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giovedì 1 settembre 2022

59. SULLE TRACCE DEL VICHINGO EIRÍK “IL ROSSO”, TRA ISLANDA E GROENLANDIA: EIRÍKSSTAÐIR, ÖXEY, BRATTAHLIÐ

 

In avvicinamento all'aeroporto groenlandese di Narsarsuaq: vista del fiordo di Tunugdliarfik, icebergs rilasciati dal fiordo collaterale di Qooqqut. Sopra il jet si scorge l'insediamento di Qagssiarsuq, dove si trova Brattahlið (© Franco Pelliccioni)

Dopo aver seguito per quasi quaranta anni, nelle mie peregrinazioni scientifiche tra le due sponde dell’Atlantico, numerose “tappe” del “Movimento Vichingo” d’oltremare (ca. 780-1070) verso sud, sud-ovest, ovest, est, e… nord?, ecco ora attorno a me un paesaggio brullo e desolato, privo di alberi, apparentemente senza uomini. 

Eppure è abitato. Piccole case in legno sono sparse qua e là, in una stretta striscia di terra erbosa ricavata da un suolo roccioso che, inerpicandosi verso l'interno, si andrà trasformando in rudi montagne innevate e ricoperte da ghiacciai. Anzi, qui c’è addirittura quello più grande al mondo: l’inlandsis, immenso come gigantesca è l’isola che l’ospita…

QAGSSIARSSUK, GROENLANDIA MERIDIONALE

Battuto da un’autentica tempesta d’acqua gelida, mi muovo con difficoltà nel villaggio di Qagssiarssuk ("piccolo strano ruscello"), sulla sponda occidentale del fiordo chiamato Tunugdliarfik. Se ciò che mi circonda non fosse sufficiente per ricordare quale sia, in quel momento, la mia "posizione nel mondo", una piccola collinetta di vetro bianco, perfettamente immobile per tutto il tempo che trascorrerò nella zona, tanto da sembrare ancorata, non può non farmi sussultare. In realtà è un… iceberg, che rammenta come io stia effettuando uno straordinario itinerario nello spazio e nel tempo, sulle orme di uno dei "capisaldi" della "mitologia", ma anche dell'affascinante, a tratti perfino "misteriosa", storia vichinga: quelle di Eirík il Rosso (Eirík Rauði). 

EIRÍK IL ROSSO (EIRÍK RAUÐI)

Eirík il Rosso, frontespizio da Gronlandia, di Arngrímur Jónsson, 1688 

Un uomo la cui vita ha oscillato tra la posizione di sanguinario pluriassassino a quella di esploratore-eroe culturale. Insomma un sapiente blend di positive virtù e di autentiche nefandezze unite nel medesimo individuo! Un accostamento, per noi forse del tutto atipico, che pure tanti altri personaggi, che s’incontrano nelle saghe islandesi, condividono.

Eirík è però qualcosa di più. Perché è un Grande. E' colui che ha avvicinato il Vecchio al Nuovo Mondo. Propiziando, con la sua diretta discendenza, il figlio Leif detto "il fortunato", l'arrivo stesso degli europei verso il 1000 in terra d'America. Nella "Terra del vino", la Vínland cantata dalle saghe (Grænlendinga saga del tardo XII° secolo e la Eiríks saga rauða di metà del XIII°), ma citata anche in documenti storici (le Gesta Hammarburgensis ecclesiae pontificum, ca. 1075, del magister scholarum Adamo da Brema, o l'lslendingabók, “Il Libro degli Islandesi”, scritto nel 1127 dallo storico islandese Ari Thorgilsson, ad esempio).

Eirík e la sua stirpe hanno unito, non solo idealmente, la Norvegia ad Islanda, Groenlandia ed America, imprimendo energia ad uno degli ultimi sussulti della brama espansionistica vichinga, la Drang nach austen (“spinta verso l’esterno”). 

 

BRATTAHLIÐ (EYSTRIBYGÐ, L’INSEDIAMENTO ORIENTALE VICHINGO)

La posizione nell’Atlantico del Nord delle due isole e dei due insediamenti Vichinghi (Vesterbygð - occidentale - e Osterbygð - orientale -) della “Terra Verde”

Un tempo questa era Brattahlið ("pendio scosceso"), cioè la bœr (“fattoria”) di Eirík il Rosso, il fiordo Eiríks Fjord, l'isola Grænland. Qui c’era il principale insediamento Vichingo nella Terra Verde: l’Eystribygð (od Osterbygð), l’«orientale».  

Ecco la skáli (lunga casa) di Eirík in torba e pietre. Più tardi modificatasi nell'attuale pianta a ganghús, cioè in una "casa a corridoio". A non molta distanza osservo i resti di un recinto di mucche e pecore e quelli della prima chiesa costruita nell’emisfero occidentale, voluta da sua moglie Thjóðhild. Oltre ad un’area destinata ad un Þing (assemblea politica).

La chiesa moderna di Qagssiarsuq. Di fronte si nota un avvallamento del terreno a ferro di cavallo. Ciò che rimane ai lati sono le fondamenta della chiesa di Thjóðhild  (© Franco Pelliccioni) 
A non troppa distanza dal sito originale una moderna ricostruzione della chiesa di Thjóðhild  (2005, foto Hamish Laird) 

Qui si andrà sviluppando un’altra straordinaria pagina dell'epopea vichinga: la colonizzazione della Terra Verde che, seppure presentatasi completamente deserta ad Eirík nel 982, da un punto di vista geo-climatico era allora concorrenziale, se non addirittura migliore, rispetto alla non distante “Terra del Ghiaccio” (i secoli XI° e XII° si caratterizzarono per il cosiddetto “piccolo optimum climatico”). Inoltre l'Islanda non aveva più terre “abitabili” a disposizione e dieci anni prima aveva anche sofferto per una terribile carestia...  

IN ISLANDA

I coloni salperanno nel 985 (o 986) dalla penisola di Snæfellsnes e dall’immenso Breiðafjördur ("grande fiordo"), di cui avevo precedentemente percorso la lunga e frastagliatissima linea costiera. I numerosi fiordi collaterali che lo costellano e le isole piccole e grandi che lo punteggiano danno forma ad un paesaggio che molto da vicino assomiglia a quello tanto amato, lasciato dai Vichinghi in Norvegia: lo skjärgård, il "giardino di scogli"...

Il punto di partenza per l’ulteriore Landnam (“insediamento”) non poteva invero essere molto lontano da qui. Poiché Eiríksstaðir, la fattoria islandese dove Eirík si era trasferito dopo il matrimonio, e dove nacque Leif Eiriksson, è sita proprio da queste parti. Nella non distante Haukadulur, vallata che sbocca nell’Hvammsfjörður, sezione minore del Breiðafjördur.

Passo dopo passo, ma, soprattutto… misfatto dopo misfatto, in ciò seguendo pedissequamente le orme del padre, che “a causa di alcuni assassini” a suo tempo aveva dovuto abbandonare, assieme alla famiglia, il natio distretto di Jæren (Rogaland), nel sud ovest della Norvegia, Eirík sarà costretto ad avvicinarsi al luogo dove sarebbe poi salpato per la Terra Verde

Accusato infatti due volte di omicidio, sarà costretto a fuggire in quanto dichiarato utilegumann (“fuorilegge”) e chiunque avrebbe potuto ucciderlo! Dapprima rifugiandosi nell'isolotto di Öxey, nelle vicinanze dell'odierna Stykkishólmur, sempre nel Breiðafjördur. Nascondiglio che, dopo il secondo omicidio, sarà costretto ad abbandonare in tutta fretta. Poiché il Thorsnes Þing lo bandisce per tre anni e non gli è consentito di tornare in Norvegia.

VERSO L’IGNOTO

Così si avventurerà nel 982 al di là del mare, dirigendosi verso ovest. Dove voci insistenti situano una "nuova" terra. In effetti Eirík non è certo partito “al buio”, tutt’altro… Probabilmente ha già parlato a lungo con i discendenti di Gunnbjörn Úlf-Krakason (Ulfsson). Anche lui vissuto nel Breiðafjördur, un secolo prima (ca. 900), trascinato da una tempesta, aveva avvistato alcune isole (o scogliere) e una terra alle spalle. 

Le Gunnbjarnarsker sarebbero identificabili nelle isole poste ad ovest di Sermiligaq, nei pressi di Angmassalik, sull’inospitale costa orientale groenlandese. Va ancora aggiunto come sua moglie Thjóðhild Jorundsdottir sia parente di Snaebjörn Galti, che solo pochi anni prima (978) era approdato su quella stessa costa. Anche se la Snaebjörn Galti saga è andata perduta, il Libro degli Insediamenti (Landnámabók) ne incorpora una versione, seppure “condensata”.

Dopo aver evitato con cura la Gunnbjarnarsker, Eirík doppia il meridionale Capo Farewell (Nunap Isua) e per tre anni esplora la costa occidentale della nuova terra, riscaldata da un ramo della Corrente del Golfo. Prima svernando nell’isola di Eiriksey, poi in quelle di Eiriks Holms (nei pressi del Capo Farewell). Infine si spinge a nord nel 985, fino al ghiacciaio Snæfell e all’Hrafnsfjord (Agdluitsok).

DIRETTI VERSO LA NUOVA TERRA SALPANO DALL’ISLANDA ESPLORATORI E COLONI

Nello stesso anno rientra in Islanda dall'esilio. Convincendo, sempre nel 985 (o 986), centinaia di isolani a seguirlo in Groenlandia a bordo di una flotta di 25 navi, di cui solo 14 arriveranno, dopo essere forse scampate ad un hafgerđingar (terremoto sottomarino). Daranno vita ai primi 14 distretti della colonia, successivamente rimpiazzati dalle parrocchie.

Quindi è dai fiordi dell’ovest dell’Islanda che sono salpati i Vichinghi. Prima i naviganti, gli avventurieri, gli esploratori. Poi i coloni, con le famiglie, masserizie, animali e tutto il resto. Per andare a vivere in nuove terre da coltivare od utilizzare come pascoli per gli animali. 

E la loro navigazione, che supponiamo infida e difficoltosa, sarà grandemente facilitata dalla presenza, sull'estrema punta occidentale della penisola di Snæfellsnes, dei 1446 m dell'imponente Snæfellsnesjökull, reso celebre da Verne nel suo Viaggio al centro della terra.

LA ROTTA

Così, volta verso ovest la prua delle "lunghe navi" e perso definitivamente di vista il vulcano, si manterrà la stessa rotta ancora per uno-due giorni. Quando i vascelli saranno “presi in carico", alla stregua di un insolito “radar naturale”, dalle montuose coste della Groenlandia orientale e, in particolare, dalla Blaserk (“camicia blu”): il picco ghiacciato di Ingolfsfjeld, nella regione di Angmassalik…

Una rotta che ben presto diventerà “un classico” per naviganti islandesi e groenlandesi: “affermano i dotti che da Stad in Norvegia si arriva, con una navigazione di sette giorni, ad Horn, nella parte orientale dell’Islanda; e da Snæfellsnes, dove la distanza è minima, con tre giorni di mare si arriva nella Groenlandia occidentale” (dal Landnámabók, che utilizza il termine dœgr: giornata di navigazione di 24 ore)

Un itinerario che dovrà essere abbandonato nel XIV secolo, poiché diventato pericoloso per il diffondersi dei ghiacci della banchisa polare. Quando le navi preferiranno seguire una rotta più meridionale. Iniziava allora l’inasprirsi delle condizioni climatiche, che avrebbero dato luogo ad una Piccola Era Glaciale tra il 1450 e il 1850.

In proposito si può ancora aggiungere come, con il tempo abbastanza chiaro, da Reykjavík sia possibile scorgere il vulcano Snæfellsnesjökull distante oltre 100 km. Certo, sono molto meno dei 320 chilometri che separano la penisola dalla Groenlandia... 

Eppure, quando il vento soffia dall’Artico ed ottima è la visibilità, c’è chi giura che si possa avvistare la Groenlandia dai fiordi occidentali! Certo è che, per le particolari condizioni di rifrazione ottica dell’atmosfera esistenti, la costa orientale groenlandese è visibile, o comunque la si può intuire, dalle navi in navigazione ad ovest dell’Islanda. 

D'altronde i Vichinghi non sono stati dei formidabili navigatori? E gli antichi poemi scaldici non lodavano il vichingo definendolo un sœkonungr, un “re del mare”? Anche perché era in possesso di un know how marittimo derivante da un’approfondita, minuziosa conoscenza della “formazione delle nuvole e dal colore dell’acqua, dalle creature marine e dagli uccelli, dal riverbero dei ghiacci [is-blikk], dalle correnti, dal legname e dall’erba alla deriva, dalla percezione del vento” (Gwyn Jones).

Soddisfatto per le scoperte effettuate nella sua vita, dopo essere caduto da cavallo (cattivo presagio per un viaggiatore) non accompagnerà negli anni ‘990 Leif nella spedizione verso ovest, nel corso della quale il figlio scoprirà Vínland.

Eirík morirà intorno all’anno 1002 per un’epidemia introdotta da un gruppo di immigrati nella colonia groenlandese, che la devasterà profondamente.

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