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sabato 13 agosto 2022

55. I PINGUINI DELL'EMISFERO SETTENTRIONALE

 

La Grande Alca. Incisione di Thomas Bewick, in: A History of British Birds, Volume 2, 1804

Fin dalla mia lontana indagine nelle isole scozzesi delle Orcadi, un pensiero mi ha costantemente accompagnato, a mo' di "tormentone", in tutti questi anni. Portandomi ad approfondire luoghi, circostanze, fatti, costumi e storia. 

L'antropologo, calatosi nei panni di uno Scherlock Holmes, indagando tra natura-storia-etno-antropologia, fame e… passate infamie, è andato di isola in isola, di arcipelago in arcipelago, da una sponda all'altra del grande oceano: Orcadi, Terranova, Fær Øer, St. Kilda, infine Islanda. Mettendosi testardamente sulle tracce… di un curioso animale scomparso. 

Nel tempo ho così osservato, avvicinato, conosciuto alcuni tra i luoghi dove si riproduceva. Qua uno scoglio, là una ripida scogliera, poi un isolotto, infine una grande isola. Tutti gli indizi in mio possesso facevano sì che esso fosse dato per estinto da oltre un secolo. Ma prove sulla sua esistenza non ne avevo, se non in qualche antica raffigurazione. D'altronde non era proprio così che affermavano, nel XIX secolo, alcuni studiosi con ipocrita sicumera? L'animale non era mai esistito. Chi l'aveva visto, aveva guardato male. Quindi, un puro parto di fantasia, forse solo un mito o una leggenda. Insomma, un altro dei tanti kraken dei sette mari, sia pure molto bonaccione. 

Eppure esso mi apparirà nel 1998. E' "solo" un grande uccello. Per le sue dimensioni, assomiglia a un pinguino. E ai piedi ha la sua discendenza! Un uovo… Ma non lo sta fecondando. Nonostante sia un esemplare sano e salvo - dagli altri, gli umani -. E' sì, ben conservato, ma anche altrettanto "impagliato". Al di là di una vetrina che gelosamente lo custodisce. Ricordandolo ai visitatori come uno tra gli ultimi esemplari di quella razza ancora visibili, sia pure all'interno di un'istituzione. 

Ecco infine l'alca gigante (Pinguinus Impennis), detto anche "uccello-lancia" (il geirfugel  vichingo), "becco-lancia" (spearbill - inglese - o arponaz - basco -) o, più comunemente, "pinguino del nord", nel Náttúrufræðistofnun Íslands, il Museo di Storia Naturale di Reykjavík.

L'alca gigante, appartenente alla famiglia degli alcidi, come urie e puffini, la cui presenza in Atlantico è ancora fortunatamente numerosa, aveva una caratteristica: quella di avere solo dei moncherini di ali, che non gli consentivano di volare. Ma di immergersi e di nuotare sott'acqua per catturare i pesci fino alla ragguardevole profondità di 100 m. 

Insomma, più che un uccello, ci troviamo di fronte ad una sorta di sommozzatore, che prendeva terra solo per  riprodursi, per poco più di un mese. 

Aveva un corpo grande (era alto 70 cm), grasso e muscoloso e sul terreno si muoveva con una buffa andatura ballonzolante da ubriaco. E per secoli, direi anche millenni, ha costituito un ottimo e abbondante bocconcino per gli umani. 

Perché si sono ritrovate rappresentazioni di alche nei graffiti rupestri norvegesi - 6200/2500 anni fa -. Ma anche numerosissime ossa nelle sepolture degli Indiani Marittimi arcaici di Port-aux-Choix, a Terranova - 4290/3500 anni fa -. Come avevo osservato nelle vetrine del Visitor Centre del Port au Choix National Historic Site. 

Eppure per secoli le colonie esistenti da una parte all'altra dell'Atlantico non avrebbero risentito di questa caccia.

Anche perché i singoli superpredatori umani "piluccavano" sul posto solo quanto bastava loro per la sopravvivenza. Non si erano ancora organizzati in gruppi per sterminarli scientificamente. 

Fino al tempo delle grandi imprese esplorative e commerciali dirette verso il Nord America. Ricordo solo: Jacques Cartier: "ognuna delle nostre navi ne ha messi sotto sale quattro o cinque barili, senza contare quelli che siamo riusciti a mangiare freschi" (1534) e Samuel de Champlain: "uccelli così abbondanti che si possono ammazzare a bastonate"(1620). 

Le colonie degli uccelli esistenti in Nord America davano modo agli equipaggi delle navi, che si avventuravano in quei mari subartici, di rifornirsi con  facilità di uova e carne. Le navi ben presto presero l'abitudine di ancorarsi nei pressi di alcune località ben specifiche, e gli uccelli, non solo i pinguini, diventarono l'alimento preferito di pescatori e, poi, degli stessi coloni. Più tardi ci si sarebbe riforniti anche per il viaggio di ritorno. Era infatti regola comune, per l'armatore, rifornire le navi di cibo per la sola andata.

Lo sterminio delle alche giganti si sarebbe terribilmente velocizzato quando: si iniziarono a raccogliere le uova fresche, distruggendo tutte le altre deposte da tempo (l'alca depone un solo uovo all'anno); vennero utilizzate per ricavarne olio; si raccolsero penne e piume per imbottire materassi, cuscini, sedie e poltrone. 

Nel 1802, dopo tre secoli di frequentazioni europee, l'alca gigante si estinse nel principale luogo di riproduzione di tutto il Nord America, l'isola di Funk, al largo della costa settentrionale di Terranova

Ma il massacro delle alche gridò vendetta. 

E l'ottenne, sia pure indirettamente! 

Nel XIX secolo numerosi furono i naufragi in quel settore nord-atlantico. 

Forse alcuni di essi potevano essere evitati se le alche fossero state ancora in vita. Per anni la loro numerosa presenza nelle acque dei Banchi aveva segnalato, alle navi in avvicinamento, l'approssimarsi di scogliere o di altre infide conformazioni rocciose. 

Zone, queste, dove la nebbia e il suo rapido propagarsi è una nota costante. 

Così l'English Pilot  poteva ancora avvertire nel 1774. Nel 1792 "questo sicuro punto di riferimento era oramai scomparso". 

Ancora all'inizio del XIX secolo nell'isola settentrionale di Papa Westray, nelle Orcadi scozzesi, c'era una coppia di alche. La femmina morì o venne uccisa. Un collezionista sparò al maschio nel 1813. 

Nel 1840 gli isolani di Hirta (St Kilda, Scozia) uccisero la loro ultima alca nei pressi del  faraglione di Stac An Armin, avendola scambiata per una strega. 

La presenza delle alche in queste isole è sicura, comunque, fino al 1829.

Alcuni esemplari del grande uccello rimasero in vita nell'isolotto di Eldey, un pilastro roccioso che per 77 m fuoriesce dall'oceano, al largo della costa sud occidentale dell'Islanda, a 14 Km dalla penisola di Reykjanes. 

Ancora all'inizio del secolo la colonia contava un centinaio di esemplari. Tra il 1830 e il 1843 almeno 50-73 uccelli (oltre ad un imprecisato numero di uova) passarono nelle mani dell'esportatore di Reykjavik Siemson. Finendo immancabilmente nei gabinetti naturalistici di mezza Europa. 

E sì! Perché le alche giganti erano ormai divenute autentiche rarità e, perciò, preziose per i collezionisti. Che così  contribuirono a versare a Eldey la "classica" ultima goccia letale per l'innocua razza di uccelli. 

Il 3 giugno del 1844 tre pescatori di Staður, Ketil Ketilsson, Jon Brandsson e Sigurdur Isleffsson, uccisero a bastonate due alche giganti per un collezionista, gli ultimi due esemplari della loro razza rimasti in vita in tutto il mondo. 

L'unico uovo che si trovava nel nido era già rotto!  E nel marzo del 1971 il Museo di Reykjavík acquistò per una grossa cifra, raccolta attraverso una pubblica sottoscrizione, in un'asta tenutasi da Sotheby's, a Londra, la sua alca. 

Essa aveva fatto parte della collezione di un nobile danese e, con ogni probabilità, fu a suo tempo uccisa proprio ad Eldey.

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                                                         ORCADI

lunedì 4 luglio 2022

43. VIAGGIO-RICERCA IN ISLANDA

 

Mappa dell'Islanda con l’itinerario seguito dall'A. Meno evidente è la linea che indica la rotta aerea tra Reykjavík e l'arcipelago delle Vestmannaeyjar, a sud-ovest dell'isola
 

L'ISLANDA

 Tra le isole e gli arcipelaghi inclusi nel mio Programma sulle Comunità Marittime dell’Atlantico Settentrionale avevo previsto un’indagine in un’isola-Stato, l’Islanda, appunto. Lavoro che avrebbe dovuto rappresentare lo sfondo, una sorta di “cornice-inventario” entro cui innestare una “ricerca sul campo” mirata, da realizzare nella piccola comunità di Heimaey, nell’omonima isola.

   L’Islanda è terra recente. Emergendo ca. 16 milioni di anni fa. Ed è paese giovane anche dal punto di vista politico. Non solo per l’indipendenza, conquistata non molti decenni addietro (1944).

 Prima dell’arrivo dei Vichinghi nell’874, l’isola era totalmente disabitata. Nei secoli il numero degli abitanti doveva fluttuare, e di molto. Anche a causa di una pressoché interminabile serie di catastrofi indotte dal rigido, spesso pericolosissimo, habitat. Tanto che alla fine del XVIII secolo la Danimarca pensò seriamente che sarebbe stato meglio far evacuare tutti gli abitanti superstiti dell’isola. Trasferendoli nella penisola continentale dello Jutland.

   Oggi lo sviluppo è totalmente incentrato sulla pesca, oltre che sullo sfruttamento delle risorse energetiche rinnovabili (le sorgenti naturali di acqua calda). A partire dalla metà del XX secolo, pesca e attività industriali correlate sono diventate la principale risorsa economica.

   Dal punto di vista linguistico, l’islandese ha mantenuto la sua forma originaria, cioè quella norvegese arcaica, nonostante il paese sia stato governato dalla Danimarca dal 1380 al 1918. Infatti la lingua è rimasta virtualmente non influenzata. La purezza della forma è stata assicurata grazie all’isolamento geo-spaziale e ad una solida tradizione letteraria. Ancora oggi l’Islandese differisce poco dal Vecchio Norvegese. Tanto che gli islandesi possono facilmente leggere le Edda medievali e le saghe. Perfino il glossario tende a rimanere puro. Poiché, a partire dal XVIII secolo, si è sempre accuratamente cercato di prevenire l’utilizzo di termini stranieri. Del resto oggi si tende ad evitare l’uso di terminologie scientifiche e tecnologiche comunemente diffuse in tutto il mondo. Rifiutando la globalizzazione lessicale, si adottano vocaboli alternativi originati da pre-esistenti forme islandesi. O se ne creano di nuovi, sempre però rispettosi delle antiche radici linguistiche.

IN SINTESI IL PROGETTO 

   Nella stesura del progetto a tavolino, il primo problema da risolvere è stato quello della mega-dimensione dell’Islanda, rispetto a quello che era sempre stato lo standard delle “mie” precedenti isole... Complicazione superata attraverso la ricerca intensiva ad Heimaey, che ha evitato di frammentare l’indagine in tanti mini-surveys tra località diverse. Inoltre, sia pure con un certo grado di inevitabile approssimazione, la comprensione delle realtà umane e culturali, etno-storiche e ambientali, naturalistiche e paesaggistiche dell’Islanda è stata avvicinata con una successiva ricognizione, sia pure a volo d’uccello, dell’isola. Servendomi della Ring Road (la Hringvegurinn), la strada statale n. 1, che gira intorno all’isola, ho infatti realizzato un lungo e complesso itinerario, che ha toccato località e comunità, che hanno costituito un importante complemento e integrazione della principale indagine di Heimaey. Ricognizione a sua volta preceduta dalla “visita” della capitale e delle regioni immediatamente a nord e a sud di Reykjavík.

                                            HEIMAEY

  Heimaey, nell’isola omonima, appartiene al gruppo delle Vestmannaeyjar (le "isole degli uomini occidentali", cioè gli schiavi di origine irlandese), localizzate al largo dell’Islanda centro-meridionale. Comunità scelta per le particolari caratteristiche geo-storiche e demografiche e per l’importanza che riveste nel panorama economico dello stato. E dire che gli isolani l’avevano dovuta forzatamente evacuare nel 1973 per un’improvvisa e drammatica eruzione vulcanica.

   La comunità presenta ancora altri motivi di interesse. Ad esempio dal punto di vista storico ricordo la "fondatrice" presenza degli schiavi irlandesi. Oppure le successive, inquietanti, distruttive, ripetute nel tempo, razzie dei corsari inglesi, che a partire dalla metà del XVI secolo vi si stabilirono per oltre un secolo. Fortificando con cura il loro insediamento. Fino a che furono scacciati dai commercianti danesi. E che dire delle incursioni dei pirati-corsari nord-africani (1627)?

   Infine, quale punto di osservazione migliore di quest’arcipelago si può individuare, in una terra, che sappiamo essere "relativamente" giovane geologicamente e tuttora in formazione? Pur non essendo un cultore delle scienze della terra, nello stesso tempo ero consapevole del fatto che tutte le sue diverse connotazioni geologiche e geo-topografiche non potevano, nei secoli, non aver inciso intimamente sul comportamento stesso dei suoi abitanti che, tra l’altro, nel 1963 furono attoniti spettatori della creazione di una nuova terra. Un’altra isola, che gradatamente prenderà forma sotto i loro occhi per l’eruzione (durata quattro anni) di un vulcano sottomarino. L’isola sarà chiamata Surtsey. Oggi ha una superficie di 3 Kmq e un’altezza massima di 150 m.

COSA TROVIAMO NEL LIBRO

   Premesso che tre capitoli sono dedicati ad Heimaey e all’arcipelago delle Vestmannaeyjar, il libro presenta vari spunti di interesse, non solo dal punto di vista storico ed etno-antropologico. 

Mucche al pascolo con lo Snæfellsnesjökull finalmente visibile sullo sfondo (© Franco Pelliccioni)
    Può essere visto, ad esempio, come un tour a tema vulcanico che, partendo dallo Snæfellsnesjökull, reso celebre da Verne nel suo Viaggio al centro della terra, dà modo al lettore di “avvicinare” altri dieci vulcani attivi (la metà di quelli esistenti nell’isola), uno dei quali sta ancora eruttando dall’agosto del 2014. Vulcani di cui, in un passato più o meno remoto, bastava solo pronunciarne il nome per venirne terrorizzati: Hekla, Laki, Askja. O come il Grímsvötn o l’Eyjafjökull, che ben più recentemente hanno provocato ingenti danni a terra e sconvolto per mesi, con le loro nubi di cenere, le rotte aeree euro-americane...

   Naturalmente è anche un viaggio in un mondo vichingo. Dove, grazie ai racconti delle saghe, possiamo ancora rintracciare luoghi e fattorie che hanno visto sia lo svolgersi delle azioni di “eroi culturali”, che l’insediamento dei coloni nordici in uno dei luoghi più duri e pericolosi del globo. Una terra poi che, dopo aver perso la propria indipendenza ed essere diventata una colonia, verrà trascurata e quasi “abbandonata” dalla madre patria, prima norvegese, poi danese. Diventando terra di conquista di pirati e schiavisti nordafricani e di corsari europei. Successivamente dominata da un avido monopolio commerciale senza scrupoli. Un’Islanda che per buona parte dell’anno resterà completamente isolata dal mondo. Spesso priva del necessario e dell’indispensabile per sopravvivere in un ambiente così drammaticamente ostile. Spietatamente più volte battuta da carestie, terremoti, eruzioni vulcaniche, finanche da una plurisecolare “Piccola Era Glaciale”...

   Visiteremo tre tra le città più interessanti d’Europa, anche dal punto di vista naturalistico. Un tempo autentici “rifugi” per la gente. Oggi “isole” naturalistiche circondate da fiumi e mari di lava: la capitale Reykjavík, l’attigua Hafnarfjördur, la nordica “simil-tropicale” Akureyri.

   Entreremo all’interno di quattro tra i più prestigiosi musei islandesi, incontrando perfino un pinguino del nord... Ma anche il “re merluzzo” sarà più volte oggetto di trattazione. Soprattutto quando sarà in grado di far scoppiare un’inconsueta guerra subartica. Ma sarà ancora la natura, spesso a braccetto con la storia, a fare sempre e comunque da padrona di casa. Perché, dove poteva essere situato l’Althing, il Parlamento degli Uomini Liberi vichinghi, se non laddove la gigantesca frattura tra la zolla continentale europea incontra quella americana? E che dire di quelle meravigliose straordinarie cascate di Gullfoss e Goðafoss, che nulla hanno da invidiare a quelle del Niagara?

  Poi, senza soluzione di continuità, storia, letteratura e tradizione si compenetreranno tra loro, alimentandosi a vicenda. Allorché si parlerà di personaggi come il bandito e fuorilegge Eirík il Rosso, un pluriassassino che ha fatto, incredibile a dirsi, perfino la Grande Storia. Spinto altrove, poiché esiliato dall’isola a causa delle sue nefandezze a ripetizione, sarà lui a scoprire una Groenlandia da colonizzare. Poi il figlio Leif, ricevuto dal padre il “testimone”, si porterà fino a Vínland, in un’America ancora precolombiana...

   Nelle pagine di questo libro non ci faremo mancare proprio nulla. Scopriremo, così, l’esistenza di un mostro omologo allo scozzese Nessie, come di pericolosissimi passi montuosi da superare

   “In diretta” attraverseremo in automobile il remoto e desertico centro dell’Islanda, passeggiando poi, un brivido dopo l’altro (non solo per il continuo passare dal gelo al caldo), nel cratere di un vulcano capace di eruttare in qualsiasi momento

  Organizzeremo una mini-spedizione nel lunare vulcano Askja, dove apprenderemo della passata presenza degli astronauti dell’Apollo, come di misteriose sparizioni. 

   Ci imbatteremo in una Pompei in miniatura, la fattoria di Stöng dissepolta dalla cenere eruttata nel 1104 dall’Hekla e di come un’ascia ereditata, che era appartenuta al suo antico bóndi, abbia realizzato dall’altra parte dell’Atlantico, a distanza di circa duecento anni, le rune che decenni prima avevo osservato all’interno della straordinaria tomba ipogea di Maeshowe

   Lasceremo l’antica fattoria di Núpsstaður, non come si è sempre fatto per secoli, cioè a dorso di un pony islandese e con l’aiuto delle guide della fattoria, e attraverseremo lo Skeiðarársandur, un'immensa pianura alluvionale (sandur) “tra le aree maggiormente desolate del mondo abitato”.

Ma c’è ancora dell’altro, che lascio ovviamente alla curiosità e all’interesse del lettore. Non senza infine ricordare come, tra i viaggiatori del passato, che si avventurarono in questa terra ai confini dell’Europa, c’è persino l’«uomo che volle diventare Re»...

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ATTRAVERSO IL DESERTICO SKEIÐARÁRSANDUR, UNA DELLE REGIONI PIÙ REMOTE DELL’ISLANDA, SI GIUNGE A SKAFTAFELL, LA PORTA D’ACCESSO AL PIÙ GRANDE GHIACCIAIO D'EUROPA, IL VATNAJÖKULL, CHE NASCONDE LA POTENZA DISTRUTTIVA DI TRE VULCANI

"Per un lunghissimo periodo di tempo questo era uno dei più remoti distretti dell'isola. Non a caso la principale strada ad anello dell'Islanda - la n.1 – venne completata solo nel 1974. Collegando l'Islanda orientale al resto del paese, grazie alle moderne tecnologie ingegneristico-costruttive, che resero possibile realizzare tre lunghissimi ponti nell'immensa area dello Skeiðarársandur.

Da uno dei ponti che attraversano la pianura alluvionale dello Skeiðarársandur, alcune delle dighe che hanno lo scopo di frenare la furia degli jökulhlaup. Sullo sfondo due ghiacciai del Vatnajökull
(© Franco Pelliccioni)

 

   Un terreno fino ad allora percorso dai coraggiosi viaggiatori, che lo attraversavano in sella ai forti ponies islandesi, servendosi soprattutto delle guide della fattoria di Núpsstaður. Come per secoli si era sempre fatto per poter arrivare nell'est, dall’altra parte dell'isola, seguendo il profilo costiero. Viaggiatori che, non volendo sobbarcarsi l'alternativo giro settentrionale lungo 1100 Km, sfidavano spesso la sorte effettuando l'infido attraversamento. Reso ancora più temibile, se possibile, da venti violenti e tempeste di sabbia o neve in ogni mese dell'anno...

Viaggiatori sostano in un villaggio. La donna seduta sul Kvensöðull, il sellino laterale, ha il tradizionale cappello “crestato”…

   Con ancora maggiore forza si esprimerà nel 1991 l’inglese Ives, che questa regione conosce bene. Per motivi scientifici c’è stato almeno quattro volte: come studente undergraduate (BA in Geografia) dell’Università di Nottingham e leader di una spedizione geologica e glaciologica composta da colleghi e due docenti nel lontano 1952, 1953, 54, la quarta volta nel 1987: oggi la costa sud-orientale dell’Islanda, dalla vecchia fattoria di Núpsstaður (...) fino alla prospera cittadina portuale di Höfn i Hornafjördur, potrebbe essere considerata tra le aree maggiormente desolate del mondo abitato. Qui una stretta, irregolare e accidentata striscia di terra, circa 120 km da ovest ad est e ampia tre chilometri, tra il grande ghiacciaio del Vatnajökull e il grigio Atlantico, dà asilo in fattorie sparse a poche centinaia di islandesi”.

   (...) Da questa fattoria oggi, grazie alla Ring Road, ha inizio il mio attraversamento del più grande dei sandur meridionali (circa 1000 Kmq di fango, sabbia e ghiaia), nella regione quasi completamente desertica dell’Austur-Skaftafellssýsla, dove c’è il concreto rischio di venire attaccati, nel caso si ritengano minacciati, dai grandi e aggressivi stercorari (Stercorarius skua), che qui hanno uno dei luoghi preferiti di riproduzione.

   (...) Il geomorfologo e glaciologo Ives ricorda come durante gli anni 1930 diversi studiosi a dorso di ponies attraversarono lo Skeiðarársandur (le “sabbie” occidentali dell’Hérad milli sanda”) per recarsi a Skaftafell. In questo “gli agricoltori di Skaftafell con i loro famosi vatnahestar (“cavalli d’acqua”) erano vitali per riuscire a superare il pericoloso ostacolo dello Skeiðará (...) ma alcune piccole cose sono cambiate (...) tra il 1929 e il 1936 si stabiliva una linea telefonica; nel 1935 diverse unità mini-idroelettriche, sfruttando i corsi d’acqua, accendevano qualche lampadina; c’era la radio. Ma il postino arrivava una dozzina di volte l’anno, non c’era né il dottore, né il sacerdote. Solo una levatrice e un insegnante itinerante, che viveva nelle diverse fattorie per brevi periodi di intensa istruzione. Gli uomini con i loro ponies viaggiavano attraverso sandur e fiumi un paio di volte l’anno, sia verso ovest, a Vík i Mýrdalur, che verso est, ad Vopnafjördur”. Viaggio per vendere i prodotti e acquistare provviste, che richiedeva giorni o addirittura settimane. Una dura necessità che terminò nel 1916, quando lo Skaftafellingar, piccola imbarcazione a motore, ancorandosi sul lato orientale di Ingólfshöfði, giungerà con le provviste da Reykjavík che, non senza qualche rischio, saranno portate a riva su piccole imbarcazioni a remi.

   Nel 1987, nel corso dell’ultima missione, Ives osservava come ormai “sono rimasti solo tre dei famosi “cavalli d’acqua”, Hæðir non ne ha nessuno e l’automobile regna anche in quest’inverosimile paesaggio”.

L’attraversamento a guado di un fiume. Dovevano essere come questi i vatnahestar dello Skaftafell, i famosi “cavalli d’acqua” menzionati dal glaciologo Ives (Incisione di F.W.W. Howell, 1893)

La spedizione dell’Università di Nottingham degli anni 1950

   Nel 1952 Ives arrivò a Skaftafell su un pony. Anche se il viaggio da Reykjavík, non solo sarebbe stato più breve del solito, ma soprattutto avrebbe evitato di attraversare lo Skeiðará. Grazie al volo settimanale del Douglas DC 3 Dakota delle Flugfélag Íslands, che dal 1946 atterrava su una primitiva pista sita sulla striscia di sabbia nera di Fagurholsmyri, nei pressi dell’omonima fattoria e del villaggio di Hof.

   Nel 1953, dopo un volo di 1,30 ore, i dieci membri della spedizione dell’Università di Nottingham e un paio di tonnellate di materiale “atterrarono su una piccola pista accanto ad una fattoria chiamata Fagursholmy, l’accampamento fu stabilito alcune miglia a sud del Vatnajökull e si fece un altro campo sul ghiacciaio. Le provviste e l’equipaggiamento furono caricate su un vecchio camion a sei ruote, i dieci si arrampicarono a bordo e partimmo diretti a nord attraverso il sandur, un’area composta da detriti fatti scendere nei secoli dagli sfoghi dei ghiacciai del Vatnajökull. Abbiamo impiegato 4 ore per fare 10 miglia lungo il lato orientale del sandur, passando una dozzina di piccole fattorie dislocate tra il sandur e le inospitali montagne, Il nostro progresso era impedito da fiumi e torrenti che precipitavano dalla calotta di ghiaccio. L’unica strada era una pista consumata sulle parti più asciutte e i fiumi turbinosi dovevano essere guadati dove il letto era più ampio e senza canali profondi. Ad un certo punto in questo viaggio tortuoso il camion si impantanò per un quarto d’ora, in mezzo ad uno dei fiumi più ampi. I letti dei fiumi cambiano giorno per giorno, perché i detriti sono trascinati via da un posto e depositati in un altro; spesso canali profondi sono scavati sul fondo dei fiumi ed è impossibile per i veicoli attraversare. I ponies sono gli unici mezzi di trasporto”.

Da: AI CONFINI D’EUROPA. VIAGGIO-RICERCA NELL’ISLANDA DEI VULCANI, DEI GHIACCIAI, DELLE SAGHE, DEL MONDO VICHINGO

E-Book, versione cartacea a colori e in bianco e nero, I e II ediz., 297 pp., 150 note, Bibliografia, Mini-Glossario geografico, 346 immagini, di cui 304 a colori (284 sono dell'A.)

 




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SOMMARIO

1.PREMESSA 

1.1 La Ricerca Antropologica 

1.2 Il “case-study” ad Heimaey 

1.3 I side-surveys islandesi 

1.4 Il side-survey groenlandese 

1.5 Il Libro 

1.6 Infine, un più che doveroso riconoscimento 

2. INTRODUZIONE ALL'ISLANDA. PARTE PRIMA: NATURA 

3. INTRODUZIONE ALL'ISLANDA. PARTE SECONDA: CULTURA 

3.1 Il “carattere nazionale” islandese 

3.2 La lingua 

3.3 La pesca e l’introduzione di imbarcazioni per la pesca in alto mare: la prima rivoluzione culturale 

3.4 L’Età della Vela e la pesca a squali e merluzzi 

3.5 Pre-urbanizzazione: nascita e sviluppo dei centri urbani costieri 

3.6 Le comunicazioni 

3.7  L’urbanizzazione

3.8 Il ruolo della fattoria

3.9 La crisi economica del 2008 colpisce duramente anche l’Islanda 

3.10 Un imprevedibile paese che non può che affascinare il viaggiatore

4. REYKJAVÍK, UN'OASI NEL DESERTO DI GHIACCIO 

4.1 L’arrivo nell’isola 

4.2 Nella capitale Reykjavík, “rifugio” degli islandesi 

4.3 Un’interessante e, per certi versi, imprevista relazione natura-cultura all’interno del tessuto urbano 

5. REYKJAVÍK: DA FATTORIA VICHINGA A CAPITALE DELLA REPUBBLICA ISLANDESE 

5.1 Il centro storico 

5.2 Da fattoria a villaggio 

5.3 Il porto, ieri e oggi 

5.4 L’antico monopolio danese e il commercio 

5.5 Prosegue la visita della città 

6. ÁRBÆJARSAFN, IL MUSEO ALL’APERTO DI REYKJAVÍK 

6.1 I musei all’aperto del Nord Europa 

6.2 Storie di vita ordinarie e “particolari” provenienti dal passato urbano 

6.3 Il villaggio 

6.4 La campagna 

6.5 Imbarcazioni e macchine 

7. IL ÞJÓÐMINJASAFNIÐ ÍSLANDS, Il MUSEO NAZIONALE ISLANDESE 

7.1 Il Museo islandese per antonomasia

7.2 Storia del Museo. Gli inizi 

7.3 La collezione permanente 

7.4 L’Etnografia 

8. NÁTTÚRUFRÆÐISTOFNUN ÍSLANDS, IL MUSEO DI STORIA NATURALE DI REYKJAVÍK E I PINGUINI DELL'EMISFERO SETTENTRIONALE 

8.1 Alla ricerca di un particolare “pinguino” 

8.2 Storia dell’alca gigante 

8.3 Lo sterminio di una razza dopo tre secoli di caccia senza pietà 

8.4 In Islanda gli ultimi esemplari di alche giganti verranno abbattuti nel 1844 

9. LA CITTA’ DI HAFNARFJÖRÐUR E LO SJÓMINJASAFN ÍSLANDS, IL MUSEO MARITTIMO ISLANDESE 

9.1 Viaggiando oggi sulle strade islandesi 

9.2 Nell’Islanda sud-occidentale: il Museo Marittimo Islandese 

9.3 La città di Hafnarfjörður 

9.4 Il porto di Hafnarfjörður 

9.5 Il Museo Marittimo 

10. SECOLI DI "GUERRA DEL MERLUZZO" TRA INGLESI E ISLANDESI NELL'ATLANTICO DEL NORD 

10.1 Una singolare guerra nordica

10.2 I precedenti storici 

10.3 La pesca oggi e il Sjómannadagurinn 

11. LO SNÆFELLSNESJÖKULL, PUNTO DI PARTENZA DELLE IMPRESE VICHINGHE IN TERRA AMERICANA 

11.1 Il vulcano islandese celebrato dalla narrazione del grande Jules Verne

11.2 Alla ricerca di una vecchia stazione baleniera 

11.3 Una doverosa sosta nel sito di Eiríksstaðir, dove scavi archeologici hanno riportato alla luce la fattoria di Eirík il Rosso 

11.4 Alle falde settentrionali del vulcano la base di partenza delle navi vichinghe verso la “Terra Verde” 

11.5 Lo Snæfellsnesjökull 

11.6 Viaggiando sul lato meridionale del vulcano 

12. I VULCANI HELGAFELL E ELDFELL A HEIMAEY, ARCIPELAGO DELLE ISOLE VESTMANNAYJAER: CRONACA DI UNA DRAMMATICA ERUZIONE ISLANDESE "A LIETO FINE" 

12.1 L’ultima comunità marittima interessata dal mio Programma nord-atlantico 

12.2 Un’improvvisa eruzione vulcanica in grado di annichilire l’isola e i suoi abitanti 

12.3 Le Vestmannaeyjar e l’isola di Heimaey: cenni geo-storici-economici 

13. LA GRANDE FESTA POPOLARE DI ÞHJÓÐHÁTÍÐ, HEIMAEY 

13.1 Storia di una straordinaria festa isolana, che ha una sua vita autonoma e “parallela” accanto a quella nazionale del 1874. I prodromi di fine XIX secolo. 

13.2 Þhjóðhátíð, la “Festa della Gente” oggi nell’isola di Heimaey 

13.3 Nell’Herjólfsdalur 

14. SURTSEY, L'ISOLA VENUTA DAL MARE 

14.1 L’arcipelago islandese meridionale delle Vestmannaeyjar dal 1963 conta un’isola in più: Surtsey 

14.2 “L’isola che c’è”: l’isolotto di Surtsey oggi, uno straordinario laboratorio all’aperto geologico e naturalistico 

14.3 “L’isola che non c’è”: iI precedente mediterraneo del XIX secolo (poi scomparso) e ciò che in un futuro, più o meno remoto, potrebbe accadere sempre nei nostri mari con il Marsili... 

15. NEL “TRIANGOLO D’ORO” ISLANDESE

15.1 Introduzione 

15.2 Nel “triangolo d’oro” islandese 

15.3 “Gli islandesi non hanno re, hanno solo la legge” (1075)

15.4 I geysers... di Geysir, la cascata di Gullfoss 

16. SKÁLHOLT, PRIMA SEDE EPISCOPALE DELL’ISOLA 

16.1 La cattedrale di Skálholt 

16.2 Storia di un autorevole e potente vescovado “ai confini del mondo” 

16.3 La Riforma 

16.4 Lo straordinario ruolo esercitato nel campo culturale da Skálholt e Hólar 

16.5 “Il miracolo islandese”: il diffuso interesse degli isolani per la storia, le tradizioni, la letteratura orale e, poi, scritta, la conoscenza in genere 

16.6 La letteratura scritta 

17. L'HEKLA: LA "PORTA" MEDIEVALE DELL'INFERNO 

17.1 L’Hekla, un’introduzione storica 

17.2 Viene scalato l’«orribile» vulcano 

17.3 L'Hekla e la “Pompei” islandese: la fattoria vichinga di Stöng 

18. NELL'ISLANDA MERIDIONALE, LA TERRA DELLE SAGHE E I VULCANI EYJAFJÖLL E KATLA 

18.1 Percorrendo la Ring Road, che si allunga parallela tra l’oceano e i massicci dell’Eyjafjökull e del Mýrdalsjökull, sotto i quali si celano altri due vulcani

18.2 Il vulcano Katla e l’eruzione dell’Eyjafjöll del 2010 

18.3 Il viaggio prosegue lungo la costa, tra riserve naturali, stupefacenti scogliere, territori abitati da elfi e trolls 

18.4 Il grandioso e naturale palcoscenico, dove un millennio fa si andarono dipanando le vicende scrupolosamente raccontate nella Saga di Njáll

19. LA CATASTROFICA ERUZIONE DEL LAKI DEL 1783-84 RISCHIÒ DI FAR SGOMBRARE L'INTERA ISOLA 

19.1 I "Fuochi dello Skaftafell" e la “Grande Catastrofe” dell’Islanda di fine XVIII secolo 

19.2 Si studia di evacuare tutti gli abitanti dell’Islanda 

19.3 Nei secoli terremoti, eruzioni, carestie, perfino una “Piccola Era Glaciale” incisero profondamente sulla vita degli abitanti dell’isola 

19.4 Kirkiubæjarklaustur 

20. SOTTO IL VATNAJÖKULL SI NASCONDE LA POTENZA DISTRUTTIVA DI TRE VULCANI 

20.1 Preambolo 

20.2 Nella regione dell'Austur-Skaftafellssýsla

20.3 Skaftafell nei secoli XIV-XX 

20.4 La spedizione dell’Università di Nottingham degli anni 1950

20.5 I tre vulcani: il Bárðarbunga, il Grímsvötn, l'Öræfajökull 

20.6 Solcando le acque della splendida laguna dello Jökulsárlón 

21. VIAGGIO AL CENTRO DELL’ISLANDA 

SULLA RING ROAD, DALLA COSTA MERIDIONALE AL LAGO MYVATN 

21.1 La “visione” del Vatnajökull e la “quasi scalata” da brivido del Passo dell’Almannaskarð 

21.2 Si torna sulla costa 

21.3 Verso Egilsstaðir e il lago dell’omologo islandese di Nessie 

21.4 Il lago Mývatn 

22. SPEDIZIONE NELLA REMOTA REGIONE ISLANDESE DELL'ASKJA: DA SECOLARE RIFUGIO DEI FUORILEGGE A PALESTRA DEGLI ASTRONAUTI STATUNITENSI DELL'APOLLO

23. NELLA STORIA DELLE ESPLORAZIONI SCIENTIFICHE DUE MISTERI "GEOLOGICI" TRA EUROPA E AFRICA 

23.1 Preambolo 

23.2 Ecco i fatti in ordine cronologico riguardanti il primo mistero 

23.3 Eccoci ora al nostro secondo mistero 

24. UNA "DISCESA" NELL'INFERNO DANTESCO DEL VULCANO KRAFLA

IL LAGO MÝVATN. LA CASCATA DI GOÐAFOSS 

24.1 Passeggiando all’interno del Leirhnjúkur, uno dei crateri del Krafla 

24.2 Il vulcano Krafla 

24.3 Il lago Mývatn 

24.4 La cascata di Goðafoss 

25. ALLA SCOPERTA DELLA CITTA’ DI AKUREYRI, CARATTERIZZATA DA UN MICROCLIMA PARTICOLARMENTE MITE PER GLI STANDARD DELL'ISOLA 

25.1 In avvicinamento ad Akureyri 

25.2 Si entra in città 

25.3 Visitando la città

25.4 Cenni storici 

26. L’ISOLAMENTO GEO-STORICO DELL’ISLANDA 

26.1 L’isolamento geografico 

26.2 Le vicissitudini storico-politico-economiche. L’Islanda terra coloniale

26.3 Il “secolo inglese” (XV)

26.4 Il secolo “germanico” (XVI) 

26.5 Il monopolio danese (secoli XVII e XVIII) 

26.6 Epidemie, rigori climatici, terremoti, eruzioni vulcaniche 

26.7 La Grande Catastrofe e la Carestia della Nebbia. Si pensa allo sgombero totale degli isolani 

26.8 Inizia l’emigrazione verso sud e nord America 

26.9 Timidi interventi danesi a favore dell’Islanda 

27. VIAGGIATORI IN ISLANDA (XV-XVIII SECOLO) 

27.1 XV secolo 

27.2 XVI secolo

27.3 XVII secolo

27.4 XVIII secolo 

28. VIAGGIATORI IN ISLANDA DEL XIX SECOLO 

28.1 Prima Parte: 1800-1855 

28.2 Seconda Parte: 1856-Fine secolo 

29. ALL’INIZIO DEL XIX SECOLO GIUNGE UN VIAGGIATORE INVERO “SINGOLARE”: È HANS JONATAN, PRIMO UOMO DI COLORE IN ISLANDA 

29.1 Premessa 

29.2 Djúpivogur 

29.3 La vita 

29.4 In Islanda

29.5 Un moderno Íslendingabók, tra genetica, antropologia e storia 

30. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI 

31. MINI-GLOSSARIO GEOGRAFICO