetusto battello a pale posteriori per quattro lunghissimi e straordinari giorni…

Guerrieri Zande, foto Czekanowski
[Jan Czekanowski, 1882-1965, spedizione germanica nell'Africa Centrale, 1907-1908]  

Questo volume contiene i primi venti protagonisti delle Grandi Avventure dell’Antropologia. Alcuni di essi si spinsero nelle inesplorate boscaglie del Mato Grosso e del Paraguay popolate dalle tribù indie - dove un italiano vi perderà la vita -. Ma si recarono anche tra i pellerossa delle praterie e dei semi-desertici altopiani del Far West. Per conoscerli, studiarli, registrarne i canti. Addirittura vivere con loro. Come loro. Cioè: “andando nativi”. In un caso cercarono anche di “difenderli”. Nell’Insulindia incontrarono i cannibali del Borneo e studiarono gli isolani di Alor. Nell’Asia sud-orientale si imbatterono nei popoli che vivevano sulle montagne e sopra le barche. Più volte attraversarono da ovest ad est il Continente Nero e nell’Africa centro-orientale scoprirono una moltitudine di popoli, mentre in quella occidentale un colpo di fortuna li fece incappare in uno straordinario “cantastorie”, un vecchio e cieco griot. In seguito dovettero anche prendere atto come egli appartenesse ad un popolo che sapeva dell’esistenza di Sirio B, stella nana visibile solo con il telescopio. E che dire di uno dei maestri dell’antropologia, che si interessò ai nudi Nilotici, ma anche ai Zande. Noti nella letteratura ottocentesca come Niam Niam, poiché cannibali? Ecco ora arrivare colui che, con le sue molteplici spedizioni, riscoprì prima di ogni altro lo spessore culturale delle civiltà autoctone africane. Infine un altro italiano a me molto caro, conosciuto quando ero ancora un ragazzo, scelse l’Africa come campo di ricerca. Trascorrendo la sua vita scientifica tra Etiopia, Somalia e Ghana. Anche gli Inuit, cioè quelli che prima del “politically correct” tutti noi chiamavamo “eschimesi”, hanno qui un loro pregevole testimone, che potremmo definire emico, cioè “dal di dentro”, avendo una moglie Inuit… Inoltre c’è una donna coraggiosa che, all’inizio del XX secolo, si spinse in Siberia fin sulle remote coste del Mar Glaciale Artico. Grazie ai Papua della Nuova Guinea. alle Salomone e alla Polinesia qui sono rappresentati anche gli isolani degli arcipelaghi dell’Oceania.

Guerrieri di Owa Raha, isole Salomone, con lance e clave scutiformi [a forma di scudo], foto Bernatzik, 1936
[Hugo A. 
Bernatzik, 1897-1953]

Al tedesco Adolf Bastian l’onore di aprire il volume: ha fondato a Berlino il primo Museo Etnografico al mondo e trascorso quasi un terzo della sua vita in lunghi e complessi viaggi intorno alla Terra e nei paesi più lontani e sconosciuti. Trasformando la sua inesauribile curiosità per il “diverso” in una straripante passione scientifica per l’Etnologia e l’Etnografia.

LE GRANDI AVVENTURE DELL’ANTROPOLOGIA 

Antropologi culturali, sociali, fisici, applicati, etnologi, etnografi, etnomusicologi, etnostorici. Vol. 1: da Adolf Bastian a Vinigi L. Grottanelli 

E-Book e versione cartacea in bianco e nero di grande formato (16,99 x 24,4), 171 pp., 87 note, 145 immagini

E-Book: https://www.amazon.it/dp/B07GKR6BKP


Versione cartacea: https://www.amazon.it/dp/1719852340

SOMMARIO

1. Le "idee elementari" delle culture umane: lo studioso tedesco Adolf Bastian, uno dei padri dell'etnologia contemporanea

2. Tra "gli spiriti delle foglie gialle": Hugo A. Bernatzik, uno dei massimi etnologi e viaggiatori austriaci"

3. Tra i miti e le realtà del Borneo favoloso: l’esploratore ed etnografo norvegese Carl Alfred Bock, uno tra i primi studiosi dei Dayaks

4. Un artista tra gli indios del Mato Grosso: Guido Boggiani, pittore, fotografo, esploratore ed etnografo, morto in circostanze misteriose

5. George Catlin, pittore-etnografo, spese la sua vita per difendere e far conoscere il mondo in rapida scomparsa degli indiani d'America

6. La saga di Ténatsali “Fiore medicinale”: Frank H. Cushing, uno dei più singolari esponenti della Storia dell’Antropologia

7. La polacca Maria Antonina Czaplicka e la sua ricerca sul campo nell’artico siberiano

8. Un polacco in Africa centrale: l’antropologo Jan Czekanowski protagonista della prima missione scientifica nei Grandi Laghi

9. Un genovese in Nuova Guinea: Luigi M. D'Albertis, primo europeo a esplorare la terra degli uccelli del paradiso

10. La grandiosa opera etnomusicologica di Frances T. Densmore sui canti degli Indiani delle Pianure

11. Lo Xingú, un remoto angolo di mondo: Karl von den Steinen con le sue complesse esplorazioni scientifiche nel Mato Grosso è il “padre dell'etnologia brasiliana”

12. Tra i "sapienti" Dogon del Mali: gli importanti studi sull'Africa occidentale dell'etnologa francese Germaine Dieterlen

13. Storie di vita nelle Indie Olandesi: l'antropologa americana Cora A. Du Bois nell'isola di Alor compì studi fondamentali sulla cultura e la personalità dei nativi

14. Fred Eggan antropologo moderno. Lo studioso statunitense che ha saputo coniugare etnologia storica e struttural-funzionalismo

15. Lo studio sistematico del popolo dei Nuer: Edward Evans-Pritchard, maestro dell'antropologia sociale britannica

16. Un "ragazzo" tra i Maori: l'antropologo neozelandese Sir Raymond Firth

17. Il “Grande Peter” degli Inuit artici: la vita avventurosa dell’esploratore e antropologo danese Freuchen

18. Con ricerche audaci e "fuori dal coro" l'esploratore tedesco Leo Frobenius rivoluzionò gli studi etno-antropologici, restituendo all'Africa la propria storia

19. Un appassionato studioso dell'Uomo dalle biblioteche alle piste dell'Africa occidentale: l'antropologo francese Marcel Griaule, maestro di generazioni di ricercatori

20. Lungo la via maestra dell'etnologia italiana, un nome su tutti spicca nella ricerca sul campo e nell'analisi teorica: quello di Vinigi L. Grottanelli


mercoledì 15 dicembre 2021

6. AREE GEOGRAFICHE E CULTURALI 1. LA FASE SUDAMERICANA “VIRTUALE”: 13/14-19/20 anni d’età, ca.: 1960-1966

 


Lotta tra indios nel Parque do Xingu 
( Marcello Casal- Agência Brasil)

PREMESSA

In più di un’occasione chi mi conosceva da poco tempo (colleghi, membri della Società Geografica Italiana, redattori del mio giornale) si domandava se fossi sempre io lo stesso antropologo, che aveva fatto ricerca in Africa, o tra gli eschimesi del Canada. 

Del resto nella Storia dell’Antropologia figurano diversi grossi personaggi, che hanno indirizzato i loro interessi con uguale efficacia, sia verso i tropici, che verso l’Artico. 

Il mio percorso esistenziale e scientifico nei decenni mi ha portato in continenti diversi. 

A partire, sia pure “virtualmente”, dall’età adolescenziale. 

Quando i miei studi erano pressoché completamente focalizzati sul Sud America.

Ma c’è ancora un'altra domanda che spesso mi è stata rivolta. Riguarda la mia laurea in Economia e Commercio, certamente ben lontana da quella in Lettere, forse più consona per un futuro antropologo. 

Ciò si deve al fatto che mia madre voleva che avessi un diploma, per poter lavorare (mio fratello non era riuscito a conseguire la licenza liceale). 

Così nel 1965, quando mi sono diplomato Ragioniere e Perito Commerciale, la Facoltà di Economia e Commercio era quasi l’unica alla quale poter accedere in quel periodo. 

Anche se, usufruendo di un Piano di Studi “aperto”, sarò in grado di sostenere esami in discipline insegnate a Lettere, Scienze Politiche, Magistero.

Ho ancora da dire qualcosa sull’Istituto Tecnico Maffeo Pantaleoni, dove entrai nel 1960. 

La mia sezione, la C, era sperimentale. 

Disponeva di tutti i laboratori. Invece di un anno di dattilografia, se ne fecero due (tolsero la Calligrafia). 

Il mio corpo docente era estremamente selezionato. 

Tutti i miei insegnanti avevano pubblicato libri, compreso quello di Religione, che era stato Cappellano della Folgore e ad El Alamein. Per quanto riguarda l’inglese, oltre a studiare la lingua direttamente sui libri della Oxford University Press (a quei tempi una didattica invero rivoluzionaria), ci si basava sulla grammatica di Gremigni, il mio professore, che l’aveva scritta assieme ad Amato (sarà mio insegnante all’Università). 

I.T.C. Maffeo Pantaleoni, V sez. C, a.s. 1964-65.
Sono il terzo da sinistra, in alto. Sono immensamente grato a Luisa Natali, alias "Tip Tap" su Facebook, per averla "postata" nel Gruppo del Pantaleoni 

Per completare l’aspetto linguistico, sposerò una ragazza sudafricana di Città del Capo (padre di discendenza scozzese, madre di discendenza francese): ben presto la mia seconda lingua diventerà l’inglese!

 

Giovani indie Kayapo, Stato del Pará, Brasile 
(, http://veton.picq.fr)

IL FASCINO DELL’AMAZZONIA. I PRIMI LIBRI DI SPEDIZIONI ESPLORATIVE, ETNOLOGICHE, ANTROPOLOGICHE

Da ragazzo, ancor prima di frequentare Biblioteche e Musei, mi ero notevolmente entusiasmato leggendo i resoconti delle avventurose imprese realizzate tra Amazzonia e Mato Grosso da diversi grandi esploratori ed etnologi. 
Ad esempio, quelle del colonnello inglese Fawcett. 
Scomparso nel nulla nel 1925, nel corso della sua ultima esplorazione sudamericana, alla ricerca di una civiltà perduta
E Fawcett, senza ombra di dubbio, rappresenta l’archetipo del moderno esploratore. 
È lui l’autentico e l’originale Indiana Jones
Perché l'autore delle avvincenti storie dell’archeologo-glottologo-avventuriero, un blend di scienza, azione e rischio in ugual misura, allorché disegnò personaggio e contenuti del suo personaggio non può non essersi ispirato alle imprese del colonnello. 
Specialmente a quella che sarebbe stata l’ultima sua spedizione, la più misteriosa di tutte!


Fawcett
Clark

E dire che ero venuto a conoscenza di questa importantissima figura della Storia delle Esplorazioni, leggendo un passo tratto da: I fiumi scendevano a Oriente
Altro libro di esplorazioni, che mi era stato regalato da mia madre per il mio quindicesimo compleanno (1961). “Per ciascun famoso colonnello Fawcett ci sono centinaia di uomini come lui, che sono scomparsi e dei quali nessuno ha più sentito parlare”. 
Così affermava nel 1946 il Presidente della Società Geografica Peruviana al già famoso esploratore Leonard Clark, anche lui un ex ufficiale. 
In procinto di spingersi nell’Inferno Verde dell’Amazzonia peruviana, dove vivevano indios tagliatori di teste (Jivaros) e cannibali.

A questi primi due libri, anno dopo anno ne avrei aggiunti tanti altri, non solo di pura esplorazione geografica, ma anche di scoperta scientifica, sia etno-antropologica, che naturalistica. 

Volumi che costituiscono vere e proprie "enciclopedie" dell'Avventura, dove tutto ciò che, di fascinoso e straordinario, esisteva al mondo, era realmente accaduto!

 LIBRI, RIVISTE, LIBRERIE, EDICOLE SPECIALIZZATE

Negli anni, incoraggiato da mia madre, un’insegnante elementare “vecchio stile”, amante della cultura, sono gradatamente transitato dai classici libri per ragazzi, Salgari e Verne ovviamente compresi, ai racconti autentici, diremmo oggi non fiction 
Letture alle quali, sistematicamente e con costanza, mi sono dedicato per anni. 
Dapprima sfogliando le pagine dei dieci volumi dell’Enciclopedia di famiglia (la Labor), dove osservavo le foto dei mille popoli dei vari continenti. 
Poi, avendo deciso di diventare da grande un etnologo (allora quello era il mio obiettivo), riserverò un’ora (tra le 21 e le 22) di tutti, o quasi, i giorni della mia vita alla lettura di libri. 
Che parlavano di popoli e tribù allora definite primitive (l’Istituto di Etnologia della Facoltà di Lettere della Sapienza di Roma un tempo si chiamava Istituto delle Civiltà Primitive). 
Descrivevano gli incontri con gli indios, l’attraversamento di giungle impenetrabili, la navigazione di fiumi maestosi e impetuosi. 
Così avrei compulsato i libri sulle spedizioni in Amazzonia del geologo Alfonso Vinci, un nostro italiano, che aveva anche insegnato in un’università venezuelana (Samatari, 1956), quelle di von Hagen, o il famosissimo Tristi Tropici, lo straordinario libro sugli indios brasiliani del grande antropologo francese Claude Lévi-Strauss, e tanti altri ancora. 
Volumi che figurano negli scaffali della mia biblioteca, diversificati a seconda della regione (o continente) e delle tematiche affrontate.

7

Flornoy


Lewis Cotlow


Intanto, mentre continuavo a frequentare la scuola secondaria superiore, iniziavo ad acquisire una conoscenza generale di base sulle aree culturali degli altri continenti. 

Leggendo, ad esempio, i libri di Fosco Maraini (Giappone), di Tucci (Nepal), di Quilici (Polinesia). 

Mentre mi sarei avvalso delle riviste Storia Illustrata, della Mondadori, e di Historia, della Cino del Duca, il cui direttore era allora il Prof. Cutolo, famoso e simpatico personaggio televisivo (ma anche docente universitario). 

Entrambe ospitavano in ogni numero interessanti articoli illustrati di etnologia e antropologia. 

Inoltre, proseguendo il contemporaneo apprendimento dell’inglese e del francese, senza essere socio o abbonato, riuscivo a reperire la rivista della National Geographic nelle fornitissime edicole di Via Veneto. 

Infine nel 1965, appena diplomato e subito iscritto all’Università, seguendo il consiglio del Prof. Grottanelli, che mi aveva consigliato di imparare il tedesco, all’epoca dominante nella letteratura etnologica mondiale, decisi di frequentare un corso di tedesco per un anno.   



E che dire delle assidue “ricognizioni” in un paio di librerie romane, per acquisire nuovi libri? 

La Gremese (di via Cola di Rienzo) e la Bonacci (di via Vittoria Colonna) 

Così, dopo il ripetersi delle mie “incursioni” all’interno delle due librerie, con relativi acquisti di libri con i soldi delle mie “paghette” settimanali, quando ad un certo punto sembrava che non ci fossero più nuovi arrivi nel campo etno-antropologico, ero uso vagabondare solitario tra le varie scaffalature. 

Anche servendomi di una scala, perché: “hai visto mai che sugli scaffali più alti posso trovare ancora qualcosa che mi manca”?

In un secondo tempo mi sarei comunque rivolto “all’estero”.

Saulnier

Qualche pregiato volume l’avrei infatti acquisito nella storica libreria francese (Piazza di S. Luigi dei Francesi). 
Ad esempio sulla Nuova Guinea il voluminoso e superbamente illustrato: Les Papous Coupers de têtes- 167 jours dans la prehistoire, di Tony Saulnier del 1960. 
Che racconta la pericolosa spedizione effettuata nel 1959 nell’interno inesplorato della Nuova Guinea olandese (oggi Irian Jaya), diretta dal documentarista ed esploratore francese Pierre-Dominique Gaisseau. 
Poiché area considerata estremamente pericolosa, tutti i suoi membri erano armati e la spedizione era scortata da sei poliziotti. 
In proposito, ricorda Saulnier, come: “i Mappi, tribù vicina degli Asmat, designassero un’altra tribù dell’interno, che non era mai stata contattata [dagli europei], con il nome di Mannuwaé (…) che voleva semplicemente dire: il nostro cibo” (Saulnier, pag. 36). 
Erano in effetti dei cannibali! 
Purtroppo, appena un anno dopo, in quello stesso settore costiero della Nuova Guinea occidentale sarebbe scomparso il giovane Michael Rockfeller. 
Probabilmente ucciso e, a quanto pare, viste le testimonianze nel tempo acquisite dalle forze di sicurezza, prima olandesi, poi indonesiane, anche mangiato dagli Asmat.

Nell’altra storica libreria inglese, la Lion Bookshop, allora in via del Babuino, tra gli altri volumi avrei acquistato White Waters and Black, di Gordon MacCreag del 1961 (1926). 

Riguardava una spedizione nella regione amazzonica tra il Rio Negro e Branco, ai confini tra Brasile e Venezuela.

 Gordon MacCreag


 

DOCUMENTARI TELEVISIVI E CINEMATOGRAFICI

Negli anni ‘1960 avrei “assorbito” ogni documentario disponibile, trasmesso sia dalla televisione, che proiettato nei cinema. 

A quell’epoca risalgono i documentari di Gualtiero Jacopetti (1919-2011), con l’apporto del naturalista Franco Prosperi (1928-) e quello dello scrittore Stanislao Nievo (1928-2006), 

Le sale cinematografiche erano sempre stracolme. 

Anche se per un “aspirante” cultore delle Scienze dell’Uomo (in proposito scrissi una recensione, rimasta ovviamente nel cassetto) avevano un “taglio” decisamente un po’ troppo sensazionalistico, un paio dei suoi documentari furono addirittura premiati con il David di Donatello (il primo fu anche candidato al premio Oscar, per la migliore colonna sonora, comprendente la celeberrima More di Riz Ortolani e Nino Oliviero). 

Mi riferisco a Mondo Cane 1 (1962), Mondo Cane 2 (1963), La donna nel mondo (1963), Africa Addio (1966).

Maria Nanni Germano

 LA MIA PRIMA “COLLABORAZIONE” BIBLIOGRAFICA E ICONOGRAFICA

Intorno al 1964-65 con i miei libri su Amazzonia e Brasile ho agevolato la realizzazione di un libro sul Rio delle Amazzoni della Prof.ssa Maria Nanni Germano, moglie del mio docente di Lettere dell’Istituto Tecnico Commerciale (Loescher, Torino, 1966).


CONTATTI, SIA PURE “INDIRETTI”, CON IL MONDO INDIO E AMAZZONICO:

MOTILONES DEL VENEZUELA

All’inizio degli anni ‘1960 fui letteralmente affascinato dalle parole di un carissimo amico di mio padre, che andammo a trovare a casa sua. 

Conoscendo il mio interesse per i popoli del mondo, mi mostrò un articolo riccamente illustrato, probabilmente pubblicato su Epoca. Riguardava una tribù di indios del Venezuela e le foto che avrei osservato, disse, erano particolarmente rare. 

Avrei poi scoperto il perché… 

Ricordo come le sue descrizioni fossero particolarmente dettagliate e andassero ad arricchire quanto riportato dall’autore del servizio. Marcello non aveva visto personalmente gli indios, ma c’erano stati suoi amici e colleghi di lavoro che si erano malauguratamente imbattuti in alcuni di questi indios, riuscendo comunque a scampare ai loro attacchi. 

Perché i Motilones, si tratta di loro, costituivano un popolo particolarmente bellicoso, che si serviva di archi e frecce per respingere le intrusioni dei bianchi, che tentavano di inoltrarsi nelle loro terre, localizzate tra le montagne della Sierra Nevada, a non molta distanza dalla grande laguna di Maracaibo e dai suoi ricchi campi petroliferi.

Quindi, sia pure indirettamente, quello fu il mio primo “contatto” con una tribù india “primitiva”. 

Va detto come l’amico di famiglia per ragioni politiche avesse lasciato l’Italia dopo la guerra, andando a lavorare come geometra in Venezuela, nel settore delle costruzioni, soprattutto di strade.

Oggi leggo sul Web che i Motilones, che vivono sia in Venezuela, che in Colombia, nel 1960 furono suddivisi in due distinti gruppi: Yukpas e Baris
Ciò in base ad un progetto di civilizzazione:proyecto civilizatorio emprendido por los Estados colombiano y venezolano” (“Motilones: from the «mansos» or «bravos» Indians to Yukpas and Baris (1910-1960)”, Marisol Grisales Hernández, pp. 71-72; Boletín Americanista, lxix, 1, 78, Barcellona, 2019, 71-90. PDF 23021-Texto del artículo-64924-1-10-20190730, 8.12.2021). 
Opera di pacificazione portata avanti da numerose spedizioni, che nel corso di mezzo secolo, dal 1910 al 1960, cercarono di “reducir o amansar a los nativos” a suo tempo definiti, a seconda delle loro reazioni nei confronti dei bianchi, “miti” o “selvaggi” (p. 78).  
Infatti “il 22 luglio del 1960 missionari cappuccini castigliani entrarono nel territorio dei Motilones del Catatumbo, sia via terra, che in elicottero, con l'accompagnamento di dodici Yukpas e diversi abitanti del villaggio; dopo essere scesi dall'elicottero nei pressi di due capanne indigene annunciarono la pacificazione e il primo contatto con i Catatumbo Motilones dalla parte venezuelana (…) Questo contatto ha permesso l'ingresso non solo di missionari ma anche di antropologi interessati allo studio di questa tribù, di cui fino ad allora si avevano solo pochi dati” (p.85).    


YANOAMA DEL RIO NEGRO, BRASILE


Biocca

Il mio, sia pure indiretto, “secondo contatto” con gli indios amazzonici, ha avuto diverse opportunità di estrinsecarsi nel tempo. Iniziando nel novembre del 1963 e terminando negli anni ‘1980. 

Il più lontano risale, infatti, al 1963. 

Quando nell’Aula Magna del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Roma furono annunciati alla stampa i risultati della missione scientifica italiana condotta nella foresta vergine equatoriale, a cavallo tra il bacino del Rio delle Amazzoni e quello dell'Orinoco, in Sud America. 

Spedizione diretta dal Prof. Biocca e composta, tra gli altri, dai Proff. Baschieri, Mangili, Bagalino, Ponzo. 

Scopo della missione era lo studio di una delle più "primitive" popolazioni del globo: i nomadi cacciatori-collettori Yanoáma (etnonimo che significa: "quelli del villaggio"), che praticano anche delle elementari forme di arboricoltura e di "agricoltura". 

Resoconto che avrei letto sul Messaggero il giorno dopo. Contemporaneamente venne diffusa l’eccezionale notizia riguardante la vicenda personale di Helena Valero. 

Donna di lingua spagnola rapita venti anni prima da un gruppo Yanoáma, quando era ancora una bambina. 

Dopo svariate peripezie, da pochi anni era riuscita fortunosamente a fuggire, ritornando al mondo dei bianchi. 

Tra l’altro proprio lei era stata l'inconsapevole filo conduttore della doviziosa ricerca sul campo, grazie al racconto della sua straordinaria esperienza di vita tra gli indios.

In quell'epoca riuscii ad ottenere dal Prof. Baschieri, direttore dello Zoo di Roma, una speciale autorizzazione per osservare ed ammirare i numerosi reperti biologici (per lo più animali imbalsamati) ed etnografici (armi, abbigliamento, copricapi di piume, ecc.), temporaneamente collocati nel Museo Zoologico, allora chiuso al pubblico. 

Ricordo che trascorsi una mezza e straordinaria giornata, osservando “rapito” il contenuto di quelle vetrine.

In seguito più volte compulserò, nella Biblioteca del CNR, i quattro voluminosi tomi dei Viaggi tra gli Indi. Alto Rio Negro Alto Orinoco. Appunti di un Biologo nel 1965-1966. 

Mentre acquisterò il resoconto integrale della vita della Valero, così come fu registrata dal Biocca (Yanoáma, dal racconto di una donna rapita dagli Indi, Bari, del 1965). 

Più tardi mi procurerò anche Mondo Yanoáma, sempre del Biocca, Bari, 1969. 

Nell’estate del 1968 con mia moglie e mio figlio mi trovavo in un campeggio di Albinia (GR). 

A quei tempi ero segretario del Liceo Classico di Orbetello. 

Una mattina (la sera prima ero stato a cena in un ristorante di Porto Santo Stefano) mi sentii così male, che la direzione del camping fece un appello, chiedendo se tra i campeggiatori ci fosse un medico. 

Un dottore così si presentò alla mia tenda. 

Venuto a conoscenza dei miei sintomi, disse che avevo una gastroenterocolite acuta e che, per sicurezza, dovevo subito andare all’ospedale di Orbetello. 

Il medico si chiamava Ezio Ponzo… 

Rimase molto meravigliato, come prima lo ero stato io, sentendo il suo nome, per il fatto che fossi a conoscenza della sua partecipazione alla missione amazzonica in qualità di psicologo (ma era anche un medico).

Nel 1975 scrissi un articolo su Cimento intitolato: Il Problema della Traduzione nella Antropologia Culturale, facendo esplicito riferimento alla pluriennale vicenda della Helena Valero. 

Articolo che anni dopo riproposi, sia pure in una veste diversa, sulla Terza Pagina dell’Osservatore Romano.

                               

Giovane Waika [Yanoama] pronto per la festa, 1973 (Ludwig Winklhofer, )

Nella prima metà degli anni ‘1980 scoprii che Franco Russo, il marito di una mia cara amica, negli anni ‘1960 era stato in Amazzonia, assieme al compianto Gerardo Bamonte (un amico americanista, che conoscevo fin dagli anni ’1970), quando erano studenti universitari. 

Là avevano avuto modo di incontrare la Valero e di registrare alcune interviste. 

La loro presenza nella foresta pluviale (dove, per la scarsità di cibo, in qualche occasione dovettero far ricorso alla carne dei serpenti che, a quanto pare, non era poi tanto male…) servì a “preparare” la spedizione Biocca-Baschieri. 

E dire che Gerardo non aveva mai fatto alcun cenno a quella loro avventurosa missione giovanile.

In seguito, mentre Gerardo iniziava con successo la sua brillante carriera accademica, Franco, se non ricordo male, era diventato un importante funzionario dell’ENI. 

Purtroppo sarebbe morto qualche tempo dopo il nostro incontro. Quando l’albergo di Istanbul, dove si trovava, andò a fuoco. 

Così, venuto a conoscenza del giorno del suo funerale a Roma, mi sarei subito dato da fare, riuscendoci, per avvisare Gerardo, in quei giorni in navigazione nel Mediterraneo a bordo di uno yacht. 

Ieri (26 dicembre 2021) prendendo in mano uno dei due libri di Biocca, ho scoperto che tanti anni fa vi avevo inserito un ritaglio di giornale (Mengoni G.,“Lui prof, lei india yanomani: quando l’amore è impossibile”, Il Messaggero, 1° febbraio 1997, pag. 10). 

L’articolo riguardava un antropologo, Kenneth Good (1942- ), che nel 1978, nel corso del suo soggiorno di ricerca tra gli Yanoama (oggi Yanomami), aveva conosciuto l’india Yarima, che allora aveva nove anni. 

Quattro anni dopo la sposerà con una cerimonia tradizionale e da lei avrà un figlio. 

Alla fine del suo lavoro, la porterà nel New Jersey, dove Yarima avrà altri due figli. 

Nel 1992 un team della televisione brasiliana Globo la raggiunse negli USA, scoprendo la sua infinita tristezza, perché non era riuscita ad adattarsi alla nuova situazione. 

Un anno dopo (1993) Yarima lascerà marito e figli, per tornare nella foresta. 

Dove si risposerà ed avrà un altro figlio. 

Un fotografo brasiliano, che l’aveva raggiunta, invierà una sua foto all’antropologo, che “stentò a riconoscerla: nuda con il corpo dipinto, il viso adornato da bastoncini sotto al naso e al labbro inferiore, col nuovo marmocchio sulle spalle, e venti chili di meno rispetto ai tempi in cui mangiava patatine e hamburger”.  

Sul Web scopro oggi il seguito. Good con David Chanoff aveva pubblicato nel 1997: Into the Heart: One Man’s Pursuit of Love and Knowledge Among the Yanomami. 

Inoltre nel 2011 David, uno dei loro figli, è tornato nella giungla per visitare la madre e, in seguito, ha avviato The Good Project, un'organizzazione no profit destinata ad aiutare il futuro degli Yanomami.

Anche se l’antropologo non ha ovviamente “rapito” Yarima, l’intera vicenda assomiglia molto a quella della Valero, sia pure a parti rovesciate…  

Un'ultima annotazione: non a caso il mio pseudonimo come Wikipediano è Yanoama...


Donna Waika [Yanoama] con il cesto per il trasporto, 1973 (Ludwig Winklhofer, )



中文(臺灣): 環形草屋的結構透視圖 (cinese di Taiwan): una vista prospettica della struttura della casa circolare con il tetto di paglia (shabono) (foto Kuliw, 2017 )

Il volume IV (E-Book e cartaceo) della mia tetralogia: ALLA SCOPERTA DEL MONDO. 
Archeologi, Esploratori, Grandi Viaggiatori, Geologi, Naturalisti, Paletnologi, include i seguenti personaggi che si sono interessati al Sudamerica: 

Lungo il Rio delle Amazzoni. Fu il luogotenente di Pizarro, Francisco de Orellana, che per primo discese il grande fiume

Quell'irrequieto misuratore della terra: Charles-Marie de la Condamine, matematico, geodeta nonché avventuroso esploratore

I Tropici visti da un prussiano. Nel 1804 il Barone Friedrich Heinrich Alexander von Humboldt, naturalista e geografo, ultimava la sua storica esplorazione in Sudamerica

La vita avventurosa di un paleontologo: il francese Alcide d'Orbigny, viaggiatore, naturalista e padre della micropaleontologia

L'uomo che esplorò la Guyana: l'esploratore e naturalista sir Robert H. Schomburgk, prussiano di nascita, al servizio dell'Inghilterra

John Louis Rudolphe Agassiz, lo scienziato celebrato da Longfellow. Zoologo, naturalista, paleontologo, glaciologo svizzero-statunitense

I tesori dissepolti del Perù archeologico: Max Uhle, uno tra i principali studiosi delle antiche culture andine

Uno dei grandi misteri della storia delle esplorazioni. "L'archetipo di "Indiana Jones", il colonnello ed esploratore inglese Percy Harrison Fawcett, scomparve nel 1925, cercando una fantomatica città perduta nel Mato Grosso brasiliano

L'Amazzonia di Alexander Hamilton Rice. Una singolare figura di esploratore, medico e geografo statunitense nel Sudamerica degli anni venti

Machu Picchu: la "Vecchia Cima" perduta tra le nuvole. La città degli Incas scoperta nel 1911 dall’archeologo americano Hiram Bingham

Avventure etnologiche di un grande geologo. Versatile e intrepida figura quella di Victor Oppenheim, scienziato franco-lettone, studioso del Sudamerica

E-Book:https://www.amazon.it/dp/B0837Y4DWD



Cartaceo: https://www.amazon.it/dp/1653579420