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giovedì 23 giugno 2022

36. VOLUME 3°, DA KNUD RASMUSSEN A ROSEBUD YELLOW ROBE, DELLA MIA STORIA DELL'ANTROPOLOGIA IN 61 PERSONAGGI E UNA SPEDIZIONE INTERCONTINENTALE TRA AMERICA E RUSSIA

 


Arunta decorati per un corroboree
(da: The Native Tribes of Central Australia, 1899)
BALDWIN SPENCER, 1860-1929 e FRANCIS J. GILLEN, 1855-1912

I 21 personaggi presenti in questo volume, che conclude la trilogia delle Grandi Avventure dell’Antropologia, costituiscono un vero e proprio ONU dell’Antropologia, poiché appartengono ad 11 nazioni. 7 di essi, nei quali mi sono “imbattuto” da giovanissimo, sono stati in grado di influenzare il mio futuro percorso esistenziale e scientifico. Non solo per i racconti delle loro affascinanti avventure, indubbiamente assai attrattive per un adolescente curioso e desideroso di conoscere i popoli del mondo. Trattando di Eschimesi (Inuit) e indios, di aborigeni australiani e Papuasi, di Boscimani e Aleuti, di deserti africani e australiani, di giungle sudamericane e della Papuasia, delle distese ghiacciate della Groenlandia, ecc. Più tardi, il profondo interesse che avrei avuto per un paio di altri personaggi sarebbe stato invece indotto da motivi d’ordine famigliare. Il lettore così mi perdonerà, se nell’incipit di alcuni capitoli troverà qualche premessa di natura personale…

   Vediamo adesso che qui figurano quattro “coppie” di studiosianche se una è senza il partner. Iniziando dalla coppia svizzera, che si potrebbe considerare come la “Paperon de Paperoni” della Storia dell’Antropologia mondiale. Si interesserà all’India e all’Indie Olandesi (oggi Indonesia). L’elevato status elitario, che la contraddistingueva, farà sì che una delle loro spedizioni possa contare sull’immediato intervento di un incrociatore e di 300 fanti di marina olandesi (sic). 

            Si attraversa il fiume Todschie nella regione degli Ewe, 1892-1893 
(da: Bilder aus dem Gebiet der Norddeutschen Missions-Gesellschaft auf der Sklavenküste in Westafrika - IV. Reisen der Missionare, Lipsia, 1894)
[DIEDRICH HERMANN WESTERMANN, 1875-1956] 

   Quella tedesca studierà sul campo le lingue africane, elaborando un’ortografia standardizzata per scrivere koinè fino ad allora solo orali. Mentre l’anglo-australiana non poteva che mettersi a studiare gli aborigeni, che aveva a “portata di mano”, anzi di lento pede e cammello… Anche se riconosco che il mio è un puro eufemismo, viste le distanze esistenti in Australia! 

  Infine c’è una vera coppia. È l’anglosassone, composta da marito e moglie. Studierà principalmente le popolazioni del Sud Sudan.

   Ecco ora le altre nazionalità. Continuando a parlare di aborigeni australiani, un ungherese cercherà di accostare la psicoanalisi all’antropologia, fornendo un’inedita chiave di lettura al loro “Tempo del Sogno”. 

  Uno studioso inglese si dividerà tra diverse Psicologie e l’Antropologia, mentre un’anglo-australiana terrà fissa la barra sulle sue stelle polari: condizione femminile ed educazione. 

   Un francese, dopo aver vissuto tra i poco conosciuti eschimesi della Groenlandia orientale, coinvolgerà il proprio governo in molteplici missioni dirette ai due Poli.

   Il drappello più numeroso è, comunque, quello statunitense: ben cinque studiosi

Il primo di loro, dopo aver esplorato, studiato e ricercato: indios tagliatori di teste, Eldorado, quetzal, mondo Maya, cercando anche di difendere, riuscendoci, la natura delle Galapagos, percorrerà la Strada reale Inca, quelle romane, tra Europa, Asia e Africa e, infine, quella Persiana

   Il secondo eseguirà scavi archeologici e studi etnologici tra le isole Aleutine e i Lacandoni del Messico. 

   La terza lavorerà tra i Navaho nel corso di 25 estati, mentre la pronipote di Toro Seduto è la quarta. È una pellerossa Lakota e per tutta la vita si batterà per la causa indiana. 

   Infine l’ultima, la quinta, è un’antropologa applicata, che cercherà di migliorare la qualità della vita delle popolazioni in Micronesia, Melanesia e Stati UnitiInteressandosi di educazione e coordinando un Programma su Personalità, Educazione e Amministrazione Indiana.

   Se poi vogliamo nuovamente parlare di ghiacci, Artico ed Eschimesi (Inuit), eccovi accontentati, poiché in serbo ho ancora un paio di miti. Il primo è un dano-Groenlandese. Tra gli Eschimesi Polari fonderà uno spaccio che, grazie ai suoi proventi, finanzierà le sette storiche Spedizioni di Thule tra Groenlandia e Siberia. L’altro è un islando-canadese. Organizzerà la più lunga esplorazione artica della storia, poiché durerà ben cinque anni.

   Al glottologo sopra citato, vanno però ancora aggiunti altri due studiosi germanici: il fondatore dell’antropogeografia e lo studioso dei pigmei della Terra. Saranno invece due sudafricani a studiare Boscimani e Tswana, mentre un altro svizzero condurrà sette lunghe spedizioni in Nuova Guinea. 

   Infine ecco un missionario italiano. Ha trascorso 29 anni della sua vita tra i popoli del Sud Sudan ed elaborerà un’autentica summa etno-storica e glottologica su quelle genti. È il secondo italiano presente nella mia trilogia.

1. KNUD RASMUSSEN, l’etnologo autodidatta, che fondò la moderna Eschimologia

2. FRIEDRICH RATZEL, padre dell'antropogeografia e primo teorizzatore della moderna geopolitica

3. L’antropologa e glottologa americana GLADYS AMANDA REICHARD e i Navaho

4. WILLIAM HALSE RIVERS, lo psicologo che trasformò l’Antropologia in una vera e propria scienza

5. L'antropologo ungherese GÉZA RÓHEIM tra gli aborigeni australiani, con lo sguardo alla psicoanalisi

6. Il trentennale soggiorno missionario nel remoto Bahr-El-Ghazal ha fatto di padre STEFANO SANTANDREA uno dei più grandi esperti del Sudan

7. I cugini svizzeri FRITZ e PAUL SARASIN etnologi, naturalisti e archeologi, tra i Vedda di Ceylon (Sri Lanka) e gli isolani di Celebes (Sulawesi)

8. Un antropologo contro l'apartheid: ISAAC SCHAPERA, lo studioso sudafricano degno allievo di Malinowski e Radcliffe-Brown

9. La straordinaria vicenda umana e scientifica del missionario ed etnologo PAUL JOACHIM SCHEBESTA, il “Padre dei pigmei”

10. CHARLES G. SELIGMAN [e BRENDA ZARA], “Maestro” dei Grandi dell’Antropologia, e la scoperta della posizione strategica dell'«isola dei mercanti»

11. BALDWIN SPENCER e FRANCIS J. GILLEN tra gli uomini bruni delle sabbie rosse australiane

12. VILHJALMUR STEFANSSON, l'«Amico» dell'Artico

13. L’antropologa statunitense LAURA MAUD THOMPSON e la ricerca di un’etica ecologica "al di là del sogno"

14. L'antropologo Afrikaner LAURENS VAN DER POST, un "Boscimane bianco" nemico dell'apartheid

15. PAUL-ÉMILE VICTOR si spinse ad esplorare i confini della Terra attratto dai deserti ghiacciati e dai popoli nativi. Innovatore e grande comunicatore, ha diretto personalmente 17 missioni al Polo Sud e 14 in Groenlandia

16. VICTOR WOLFANG VON HAGEN, etnologo, ricercatore delle civiltà imperiali perdute, rinvenne la Grande Strada del Sole degli Incas

17. CAMILLA HIDEGARDE WEDGWOOD, antropologa e pioniera dell’istruzione femminile in Oceania.

18. Dalla trasmissione “orale” alla lettura: il missionario e antropologo DIEDRICH HERMANN WESTERMANN, uno dei padri della moderna linguistica africana

19. L'antropologo dell'Artico EDWARD MOFFAT WEYER, tra i principali studiosi di Aleuti e Inuit

20. Alla scoperta dell'arte della Nuova Guinea. All'etnologo svizzero PAUL WIRZ si devono alcuni dei maggiori studi sulle società umane del Pacifico

È probabilmente tra le più antiche immagini della mia fototeca. L’ho scattata nel 1965 con una Kodak Instamatic nel Museo Etnografico di Basilea. Oggi Museo delle Culture (Museum der Kulturen), allora Museum für Völkerkunde und Schweizerisches Museum für Volkskunde. Raffigura costumi e oggetti etnografici provenienti dalla Nuova Guinea [raccolti da PAUL WIRZ, 1892-1955]

 Franco Pelliccioni

Ala Rockefeller, Metropolitan Museum, New York: una straordinaria collezione di pali mbis degli antenati. Appartengono agli Asmat (Nuova Guinea olandese, villaggi di Omadesep, Otsjanep, Per) e furono acquisiti da Michael Rockefeller
[nel 1961, dove poi sarebbe scomparso e probabilmente ucciso e mangiato dagli stessi Asmat, popolazione studiata da Paul Wirz]

                                            Franco Pelliccioni

21. La Lakota Sioux ROSEBUD YELLOW ROBE, intrepida figlia di “Uccide-nei-boschi”, studiosa e storica dei nativi americani

LE GRANDI AVVENTURE DELL’ANTROPOLOGIA

Antropologi culturali, sociali, fisici, applicati, etnologi, etnografi, etnomusicologi, etnostorici 

Vol. 3: da KNUD RASMUSSEN A ROSEBUD YELLOW ROBE (E-Book e versione cartacea, 188 pp, 124 note, 157 immagini)


E-Book https://www.amazon.it/dp/B07L5PFFF1


Versione cartacea https://www.amazon.it/dp/1790972345

SOMMARIO

INTRODUZIONE

1. KNUD RASMUSSEN, 1879-1933 

Danske Literaere Grönlands Ekspedition, Groenlandia 1902-1904: Eschimesi (Inuit) 

La nascita in Groenlandia 

Le sette spedizioni Thule 

Le prime quattro spedizioni: 1912-13, 1916-1917, 1919 

La Quinta Spedizione, la più grandiosa di tutte: Groenlandia-Siberia, 1921-1924 

Dall’Isola dei Danesi: molteplici indagini etnografiche, etnologiche, archeologiche 

Rasmussen racconta 

Sesta e Settima Spedizione: 1931, 1932-33 

2. FRIEDRICH RATZEL, 1844-1904 

I viaggi, 1869-1875: Mediterraneo, Cuba, Messico, Stati Uniti 

L’antropogeografia e la teoria dei cicli dei popoli: Völkerkreise 

L’Ambiente 

3. GLADYS AMANDA REICHARD (1893-1955) 

Tra i Navaho 

4. WILLIAM HALSE RIVERS, 1864-1922 

La Cambridge Expedition to the Torres Straits (CAETS), 1898: Australia, Nuova Guinea 

Le caratteristiche che hanno fatto entrare di diritto la CAETS nella Storia dell’Antropologia 

Tra i Toda dell’India e nelle isole Salomone, 1901-1908

La Grande Guerra, l’Oceania, in Gran Bretagna come Capitano Medico, 1914-1917 

5. GÉZA RÓHEIM, 1891-1953 

Un “ponte” tra psicoanalisi e antropologia 

Budapest 

Melanesia, Australia centrale, Somalia e Arizona, 1919-1931 

Il “Tempo del Sogno” tra gli aborigeni australiani 

6. STEFANO SANTANDREA, 1904-1990 

Una consulenza per un raid fluviale (Nilo Azzurro) sportivo-etnologico, tra Etiopia e Sudan 

Missionario-Etnografo-Etnostorico-Glottologo nel Bahr-el-Ghazal, sud Sudan, 1928-1957

7. FRITZ SARASIN, 1859-1942 E PAUL SARASIN, 1856-1929 

Due facoltosi e potenti cugini svizzeri 

L’epopea asiatica dei cugini Sarasin, Ceylon (oggi Sri Lanka), 1883-1925: Vedda 

A Celebes (Sulawesi), 1893-1896: Buginesi, Macassaresi, Toraja 

La nuova spedizione a Celebes del 1902-03 è possibile solo grazie all’intervento di un Reale incrociatore e della fanteria olandese 

La ricerca del 1902-03: Toála 

Fritz Sarasin e i Canachi della Nuova Caledonia, 1910-11 

Paul Sarasin e l’Ecologia 

Fritz Sarasin, Tunisi e Thailandia, 1923, 1931 

8. ISAAC SCHAPERA, 1905-2003 

La carriera universitaria 

Le ricerche sul terreno nel Bechuanaland (oggi Botswana), 1929-1950: Tswana 

9. PAUL SCHEBESTA, 1887-1967 

Nell’Africa orientale portoghese (Mozambico), 1912-16 

In Malesia, 1924-25: Semang e Sakai 

Congo, 1929-1930; 1934-1935: Pigmei dell’Ituri 

Filippine, 1938-39 e 1949-50: Negritos 

“Baba wa Bambuti” è ancora una volta in Congo, tra i Pigmei dell’Ituri, 1954-55 

10. CHARLES G. SELIGMAN, 1873-1940

La partecipazione alla Cambridge Expedition to the Torres Straits, 1898: Australia, Nuova Guinea

Nuova Guinea, 1904 

Il sistema commerciale del kula: Massim 

A Ceylon, assieme alla moglie Brenda, 1906-07: Vedda e Tamil 

Sud Sudan e Kordofan meridionale, 1909-10, 1911-12, 1921-22: Dinka, Shilluk, Nuer, Bari, Anuak, Acholi, Baria, Lario, Gwallam, Madi, Moru, Lango, Latuka, Langerio, Eliri, Lafofa, Talodi, Shambe, Gwola, Gura 

11. BALDWIN SPENCER, 1860-1929 e FRANCIS J. GILLEN, 1855-1912 

Cursus honorum di Baldwin Spencer 

Spedizione nell’Australia Centrale, 1894 

Incontro ad Alice Springs, nel centro dell’Australia, con Francis J. Gillen, 1894 

Da Alice Springs le ricerche di Spencer e Gillen tra gli aborigeni australiani, 1894, 1895, 1896, 1897 

Le ricerche tra gli aborigeni proseguono attraversando da sud a nord tutto il continente australiano, 1901, 1911: Arunta et alia. La morte di Gillen nel 1912. Spencer ancora nel centro dell’Australia: 1922, 1926 

Spencer muore tra i fuegini della Terra del Fuoco, 1929 

12. VILHJALMUR STEFANSSON, 1879-1962 

Islanda, 1904-05; Alaska e Artico occidentale canadese, con la Anglo-American Polar Expedition, 1906-07 

Artico occidentale canadese, 1908-12: Eschimesi del Mackenzie e del Rame

La Canadian Arctic Expedition (CAE), la più lunga esplorazione polare della Storia, tra Alaska e Artico canadese, 1913-18 

L’odissea della Karluk 

13. LAURA MAUD THOMPSON (1905-2000) 

Figi, Germania e Guam: 1933-1939 

Indiani d’America: 1941-1947 

Islanda: 1952, 1960 

14. SIR LAURENS VAN DER POST, 1906-1996 

Tra Africa e Europa 

Nella Seconda Guerra Mondiale, prigioniero dei giapponesi, rischia l’esecuzione, poiché appartenente allo spionaggio britannico 

Spedizione nel Nyasaland (oggi Malawi), 1949 

Spedizione nel deserto del Kalahari, Bechuanaland (Botswana), 1955: Boscimani 

15. PAUL-ÉMILE VICTOR, 1907-1995

Groenlandia orientale, 1934-35, 1936-37: Eschimesi Agmagssalik 

Tra i Lapponi (Sami), 1939 

Marocco, Martinica, Stati Uniti: 1940-1944 

Nascono le Expéditions Polaires Françaises (EPF), 1947: Groenlandia, Polo Sud 

A Bora Bora, Polinesia francese, 1977-1995 

16. VICTOR WOLFANG VON HAGEN, 1908-1985 

Messico, 1931-32; Arizona, 1933 

Tra i cacciatori di teste Jivaros dell’Equador, 1934 

Galapagos, 1935 

Strada Reale incaica, 1954-55 

Ripercorrendo le strade romane: Italia, Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Spagna, Francia, Balcani, Medio Oriente, Inghilterra, Germania, Nord Africa, Grecia e Turchia, 1962-1967 

La strada reale Persiana, 1974-75: Turchia, Iraq, Iran 

17. CAMILLA HIDEGARDE WEDGWOOD (1901-1955) 

Londra, Cambridge

Australia, Sud Africa, Londra: 1928-1932 

Nuova Guinea: 1934, 1935 

Isola di Nauru: 1935 

Di nuovo in Australia, Papua e Nuova Guinea: 1935-1947 

Australia: dal 1949 

18. DIEDRICH HERMANN WESTERMANN, 1875-1956 

Togo, 1900-03, 1907: Ewe 

Senegal e Sud Sudan, 1910-13: Gbe, Nuer, Kpelle, Shilluk, Dinka, Golo, Zande, Haussa e Guang 

Liberia, 1914: Gola, Kpelle, Mende 

19. EDWARD MOFFAT WEYER, 1904-1998 

La Stoll-McCracken Siberian Arctic Expedition, isole Aleutine, Mare e Stretto di Bering, 1928: Aleuti 

Ricerche archeologiche e antropologiche nel Sud-Ovest degli USA, 1929: Navaho 

Peary Memorial Expedition, Groenlandia, 1932: Eschimesi (Inuit) 

Brasile, 1953: indios Chavante e Camayurà 

Svezia e Messico, 1956: Lapponi (Sami) e Lacandoni 

Arizona, 1957: Navaho 

20. PAUL WIRZ, 1892-1955 

Nuova Guinea, tra il 1915 e il 1955: Marind-Anim, Asmat, 

Canarie, Tibet, Caraibi, Ceylon, India, isole Salomone, Indonesia, tra il 1938 e il 1955 

21. ROSEBUD YELLOW ROBE (1907-1992) 

South Dakota 

New York: 1927 

mercoledì 15 dicembre 2021

6. AREE GEOGRAFICHE E CULTURALI 1. LA FASE SUDAMERICANA “VIRTUALE”: 13/14-19/20 anni d’età, ca.: 1960-1966

 


Lotta tra indios nel Parque do Xingu 
( Marcello Casal- Agência Brasil)

PREMESSA

In più di un’occasione chi mi conosceva da poco tempo (colleghi, membri della Società Geografica Italiana, redattori del mio giornale) si domandava se fossi sempre io lo stesso antropologo, che aveva fatto ricerca in Africa, o tra gli eschimesi del Canada. 

Del resto nella Storia dell’Antropologia figurano diversi grossi personaggi, che hanno indirizzato i loro interessi con uguale efficacia, sia verso i tropici, che verso l’Artico. 

Il mio percorso esistenziale e scientifico nei decenni mi ha portato in continenti diversi. 

A partire, sia pure “virtualmente”, dall’età adolescenziale. 

Quando i miei studi erano pressoché completamente focalizzati sul Sud America.

Ma c’è ancora un'altra domanda che spesso mi è stata rivolta. Riguarda la mia laurea in Economia e Commercio, certamente ben lontana da quella in Lettere, forse più consona per un futuro antropologo. 

Ciò si deve al fatto che mia madre voleva che avessi un diploma, per poter lavorare (mio fratello non era riuscito a conseguire la licenza liceale). 

Così nel 1965, quando mi sono diplomato Ragioniere e Perito Commerciale, la Facoltà di Economia e Commercio era quasi l’unica alla quale poter accedere in quel periodo. 

Anche se, usufruendo di un Piano di Studi “aperto”, sarò in grado di sostenere esami in discipline insegnate a Lettere, Scienze Politiche, Magistero.

Ho ancora da dire qualcosa sull’Istituto Tecnico Maffeo Pantaleoni, dove entrai nel 1960. 

La mia sezione, la C, era sperimentale. 

Disponeva di tutti i laboratori. Invece di un anno di dattilografia, se ne fecero due (tolsero la Calligrafia). 

Il mio corpo docente era estremamente selezionato. 

Tutti i miei insegnanti avevano pubblicato libri, compreso quello di Religione, che era stato Cappellano della Folgore e ad El Alamein. Per quanto riguarda l’inglese, oltre a studiare la lingua direttamente sui libri della Oxford University Press (a quei tempi una didattica invero rivoluzionaria), ci si basava sulla grammatica di Gremigni, il mio professore, che l’aveva scritta assieme ad Amato (sarà mio insegnante all’Università). 

I.T.C. Maffeo Pantaleoni, V sez. C, a.s. 1964-65.
Sono il terzo da sinistra, in alto. Sono immensamente grato a Luisa Natali, alias "Tip Tap" su Facebook, per averla "postata" nel Gruppo del Pantaleoni 

Per completare l’aspetto linguistico, sposerò una ragazza sudafricana di Città del Capo (padre di discendenza scozzese, madre di discendenza francese): ben presto la mia seconda lingua diventerà l’inglese!

 

Giovani indie Kayapo, Stato del Pará, Brasile 
(, http://veton.picq.fr)

IL FASCINO DELL’AMAZZONIA. I PRIMI LIBRI DI SPEDIZIONI ESPLORATIVE, ETNOLOGICHE, ANTROPOLOGICHE

Da ragazzo, ancor prima di frequentare Biblioteche e Musei, mi ero notevolmente entusiasmato leggendo i resoconti delle avventurose imprese realizzate tra Amazzonia e Mato Grosso da diversi grandi esploratori ed etnologi. 
Ad esempio, quelle del colonnello inglese Fawcett. 
Scomparso nel nulla nel 1925, nel corso della sua ultima esplorazione sudamericana, alla ricerca di una civiltà perduta
E Fawcett, senza ombra di dubbio, rappresenta l’archetipo del moderno esploratore. 
È lui l’autentico e l’originale Indiana Jones
Perché l'autore delle avvincenti storie dell’archeologo-glottologo-avventuriero, un blend di scienza, azione e rischio in ugual misura, allorché disegnò personaggio e contenuti del suo personaggio non può non essersi ispirato alle imprese del colonnello. 
Specialmente a quella che sarebbe stata l’ultima sua spedizione, la più misteriosa di tutte!


Fawcett
Clark

E dire che ero venuto a conoscenza di questa importantissima figura della Storia delle Esplorazioni, leggendo un passo tratto da: I fiumi scendevano a Oriente
Altro libro di esplorazioni, che mi era stato regalato da mia madre per il mio quindicesimo compleanno (1961). “Per ciascun famoso colonnello Fawcett ci sono centinaia di uomini come lui, che sono scomparsi e dei quali nessuno ha più sentito parlare”. 
Così affermava nel 1946 il Presidente della Società Geografica Peruviana al già famoso esploratore Leonard Clark, anche lui un ex ufficiale. 
In procinto di spingersi nell’Inferno Verde dell’Amazzonia peruviana, dove vivevano indios tagliatori di teste (Jivaros) e cannibali.

A questi primi due libri, anno dopo anno ne avrei aggiunti tanti altri, non solo di pura esplorazione geografica, ma anche di scoperta scientifica, sia etno-antropologica, che naturalistica. 

Volumi che costituiscono vere e proprie "enciclopedie" dell'Avventura, dove tutto ciò che, di fascinoso e straordinario, esisteva al mondo, era realmente accaduto!

 LIBRI, RIVISTE, LIBRERIE, EDICOLE SPECIALIZZATE

Negli anni, incoraggiato da mia madre, un’insegnante elementare “vecchio stile”, amante della cultura, sono gradatamente transitato dai classici libri per ragazzi, Salgari e Verne ovviamente compresi, ai racconti autentici, diremmo oggi non fiction 
Letture alle quali, sistematicamente e con costanza, mi sono dedicato per anni. 
Dapprima sfogliando le pagine dei dieci volumi dell’Enciclopedia di famiglia (la Labor), dove osservavo le foto dei mille popoli dei vari continenti. 
Poi, avendo deciso di diventare da grande un etnologo (allora quello era il mio obiettivo), riserverò un’ora (tra le 21 e le 22) di tutti, o quasi, i giorni della mia vita alla lettura di libri. 
Che parlavano di popoli e tribù allora definite primitive (l’Istituto di Etnologia della Facoltà di Lettere della Sapienza di Roma un tempo si chiamava Istituto delle Civiltà Primitive). 
Descrivevano gli incontri con gli indios, l’attraversamento di giungle impenetrabili, la navigazione di fiumi maestosi e impetuosi. 
Così avrei compulsato i libri sulle spedizioni in Amazzonia del geologo Alfonso Vinci, un nostro italiano, che aveva anche insegnato in un’università venezuelana (Samatari, 1956), quelle di von Hagen, o il famosissimo Tristi Tropici, lo straordinario libro sugli indios brasiliani del grande antropologo francese Claude Lévi-Strauss, e tanti altri ancora. 
Volumi che figurano negli scaffali della mia biblioteca, diversificati a seconda della regione (o continente) e delle tematiche affrontate.

7

Flornoy


Lewis Cotlow


Intanto, mentre continuavo a frequentare la scuola secondaria superiore, iniziavo ad acquisire una conoscenza generale di base sulle aree culturali degli altri continenti. 

Leggendo, ad esempio, i libri di Fosco Maraini (Giappone), di Tucci (Nepal), di Quilici (Polinesia). 

Mentre mi sarei avvalso delle riviste Storia Illustrata, della Mondadori, e di Historia, della Cino del Duca, il cui direttore era allora il Prof. Cutolo, famoso e simpatico personaggio televisivo (ma anche docente universitario). 

Entrambe ospitavano in ogni numero interessanti articoli illustrati di etnologia e antropologia. 

Inoltre, proseguendo il contemporaneo apprendimento dell’inglese e del francese, senza essere socio o abbonato, riuscivo a reperire la rivista della National Geographic nelle fornitissime edicole di Via Veneto. 

Infine nel 1965, appena diplomato e subito iscritto all’Università, seguendo il consiglio del Prof. Grottanelli, che mi aveva consigliato di imparare il tedesco, all’epoca dominante nella letteratura etnologica mondiale, decisi di frequentare un corso di tedesco per un anno.   



E che dire delle assidue “ricognizioni” in un paio di librerie romane, per acquisire nuovi libri? 

La Gremese (di via Cola di Rienzo) e la Bonacci (di via Vittoria Colonna) 

Così, dopo il ripetersi delle mie “incursioni” all’interno delle due librerie, con relativi acquisti di libri con i soldi delle mie “paghette” settimanali, quando ad un certo punto sembrava che non ci fossero più nuovi arrivi nel campo etno-antropologico, ero uso vagabondare solitario tra le varie scaffalature. 

Anche servendomi di una scala, perché: “hai visto mai che sugli scaffali più alti posso trovare ancora qualcosa che mi manca”?

In un secondo tempo mi sarei comunque rivolto “all’estero”.

Saulnier

Qualche pregiato volume l’avrei infatti acquisito nella storica libreria francese (Piazza di S. Luigi dei Francesi). 
Ad esempio sulla Nuova Guinea il voluminoso e superbamente illustrato: Les Papous Coupers de têtes- 167 jours dans la prehistoire, di Tony Saulnier del 1960. 
Che racconta la pericolosa spedizione effettuata nel 1959 nell’interno inesplorato della Nuova Guinea olandese (oggi Irian Jaya), diretta dal documentarista ed esploratore francese Pierre-Dominique Gaisseau. 
Poiché area considerata estremamente pericolosa, tutti i suoi membri erano armati e la spedizione era scortata da sei poliziotti. 
In proposito, ricorda Saulnier, come: “i Mappi, tribù vicina degli Asmat, designassero un’altra tribù dell’interno, che non era mai stata contattata [dagli europei], con il nome di Mannuwaé (…) che voleva semplicemente dire: il nostro cibo” (Saulnier, pag. 36). 
Erano in effetti dei cannibali! 
Purtroppo, appena un anno dopo, in quello stesso settore costiero della Nuova Guinea occidentale sarebbe scomparso il giovane Michael Rockfeller. 
Probabilmente ucciso e, a quanto pare, viste le testimonianze nel tempo acquisite dalle forze di sicurezza, prima olandesi, poi indonesiane, anche mangiato dagli Asmat.

Nell’altra storica libreria inglese, la Lion Bookshop, allora in via del Babuino, tra gli altri volumi avrei acquistato White Waters and Black, di Gordon MacCreag del 1961 (1926). 

Riguardava una spedizione nella regione amazzonica tra il Rio Negro e Branco, ai confini tra Brasile e Venezuela.

 Gordon MacCreag


 

DOCUMENTARI TELEVISIVI E CINEMATOGRAFICI

Negli anni ‘1960 avrei “assorbito” ogni documentario disponibile, trasmesso sia dalla televisione, che proiettato nei cinema. 

A quell’epoca risalgono i documentari di Gualtiero Jacopetti (1919-2011), con l’apporto del naturalista Franco Prosperi (1928-) e quello dello scrittore Stanislao Nievo (1928-2006), 

Le sale cinematografiche erano sempre stracolme. 

Anche se per un “aspirante” cultore delle Scienze dell’Uomo (in proposito scrissi una recensione, rimasta ovviamente nel cassetto) avevano un “taglio” decisamente un po’ troppo sensazionalistico, un paio dei suoi documentari furono addirittura premiati con il David di Donatello (il primo fu anche candidato al premio Oscar, per la migliore colonna sonora, comprendente la celeberrima More di Riz Ortolani e Nino Oliviero). 

Mi riferisco a Mondo Cane 1 (1962), Mondo Cane 2 (1963), La donna nel mondo (1963), Africa Addio (1966).

Maria Nanni Germano

 LA MIA PRIMA “COLLABORAZIONE” BIBLIOGRAFICA E ICONOGRAFICA

Intorno al 1964-65 con i miei libri su Amazzonia e Brasile ho agevolato la realizzazione di un libro sul Rio delle Amazzoni della Prof.ssa Maria Nanni Germano, moglie del mio docente di Lettere dell’Istituto Tecnico Commerciale (Loescher, Torino, 1966).


CONTATTI, SIA PURE “INDIRETTI”, CON IL MONDO INDIO E AMAZZONICO:

MOTILONES DEL VENEZUELA

All’inizio degli anni ‘1960 fui letteralmente affascinato dalle parole di un carissimo amico di mio padre, che andammo a trovare a casa sua. 

Conoscendo il mio interesse per i popoli del mondo, mi mostrò un articolo riccamente illustrato, probabilmente pubblicato su Epoca. Riguardava una tribù di indios del Venezuela e le foto che avrei osservato, disse, erano particolarmente rare. 

Avrei poi scoperto il perché… 

Ricordo come le sue descrizioni fossero particolarmente dettagliate e andassero ad arricchire quanto riportato dall’autore del servizio. Marcello non aveva visto personalmente gli indios, ma c’erano stati suoi amici e colleghi di lavoro che si erano malauguratamente imbattuti in alcuni di questi indios, riuscendo comunque a scampare ai loro attacchi. 

Perché i Motilones, si tratta di loro, costituivano un popolo particolarmente bellicoso, che si serviva di archi e frecce per respingere le intrusioni dei bianchi, che tentavano di inoltrarsi nelle loro terre, localizzate tra le montagne della Sierra Nevada, a non molta distanza dalla grande laguna di Maracaibo e dai suoi ricchi campi petroliferi.

Quindi, sia pure indirettamente, quello fu il mio primo “contatto” con una tribù india “primitiva”. 

Va detto come l’amico di famiglia per ragioni politiche avesse lasciato l’Italia dopo la guerra, andando a lavorare come geometra in Venezuela, nel settore delle costruzioni, soprattutto di strade.

Oggi leggo sul Web che i Motilones, che vivono sia in Venezuela, che in Colombia, nel 1960 furono suddivisi in due distinti gruppi: Yukpas e Baris
Ciò in base ad un progetto di civilizzazione:proyecto civilizatorio emprendido por los Estados colombiano y venezolano” (“Motilones: from the «mansos» or «bravos» Indians to Yukpas and Baris (1910-1960)”, Marisol Grisales Hernández, pp. 71-72; Boletín Americanista, lxix, 1, 78, Barcellona, 2019, 71-90. PDF 23021-Texto del artículo-64924-1-10-20190730, 8.12.2021). 
Opera di pacificazione portata avanti da numerose spedizioni, che nel corso di mezzo secolo, dal 1910 al 1960, cercarono di “reducir o amansar a los nativos” a suo tempo definiti, a seconda delle loro reazioni nei confronti dei bianchi, “miti” o “selvaggi” (p. 78).  
Infatti “il 22 luglio del 1960 missionari cappuccini castigliani entrarono nel territorio dei Motilones del Catatumbo, sia via terra, che in elicottero, con l'accompagnamento di dodici Yukpas e diversi abitanti del villaggio; dopo essere scesi dall'elicottero nei pressi di due capanne indigene annunciarono la pacificazione e il primo contatto con i Catatumbo Motilones dalla parte venezuelana (…) Questo contatto ha permesso l'ingresso non solo di missionari ma anche di antropologi interessati allo studio di questa tribù, di cui fino ad allora si avevano solo pochi dati” (p.85).    


YANOAMA DEL RIO NEGRO, BRASILE


Biocca

Il mio, sia pure indiretto, “secondo contatto” con gli indios amazzonici, ha avuto diverse opportunità di estrinsecarsi nel tempo. Iniziando nel novembre del 1963 e terminando negli anni ‘1980. 

Il più lontano risale, infatti, al 1963. 

Quando nell’Aula Magna del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Roma furono annunciati alla stampa i risultati della missione scientifica italiana condotta nella foresta vergine equatoriale, a cavallo tra il bacino del Rio delle Amazzoni e quello dell'Orinoco, in Sud America. 

Spedizione diretta dal Prof. Biocca e composta, tra gli altri, dai Proff. Baschieri, Mangili, Bagalino, Ponzo. 

Scopo della missione era lo studio di una delle più "primitive" popolazioni del globo: i nomadi cacciatori-collettori Yanoáma (etnonimo che significa: "quelli del villaggio"), che praticano anche delle elementari forme di arboricoltura e di "agricoltura". 

Resoconto che avrei letto sul Messaggero il giorno dopo. Contemporaneamente venne diffusa l’eccezionale notizia riguardante la vicenda personale di Helena Valero. 

Donna di lingua spagnola rapita venti anni prima da un gruppo Yanoáma, quando era ancora una bambina. 

Dopo svariate peripezie, da pochi anni era riuscita fortunosamente a fuggire, ritornando al mondo dei bianchi. 

Tra l’altro proprio lei era stata l'inconsapevole filo conduttore della doviziosa ricerca sul campo, grazie al racconto della sua straordinaria esperienza di vita tra gli indios.

In quell'epoca riuscii ad ottenere dal Prof. Baschieri, direttore dello Zoo di Roma, una speciale autorizzazione per osservare ed ammirare i numerosi reperti biologici (per lo più animali imbalsamati) ed etnografici (armi, abbigliamento, copricapi di piume, ecc.), temporaneamente collocati nel Museo Zoologico, allora chiuso al pubblico. 

Ricordo che trascorsi una mezza e straordinaria giornata, osservando “rapito” il contenuto di quelle vetrine.

In seguito più volte compulserò, nella Biblioteca del CNR, i quattro voluminosi tomi dei Viaggi tra gli Indi. Alto Rio Negro Alto Orinoco. Appunti di un Biologo nel 1965-1966. 

Mentre acquisterò il resoconto integrale della vita della Valero, così come fu registrata dal Biocca (Yanoáma, dal racconto di una donna rapita dagli Indi, Bari, del 1965). 

Più tardi mi procurerò anche Mondo Yanoáma, sempre del Biocca, Bari, 1969. 

Nell’estate del 1968 con mia moglie e mio figlio mi trovavo in un campeggio di Albinia (GR). 

A quei tempi ero segretario del Liceo Classico di Orbetello. 

Una mattina (la sera prima ero stato a cena in un ristorante di Porto Santo Stefano) mi sentii così male, che la direzione del camping fece un appello, chiedendo se tra i campeggiatori ci fosse un medico. 

Un dottore così si presentò alla mia tenda. 

Venuto a conoscenza dei miei sintomi, disse che avevo una gastroenterocolite acuta e che, per sicurezza, dovevo subito andare all’ospedale di Orbetello. 

Il medico si chiamava Ezio Ponzo… 

Rimase molto meravigliato, come prima lo ero stato io, sentendo il suo nome, per il fatto che fossi a conoscenza della sua partecipazione alla missione amazzonica in qualità di psicologo (ma era anche un medico).

Nel 1975 scrissi un articolo su Cimento intitolato: Il Problema della Traduzione nella Antropologia Culturale, facendo esplicito riferimento alla pluriennale vicenda della Helena Valero. 

Articolo che anni dopo riproposi, sia pure in una veste diversa, sulla Terza Pagina dell’Osservatore Romano.

                               

Giovane Waika [Yanoama] pronto per la festa, 1973 (Ludwig Winklhofer, )

Nella prima metà degli anni ‘1980 scoprii che Franco Russo, il marito di una mia cara amica, negli anni ‘1960 era stato in Amazzonia, assieme al compianto Gerardo Bamonte (un amico americanista, che conoscevo fin dagli anni ’1970), quando erano studenti universitari. 

Là avevano avuto modo di incontrare la Valero e di registrare alcune interviste. 

La loro presenza nella foresta pluviale (dove, per la scarsità di cibo, in qualche occasione dovettero far ricorso alla carne dei serpenti che, a quanto pare, non era poi tanto male…) servì a “preparare” la spedizione Biocca-Baschieri. 

E dire che Gerardo non aveva mai fatto alcun cenno a quella loro avventurosa missione giovanile.

In seguito, mentre Gerardo iniziava con successo la sua brillante carriera accademica, Franco, se non ricordo male, era diventato un importante funzionario dell’ENI. 

Purtroppo sarebbe morto qualche tempo dopo il nostro incontro. Quando l’albergo di Istanbul, dove si trovava, andò a fuoco. 

Così, venuto a conoscenza del giorno del suo funerale a Roma, mi sarei subito dato da fare, riuscendoci, per avvisare Gerardo, in quei giorni in navigazione nel Mediterraneo a bordo di uno yacht. 

Ieri (26 dicembre 2021) prendendo in mano uno dei due libri di Biocca, ho scoperto che tanti anni fa vi avevo inserito un ritaglio di giornale (Mengoni G.,“Lui prof, lei india yanomani: quando l’amore è impossibile”, Il Messaggero, 1° febbraio 1997, pag. 10). 

L’articolo riguardava un antropologo, Kenneth Good (1942- ), che nel 1978, nel corso del suo soggiorno di ricerca tra gli Yanoama (oggi Yanomami), aveva conosciuto l’india Yarima, che allora aveva nove anni. 

Quattro anni dopo la sposerà con una cerimonia tradizionale e da lei avrà un figlio. 

Alla fine del suo lavoro, la porterà nel New Jersey, dove Yarima avrà altri due figli. 

Nel 1992 un team della televisione brasiliana Globo la raggiunse negli USA, scoprendo la sua infinita tristezza, perché non era riuscita ad adattarsi alla nuova situazione. 

Un anno dopo (1993) Yarima lascerà marito e figli, per tornare nella foresta. 

Dove si risposerà ed avrà un altro figlio. 

Un fotografo brasiliano, che l’aveva raggiunta, invierà una sua foto all’antropologo, che “stentò a riconoscerla: nuda con il corpo dipinto, il viso adornato da bastoncini sotto al naso e al labbro inferiore, col nuovo marmocchio sulle spalle, e venti chili di meno rispetto ai tempi in cui mangiava patatine e hamburger”.  

Sul Web scopro oggi il seguito. Good con David Chanoff aveva pubblicato nel 1997: Into the Heart: One Man’s Pursuit of Love and Knowledge Among the Yanomami. 

Inoltre nel 2011 David, uno dei loro figli, è tornato nella giungla per visitare la madre e, in seguito, ha avviato The Good Project, un'organizzazione no profit destinata ad aiutare il futuro degli Yanomami.

Anche se l’antropologo non ha ovviamente “rapito” Yarima, l’intera vicenda assomiglia molto a quella della Valero, sia pure a parti rovesciate…  

Un'ultima annotazione: non a caso il mio pseudonimo come Wikipediano è Yanoama...


Donna Waika [Yanoama] con il cesto per il trasporto, 1973 (Ludwig Winklhofer, )



中文(臺灣): 環形草屋的結構透視圖 (cinese di Taiwan): una vista prospettica della struttura della casa circolare con il tetto di paglia (shabono) (foto Kuliw, 2017 )

Il volume IV (E-Book e cartaceo) della mia tetralogia: ALLA SCOPERTA DEL MONDO. 
Archeologi, Esploratori, Grandi Viaggiatori, Geologi, Naturalisti, Paletnologi, include i seguenti personaggi che si sono interessati al Sudamerica: 

Lungo il Rio delle Amazzoni. Fu il luogotenente di Pizarro, Francisco de Orellana, che per primo discese il grande fiume

Quell'irrequieto misuratore della terra: Charles-Marie de la Condamine, matematico, geodeta nonché avventuroso esploratore

I Tropici visti da un prussiano. Nel 1804 il Barone Friedrich Heinrich Alexander von Humboldt, naturalista e geografo, ultimava la sua storica esplorazione in Sudamerica

La vita avventurosa di un paleontologo: il francese Alcide d'Orbigny, viaggiatore, naturalista e padre della micropaleontologia

L'uomo che esplorò la Guyana: l'esploratore e naturalista sir Robert H. Schomburgk, prussiano di nascita, al servizio dell'Inghilterra

John Louis Rudolphe Agassiz, lo scienziato celebrato da Longfellow. Zoologo, naturalista, paleontologo, glaciologo svizzero-statunitense

I tesori dissepolti del Perù archeologico: Max Uhle, uno tra i principali studiosi delle antiche culture andine

Uno dei grandi misteri della storia delle esplorazioni. "L'archetipo di "Indiana Jones", il colonnello ed esploratore inglese Percy Harrison Fawcett, scomparve nel 1925, cercando una fantomatica città perduta nel Mato Grosso brasiliano

L'Amazzonia di Alexander Hamilton Rice. Una singolare figura di esploratore, medico e geografo statunitense nel Sudamerica degli anni venti

Machu Picchu: la "Vecchia Cima" perduta tra le nuvole. La città degli Incas scoperta nel 1911 dall’archeologo americano Hiram Bingham

Avventure etnologiche di un grande geologo. Versatile e intrepida figura quella di Victor Oppenheim, scienziato franco-lettone, studioso del Sudamerica

E-Book:https://www.amazon.it/dp/B0837Y4DWD



Cartaceo: https://www.amazon.it/dp/1653579420