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mercoledì 2 novembre 2022

73. UN RACCONTO ESOTICO-ETNOLOGICO GIOVANILE: SETTIMA PUNTATA (IL LEOPARDO DELLE NEVI, IL KILIMANJARO, PREPARATIVI PER LA SPEDIZIONE AL LAGO RODOLFO, IL CACCIATORE BIANCO)

 

"Le nevi del Kilimanjaro", film del 1952 con Ava Gardner e Gregory Peck  

A sedici anni (1962-63) ho scritto il mio unico romanzo. Purtroppo è rimasto incompiuto... Il protagonista è un etnologo italiano, poiché allora ero attratto dall'Etnologia. Oltre a raccontare anche dell'amore tra lui e un'affascinante, ma molto gelosa, donna, basandomi sulla letteratura di viaggio ed etno-antropologica in mio possesso (e sulle ricerche  effettuate nelle Biblioteche dell'Istituto Italo-Africano e del Museo Pigorini, al Collegio Romano), ho cercato di descrivere l'ambiente tropicale, la fauna, alcuni popoli.  Ho anche lasciato inalterato il testo. 

[precedenti puntate: 23.9; 3, 8, 15, 23, 31.10] 
 

INTANTO AL NORFOLK HOTEL

Giorgio, com’era sua abitudine, si svegliò molto presto. Alle sei, con tutto che aveva dormito solamente cinque ore, dopo essersi lavato e, poi, rasato con il suo Philips a batteria, si pettinò accuratamente. Cosa che faceva assai di rado, data l’enorme massa di capelli che doveva tentare di mettere a posto. Quindi si ricordò che quello era il secondo giorno che si trovava a Nairobi e che non aveva ancora telefonato al Prof. Giorgetti, per sapere quando l’avrebbe potuto incontrare.

Famme telefonà”, disse l’etnologo a voce alta. Cosa del tutto insolita, anche perché l’aveva fatto in romanesco…

Per ottenere il numero telefonico, chiamò Tom, il portiere. Quel “simpatico” Luo, che qualche anno prima gli aveva fatto trovare nel villino un serpentello. Allora, essendo alla sua prima esperienza in Africa, aveva provato veramente paura. Poi si sarebbe riconsolato... Apprendendo che, in realtà, era solo una biscia. Certo, molto diversa da quelle che ci sono in Italia. Oltre tutto era compagna di gioco dei bambini Luo. Insomma era una specie di cane fedele, o di gatto!

- Pronto Tom, Jambo, sono Giorgio… mi dovresti dare il numero di telefono del Prof. Giorgetti… Sì, il famoso etnologo!... Bravo!... Il rappresentante ufficiale dell’Istituto… Come? 5.8.9.7. Va bene. Ndio Tom, kwaheri, e riattaccò il ricevitore.

- 5…8…9…7… Pronto, c’è il Prof. Giorgetti?... Ah, è lei? Senta sono il Prof. Giorgio Rovi… italiano, dovrei fare una spedizione nella Northern Frontier… Ai Turkana, sì, è ho una lettera di presentazione fornitami dal Dottor Rossi dell’Istituto, in quanto lei, per la sua maggior conoscenza dei luoghi dovrebbe accompagnarmi e, così facendo, farebbe un gran favore a me e all’Etnologia…. Ah, adesso non posso venire… Giovedì sera. Va bene! Se fosse così gentile da darmi l’indirizzo… Non conosco ancora Nairobi, come dovrei… Ah, Villa Fiorita, e devo domandare del cottage del Professor Rome. Ah, anche lei è di Roma… Va bene, a Giovedì sera. Arrivederla.


Lasciato l’apparecchio telefonico, si diresse verso il mobile-bar. Trasse una bottiglia di gin, un bicchiere e dal freezer qualche cubetto di ghiaccio. Riempì il bicchiere del liquido alcolico e del ghiaccio e andò verso il radio-grammofono. L’accese ed una soave, bella musica inondò tutto il soggiorno. Stavano trasmettendo dischi di musica da ballo interpretati dall’orchestra X inglese. Nelle pause, tra un disco e l’altro, lo speaker, prima in inglese, poi in kiswahili, annunciava i titoli dei ballabili.


IL LEOPARDO DELLE NEVI E IL KILIMANJARO

La cima più alta del Kilimanjaro, il Kibo, e il cratere Reusch, 2004 (User:Ori~)   

Il Kilimanjaro dall'aereo, 1936, Matson photograph collection (Library of Congress Prints and Photographs Division)

Lasciò la radio sintonizzata su quel programma ed aprì la porta. Era una giornata abbastanza chiara e, da buon esperto, pensò che il Kilimangiaro poteva essere visto ad occhio nudo dalla capitale. Il fatto, inoltre, che l’anno prima avesse compiuto un’ascensione sul Kenya, mentre ancora non era mai stato sulle “nevi del Kilimangiaro”, (dal titolo del famoso libro di Hemingway, che aveva fatto sapere a tutto il mondo che su quella vetta c’era, oltre alla “neve” [intorno al 1850 Krapf e Rebmann furono i primi europei a scoprire le montagne innevate del Kilimanjaro e, poi, del Kenya. Inviata la notizia in Europa, sarebbero stati  ridicolizzati dagli esperti. Poichè ciò non poteva essere assolutamente vero!], anche un fantomatico leopardo eternamente sepolto sotto i ghiacci), gli fece un po’ di stizza.  

I resti del leopardo fotografati nel 1926 dal missionario, esploratore, alpinista ed etnografo russo di origine tedesca Richard Gustavovich Reusch (1891-1975) ........ IL LEOPARDO DELLE NEVI DELL'ASIA CENTRALE    


Leopardo delle nevi asiatico nello Zoo di San Diego (USA), 2004 (CC Some rights reserved, Aaron Logan)

"Il leopardo delle nevi vive di solito sopra i 1.500 metri, fino ad altitudini di 5.500. Sebbene in nessun luogo sia molto diffuso e comune, la sua area di diffusione è ampia nell'Asia centrale, giacchè si estende dall'Hindu Kush afghano a est lungo l'Himalaya e attraverso il Tibet nella Cina meridionale, e poi a nord nelle montagne dell'Unione Sovietica e a ovest della Cina fino alla catena Sayan, sul confine siberiano della Mongolia; i pochi individui catturati nel loro habitat provengono dalle montagne Tien Shan dell'Unione Sovietica, dove la caccia è limitata e quest'animale comunque protetto (Peter Matthiessen, Il leopardo delle nevi, Milano, 1980 (1978): pag. 44). 
..........

Ormai quest’anno era impegnato nella spedizione al Lago Rodolfo. Perciò non poteva permettersi il lusso di perdere, come se niente fosse, una decina di giorni. Tra non molto sarebbe cominciata la stagione delle piogge!

- Voglio vedere se Milly e suo marito hanno il piacere di venire con me all’Amboseli. Glielo domanderò! pensò Giorgio

Si guardò intorno per l’ultima volta, finì il suo doppio gin e rientrò dentro. Aprì a libretto la veranda e posò il bicchiere, sempre accompagnato dalla musichetta, che la radio elargiva ancora generosamente. Incominciò a disfare il bagaglio, per vedere se tutto il materiale portato da Roma fosse a posto, e quale invece mancasse. Per quest’ultimo enigma doveva sentire il parere anche e… soprattutto del Prof. Giorgetti, che in materia era un’indiscussa autorità.


SPEDIZIONE AL SETTENTRIONALE LAGO RODOLFO
CONTROLLO DELL’ATTREZZATURA

Prese la valigia nella quale c’erano i fucili, cioè la salvezza da ogni attacco inopportuno e dalla fame. Tirò fuori l’Express, il “salvagente d’Africa”, per il fatto che poteva sicuramente sparare due colpi di grosso calibro. Gli era costato un milione di lire e lo aveva appositamente fatto venire dall’Inghilterra. Era in ordine, come i due fucili da caccia calibro 16. C’erano ancora i documenti che l’anno prima le autorità inglesi del Kenya gli avevano rilasciato per la legalizzazione delle armi, ma anche la cassetta degli accessori, la cornetta d’ottone per la caccia, oltre alle cartucce, sia normali, che da caccia grossa. Tutto si trovava nella prima valigia, che rimise subito a posto

Via via aprì tutte le altre. Man mano tra le dita gli passarono la cinepresa 16 mm, con la quale pensava di girare un documentario a colori sui Turkana, macchine fotografiche con il teleobiettivo, complete di ogni accessorio: dal cavalletto ai differenti filtri per ogni condizione di luce ed ambiente. Poi un machete, grossi coltelli per scuoiare gli animali, zanzariere, lettini da campo, canotto pneumatico con il fuoribordo, tenda, amache, pistole automatiche e un lanciarazzi (per le segnalazioni). Perfino una fionda, che lanciava pallini di ferro. Molto utile se nel suo documentario avesse ripreso gli animali. E così molte altre “cose” si trovavano nelle prime valigie: la sferza elettrica (quella usata per ammansire il toro), da utilizzare in caso di baruffe tra gli indigeni, una penna che lanciava liquido colorato, un pugno di ferro. Oltre ad altro ancora, che sarebbe troppo lungo e noioso raccontare, ma che nel suo insieme avrebbe permesso la riuscita di ogni spedizione. Per inciso si può notare che ciò che più lo preoccupava riguardava gli alimenti. Ne aveva portati pochi. Per lo più, come si può bene immaginare, in scatola.   

A Nairobi (anni '1970) si pubblicizzano abiti per safari

Ad una ad una aprì tutte le valigie. Dopo averle controllate, le rimise al loro posto. Era un lavoro veramente noioso, che lo avrebbe ancor più irritato, se nella camera non fosse diffusa quella musichetta. Poi anche quella terminò. Così Giorgio dovette spegnere l’apparecchio radio.

Stava ultimando il suo lavoro mattutino, rimettendo l’ultimissima valigia al suo posto, quando… suonarono alla porta.

- Sicuramente è il boy che mi porta la colazione e il giornale in carta velina venuto dalla Gran Bretagna.

Chiusa la valigia, andò velocemente ad aprire.

Pole, pole. Calma, calma.

Il boy, come aveva visto bene Giorgio, gli portava la colazione all’italiana, così come aveva sempre voluto al Norfolk.

Sempre in ritardo, pensò…

Prese il vassoio contenente caffè-latte, burro, panini, marmellata e… il Times.

Andò in salotto e, mentre faceva colazione, sfogliò distrattamente il giornale: “La crisi in Italia è ormai un fatto insanabile”, stava scritto in grossi caratteri. Poi, i soliti annunci in prima pagina: un assassinio nell’East End, la venuta di un Capo di Stato a London, e così via.


SI TELEFONA AL CACCIATORE BIANCO

Guardò cosa proiettavano al cinema e un “Safari” gli ricordò che doveva ancora parlare con Collins, in modo che i coniugi potessero effettuare la tanto agognata partita di caccia.

- Pronto? C’è Collins? Gli dica che c’è Giorgio al telefono e che…, se vuol vivere ancora più a lungo, faccia presto a venire al ricevitore…

-Ciao Mon… non ti preoccupare, non sarò io a mandarti dal buon Padre Manitou, ci penserà qualche mamba o qualche bufalo infuriato… Senti, scherzi a parte, ho conosciuto una coppia veramente a posto di simpaticissimi londinesi, che vogliono fare safari… Si hai ragione!... Ho pensato di telefonare al caro ammazza-sette e vediamo un po’ se ancora una volta può prestare i suoi servigi ai sudditi di Sua Maestà Britannica. Sembra, ora che avete avuto l’indipendenza, che non vediate più di buon occhio i vostri compatrioti, o sbaglio? Non farete per caso come gli Ultras dell’Algeria, i Pieds Noirs… Ma no, non si può dire che la Gran Bretagna vi abbia abbandonati… Senti, ritornando a bomba, ci stai a condurli a caccia? Non hanno preso alcun impegno… Lo so, lo so che hanno fatto malissimo, però ho pensato che il vecchio Mon poteva fare un favore ai due e uno personale e grande a me… No!  Non mi sono innamorato della giovane… Senti, allora ci vediamo tutti e quattro dopodomani mattina, in quanto domani ho pensato di portarli all’Amboseli National Park… Per la verità, neanche io ci sono mai stato… Arrivederci, Ciao!

Simpaticone Mon, è sempre il solito. Chissà come mai ancora non si è ammogliato? Va bene che si rifà con le giovani mogli dei clienti! pensò con ironia.


CONTINUA


DRAMMA DELLA GELOSIA!  
TRAGEDIA SFIORATA AL NORFOLK HOTEL
"TUTTI I PARTICOLARI IN CRONACA”

p.s. Attualmente (novembre 2022) sto lavorando alla stesura di una: BREVE INTRODUZIONE ETNO-ANTROPOLOGICA AI POPOLI DEL KENYA. 
IN QUESTO PAESE DELL’AFRICA ORIENTALE HO AVUTO MODO DI EFFETTUARE DUE SESSIONI DI RICERCA. LA PRIMA NELLA CITTA’ MULTIETNICA E MULTICULTURALE DI ISIOLO, A NORD DEL MONTE KENYA. LA SECONDA TRA I POPOLI NOMADI, TRANSUMANTI E SEDENTARI (TURKANA, MERILLE, BORANA, RENDILLE, ELMOLO) LOCALIZZATI INTORNO ALLE SPONDE DEL LAGO TURKANA (GIÀ RODOLFO), KENYA NORD-OCCIDENTALE.

venerdì 3 giugno 2022

25. VIAGGI IN TUNISIA: DALLE SPONDE DEL MEDITERRANEO AI CONFINI DELL'IMPERO ROMANO, NEL GRANDE ERG ORIENTALE SAHARIANO

 

Raffigurazione centrale del mosaico di Ulisse, IV secolo d. C., Dougga. È un frammento di impluvium. Sala XXVII.
Museo del Bardo, Tunisi (© Franco Pelliccioni)


   Non avevo mai pensato di effettuare un viaggio in Tunisia. Perché, oltre all’Egitto, i miei ricordi dell’Africa a nord del Sahara sono stati sempre indissolubilmente legati al Sudan, grande paese a cavallo tra deserto, savana e giungla. Anche se da molti anni, addirittura da decenni, in cuor mio avevo accarezzato il desiderio di spingermi nel cuore stesso del “Nulla” (è il significato del termine Sahara), nell’Hoggar, nel profondo sud algerino.

   In passato quante e quante volte fui in procinto di organizzarvi una spedizione. E dire che mi sarei perfino accontentato di partecipare ad una bella e pronta. Anche perché l’Avventura con la A maiuscola attende comunque laggiù il viaggiatore, con i suoi fascinosi richiami, non scevri da imprevisti, difficoltà, pericoli.

   In seguito le vicende della vita avrebbero inferto al mio itinerario scientifico e ai miei interessi teoretici un brusco cambiamento di rotta, che mi avrebbe decisamente allontanato dal continente africano (Artico, Comunità Marittime dell’Atlantico del Nord). Anche se in cuor mio avrei conservato pressoché intatto quel desiderio giovanile. Per giunta l’Algeria, rimanendo sempre più coinvolta in tragiche vicende religioso-politiche, tanto che i Ministeri degli Esteri di vari paesi euro-americani da molto tempo, ormai, ne sconsigliavano caldamente i viaggi, si era collocata al di fuori dei normali circuiti turistici.

   (…)  Qualcosa, comunque, anni addietro si era mossa. L’inaugurazione di un collegamento aereo diretto Italia-Tamanrasset, capoluogo dell’Hoggar, dava al viaggiatore la possibilità di giungere nel cuore del Sahara senza dover cambiare aereo ad Algeri. Era quindi giunta infine l’ora di esaudire l’antico progetto, quel sogno così sospirato? Ritenendo di sì, con diversi mesi di anticipo prenotai un posto con un tour operator specializzato in mini-spedizioni. Sarei dovuto partire a dicembre, uno dei mesi più consoni ai viaggi nel deserto, nonostante sia caratterizzato da una considerevole escursione termica diurna data la rigidità delle ore notturne. Purtroppo si era nel 2001...   

   Ce va sans dire, anche se in precedenza avevo percorso in Sudan quello nubiano e conoscevo quello esistente appena al di là della fascia fluviale del Nilo egiziano, la mia iniziazione al “vero” deserto sahariano, quello che l’immaginazione di noi tutti considera come autentico: quello sabbioso dell’Erg, avrebbe dovuto aver luogo nel sud-ovest della Tunisia. Qui, nelle regioni del Bled el-Djerid e del Nefzazoua, dove sorgono le stupende oasi di Tozeur, Nefta e Douz, si spingono infatti, con le loro gigantesche dune, le estreme propaggini del Grande Erg Orientale…

   Certo, sia pure osservando solo superficialmente le mappe è evidente come il paese maghrebino rappresenti solo un modestissimo cuneo, che si insinua verso sud. Ma questa mia prima e breve immersione – o, meglio, “tuffo” – maghrebina mi ha consentito, comunque, di “assaggiare” con il cervello, lo sguardo, l’olfatto, l’udito e il gusto: colori, sapori, silenzi, panorami e quant’altro si “affolla” in quella regione. Quasi una sorta di “aperitivo” al Sahara, che ha reso, se possibile, ancora più desiderabile una mia futura, seppure del tutto improbabile discesa nel profondo sud algerino. In considerazione, sia della mia età anagrafica, che della burrascosa epoca nella quale stiamo tutti vivendo.

   Quello che è stato il mio primo viaggio in Tunisia ha avuto anche altri risvolti. Innanzitutto ha costituito la mia prima partecipazione ad un viaggio organizzato da altri. Ebbene sì, anch’io mi sono infine dovuto servire delle prestazioni offerte da un’agenzia. Inoltre, poiché la maggioranza del gruppo proveniva dalla Sicilia, la prima parte di questo libro potrebbe intitolarsi, parafrasando quello del celebre Stoppani, l’autore del Bel Paese: “Ricordo di una carovana di siciliani”, che ovviamente si è servita dei mezzi propri del XXI secolo: aereo, torpedone e jeeps, anziché quelli coevi del lungo viaggio, che nel 1874 portò l’abate da Milano a Damasco.

   E dire che negli anni avevo sempre considerato quasi con sufficienza il turismo di massa, veicolato in tutti gli angoli del mondo da agenzie e tour operators.   D’altronde in quell’anno ero reduce da un defatigante viaggio di studio nel Mediterraneo Orientale, che mi aveva condotto prima a Creta e poi a Rodi. Con tranquillità volevo perciò osservare, conoscere e apprezzare i diversi e interessanti lineamenti della Tunisia, cominciando dalla capitale, fino ad arrivare alle immense dune del Sahara.

   Il tour, così come programmato, in base a quanto già sapevo dalla letteratura, possedeva indubbie attrattive. Offrendo al viaggiatore motivato una sintesi, anche corposa, del meglio che il paese ha da esibire.

   A partire dalle caratteristiche umanizzate: dal celebre Museo del Bardo di Tunisi con gli innumerevoli, meravigliosi (per fattura, composizioni e rappresentazioni) mosaici romani provenienti dalle diverse aree archeologiche del paese, alla “città santa” di Kairouan, la quarta dell’Islam (dopo La Mecca, Medina e Gerusalemme); dai resti archeologici punici (Cartagine) e romani (il “Colosseo” ad el-Djem, gli splendidi templi di Sufetula), agli originari nuclei urbani (le Medine di Tunisi, Sfax e Houmt Souk nell’isola di Djerba), alle fortificazioni: arabe (il ribat di Monastir) ed europee (Borj el-Kebir, sempre a Djerba).

   Per non parlare delle cittadine e dei villaggi tradizionali, sia arabi – nel nord –, che berberi – a sud –. Compreso quell’incredibile villaggio trogloditico che è Matmata! Senza dimenticare quelli “fantasma”, poiché abbandonati per i più vari motivi: terremoto del 1885 (Midés); alluvione-inondazione del 1969 (Chebika e Tameghza); sedentarizzazione delle popolazioni seminomadi - inizio XX secolo-anni ‘1970 - (Ancienne Kébili).

   E che dire dei suqs (Tunisi, Sfax, Tozeur), dei mercati settimanali non turisticizzati (Mareth), della linea ferroviaria che spunta dal deserto e che convoglia il fosfato dalla ricca regione mineraria di Metlaoui fino a Gafsa e, poi, a Sfax, importante porto e città industriale?

   Per quanto riguarda la parte naturalistica, naturalmente il clou è stato rappresentato, non solo per me, dal deserto del Sahara, con le grandi dune di Douz, quelle non meno affascinanti e imponenti esistenti tra Tozeur e il lago salato (chott) di Gharsa. Percorse e addirittura “scalate” in fuoristrada in un’escursione quasi interamente effettuata su fuoripista…

   Allora non sapevo che di lì a poco avrei anche io avuto sulla cresta “un posto in prima fila”: incredibilmente a dirsi sotto di me e sotto il sole dall’immensità del Nulla brillavano le immaginifiche costruzioni eseguite per il set del celebre film Star Wars.

   Ma vanno ancora ricordati: i miraggi intravisti in lontananza; gli straordinari, se non “unici”, tramonti nel deserto; le oasi di pianura (come Tozeur e Douz), di montagna (Chebika, Tameghza, Midés) e marittime (Gabès, Mareth); lo sterminato lago salato dello Chott el-Djerid; l’incantevole isola di Djerba; le “lunari” montagne Matmata dell’interno, la steppa a sud della regione di Kairouan; le tracce lasciate dalla “guerra del deserto”. 

Incisione ottocentesca raffigurante l'oasi di Nefta e lo Chott el-Djerid

  Due anni dopo con un volo diretto dall’Italia avrei raggiunto l’isola tunisina di Djerba. Questa volta l’utilizzazione della jeep mi avrebbe consentito di percorrere strade e piste del deserto, così da raggiungere località altrimenti inaccessibili. Poiché mi porterà fin dentro il Sahara, nel Grande Sud tunisino.

   Inoltre mi avrebbe permesso di approfondire località e aspetti, che tanto mi avevano attratto nel corso del precedente viaggio invernale, lo Chott el-Djerid, ad esempio, o le oasi di montagna e marittime. Mentre avrebbe anche rafforzato la mia conoscenza delle aree popolate dai berberi. Poiché visiterò i “castelli” (ksour) di Medenine, Ksar Haddada, Tataouine, Chenini. Le straordinarie ed entusiasmanti roccaforti dei “berberi scalatori” e dei “trogloditi artificiali”.

   Infine nel Grande Erg Orientale sarei addirittura entrato all’interno del castrum di Tisavar, localizzato al confine meridionale dell’Impero romano, il Limes Tripolitanus. Qui era di stanza una guarnigione della III Legio Augusta... 

DAL TELL AL SAHARA. VIAGGI IN TUNISIA, TRA LE TESTIMONIANZE ARCHEOLOGICHE DEL PASSATO E CULTURALI ARABO-BERBERE-ISLAMICHE ODIERNE

(178 pp., 198 immagini, di cui 179 a colori, 83 note, Bibliografia)


Versione cartacea a colori e in bianco e nero, II ediz.




SOMMARIO

PARTE PRIMA 

DALLE SPONDE DEL MEDITERRANEO AL SAHEL SAHARIANO 

1. PREAMBOLO: DAL “SAHARA ALGERINO” AL SAHARA TUNISINO. VIAGGI VIRTUALI E REALI NEL MAGHREB 

2. INTRODUZIONE AL PAESE 

3. LA MEDINA DI TUNISI, CON I SUOI PIÙ DI SETTECENTO MONUMENTI STORICI, PATRIMONIO MONDIALE DELL’UMANITA’ 

4. NEL MUSEO NAZIONALE DEL BARDO DI TUNISI Il "TEMPIO" MONDIALE DEL MOSAICO ROMANO; Breve cronologia del Museo; La visita 

5.CARTAGINE; La visita 

6. SIDI BOU SAÏD 

7. MONASTIR TRA ANTICO E PRESENTE: DALL'ENIGMA DI UN NOME ALLA RICOMPARSA A SORPRESA DI UNA FORTEZZA PERDUTA 

8. LA “CITTA’ SANTA” DI KAIROUAN 

9. LA CITTA’ ROMANA DI THYSDRUS (EL-DJEM) 

10. LA CITTA’ ROMANA DI SUFETULA (SBEITLA)

11. L’ISOLA DI DJERBA: OASI DI RIFUGIATI, TERRA DI INVASORI; La visita 

12. NEL SUD, TRA I VILLAGGI “INVISIBILI” DEI “BERBERI SCAVATORI” MATMATA;  Mareth; Gabès; Verso Matmata 

13. NELLA REGIONE DEGLI CHOTTS;  Introduzione; Douz; Kébili (e Ancienne Kébili); Nel Bled el-Djerid 

L’OASI DI PIANURA DI TOZEUR 

L’OASI DI PIANURA DI NEFTA 

PARTE SECONDA 

RITORNO NEL PAESE DEI GELSOMINI 

14. OASI DI MONTAGNA; Introduzione; Nello Chott el-Gharsa la Mos Espa, cittadina del deserto del pianeta Tatooine di Star Wars; Verso le oasi di montagna 

15. IL LÉZARD ROUGE DEI BEY DI TUNISI; Le ferrovie tunisine 

16. IL LUNGO VIAGGIO DEL FOSFATO TUNISINO: DAL TRIANGOLO MONTUOSO AL CONFINE CON L’ALGERIA AL PORTO DI SFAX, PASSANDO PER L’ANTICA CAPSA ROMANA 

17. I KSOUR, LE ROCCAFORTI BERBERE DEL GRANDE SUD TUNISINO; Medenine; Ksar Haddada; Tataouine; Chenini 

18. PERCORRENDO LA REGIONE DOVE SI COMBATTE’ LA “GUERRA DEL DESERTO” 

19. INCURSIONE TRA LE SABBIE DEL SAHARA, AI CONFINI MERIDIONALI DELL’IMPERO ROMANO, IL LIMES IMPERII; Ksar Ghilane 

20. NEL FORTE ROMANO DI TISAVAR; I romani e il Limes Tripolitanus 

21. APPENDICE;   1. VIAGGIATORI IN TUNISIA TRA IL XVII SECOLO E LA FINE del XIX;   2. VIAGGIATORI IN TUNISIA TRA LA SECONDA META’ DEL XIX SECOLO E L’INIZIO DEL XX 

22. BIBLIOGRAFIA SELEZIONATA