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Piramide di Cheope (alta 137 m), Giza: IV Dinastia, Antico Regno, ca. 2620 a.C. - ca. 2500 a.C., 1980 (© Franco Pelliccioni) |
UNA DOVEROSA PREMESSA
Nel corso dei miei vagabondaggi scientifici
che, in quasi mezzo secolo, mi hanno avvicinato a numerose realtà culturali
"altre", tra Europa, Africa e America, più volte ho avuto modo di
utilizzare il percorso per effettuare, en route, soste intermedie più o meno veloci.
Che, così, mi hanno consentito di ampliare la conoscenza di aree finitime a
quelle dove ero diretto.
Approfondendo ulteriormente caratteristiche
geo-storiche ed etno-antropologiche.
Raccogliendo prezioso materiale
aggiuntivo, non solo fotografico o sonoro, "a latere" e "di
sfondo", che, in un secondo tempo, si sarebbe dimostrato interessante per
la mia attività. Una buona "abitudine", questa, condivisa del resto
anche da alcuni Maestri della mia disciplina.
In previsione di una seconda
sessione di indagine nel profondo sud del Sudan, da realizzare nel 1980-81,
quale occasione migliore per progettare una sosta in Egitto?
Visitando così,
quasi a campione: luoghi, zone archeologiche, monumenti et alia, da un capo
all'altro del paese.
Dall'imboccatura del delta (il Cairo) ai lontani confini
meridionali con il Sudan (templi di Abu Simbel).
Un viaggio nel viaggio capace
di offrire una visione d'insieme, a "volo d'aquila", di quel paese e
di quelle popolazioni.
Regione che un tempo era stata definita: "vaga e
misteriosa, popolata da selvaggi, demoni, serpenti magici, pigmei e bestie mostruose"
LA CIVILTÀ EGIZIA
La mia prima "visita" in Egitto
[1980], che ha quindi seguito più direzioni, non è stata del tutto peregrina.
Consentendomi un approccio meno teorico a quel paese, fin dall'antichità.
È mia intenzione cercare di descrivere quelle
che, allora, furono le mie sensazioni davanti a questa straordinaria culla
della civiltà umana. Non confrontabile con altre situazioni presenti nel mondo
intero, secondo me.
Che sono nato e cresciuto a
Roma. Ho ammirato la Grecia e le testimonianze archeologiche della civiltà
Azteca, Maya, Minoica.
Quando posi i piedi per la prima volta su
questa parte del "crescente fertile", mi portavo inevitabilmente
appresso un bagaglio culturale, fatto di nozioni, idee, storie, cognizioni,
clichés e… pregiudizi?
Il tutto ampiamente sedimentato e
stratificato, fin dall'epoca dei miei primissimi passi sulla via del sapere,
nella mia mente e nel cuore.
Ecco perciò le Piramidi, la
Sfinge e la Valle dei Re,
Tombe e Templi faraonici sparsi a profusione lungo il
Nilo, Ramses II il Grande e la scoperta della tomba di Tutankhamon, il
grandioso progetto internazionale per salvare Abu Simbel, la sala delle gigantesche
colonne di Karnak: questi sono solo alcuni dei "punti di forza"
mentali sui quali ho cercato di incardinare il mio viaggio tra Basso, Alto e
Medio Egitto.
Ce ne sarebbero stati ancora
diversi, appartenenti sia all'era faraonica, che a periodi successivi.
Con il pensiero si poteva
andare alle storie di Erodoto (450 a.C.), ad esempio, o alle descrizioni di
Strabone (30 a.C.). All'età delle esplorazioni, non solo geografiche. A quella
degli scavatori di tesori, compreso il padovano Belzoni.
Ma ancora: all'inusitata
impresa napoleonica in terra d'Africa, che comportò una massiccia
partecipazione dei savants dell'epoca; alla scoperta della
"traslitteratrice" stele di Rosetta, vera chiave di lettura con la quale lo Champollion
riuscì, infine, a scardinare segreti e misteri della scrittura geroglifica
(ideografica e fonetica) egizia; alla fondazione di una nuova scienza con le
carte in regola, l'egittologia; all'incredibile, e altrettanto miserabile, epopea
dei ladri di tombe che, a partire dall'epoca faraonica, arriverà fin quasi ai
giorni nostri.
E, infine, ai misteri.
Come quello relativo alla
scomparsa nel nulla dei 50.000 soldati della grande spedizione del re Persiano
Cambise verso l'oasi di Siwa.
Sarei tentato di allungare a dismisura questa
lista, ma è mia intenzione quella di approfondire, in seguito, alcuni tra i
temi appena accennati.
Qui voglio solo cercare di interpretare, per il lettore,
lo stato d'animo di chi per la prima volta si è trovato di fronte alla
Grandiosità per antonomasia!
DAVANTI ALLE GRANDI PIRAMIDI
DI GIZA
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. Fotografati a Giza, 1980 (© Franco Pelliccioni)
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La prima impressione che si prova, giunti al
cospetto delle grandi Piramidi di Giza, è la sua totale assenza! Ciò che capita
al neofita è un impeto, una cascata di confusione mentale, di annichilimento
vero e proprio dell'intelletto.
Ci si
sente naturalmente frastornati, interdetti, muti.
Senz'altro una sindrome di Stendhal
all'ennesima potenza!
È la sensazione palpabile, concreta, di non
riuscire a "realizzare" appieno tutto quanto ci troviamo
improvvisamente davanti allo sguardo, così stracolmo di grandiosità: le tre
piramidi, la sfinge, gli innumerevoli resti archeologici minori. Tutto
contemporaneamente sotto il nostro campo visivo.
E, per un certo periodo di
tempo, è difficile uscirne fuori.
Ogni particolare contribuisce
a magnificare quanto si vede.
Compresa la stessa posizione rialzata di quelle
che, un tempo, rappresentavano una delle sette meraviglie del mondo.
Poiché, non bastando la loro
concentrata, naturale maestosità, trovandosi su un pianoro naturale, esse ci sovrastano addirittura
dall'alto, facendoci ancora più piccoli.
L'unica cosa che si riesce ad
avvertire, cercando di dare "senso" e "direzione" ad
un'inusuale situazione, a ciò che in quei lunghissimi momenti ho provato, io
che ancora continuo a meravigliarmi e a stupirmi, in maniera persino
fanciullesca, di fronte al "nuovo" e al "diverso"
proveniente da ogni località, che ho avvicinato nel corso dei lunghi viaggi di
ricerca nel mondo, è che di fronte alle Piramidi non c'è proprio nulla che si possa dire o aggiungere
di intelligente.
Quindi, o una silenziosa,
rispettosissima ammirazione, o il ricorso, ad ogni piè sospinto, a iperboliche
aggettivazioni degne di un Marco Polo.
Ecco che anche il viaggiatore
di professione resta totalmente disarmato di fronte a siffatti affascinanti
spettacoli. Che sottendono, tra l'altro, tutta una complessa storia durata
millenni (3.000 - 332 a.C.).
Lo choc culturale, che le
Piramidi hanno suscitato, tenderà a replicarsi ancora, più volte.
Aggiungendo,
di volta in volta, ulteriori
sensazioni, totalizzanti emozioni, innumerevoli suggestioni: davanti al grande
Tempio di Karnak, alle tombe della Valle dei Re, ad Abu Simbel...
DAL DIARIO DI VIAGGIO: CAIRO (I parte)
Al Cairo andiamo ad alloggiare
nel grattacielo del Meridien, in Corniche el-Nil [mi accompagnava la compianta amica e collega Cecilia Gatto Trocchi, alla quale ho dedicato il libro]. Garden City. In realtà è sito
sulla punta settentrionale dell’isola di Rôdah, una delle due più grandi
presenti all’altezza della città.
Il panorama che godiamo
dall’alto, specialmente di sera, con la città illuminata, è indubbiamente
fantastico.
Tra l’altro ha una posizione
strategica, molto comoda per gli spostamenti.
Per cui è possibile raggiungere
Piazza Tahrir e il Museo Egizio, il grande suq di Khan el- Khalîli e la moschea
al-Hazar (a nord e nord est), la moschea di Ibn Tulun, le due moschee del
Sultano Hassan e ar-Rifai, oltre alla Cittadella con la moschea di Mohammed Alì, ad est.
Ben presto ci rendiamo conto
che per i nostri spostamenti sarà assai prezioso uno dei soliti tassisti, che
costantemente stazionano sotto l’albergo.
Grazie a lui avremo modo di visitare
in maniera approfondita alcune aree del Cairo.
Anche se, specialmente nelle
zone centrali, a volte ci sposteremo a piedi.
Spesso senza troppe mete
prefissate, tra un assaggio di datteri freschi (Cecilia); una fumata, seduto al
tavolo di uno dei numerosi maqha (caffè) di shisha, cioè il narghilè (io); o
una foto a Cecilia seduta accanto alle bambine e alle donne egiziane.
Nel cortile della moschea di
Ahmad ibn Tulun, allora in corso di restauro, dominata dal caratteristico
minareto caratterizzato da una scala esterna, si ripete l’usuale e divertente
richiesta, da parte della guida locale, di richiedere in sposa Cecilia, che
preventivamente mi ha espressamente “consigliato” di figurare come mia moglie.
Dopo aver visitato le moschee
“gemelle”, trovandosi ad ambo i lati della strada el-Kalaa, lentamente saliamo
sulla Cittadella del Saladino, alle pendici del Moqattam, dove visitiamo la
moschea di Muhammad Ali e da una delle terrazze abbiamo dall’alto un’ampia
panoramica, sia pure “velata” per l’inquinamento, del centro del Cairo,
punteggiato da innumerevoli moschee e minareti.
Qui siamo anche gli
involontari spettatori di un piccolo evento, che riuscirà a toccarci
nell’anima. Quando due gruppi di turisti, uno israeliano, l’altro arabo, da
lassù cominceranno a gridare all’unisono salam e shalom: “pace, pace”.
Ecco poi un’incredibile e
stupefacente sorpresa, certamente del tutto inaspettata.
Allorché scopriamo un’oasi di
pace e tranquillità urbana all’interno della super fragorosa e caotica Cairo.
Si trova nella Vecchia Cairo,
dove visitiamo il quartiere copto, con le sue belle chiese e il Museo,
all’interno del Kasr ech-Chamah.
Senza lasciarci sfuggire la moschea di Amr,
del 642 d.C., la più antica dell’Egitto e uno dei più antichi edifici
religiosi dell’Islam.
Dovunque andiamo, siamo
assillati da quelli che, decenni dopo, saranno gli italici “vu cumprà”.
Ma
anche da un nugolo di guide improvvisate, ognuna delle quali, come nell’area
delle Piramidi di Giza, ci fa vedere un rudere particolare, un piccolo tempio,
un “importante” piccolo monumento, una minuscola piramide, una delle centinaia di mastabe
appartenenti a nobili e dignitari.
E che dire dei numerosi
cammellieri, sempre a Giza, che girovagano da una parte all’altra, e vogliono
essere fotografati per un bakshish?
Tanto che Cecilia e io alla fine siamo un
po’ stufi di questo noioso andazzo, contro il quale non c’è alcuna difesa.
Quindi un egiziano chiede
insistentemente di essere fotografato accanto al suo dromedario, non per soldi,
dice, ma perché ama l’Italia. Poi naturalmente esige la mancia: “non per lui,
ma per il dromedario”.
Mentre a Saqqara il
cammelliere, che per la prima volta ci fa montare su un cammello, al termine ci
consegna con sussiego un bigliettino da visita, dove leggo Eid Mohamad Sawaby, Camelman.
La sera prima della nostra
partenza per l’Alto Egitto e Abu Simbel, siamo invitati a cena a casa del
nostro tassista-anfitrione.
Una splendida ospitalità tutta araba, nel corso
della quale assaggeremo i manicaretti della loro cucina e conserveremo
indelebile il ricordo del loro salotto imperiale rosso cardinale, in puro stile
Napoleonico.
CONTINUA
DA: VIAGGI IN EGITTO 1980-2009. CROCIERA AEREA E FLUVIALE SUL
NILO; AI CONFINI CON IL SUDAN, ALLA RICERCA DI BERENICE TROGLODITICA E DELLA
“CAROVANIERA DEGLI 11 GIORNI”; NEL SINAI
(E-Book, versione cartacea a colori e in bianco e nero, 277 pp., 259 note, 271 immagini, di cui 242 a colori (230 foto sono dell’A.):
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TUTTI I DATI (ECONOMICI, STATISTICI, DEMOGRAFICI, ETNOGRAFICI, ECC.) CONTENUTI NEI MIEI LIBRI SONO STATI ACCURATAMENTE VERIFICATI, INTEGRATI E AGGIORNATI AL MOMENTO DELLA LORO PUBBLICAZIONE.
...
IL LIBRO E’ DEDICATO ALLA COMPIANTA AMICA E COLLEGA CECILIA
GATTO TROCCHI (ROMA, 19 GIUGNO 1939- ROMA, 11 LUGLIO 2005)
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Saqqara, dicembre 1980 |