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mercoledì 12 ottobre 2022

69. VISITANDO I MUSEI DELLA SMITHSONIAN INSTITUTION A WASHINGTON (E NEW YORK)

 

Smithsonian Castle, foto aerea di C. Highsmith, 2006 (Library of Congress, Prints and Photographs Division)

LA SMITHSONIAN INSTITUTION, WASHINGTON

Nel 1996 la Smithsonian Institution di Washington, l'istituzione americana che, data la sua megagalattica attività, non teme paragoni al mondo, festeggiò degnamente i 150 anni dalla sua fondazione (1846), attraverso una grandiosa mostra itinerante. Per due anni, infatti, l'America's Smithsonian portò in numerose città statunitensi 150 reperti, su una disponibilità di oltre 100 milioni, selezionati tra i più rappresentativi della sua storia.

Incredibile a dirsi, ma "tanta" istituzione deriva da un atto di fede e di speranza, nelle possibilità degli Stati Uniti, da parte di un filantropo europeo, l'inglese James Smithson, morto nel 1829.

Di professione scienziato, egli, che non era mai stato in America, volle "fondare a Washington un'istituzione per incrementare e diffondere la conoscenza tra gli uomini". Nel 1846 il Congresso  per la Federazione acquisì l'intera proprietà del ricchissimo gentleman. Da allora la Smithsonian è amministrata da un Consiglio, che vede il Capo della Giustizia accanto al Vice Presidente Usa, oltre a tre membri del Senato e a tre della Camera dei Rappresentanti. Infine nove cittadini sono nominati dal Congresso.

Il cosiddetto "castello" (The Castle), l'edificio smithsoniano vero e proprio, fu il primo edificio ad essere costruito (1855). Sorge a metà circa del Mall (tra il Monumento a Lincoln e il Campidoglio), e ne rappresenta il centro direzionale (vi si trova anche la tomba del mecenate). 

In effetti va detto come la Smithsonian sia formata da un rilevante numero di "corpi" separati: ben 15. La maggior parte di loro, considerata l'importanza che l'istituzione da sempre ha rivestito nella vita nazionale, si trova ai lati del Mall: Museo di Storia Americana e di Storia Naturale, National Gallery of Art, Free Gallery of Art, Air and Space Museum, Arts e Industry, Hirshorn Museum.

Quanto già rilevato nel precedente post dedicato al Museo di Storia Naturale di New York (18 settembre), vale anche per la Smithsonian: il mio personale approccio in quegli anni, il tempo dedicato ai singoli musei, le poche fotografie riportate da ciascuna visita, l'importanza riservata all'aspetto museografico-espositivo a me caro. Che, naturalmente, mi portava a privilegiare il settore etno-antropologico. 

E dire che non sono ancora riuscito a visitare tutti i musei siti nel Mall. Tra l'altro va detto che altri sono sparsi, non solo nelle vicinanze, ma anche a New York, come il Cooper-Hewitt Museum. Senza contare gli istituti di ricerca (zoologica, marina, ecologica, tropicale), disseminati tra Panama e Harvard.

NATIONAL MUSEUM OF THE AMERICAN INDIAN, NEW YOK

Molti anni dopo avrò comunque l'opportunità di vedere a New Yorknel George Gustav Heye Center, ospitato nell’ex Palazzo della Dogana statunitense,  l’interessante National Museum of the American Indian. Museo che ha anche altre due sedi, una sempre a Washington, nel National Mall (dal 2004), l'altra nel Maryland.

Una sala del Museo (© Franco Pelliccioni) 

IL MUSEO DI STORIA NATURALE, WASHINGTON

Una  Ford modello T parcheggiata davanti al Museo, ca. 1926 (Library of Congress)

Mai visita fu così bene accetta di quella che, sempre durante quel mio primo viaggio negli States, effettuai alla sezione africana (African Cultures) del Museo di Storia Naturale. Completato nel 1881, il Museo contiene oltre 81 milioni di reperti (meno dell'1% è esposto).

Il Museo di Storia Naturale, 2005 ( CC Some rights reserved User:Postdlf)

La sezione africana fa parte del Dipartimento di Antropologia: più di un milione di reperti di ogni parte del mondo, una biblioteca (oltre 50.000 volumi), archivio (più di due chilometri di scaffali) e fototeca (circa 400.000 "pezzi", dei quali oltre 90.000  risalgono al periodo 1860-1930).

L'etnologo Gordon D. Gibson (1922-), uno  specialista dei Bantu sud-occidentaliCuratore dell'importante sezione, durante quella visita rappresentò il mio prezioso "Virgilio" . 

Con meticolosità scientifica e dovizia di particolari mi avrebbe infatti illustrato, una sala dopo l'altra, le diverse aree culturali e ciascun grande diorama presente. Nei quali, grazie alla straordinaria massa di reperti etnografici a disposizione, erano esemplarmente ricostruite, con ricchezza di dettagli, regioni a me ancora molto care [E sì! Perché, soprattutto nel cuore, sono ancora un impenitente africanista, che per mille motivi ha poi dovuto volgere la sua vita professionale in altre aree del mondo]. Non solo sulla base della relativa letteratura africanistica, ma principalmente con l'intervento personale di ricercatori e curatori tra i più prestigiosi disponibili sul mercato dei cervelli, e sulla base delle singole ricerche sul campo. 

Statuetta maschile dei Bakongo, Congo, fine XIX secolo (foto 2015, Daderot

Ogni vetrina, ogni ricostruzione d'ambiente ha perciò ottenuto l'insostituibile, prezioso, supporto di studiosi che, proprio in quelle aree culturali africane, hanno condotto ricerche importanti, spesso facenti parte ora della storia della disciplina. Il Turnbull, ad esempio, ha sapientemente curato il diorama riguardante i Pigmei Mbuti dell'Ituri (Zaire, dal maggio 1997 Repubblica Democratica del Congo).

Quanto ebbe ad illustrarmi il Dr. Gibson mi avrebbe allora profondamente impressionato. Ma quello era  l'anno del "contatto", del mio primo approccio all'America e alla realtà accademico-culturale statunitense...

In seguito, dopo ogni viaggio, e con l'accumularsi di esperienze interpersonali e professionali, cominciai ad assuefarmi all'idea del "grandioso". Di un paese, dove l'impossibile è quasi sempre possibile... 

Il lungo alone di efficienza, lo stretto rigore scientifico, la ricchezza di mezzi pressoché inesauribile: sono questi i ricordi di quelle prime visite negli Stati Uniti. E da allora i miei giudizi in merito non hanno subito alterazioni di rilievo. 

Ed oggi il Museo ospita anche le collezioni del vicino e fiammante Center for African, Near Eastern and Asian Cultures.

LA SMITHSONIAN, IL BUREAU OF AMERICAN ETHNOLOGY, GLI INDIANI

La Smithsonian, come il Museo di Storia Naturale di New York, ha avuto un ruolo del tutto fondamentale tra le istituzioni scientifiche statunitensi, anche nel campo dell'Etnologia, della Linguistica e dell'Archeologia dell'America.

Al suo interno  venne appositamente creato nel 1879 un Bureau of American Ethnology. Fondato e diretto da quel Powell che, per primo, aveva attraversato tutto il Gran Canyon del Colorado (1869), e che avrebbe contribuito, con le sue spedizioni e la sua attività propulsiva, ad ampliare notevolmente il patrimonio conoscitivo del caleidoscopico mondo degli Indiani d'America. 

Illuminante fu il suggerimento anticipatore del suo amico Henry, Primo Segretario della Smithsonian: "è un dovere sacro che questa Nazione deve al mondo civilizzato nel raccogliere ogni cosa relativa alla storia, maniere, costumi, peculiarità fisiche e, in breve, a tutto ciò che serve per illustrare il carattere e la storia degli originari abitanti del Nord America" (1857). 

In occasione dell'Esposizione Universale di Filadelfia del 1876, nel Centenario dell'Indipendenza degli Stati Uniti, si tenne quella che sarebbe stata la prima mostra di Etnografia Indiana: "con artigianato, costumi, armi e resti archeologici", alla quale contribuì lo stesso Powell con oggetti Ute e Paiute. Ma la grande occasione sarebbe arrivata con l'Esposizione Mondiale di Chicago del 1893, dove venne inaugurata una colossale mostra di oggetti etnografici.

LA JESUP NORTH PACIFIC EXPEDITION  TRA AMERICA E ASIA (1897-1902)

Negli anni precedenti, allo scopo di acquisire nuovo materiale, la Smithsonian aveva anche allestito numerose spedizioni in diverse parti del mondo. Furono proprio tali missioni a propiziare la progettazione di una delle più grandi missioni scientifiche mai realizzata fino ad allora: la Jesup North Pacific Expedition (1897-1902). Grazie all'intervento del Boas e all'estrema versatilità e duttilità del Putnam. Quest'ultimo, Curatore del Museo di Storia Naturale di New York, fu un grande museografo e un "Maestro", sia nell'insegnamento, che nell'addestramento di nuovi curatori. 

Si deve a questi due illustri studiosi se i ricercatori americani, seguendo un programma teorico stabilito in precedenza, furono in grado di dimostrare l'unità storica dei numerosi popoli disseminati lungo le coste in prossimità dello Stretto di Bering, tra Siberia, Alaska e Canada.

SPEDIZIONI E RICERCHE NEL MONDO

La tradizionale attività di ricerche e di spedizioni etno-antropologiche in ogni area del globo, portata avanti da parte dei musei americani a partire dall'800, ricevette uno splendido e vigoroso impulso soprattutto dalla Smithsonian

In questo contesto determinante e antesignano fu il lavoro relativo all'elaborazione di manuali e guide per collezionare reperti archeologici, etnografici o per raccogliere dati e materiali etno-linguistici o di antropologia fisica. 

Come il "classico" Guide to Field Collecting of Ethnographic Specimen (Sturtevant, 1977), in mio possesso. Che, con ogni probabilità, non sarà l'ultimo di una lunga serie, che aveva avuto inizio nel lontano 1863 con le: Instructions for research relative to the Ethnology and Philology of America del Gibbs. Subito seguito da un secondo nel 1867: Circular relating to Collections in Archeology and Ethnology.

Ogni anno la Smithsonian sponsorizza o partecipa direttamente a centinaia di ricerche in tutti gli angoli del globo, dall'aviazione all'oceanografia, dalla storia nazionale all'arte Orientale e Americana, all'antropologia, dagli studi archeologici a quelli ecologici.

NATIONAL AIR AND SPACE MUSEUM

L'entrata del Museo, 2010 (CC Some rights reserved, Jawed Karim)

Otto anni dopo sono tornato a Washington, anche per visitare l'interessante Museo dell'Aviazione e dello Spazio (National Air and Space Museum).

La Smithsonian si interessò allo spazio molto presto. Nel 1861 l'Henry raccomandò a Lincoln un conduttore di aerostati, in modo che potessero essere dimostrate le potenzialità dei palloni come osservatori militari. Langley, il suo Terzo Segretario, tra il 1887 e il 1903 costruì diverse macchine "più pesanti dell'aria", due delle quali, spinte da un motore a vapore, volarono sopra il fiume Potomac.

Il salone d'ingresso con lo Spirit of St. Louis, il modulo di comando dell'Apollo 11 e la Space Ship One, 2010 (CC Some rights reserved, Jawed Karim)

Nel Museo sono in mostra macchine uniche: dal Flyer dei fratelli Wright (1903) allo "Spirit of St. Louis" di Lindbergh. Di rilievo gli aerei appartenenti all'epopea pionieristica del trasporto postale e commerciale. Ma vi si trova anche lo storico LEM (il modulo Lunare).

Un rover lunare - LRV, acronimo di Lunar Roving Vehicle - come quelli utilizzati nelle missioni Apollo 15, 16 e 17  nel 1971-1972. Gli originali sono sulla Luna... (foto 2009, CC Some rights reserved, Craigboy)

I più giovani, e non solo loro, potranno sostare sulla plancia di comando di una grande portaerei della US Navy, dove si assisterà con un brivido, attraverso suoni, immagini e autentiche sensazioni, al continuo decollo e appontaggio di jets militari. 

Boas, i pigmei Mbuti, Powell e la Jesup North Pacific Expedition figurano nella mia trilogia antropologica:

E-Books

Versione cartacea

PAGINA AUTORE ITALIA

PAGINA AUTORE USA

INFINE:
 

martedì 21 giugno 2022

35. UNA STORIA DELL'ANTROPOLOGIA IN 61 PERSONAGGI E UNA SPEDIZIONE INTERCONTINENTALE TRA AMERICA E RUSSIA: VOLUME 2°, DA THOR HEYERDAHL AD ALFRED REGINALD RADCLIFFE-BROWN

Erland Nordenskiöld fotografa un indio Chocó in visita.
Colombia, 1927 (Wärldskultur Museerna)

Questo secondo volume delle Grandi Avventure dell’Antropologia contiene altri 20 personaggi, oltre ai membri di una spedizione russo-tedesco-americana svoltasi a cavallo tra il XIX e il XX secolo tra Siberia, Alaska e Canada. Molto sommessamente potrei forse aggiungere come il lettore si trovi qui di fronte ad un autentico parterre de roi. Non solo perché vi figura una studiosa statunitense, che per molto tempo è stata considerata la più grande antropologa vivente! O perché, accanto alle numerose ricerche effettuate in mezzo mondo, allo scopo di dimostrare le sue teorie un norvegese è stato il primo ad attraversare Oceano Pacifico, Atlantico e Indiano con una zattera, o con tradizionali imbarcazioni di giunchi e papiri.

   E che dire di chi, per cercare di dare finalmente “un taglio” alla plurisecolare, senz’altro singolare agli occhi di un europeo, pessima “abitudine” di tagliare le teste, organizzerà nel Borneo una regata intertribale? Entrata giustamente a far parte della Storia dell’Antropologia. Sempre in Asia, nell’Oceano Indiano, un funzionario britannico si è poi “improvvisato”, a quanto pare con molto successo, etnografo delle popolazioni da lui amministrate.

   In Sud America c’è stato anche chi, sia pure inconsapevolmente, ha offerto su un piatto d’argento a Conan Doyle, l’autore di Sherlock Holmes (e a tanti altri dopo di lui, scrittori e registi), allettanti e sostanziosi argomenti capaci di suscitare nell’immaginario collettivo favolosi racconti di terre perdute nel tempo, di un “Mondo Perduto”. Scalando il tepuis del Roraima, dopo essersi interessato per anni agli indios della Guyana.

   Per quanto riguarda gli indiani del Nord America, il volume include quattro studiosi statunitensi, che hanno lavorato tra Navaho, Comanche e Indiani delle Pianure, in toto. Mentre una quinta antropologa ha saputo “dividersi” tra due continenti e… Hollywood! E non è finita qui… Perché ancora un anglo-statunitense ha dedicato tutta la sua vita scientifica a sconfessare, “carte alla mano”, il mito della razza.

   Qui sono presenti anche cinque francesi. Il primo si è dedicato allo studio degli indios sudamericani e dell’Isola di Pasqua. Altri due hanno preferito rivolgere le loro attenzioni alle genti del Grande Nord, sia europeo, che americano. Anche se uno di loro, tuttora vivente, all’inizio non ha certo disdegnato di percorrere i deserti del Nord Africa. Come del resto ha fatto il quarto. Dedicatosi allo studio dei nomadi berberi del Sahara, cioè dei famosi Tuareg. Anche se poi ha preferito indagare le raffigurazioni rupestri (dipinti e incisioni) presenti in abbondanza tra le montagne del sud algerino. L’ultimo, il quinto, è un poeta, letterato e critico d’arte, tanto da aderire al movimento surrealista. Anche se partecipò alla grande ricerca continentale africana, che portò un drappello di studiosi d’oltralpe dalle coste dell’Atlantico fino al Golfo di Aden.

   Forse che il menu appena elaborato non sia di per sé già sufficientemente appetitoso? Peraltro “all’appello” mancano ancora altri quattro personaggi: uno svedese, due britannici, un tedesco naturalizzato brasiliano.

   Il primo è un barone scandinavo. Ha un cognome assai noto, sia agli studiosi di Antropologia, che a quelli di Geografia e di Storia delle Esplorazioni. Dall’inizio del XX secolo si è interessato ai popoli indios del Chaco e del Perù, cioè da quando la missione Chaco Cordillera, scortata per l’occasione da soldati boliviani, giunse fin sulle sponde del Pilcomayo, dove venti anni prima quasi tutti i numerosi membri di un’importante spedizione francese erano stati massacrati a coltellate e bastonate e, infine, “mangiati” dagli indios! Uscito indenne da una regione di indubbia pericolosità, una decina di anni dopo uno dei componenti della sua missione in Bolivia e Brasile sarà invece barbaramente assassinato

   Il secondo, un anglo-austriaco, ha studiato due popoli assai distanti tra di loro (Nigeria e Sudan), i cui etnonimi hanno forti assonanze, tanto da riuscire a confondere perfino il più incallito degli studenti universitari. Se propedeuticamente non ha dato almeno uno sguardo all’Atlante...

  Il terzo, anche lui britannico, è nientemeno che il Padre dell’Antropologia Sociale, la cui “iniziazione” alla ricerca sul campo è avvenuta tra gli Andamanesi. Ma l’Uomo ha anche un’altra caratteristica. Poiché potremmo anche definirlo come un vero e proprio “antropologo internazionale”, avendo insegnato agli studenti delle università di tutti e cinque i continenti…

   Infine il tedesco, poi fattosi brasiliano, quindi, indio Guaranì. L’etnologo che per 40 anni ha studiato e vissuto presso 45 tribù indie, tra Amazzonia e Mato Grosso, e che seppe fronteggiare un furioso assalto con archi e frecce dei temibili indios Parintintin del fiume Madeira, senza spargimento di sangue!

I loro nomi:

1. L’etnologo norvegese Thor Heyerdahl, che con una semplice zattera di balsa, la celeberrima Kon-Tiki, ha attraversato il Pacifico orientale. Raggiungendo le isole Tuamotu (Polinesia francese) dal Perù, con una straordinaria e rischiosissima navigazione

2. Tra i Dayak di... Sandokan: Charles Hose, il gentleman amministratore-giudice, etnologo ed esploratore nel Borneo dei Brooke, i Rajah Bianchi di Sarawak

Sulau, moglie di un capo Kayan, mostra la sua preziosa collezione di perline
(foto Hose: The Pagan Tribes of Borneo, 1912)

3. L'antropologo britannico Everard im Thurn, che si rese celebre per la conquista del mitico Roraima, la “Montagna di Cristallo” di Sir Walter Raleigh, corsaro, poeta e favorito della regina Elisabetta I, alla ricerca dell’Eldorado

4. La Jesup North Pacific Expedition 1897-1902, la grandiosa spedizione etno-antropologica, che studiò i popoli del Pacifico del Nord: Bogoras, Farrand, Fowke, Hunt, Jacobsen, Jochelson, Jochelson-Brodskaya, Laufer, Smith, Swanton, Teit. Oltre al suo ideatore-organizzatore: Franz Boas, “mostro sacro” dell’Antropologia mondiale

5. Clyde Kay Maben Kluckhohn, antropologo statunitense, da giovane percorse a cavallo le terre dei Navaho per 4.800 km. Consuetudine che rispetterà negli anni successivi. Quando ogni estate cavalcherà attraverso le regioni del Sud-Ovest, effettuando numerose sessioni di ricerca tra i Navaho

6. Il Poeta dell'etnologia francese Michel Leiris, che dal 1931 al 1933 attraversò tutta l'Africa da Dakar a Gibuti

7. Quell'antropologo cittadino del mondo: Ralph Linton, scultore nelle isole Marchesi e uomo-medicina in Madagascar, già nel 1911 effettuava scavi archeologici in Nuovo Messico e Colorado. Poi nel 1933 andrà tra i Comanche dell’Oklahoma, dove sarà adottato dalla comunità nel corso della Brush Dance

8. L’antica pinacoteca del Sahara occidentale: l’etnografo francese Henri Lhote, massima autorità mondiale dei "Tassili des Ajjier"

9. Robert Lowie, storico dell’Etnologia, è stato il massimo studioso degli Indiani delle Pianure. A partire dalla sua prima ricerca tra gli Shoshoni, per continuare con quelle ben più importanti sui Crow

10. Jean Malaurie, un antropologo francese tra gli Eschimesi (Inuit) Polari di Thule, Groenlandia Nord-Occidentale

11. Le pluridecennali ricerche dell’antropologo Edward Man sui Negritos delle isole Andamane, testimonianza scientifica e amore per un popolo in via d’estinzione

Tipi delle Grandi Andamane nella loro casa di Port Blair (foto Man, The Aboriginal Inhabitants of the Andaman Islands, 1883) 

12. La diversità culturale ricchezza dell'umanità: Margaret Mead la più grande antropologa dei nostri tempi

                            Ad Alitoa tra gli Arapesh di montagna (Nuova Guinea): 
Neumasi e sua madre Wasimai (1931-32)


13. Il mistero svelato dell'Isola di Pasqua:
Alfred Métraux, uno dei massimi esponenti dell'antropologia contemporanea

14. L'amore come indice dei livelli di umanità: l'antropologo inglese Ashley Montagu, paladino della dignità umana

15. Dai Nupe nigeriani ai Nuba del Sudan. I maturi contributi allo studio moderno dell'antropologia dello studioso anglo-austriaco Siegfried Nadel

16. La corsa contro il tempo per salvare la cultura in estinzione degli indios: Kurt Nimuendajú, pioniere tedesco dell'etnologia brasiliana

Partecipanti alla festa di imposizione di nomi maschili, con mazze, cravatte e cinture. foto Nimuendaju, 1937 [indios Xerente]

17. Uno svedese sulle Ande: la missione etnologica di Erland Nils Nordenskjöld nel Chaco-Cordillera

18. Un'antropologa nella Fabbrica dei Sogni: Hortense Powdermaker, allieva di Malinowski ed esperta di Melanesia, Rhodesia e... Hollywood!

19. John Wesley Powell, conosciuto soprattutto per le sue avventurose e coraggiosissime esplorazioni su e giù per i fiumi del West, in particolare del Colorado. Ma è anche colui che diede vita al fondamentale American Bureau of Ethnology

20. Charles Rabot, geografo, etnologo ed esploratore francese dei Mari e delle Terre del Grande Nord europeo

21. L'Antropologia Sociale di Radcliffe-Brown, grande studioso britannico e autentico “antropologo internazionale

DA: LE GRANDI AVVENTURE DELL’ANTROPOLOGIA 
Antropologi culturali, sociali, fisici, applicati, etnologi, etnografi, etnomusicologi, etnostorici, 
Vol. 2: da THOR HEYERDAHL AD ALFRED REGINALD RADCLIFFE-BROWN
(181 pp., 131 note, 163 immagini)



E-Book: https://www.amazon.it/dp/B07J5J84J2


Versione cartacea: https://www.amazon.it/dp/1728759420


SOMMARIO

INTRODUZIONE

1. THOR HEYERDAHL, 1914-2003: Polinesia (Isole Marchesi e Tuamotu), Galapagos, Isola di Pasqua, Maldive, Perù, Canarie; traversate oceaniche (Pacifico, Atlantico, Indiano) 

La zattera del Kon-Tiki (1947)

2. CHARLES HOSE, 1863-1929: Sarawak (Dayak)

Al servizio di Charles Brooke, secondo Rajah bianco di Sarawak

La Regata della Pace

Il racconto 

The Pagan Tribes of Borneo 

3. SIR EVERARD FERDINAND IM THURN 1852-1932: Guyana Britannica (Warrau, Arawak, Caribi, Awakoi, Macusi, Arecuna, Wapishana, Atorai, Amaripa, Wai-Wai), Ceylon, Melanesia (isole Figi) 

Il “Mondo Perduto” del Roraima, Guyana

Ceylon e Figi

4. JESUP NORTH PACIFIC EXPEDITION, 1897-1902: Asia (Siberia: Ciukci, Coriachi, Lamuti, Yup'ik, Even, Iucaghiri, Nivkhi, Evenki, Jacuti, Ainu, Nanai), Nord-America (Chilcotin, Quinaultm, Salish, Tlingit, Kwakiutl, Hàida, Nlaka'pamux, Lilloet, Shuswap) 

Un grandioso progetto intercontinentale 

Franz Boas, “mostro sacro” dell’Antropologia mondiale, ideatore e organizzatore della spedizione 

I protagonisti della Grande Avventura fin de siécle

In Asia: 

In America: 

Antropologia d’urgenza

5. CLYDE KAY MABEN KLUCKHOHN, 1905-1960: USA (Navaho, Zuñi)

6. MICHEL LEIRIS, 1901-1990: Africa (Spedizione continentale Dakar-Gibuti), Martinica, Guadalupa, Haiti 

La Missione Dakar-Gibuti 

Michel Leiris 

7. RALPH LINTON, 1893-1953: Scavi archeologici (Nuovo Messico, Colorado, Guatemala, New Jersey); USA (Comanche), Polinesia (Marchesani), Madagascar (Tanala) 

8. HENRI LHOTE, 1903-1991: Sahara algerino (Tuareg; incisioni e pitture rupestri dei Tassili)

Nel Sahara una sterminata pinacoteca “all’aria aperta” 

Tuareg ed europei alla scoperta delle figure rupestri 

Henri Lhote 

9. ROBERT LOWIE, 1883-1957: Indiani delle Pianure (Shoshoni, Crow, Arikara, Chippewa, Ute, Washo, Mandan, Hopi, Hidatsa, Comanche)

10. JEAN MALAURIE, 1922-: Sahara algerino e marocchino, Groenlandia (Expéditions Polaires Françaises; Eschimesi - Inuit - Polari), Siberia, Artico centrale canadese, Alaska 

Tra gli Eschimesi polari di Thule, Groenlandia settentrionale 

Altri cenni biografici

“Noi non siamo più soli al mondo”

La missione a Thule (Groenlandia settentrionale) del 1950-51 

11. EDWARD MAN, 1846-1929: Isole Andamane (Andamanesi) e Nicobare (Nicobaresi), Oceano Indiano 

The aboriginal inhabitants of the Andaman Islands, 1883 e l’utilizzo, da parte di Man, delle celebri Notes and Queries on Anthropology 

Isole Nicobare e Gran Bretagna 

12. MARGARET MEAD, 1901-1978: Polinesia (Samoa), Melanesia (Isole dell'Ammiragliato, Manus; Nuova Guinea, Arapesh, Mundugumor, Ciambuli, Iatmul); USA (pellerossa Omaha); Indonesia (Bali) 

13. ALFRED MÉTRAUX, 1902-1963: Sud-America (Argentina, Bolivia: Calchaquí, Guaraní, Chiriguano, Toba, Wichís, Uros-Chipaya; Cile: Isola di Pasqua; Brasile: Amazzonia), America centrale (Haiti) 

In Sud America e nell’Isola di Pasqua 

14. ASHLEY FRANCIS MONTAGU, 1905-1999: studi fondamentali sulla razza 

Elephant Man 

15. SIEGFRIED FERDINAND STEPHAN NADEL, 1903- 1956: Nigeria (Nupe), Sudan (Nuba), Eritrea 

16. CURT (UNKEL) NIMUENDAJÚ, 1883-1945: Brasile (45 tribù indie tra Amazzonia e Mato Grosso nell’arco di 40 anni) 

In Brasile 

Cartas do Sertão 

In Amazzonia attaccato dagli indios Parintintin 

Militante indigenista 

Antropologia d’urgenza 

Le preciosidades indígenas 

17. ERLAND NILS HERBERT NORDENSKJÖLD, 1877-1932: Cile (Patagonia), Argentina-Bolivia (Chaco), Perù, Colombia-Panama (indios Chiriguano, Toba, Wichís, Chocò, Cuna et alia) 

Nella Patagonia cilena

La Spedizione Svedese Chaco-Cordillera, Argentina-Bolivia 

Crevaux, già teatro venti anni prima del massacro di una spedizione francese 

Interludio 

Jules Crevaux e la spedizione al Pilcomayo, 1881-1882 

Il racconto dell’imboscata degli indios, a due mesi dalla tragedia 

I battaglieri indios Toba, le reazioni militari argentine e boliviane: altri massacri 

La spedizione Chaco-Cordillera di Nordenskjöld rientra in patria 

Nordenskjöld Tra Argentina, Bolivia, Brasile, Perù, Colombia e Panama 

18. HORTENSE POWDERMAKER, 1900-1970: Melanesia (Nuova Irlanda), USA (Indianola, Mississipi; Hollywood), Zambia (Luanshya)

Rhodesia settentrionale (Zambia): 1953

Filadelfia, Baltimora, Londra: 1900, 1921, 1925 

Melanesia (Nuova Irlanda): 1929 

Mississipi: 1932-1934 

Hollywood: 1946,1947

19. JOHN WESLEY POWELL, 1834-1902: USA (Grand Canyon; indiani Ute, Kaibab, Paiute, Shoshoni) 

Ecco una rapida cronistoria della sua straordinaria “avventura fluviale”

20. CHARLES RABOT, 1856-1944: Svalbard, Nordland norvegese, Lapponia svedese e russa (Lapponi - Sami -, Komi, Chanti, Mansi, Nénétse, Nenci, Ciuvasci, Mari), Groenlandia, Islanda, Jan Mayen 

Svalbard e Scandinavia settentrionale

Lapponia russa 

Islanda, Jan Mayen 

Svalbard 

21. ALFRED REGINALD RADCLIFFE-BROWN, 1881-1955: Isole Andamane (Andamanesi), Kariera (Australia nord-occidentale), Tonga (Polinesia) 

Andamane, Australia, Tonga 

Docente “internazionale” di Antropologia: Sud Africa, Australia, Gran Bretagna, Brasile, Egitto, Cina 

Il Metodo nell’Antropologia Sociale