La mostra dei miei libri
in Maremma, Pescia Romana, Montalto di
Castro, 30 marzo-7 aprile 2019 . https://twitter.com/ComuneMontalto/status/1115148560138477569 Negli anni successivi non sarà possibile realizzare altre mostre e incontri con l'A. a causa della pandemia |
Un libro che a causa del numero delle sue pagine sarà presto definito: monstre. E che perciò dovrà essere necessariamente suddiviso in otto volumi dalle dimensioni simili a quelle dei libri della Sellerio (13 x 17 cm). Anche perché da non molto (2008) la Società Geografica aveva pubblicato: AA.VV. Ricamare il mondo. Le donne e le carte geografiche, dove figurava un interessante intervento di Dacia Maraini. Ecco gli otto volumi, che dovevano andare a costituire il primo nucleo della Collana: Storia delle Esplorazioni [ed. 2012 ISBN 978-88-xxxx-xx-x]. Vol. 1.1 I “vagabondi” senza frontiera: Mondo
(XIV-XIX secolo) Presentazione,
Prefazione, Introduzione, Mondo fino al ‘900: Ratzel = 150 pp. Vol. 1.2 I “vagabondi” senza frontiera:
Mondo (XIX-XXI secolo) Nati e vissuti fino a tutto il ‘900 ed oltre: da d’Albertis
a Severin = pp.? Vol. 2.1 Nel vecchio continente: Europa-Asia
= 194 pp. Vol. 2.2 Tra deserti e tropici: Africa
= 278 pp. Vol. 3.1 Nelle terre degli indiani: Americhe (X-XIX secolo): dal X secolo a
personaggi vissuti fino ai primi ‘900: da Eirík il Rosso a Powell 176
pp. Vol. 3.2 Nelle terre degli indiani (II parte) e dei Mari del Sud: Americhe (XIX-XXI
secolo), Oceania 146 pp. Vol. 4.1 Nel paese degli “uomini
dalle ombre lunghe” e dei deserti di ghiaccio: Regioni Polari: 282 pp. Vol. 4.2. Indice analitico ragionato 127
pp. Anche se da tempo non figuro più tra le
«firme» dell’«Osservatore Romano», dopo la sostituzione del direttore Mario Agnes, non
posso non ricordare con profonda commozione l’amico Raffaele Alessandrini, scomparso
nel 2012. Allora Curatore del supplemento domenicale, nel 2007 passato alla Redazione
della Cultura.
Era stato infatti lui a incoraggiarmi ad ampliare il «pacchetto» delle mie proposte per il giornale. Pubblicando commemorazioni di esploratori e studiosi. Ambedue fortemente motivati nel diffondere maggiormente le tematiche geoantropologiche, condividevamo infatti il medesimo amore per la scoperta della terra e per le culture «diverse dalla nostra». Instillato da comuni e approfonditi studi etnoantropologici. In
seguito sarebbe stato estremamente orgoglioso (io lo sarei stato altrettanto…)
di affermare come l’«Osservatore» fosse l’unico quotidiano in Italia a
pubblicare regolarmente articoli a carattere antropologico. Ai lavori di più ampio respiro, che trovavano spazio su riviste, o con articoli “di spalla” sulla Terza Pagina dell’«Osservatore», dal 2000 avrei così affiancato le schede dei personaggi che andavo ricordando. Non esclusivamente in base ai dati anagrafici. Infatti per poter commemorare altri e interessanti esploratori e studiosi avrei inserito gli anniversari di esplorazioni o di ricerche sul campo: le prime o quelle particolarmente significative. Poi, per poter «spaziare» ulteriormente, avrei anche rammentato
esplorazioni e ricerche, che comunque rientrassero nelle date canoniche: venticinque,
cinquanta, settantacinque, eccetera… La collaborazione all’«Osservatore» mi ha dato modo di scrivere una media di sei articoli al mese su ricerche antropologiche e viaggi effettuati tra Europa, Africa, America del Nord, Mesoamerica, Nord Atlantico e Artico. In pratica avendo «carta bianca» per qualsiasi argomento. In un solo caso mi fu consigliato che
sarebbe stato meglio non pubblicare la scheda. Riguardava la Eberhardt,
esploratrice vissuta molto al di sopra delle righe. Nonostante, considerata la
specificità della testata, avessi provveduto preventivamente ad
«addolcirla»… In un’altra occasione si dovette invece aspettare il placet, sia pure informale, della Segreteria di Stato. Il «pezzo» presentato trattava dell’archeologa Bell, la stessa alla quale Lawrence d’Arabia doveva molto del suo successo. La stessa che, praticamente dal nulla, avrebbe creato l’Iraq, con la sua attuale configurazione geoculturale, multietnica e multireligiosa! Per compiutezza ricordo ancora che il
giornale non mancò mai di pubblicare i miei scritti sul Sudan. Malgrado lo Stato
afro-arabo venisse considerato quasi off
limits dal quotidiano della Santa
Sede. In effetti sono sempre riuscito a ottenere il «si stampi» dal capo
redattore, un ex africanista come me… Purtroppo la pubblicazione dei miei otto libri con la Società Geografica Italiana andò incontrò ad una serie di più o meno impreviste ed incredibili "complicazioni": a) il loro notevole costo di stampa; b) quindi la decisione di pubblicarli online come E-Books (un’idea che farò poi mia!); c) infine l’inesplicabile e "misteriosa" scomparsa dai computers dell’intero materiale
(sic) [salvo il PDF del vol. 1.1 Mondo]. E dire che avevo già scelto anche le immagini delle otto copertine… Oggi questi otto volumetti sono stati sostituiti da due trilogie (ANTROPOLOGIA E NAVIGATORI) e da una tetralogia (ESPLORATORI). Infatti le mie biografie sono state notevolmente ampliate, integrate ed aggiornate. Dando così vita a 10 volumi di grandi dimensioni (24,41 x 16,99) riccamente illustrati, per un totale di 1.753 pagine e 1.467 immagini, a colori e/o bianco e nero. Ecco ciò che avevo scritto nella Premessa all’indice analitico e
ragionato degli otto volumetti “scomparsi”. La ripropongo qui, ritenendo che sia in grado di fornire
agli eventuali lettori dei miei libri ulteriori elementi di informazione sulla loro realizzazione. LA PREMESSA ALL’INDICE Se durante l’elaborazione dell’indice dei primi due volumi [Mondo] sono stato indotto ad apportare solo un paio di aggiunte, allorché ho iniziato ad “affrontare” le Americhe sono stato quasi “sopraffatto” dall’improvviso e simultaneo accalcarsi nel monitor di decine e decine di popoli indiani. A quel punto, messomi nei panni del lettore, ho cercato un modo per poterlo “aiutare”, così da prenderlo per mano e condurlo attraverso i meandri della complessa etno-antropologia ed archeologia del Nuovo Mondo. Pertanto ho pensato bene che sarebbe stato opportuno inserirvi elementi, che potessero essere utili per districarsi più agevolmente nel mondo amazzonico, come in quello delle pianure nordamericane e delle barren lands artiche. Ecco perché qui riporto
anche i nomi dei gruppi etnici nella lingua originale, mentre gli etnonimi “reali”
(i nomi che si sono dati popoli
e tribù e che di solito significano semplicemente: “uomini”, “gente”, “popolo”)
si aggiungono a quelli che possiamo definire “popolari”. Cioè noti a tutti e
che ritroviamo nelle pagine dei libri. Anche se sappiamo che spesso hanno un
carattere denigratorio o, comunque, negativo... Perché sono stati generalmente gli
“altri” a darlo: tribù e popoli più o meno confinanti e più o meno amici, ma
anche stranieri euro-occidentali. Ho altresì incluso la banda, divisione, sottogruppo, sottotribù
e famiglia linguistica di appartenenza. In seguito, considerata la crescita quasi “esponenziale” del lavoro, ho
cercato di intervenire anche sulle altre voci. Conscio del fatto che l’indice
si stava gradualmente tramutando in un perenne work in progress, mi sono perciò dovuto limitare ai termini più importanti,
interessanti, o che necessitavano ulteriori approfondimenti ed arricchimenti. In
qualche caso aggiornandoli. Cercando, quindi, di colmare lacune. Verificando luoghi
e circostanze. Confrontandomi con grafie “altre” e relative e differenti
traslitterazioni, “latinizzazioni”, “romanizzazioni”. Sempre affascinato dalla nuova
sfida, che mi ha portato a realizzare un indice che, nonostante gli inevitabili
difetti, in cuor mio spero sia in grado di offrire al cortese lettore uno
strumento in più per apprezzare il libro. LINGUE:
ARABO, CINESE, TIBETANO - Arabo: ho utilizzato il più possibile le trascrizioni in caratteri
latini dei termini dell’arabo standard moderno (o arabo letterario). Rispettando
così la traslitterazione internazionale, segni diacritici compresi, realizzata
nel 1936 dalla Deutsche Morgenländische
Gesellschaft (Società Germanica per l’Oriente). - Cinese: l’idioma più parlato in Cina (850
milioni di individui) è il mandarino standard. Infatti il Putonghua, lingua
ufficiale della Repubblica Popolare cinese,
basato essenzialmente sul dialetto parlato a Pechino, è il “cinese
perfetto”. Come un tempo il BBC English,
l’inglese veicolato dalle trasmissioni radiofoniche e televisive britanniche,
era l’inglese perfetto! Nonostante una lettura delle
carte geografiche relative alla Cina evidenzi la persistenza dei tradizionali termini come Shan (monti) o Nor
(lago), sfogliando il corposo libro intitolato Zeng He, reperito su una bancarella
romana, rimasi notevolmente sorpreso
allorché compresi che avevo tra le mani un saggio sul celebre “Eunuco dei Tre Gioielli”,
l’Ammiraglio-esploratore del periodo Ming, che fin dagli anni sessanta dello
scorso secolo conoscevo sotto il nome di Cheng Ho e di cui nel 1976 avevo osservato
a Gedi (Kenya) oggetti probabilmente provenienti proprio da quelle sue antiche
esplorazioni. Ripetute ricerche su Internet mi
portarono successivamente a scoprire come il nome Cheng Ho fosse il più
diffuso, non solo in letteratura, ma anche nella stessa Cina. Senza però che
venisse fatta alcuna precisazione. Infine mi resi conto come la Cina avesse
sperimentato una sorta di seconda “rivoluzione culturale”, silenziosa e ben più
soft della prima, e proiettata
soprattutto verso l’esterno. Che i nuovi atlanti a quanto parte riportavano, ma
che ovviamente era del tutto ignorata dalla stragrande maggioranza della
letteratura esistente. Infatti, nonostante fosse stata introdotta già nel
lontano 1956, solo dal 1982 il Pinyin
è diventato il sistema di traslitterazione standard in caratteri latini del
cinese. Così tutto ad un tratto ho improvvisamente
preso coscienza che buona parte dei termini cinesi dell’indice, dai nomi di
persona a quelli dei luoghi, era superata ed obsoleta, perciò non più individuabile
sulle carte moderne, dizionari, Internet. Un cambiamento che ha coinvolto anche
nomi storici, come quello di Mao Tse-tung, oggi diventato Mao Zedong o, meglio,
Máo Zédōng… Così ho cercato di rintracciare, uno dopo l’altro, nomi e toponimi
nella nuova versione. L’Hanyu Pinyin è l’ultima delle romanizzazioni della
lingua cinese. Il primo tentativo risale ai dizionari dei missionari gesuiti
Matteo Ricci e Michele Ruggeri (fine del XVI secolo), mentre quello tuttora ampiamente
diffuso in letteratura e che, “in prima battuta”, figura anche nell’indice è il
Wade-Giles. Inventato dal diplomatico britannico Thomas Wade (1859) e modificato
da Herbert Giles (1892). Nel 1902 Séraphin Couvreur dell’École
française d'Extrême-Orient
realizzò il sistema EFEO. Ma era indirizzato al mondo francofono. Ricordo infine come la stessa
grafia cinese abbia subito una sua rivoluzione. Quando nel 1954, per favorire l’alfabetizzazione di massa,
si passò dai 40.000
caratteri (hanzi) del cinese tradizionale (閩南語) ai meno di 10.000 di quello semplificato (闽南语). - Tibetano: mi sono servito
dei lavori del grande Giuseppe Tucci e della David-Neel, oltre che dell’autobiografia
dell’attuale Dalai Lama. Ogni toponimo ha, inoltre, il corrispettivo cinese.
Anche se di norma ho privilegiato il tibetano. TOPONIMI.
NORVEGESI, GROENLANDESI, CANADESI In linea generale ho fatto riferimento alla grafia riportata
dall’Atlante De Agostini (scrivendo, ad esempio, Karakoram, anziché il più
diffuso Karakorum, riservato esclusivamente alla capitale dell’Impero Mongolo)
e, in subordine, dal Grande Atlante in 20 voll. della National Geographic Society. - Per i toponimi norvegesi relativi all’arcipelago delle
Svalbard mi sono basato sull’opera:
"The Place-Names of Svalbard", che riporta la standardizzazione dei
nomi di luogo effettuata nel 1942-1958 da una commissione del Norsk
Polarinstitutt, l’Istituto Polare Norvegese, che ha reso univoca la
straripante, multinazionale, multilinguistica, spesso ripetitiva, topografia
isolana. Per una migliore comprensione
riporto alcuni tra i termini norvegesi che si possono più frequentemente
incontrare: berg (montagna, collina), bre, breen (ghiacciaio), bukt, bukta
(baia), by, byen (città), dal, dalen (valle), fjell, fjellet (montagna,
collina), fjord, fjorden (fiordo), hamn (porto), is (ghiaccio), kapp (capo),
land, landet (terra), odde, odden (punta, capo), søre, sør (sud), sund
(stretto), topp, toppen (cima, picco), vatn, vatnet (lago), øy, øya (isola). In
qualche caso ho unito il corrispettivo italiano, mentre per una sorta di
“politically correct” alcuni toponimi russi
riportano l’originale grafia cirillica. - Groenlandia: gli storici insediamenti Vichinghi hanno la doppia
ortografia: norvegese-islandese e danese. Toponimi groenlandesi
(eschimo-groenlandesi) da tempo hanno sostituito quelli danesi. - Per il Canada
ho utilizzato alcune pubblicazioni ufficiali del Ministry of Indian and Northern Affairs, Ottawa. ETNONIMI: ESCHIMESI-INUIT, AFRICANI, RUSSI Mi sono avvalso dell’opera,
sempre preziosa, del Biasutti (Razze e Popoli della Terra), nonché della
collana diretta da Vinigi Grottanelli (Popoli nel mondo) e di quella il
cui Supervisore era l’Evans-Pritchard (I popoli della Terra). - Nei confronti del “popolo delle ombre lunghe” ho preferito utilizzare l’etnonimo vagamente negativo di Eschimesi, anziché quello di Inuit (“gli uomini”), ufficialmente adottato nel 1977 dalla Conferenza Circumpolare di Barrow. Del resto i libri etnologici che da ragazzo mi avvicinarono al mondo dei
“cacciatori delle nevi” parlavano di “eschimesi”. E non tutti oggi si “offendono”
se definiti “mangiatori di carne cruda” (il significato del termine derivante dalla
lingua degli indiani Cree). Certamente non si sentì insultato il cacciatore
eschimese che incontrai subito dopo aver attraversato a piedi la pista aerea
che divide in due la comunità eschimese di Pangnirtung, nel Cumberland Sound
(Baffin). Particolarmente intento, com’era, a tagliare fettine di carne di foca,
con un sorriso me ne offrì un pezzo, che rifiutai cortesemente... Oltre tutto
l’etnonimo è tuttora utilizzato in Alaska, come da numerosi studiosi. - Etnonimi africani: ho
cercato spesso (non sempre è stato possibile per l’elevato numero delle etnie) di
accostare l’etnonimo reale a quello “popolare”. Un lavoro che avrebbe richiesto
molto tempo ancora e che avrebbe contribuito maggiormente ad omologare, unificandola,
la variegata congerie di etnonimi esistenti in letteratura. Dovuta spesso alle
“traduzioni” non chiarificatrici operate dalle diverse lingue coloniali europee
nel corso del tempo. Un lavoro oggi possibile grazie alla Language Map of
Africa and the adjacent islands (Dalby, 1977), insostituibile “Baedeker”
per ogni etno-antropologo e glottologo africanista! Nonostante ripetuti controlli, non è stato possibile sistematizzare
tutti i nomi delle tribù copiosamente citati dai ricercatori. In particolare dei
popoli interessati dalle grandi indagini regionali, come quelle di Griaule e del
Seligman. Così non tutte le etnie citate rispettano in pieno la raccomandazione
formulata nel 1959 dall’Handbook of African Languages, dell’International African Institute di Londra, che vuole che i nomi etnici si
scrivano omettendo i prefissi, che di volta in volta indicano singolare e
plurale, lingua, territorio, eccetera... Soprattutto nel caso dell’affollata famiglia
linguistica Bantu. Dove Ntu è l’essere, che diventa persona singolare
attraverso Mu (Mu-Ntu) e plurale con Ba-Ntu (o altri ancora, come Wa, A o Ama). - Per gli etnonimi russi, sia dei popoli artici europei, che siberiani, mi
sono servito del sempre prezioso: Urss: Popoli e Costumi del Tokarev,
1969 (1958) E-Books Versioni cartacee E-Books Versioni cartacee E-Books Versioni cartacee PAGINA AUTORE ITALIA PAGINA AUTORE USA |