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lunedì 11 luglio 2022

47. UNA TETRALOGIA DELL'ESPLORAZIONE. VOL. 4 AMERICA

 

Il gruppo di lavoro di Alfred P. Maudslay nella giungla di Quirigua (Guatemala), 1883

   20 sono i personaggi presenti in questo libro, andati alla ricerca di Conoscenza (geografica, storica e culturale), ma anche di Avventura, dalla Groenlandia, alla Terra del Fuoco. Ed è stato l’amore per l’Avventura, coniugata sottilmente con la Conoscenza, che ha indissolubilmente legato tra loro queste figure. Dando vita ad uno straordinario filo conduttore, che si è andato snodando, dall’Artico fino a Capo Horn, attraverso epoche, culture, civiltà, popolazioni, territori, nel corso di una continua sfida dell’Uomo contro l’ignoto.

   Sette sono gli esploratori, quattro i naturalisti, sette sono anche gli archeologi, oltre a un geodeta e un geologo.

   Le loro nazionalità sono le più diverse. Al pari delle epoche, nelle quali hanno vissuto e operato: dall’anno Mille, alla fine del II° millennio.

   Tra loro, i conquistadores spagnoli, addentrandosi nell’ignoto e navigando lungo fiumi impetuosi, scopriranno cose mirabili e nuove terre, anche se si dovranno confrontare contro donne guerriere.

    Altri, inoltrandosi nel fitto delle giungle del Centro e Sud America, scopriranno i resti di superbe civiltà antiche, di cui si ignorava l’esistenza.

   Poi, attraversando da est a ovest il continente, incontreranno, spesso per la prima volta, le numerose tribù pellerossa del Nord America. Mentre, spingendosi profondamente all’interno del Sud America, si imbatteranno nelle bande degli indios. Non sempre d‘indole pacifica, tanto che, in qualche caso, i loro attacchi dovranno essere purtroppo respinti a fucilate.

   Gradatamente, uno dopo l’altro, mondi nuovi e inaspettati continueranno a disvelarsi davanti agli occhi sbalorditi e curiosi degli esploratori e susciteranno l’interesse scientifico di studiosi e ricercatori.

   A volte sarà la natura in toto l’oggetto privilegiato del pluriennale studio di un paio di scienziati, il cui raggio d’azione avrà le dimensioni di mezzo continente. O sarà solo uno dei suoi molteplici aspetti, a far sì che un pittore si interesserà al variopinto universo degli uccelli.

   Alcuni di essi si muoveranno per scopi più concreti. Andando alla ricerca, a cavallo e a piedi: dell’oro, delle Sette Città di Cibola, dell’Eldorado, di fantastiche città perdute nella giungla. Mentre qualcuno a dispetto di fantasiosi miraggi, ne troverà realmente una... Arroccata sopra i pianori di alte e inaccessibili montagne. Per secoli difesa dalla cupidigia degli uomini, grazie alla sua remota posizione, circondata com’era da giungle impenetrabili e dalle tumultuose acque di un fiume.

   E che dire, poi, di coloro che scopriranno l’esistenza di intere civiltà, del tutto ignote fino ad allora? Oppure contribuiranno a farle conoscere per ciò che veramente sono, senza dare adito a immaginifiche e mirabolanti ricostruzioni storiche?

   O, andando testardamente appresso ad un plurisecolare mito, dopo aver vagato per anni da un luogo all’altro del continente, c’è chi si troverà letteralmente “sotto i piedi” ciò che cercava? È allora che la leggenda, “facendo capolino” da quello che era stato sempre ritenuto solo un “libro delle favole”, diventerà tangibile realtà. Subito “cooptata”, per entrare a pieno diritto nel Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Non a caso, il padre di colui che, a suo tempo, soffiò l’alito vitale al “mito”, è anch’esso presente nel libro

   Neppure vanno dimenticati coloro che dedicheranno molti anni della loro vita al sacro fuoco della scienza geodetica, specializzazione ai più del tutto sconosciuta. Poiché abbandoneranno patria e famiglia, per cimentarsi, in un remoto angolo del mondo, in osservazioni, che ancora oggi appaiono del tutto astruse. Inoltre, per misurare l’arco di meridiano all’Equatore, si dovranno improvvisare alpinisti e scalare alte montagne e minacciosi vulcani, portandosi appresso le pesanti attrezzature dell’epoca! Qualcun altro, ancora, vagherà per anni tra giungle, fiumi e montagne, per poter disegnare i confini politici, tra Stato e Stato.

   Alcuni, per finanziare le proprie imprese, spesso assai costose dal punto di vista logistico, dovranno fare affidamento solo sulle proprie risorse, o sui contributi di istituzioni, giornali e facoltosi amici. Tre di loro sono invece benestanti. Anzi, due sono addirittura straricchi… Per cui il loro unico problema sarà quello di procurarsi sempre il miglior equipaggiamento esistente sul mercato. Così, negli anni ‘1920, ci sarà chi disporrà di: aereo, aerofotografia, radio rice-trasmittente

   Il libro narra anche di una spedizione scomparsa nel nulla, alla ricerca di un “sogno”, che un esploratore inglese aveva sempre tenuto gelosamente segreto. Ma anche delle decine e decine di missioni, andate invano a cercarla, per quasi un secolo.

   Il sogno riguardava l’esistenza di una città favolosa, descritta da un’antica cronaca, probabilmente apocrifa, situata in una regione, dove l’unica civiltà visibile ancora oggi è quella dei villaggi degli indios, immersi nelle boscaglie e circondati dai fiumi.

   A questo punto, però, si impone un ma…! Perché proprio in questi ultimi tempi, un antropologo americano, che da tredici anni ricercava tra gli indios, aiutato da una buona dose di fortuna e dalla sua perspicacia, due doti invero non secondarie, che si sono aggiunte al fatto che era anche un archeologo, affermerà come quella lontana fantasticheria avesse un fondamento di verità. Presumibilmente derivante da leggende tramandate di generazione in generazione dagli indios… Poiché ha scoperto ben venti insediamenti risalenti all’800-1600 d.C., collegati da strade, con case costruite con il materiale esistente nella regione: terra, legno, palme. Ogni insediamento aveva dai 2.000 ai 5.000 abitanti. Cioè numeri ben superiori a quelli degli odierni villaggi, che sono nell’ordine delle centinaia di anime. Poiché le città risalgono a ben prima dell’avvento dei brancos, i bianchi, con le loro malattie e la loro “pacificatrice” violenza. Una scoperta, confermata anche dai radar, dalle rilevazioni satellitari, dai sensori remoti, che ha una portata incredibilmente rivoluzionaria, poiché ha sconvolto le fondamenta stesse dell’Archeologia precolombiana. Tanto che andrebbero, forse, rivalutate le stesse “cronache”, sulle quali si basò la ricerca dell’esploratore scomparso!

   E dire che negli anni ‘1950 il figlio aveva, senza successo, sorvolato la zona. Così la recente straordinaria scoperta potrebbe essere stata resa possibile, grazie al cambiamento climatico, che ha amplificato e moltiplicato gli incendi, anche delle boscaglie del Mato Grosso… 

Nord America

1. Eirík “Il Rosso” (Eirík Thorvaldsson “Rauði”) e la colonizzazione vichinga di Grænland, la “Terra Verde”

2. Francisco Vásquez de Coronado, cercando l'oro, scoprì uno straordinario "giacimento" archeologico e culturale

3. Meriwether Lewis e William Clark: l'avventurosa scoperta del Nord America lungo 11.265 chilometri di terra indiana

....

   Prendete un pugno di uomini al comando di due soldati di professione. Aggiungete qualche guida, magari franco-canadese, capace di muoversi agevolmente, sia sui fiumi che sul terreno. Inserite uno schiavo negro come domestico e, infine, la moglie indiana di un trapper: ecco l’organigramma di quella che costituì la prima grandiosa traversata, da est a ovest, del continente nordamericano. Ma non basta... Pur essendo stati i primi ad oltrepassare le Montagne Rocciose, portandosi fin sulla sponda dell’Oceano Pacifico ed aver individuato numerose specie vegetali ed animali, il risultato "principe" della grandiosa, epica impresa non è stato, certo, il percorso seguito. Bensì l’incontro culturale (in un caso sarà purtroppo uno scontro fisico) con decine e decine di tribù di pellerossa, di cui per lo più si ignorava totalmente l'esistenza. Un “incontro” reciproco, naturalmente, perché saranno anche i primi bianchi (e negri) visti dalla maggior parte delle nazioni indiane…

(...) A marzo del 1806 viene abbandonato Fort Clatsop. Il viaggio di ritorno non ha storia, poiché quasi integralmente si ripercorrerà l’itinerario dell'andata. Salvo quando Lewis, dopo una temporanea divisione in due gruppi, si scontra lungo una scorciatoia con i Minnetaree, che uccidono due suoi uomini.

   Dopo due anni, quattro mesi e dieci giorni ed aver percorso 11.265 chilometri di terre ignote, i Corps of North West Discovery raggiungono nuovamente St. Louis. Hanno scoperto duecento specie botaniche e contattato tribù indiane, i cui membri comprendevano, sia coloro che parlavano un inglese elementare e indossavano cappotti e cappelli regalati da capitani di navi europei, sia coloro che non avevano mai visto prima d’allora un uomo bianco.…

   Servendosi anche delle carte disegnate dagli indiani (su pelle o stuoie, o tridimensionali disegnate sulla sabbia, spesso non orientate a nord, ma al tramonto, o all’alba, o in direzione del viaggio e con le distanze misurate in giorni), mappe, schizzi e appunti daranno vita alla Mappa del Nord America occidentale. Inoltre l’Estimate of Eastern Indians (...) costituisce un considerevole sforzo euristico, sistematico e comparativo, su circa cinquanta tribù e bande di pellerossa, strutturato su diciannove domande: etnonimi, numero di villaggi, tende, guerrieri, abitanti, partners commerciali, località di scambio, nazioni nemiche, alleati, ecc… A Fort Clatsop è stato invece elaborato l’Estimate of the Western Indians (...) Entrambe comunque forniranno un quadro pressoché completo del panorama etnico amerindiano: dalle pianure del Canada al Texas settentrionale, dall’ovest dei Grandi Laghi alle Montagne Rocciose. 

4. L'ornitologo che faceva il pittore: l'americano John J. Audubon, naturalista e celebre disegnatore di uccelli

...

   Le avevo viste in passato, ma allora non ci avevo fatto caso più di tanto: riproduzioni a colori di dipinti di uccelli, perfino non troppo esotici. Poi qualche anno fa, per approfondire le mie conoscenze sulla caccia agli animali, non solo marini, storiche (considerata l'estinzione di alcune delle specie trattate) e attuali, della zona di Terranova, mi appassionai ad un libro del grande Farley Mowat (1988), ben curato - come è uso fare - fin nei minimi dettagli scientifici. Nonostante l'argomento non fosse tra i più piacevoli, fu nondimeno una lettura avvincente. Quando parlava degli uccelli spesso il canadese faceva riferimento agli scritti di Audubon, che nella prima metà del XIX secolo fu testimone di raccapriccianti episodi di caccia, in Canada. Per il modo atroce con cui, perpetuando un comportamento utilizzato ampiamente in passato, si massacravano gli uccelli delle numerose colonie presenti nelle isole del Golfo del San Lorenzo. Per l'enorme quantità di uccelli abbattuti e di uova distrutte. Un autentico sterminio, più che un "gioco al massacro" che, evidentemente, non poteva rimanere senza conseguenze. Più tardi alcune specie si estinsero, mentre altre videro il loro numero drasticamente contrarsi.

Martin pescatore con cintura, ca. 1851. (Houghton Library, Università di Harvard)

   Audubon nel corso di un viaggio in Labrador e in Nuova Scozia (1833) si rende conto di quanto orribile sia quel commercio di uova e di piume. Nel 1821 aveva già visto nei pressi di New Orleans altri massacri perpetrati da cacciatori. 48.000 pivieri furono abbattuti in un giorno da duecento di loro. Ora in Canada si imbatte, prima in un gruppo di cercatori d'uova, che aveva già raccolto qualcosa come 40.000 uova di uccelli. Poi si aggrega ad un'altra "banda" composta da otto uomini, che si spostano di isola in isola a bordo di una fetida barcaccia. Nelle piccole isole popolate solo da volatili, i raccoglitori scendono, sparano e distruggono, calpestando e schiacciando meticolosamente e selvaggiamente ogni uovo, inclusi quelli con i pulcini formati. Non rimarrà un sol uovo integro!

5. La scoperta di Vínland, l'America dei Vichinghi. Così Helge Marcus Ingstad, esploratore e archeologo norvegese, trasformò un mito in un fatto storico

Centro America

6. Da Wall Street alla scoperta della civiltà Maya: l’avvocato americano diventato archeologo, John Lloyd Stephens, autore della prima seria indagine nello Yucatán

Disegno di Catherwood del cenote di Bolonchén (Campeche). Gli indios scendevano nel pozzo naturale, grazie a questa gigantesca scala


Quarta di copertina: l’A.dall’alto della grande piramide Maya Nohoch Mul (42 m), di Cobà, Quintana Roo (penisola dello Yucatan), Messico. Stephens (cap.6) ne aveva sentito parlare nel 1842, ma la sua remota posizione gli impedì di raggiungerla, tanto che preferì studiare il sito Maya di Tulum, sulla costa del Mare dei Caraibi. L’archeologo Eric Thompson, maggiormente noto per lo straordinario lavoro (immersione compresa) effettuato nel cenote sacro di Chichén Itzá (cap. 8), visitò invece il sito diverse volte negli anni ‘1920-30 
(© Franco Pelliccioni) 
7. Un perfezionista nella terra dei Maya: l'inglese Alfred P. Maudslay "padre dell'archeologia scientifica sul campo" in Mesoamerica

8. Tra i Maya e i loro discendenti: l’archeologo Alfred Marston Tozzer, il massimo studioso dell'antica civiltà mesoamericana

9. Quei "cabezones" degli Olmechi. Nel 1954 Matthew W. Stirling, l’uomo della Smithsonian, ultimava la sua ricerca su una delle più antiche civiltà mesoamericane da lui scoperta

Matthew Stirling accanto all’Altare 5 di La Venta
(dal documentario Exploring Hidden Mexico del 1943, Smithsonian Institute National Anthropological Archives)

Nel corso delle spedizioni effettuate da Matthew Williams Stirling nel 1938-46 nella regione degli Olmechi, Messico meridionale, vennero scoperte colossali teste in pietra vecchie di 2.500 anni. Come questa, una delle tre riportate alla luce presso il sito di La Venta. Probabilmente raffigurava una divinità o un potente condottiero

Sud America

10. Lungo il Rio delle Amazzoni. Fu il luogotenente di Pizarro, Francisco de Orellana, che per primo discese il grande fiume

...

L’incontro-scontro con le Amazzoni, giugno 1542

  "Era una regione "bella dove crescevano querce sempreverdi e sugheri". Qui gli indios, e non solo loro… attaccarono gli spagnoli. Fra' Gaspar de Carvajal, cronista della spedizione, ricorderà come: "essi erano soggetti e tributari delle Amazzoni, e avendo saputo del nostro arrivo erano andati da quelle a chiedere aiuto, e qui vennero almeno dieci o dodici di esse, perché noi stessi vedemmo queste donne, che combattevano davanti a tutti gli indiani come donne capitane, ed esse si battevano così coraggiosamente che gli uomini non osavano fuggire e chiunque tentasse di fuggire lo uccidevano con le mazze (…) Queste donne sono assai bianche e grandi, e portano i capelli lunghissimi intrecciati e avvolti attorno al capo, e sono molto robuste [e vanno quasi nude, con le parti intime coperte], con le frecce e gli archi in mano, e combattono con vigore di dieci guerrieri indiani…".

Sono le leggendarie Amazzoni!

(...) D'altra parte l'esistenza di villaggi di sole donne, accertata già da Colombo e ricordata da Walter Ralegh, dopo il suo primo viaggio in Guyana del 1595, venne confermata nel 1878 da Jules N. Crévaux che, in un villaggio del Rio Parú (affluente del Rio delle Amazzoni), si era imbattuto in un villaggio di sole donne. Del resto: Un'«agricoltura relativamente progredita, presenza di culti elevati, grande importanza della guerra, formano, con la posizione elevata della donna o di certe donne di particolare lignaggio e aventi mansioni anche sacerdotali, un quadro storico-culturale coerente». La discordanza sulla loro localizzazione sarebbe invece dovuta alle pressioni esercitate dalle storiche migrazioni dei Tupinambá (di lingua Tupi-Guaranì), successive al viaggio dell'Orellana, che avrebbero sconvolto per sempre il tessuto geo-etnico di numerosissimi popoli indios.

“Arrivo della flotta bellica dei Tupinamba, carica di prigionieri. A destra un prigioniero viene ucciso in due maniere: con la freccia e con la mazza, più in fondo lo si squarta e lo si prepara” (dalla Warhaftig Historia…in: Neuen Welt di Hans Staden,Marburgo, 1557)

11. Quell'irrequieto misuratore della terra: Charles-Marie de la Condamine, matematico, geodeta nonché avventuroso esploratore

12. I Tropici visti da un prussiano. Nel 1804 il Barone Friedrich Heinrich Alexander von Humboldt, naturalista e geografo, ultimava la sua storica esplorazione in Sudamerica

13. La vita avventurosa di un paleontologo: il francese Alcide d'Orbigny, viaggiatore, naturalista e padre della micropaleontologia

14. L'uomo che esplorò la Guyana: l'esploratore e naturalista sir Robert H. Schomburgk, prussiano di nascita, al servizio dell'Inghilterra

15. John Louis Rudolphe Agassiz, lo scienziato celebrato da Longfellow. Zoologo, naturalista, paleontologo, glaciologo svizzero-statunitense

16. I tesori dissepolti del Perù archeologico: Max Uhle, uno tra i principali studiosi delle antiche culture andine

17. Uno dei grandi misteri della storia delle esplorazioni. "L'archetipo di "Indiana Jones", il colonnello ed esploratore inglese Percy Harrison Fawcett, scomparve nel 1925, cercando una fantomatica città perduta nel Mato Grosso brasiliano

...

   "Il celebre esploratore britannico Percy Harrison Fawcett (1867-1925?) scomparve infatti nel nulla, quando nel 1925 si mise alla ricerca dei resti di una città leggendaria: forse parte dell'Atlantide?!    "Attraverseremo lo Xingú al decimo Parallelo e ci inoltreremo diritti verso est, attraverso il Tocantins. Superato questo, là dove s'incontrano gli Stati di Goiáz, Piauí e Baía, si trova "Z", il mio obiettivo principale... Quando avremo terminato le nostre ricerche ci sposteremo verso est fino al São Francisco (...) non molto lontano, dall'altra parte del fiume, si trova la città del 1753, che intendo visitare prima di uscire dalle zone selvagge a Salvador". Non sapeva che, dopo la sua sparizione, egli stesso sarebbe diventato una leggenda!

(...) Il 29 maggio del 1925 due mulattieri brasiliani rimandati indietro recano l'ultima lettera indirizzata alla moglie: "penso che verremo a contatto con gl'Indiani tra una settimana o una decina di giorni. Siamo qui al Campo del Cavallo morto, a 11°43' di latitudine Sud e 54°35 Ovest, esattamente nel punto in cui morì il mio cavallo nel 1920 (…) Non devi temere che non si riesca".

  La spedizione, alla quale partecipano il figlio primogenito ventunenne Jack e il suo amico Raleigh Rimmel, è in procinto di lasciare le sorgenti dello Xingú, per inoltrarsi in terre sconosciute!

   Da quel momento non si saprà più nulla. Va ricordato come la spedizione fosse "leggera", cioè in grado di inoltrarsi più agevolmente nelle terre degli indios, senza tema di venire scambiati per invasori. Anche perché la loro stessa sopravvivenza era legata alle risorse dei luoghi.

   "Se non dovessimo tornare", aveva sostenuto, "non voglio che vengano a cercarci con spedizioni di soccorso. È troppo pericoloso. Se con tutta la mia esperienza, non riusciamo noi a farcela, che speranza può esserci per gli altri? Ecco perché non voglio dire esattamente dove andiamo. Sia che riusciamo a salvarci e ritornare, sia che lasciamo là le nostre ossa a marcire, una cosa è certa. La soluzione dell'enigma dell'antica America del Sud - e forse di tutto il mondo preistorico - si troverà solo quando le antiche città saranno ritrovate e aperte alla ricerca scientifica. Che queste città esistano, lo so con certezza...".

   “Se il viaggio non avrà successo, tutto il mio lavoro nell’America meridionale si concluderà con un fallimento, poiché non potrò fare più nulla. Sarò inevitabilmente screditato come visionario, accusato di volermi soltanto arricchire personalmente(…)

ALLA RICERCA DI FAWCETT: IERI (1927-1957)

(...) Molti hanno supposto che gli indigeni locali li abbiano uccisi, poiché a quel tempo diverse tribù vivevano nelle vicinanze: i Kalapalo, che furono gli ultimi a vederli, o gli Arumá, i Suyá o i Xavante, nel cui territorio stavano penetrando. Entrambi i giovani erano malati e camminavano con difficoltà quando sono stati visti l'ultima volta, ma non ci sono prove che furono uccisi. È probabile che siano morti per cause naturali nella giungla brasiliana”.

   Si dovranno comunque aspettare oltre venticinque anni, per avere la conferma dell’inesistenza di quella città, almeno come l’aveva concepita Fawcett, grazie alle due spedizioni e relative ricognizioni aeree effettuate nel 1952-4 dal figlio Brian (1906-1984). Sarebbero infatti tutte fallite quelle che, a partire dal 1927, si organizzarono, per individuare le tracce del colonnello e dei suoi compagni. Incluse quelle dei singoli individui che, a vario titolo, in quegli anni già si trovavano, o si inoltrarono, nel Mato Grosso, per cercarlo, spesso perdendovi anche la vita.

(...) 1931

   Nella regione del fiume Kuluene la spedizione antropologica dell’Università della Pennsylvania diretta da Vincent Petrullo (1906-1991) si imbatte in indios Kalapalo, che avevano incontrato i tre uomini scomparsi. A quanto pare i giovani erano malati e non volevano proseguire. Per cinque notti gli indios da lontano videro innalzarsi il fumo del loro accampamento, poi più nulla. Più tardi constateranno che l’accampamento era stato abbandonato. Questa sarà la versione “ufficiale”, più meno integrata da altri particolari, che da allora in poi sarà fornita dai Kalapalo sulla misteriosa scomparsa della spedizione…

Uomini della tribù Kalapalo

   Petrullo ritiene che Fawcett probabilmente “è morto di sete, fame o malattia. Da qualche parte nelle dense foreste ad est del fiume Kuluene. Credo sia impossibile per il colonnello Fawcett essere vivo in una regione che non si conosce. Là le notizie viaggiano velocemente. Specialmente se riguardano uomini bianchi, perché ce ne sono pochi”.

(...) 1932

   A questa nobile “gara” prende parte anche un personaggio che, interessandomi a Ella Maillart, a suo tempo avevo debitamente citato: il giornalista del Times di Londra Peter Fleming (1907-1971), fratello del più noto Ian, il creatore di James Bond. Infatti la grande viaggiatrice e scrittrice svizzera lo incontrerà a Pechino nel 1935 ed effettuerà con lui uno straordinario viaggio fino in India.

(...) Dopo aver letto un’inserzione apparsa sul Times: “spedizione esplorativa e sportiva, con guida esperta, partente Inghilterra giugno per esplorare Brasile centrale, se possibile accertare fine colonnello Fawcett; caccia abbondante, piccola e grossa; pesca eccezionale; posto libero per due fucili; referenze reciproche”, come corrispondente del giornale partecipa alla spedizione organizzata da Robert Churchward. Raggiungendo con la guida di due indios Tapirapé l’Alto Xingú e il “Campo del Cavallo Morto”, l’ultima posizione conosciuta della spedizione. Purtroppo la missione è destinata a fallire, per i dissapori con il leader sul campo, il capitano Holmani”.

18. L'Amazzonia di Alexander Hamilton Rice. Una singolare figura di esploratore, medico e geografo statunitense nel Sudamerica degli anni venti

...

Il sanguinoso attacco dei Guaharibo (Yanoáma), 1920

   Nel gennaio del 1920 Hamilton Rice è accampato, con la sua numerosa e bene armata spedizione, nei pressi delle rapide Guaharibo (Venezuela), tra Venezuela e Brasile, sul lato occidentale della Sierra Parima, al confine con il territorio degli indios Guaharibo (“le bianche scimmie urlatrici”). A piedi ha raggiunto faticosamente la zona, dopo aver lasciato l’Eleanor II, la sua imbarcazione di oltre 13 metri. E i Guaharibo costituiscono un gruppo Yanoáma, definito dall’antropologo Chagnon, che decenni dopo vi condurrà una ricerca, il “Popolo Feroce”, per la loro determinata resistenza agli stranieri. Oltre tutto discendono dai guerrieri che, meno di due secoli prima (1763), avevano selvaggiamente combattuto contro gli spagnoli...

   Subito si avvicina una banda di indios, dalle intenzioni non certo pacifiche. Provvisti, come sono, di lunghi archi, frecce e mazze. Si cerca perciò di parlamentare in spagnolo, ma anche in Tupí-GuaraníMakiritari. Facendo il gesto di donare coltelli, ami e specchi. Atteggiamento che viene però frainteso e scambiato come segno di debolezza. Imbracciati archi e frecce, quattro indios sono pronti a colpire. Ritenendosi sotto attacco, gli esploratori, dotati di fucile, carabina e revolver, dapprima sparano in aria. Poi ad altezza d’uomo, dopo che una freccia al curaro, lunga 2 m, si infilza accanto ad Hamilton Rice. Così vengono uccisi due indios e l’assalto è respinto, ma la spedizione dovrà essere interrotta. Hamilton Rice più tardi scriverà: “non c'erano alternative, loro erano gli aggressori, sdegnando ogni tentativo di parlamentare o di tregua, ci hanno costretto alla difesa, cosa che risultò disastrosa per loro e una profonda delusione per me”.

19. Machu Picchu: la "Vecchia Cima" perduta tra le nuvole. La città degli Incas scoperta nel 1911 dall’archeologo americano Hiram Bingham

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   "E dire che fino ad allora non si era molto fidato di quel ragazzino Quechua, che gli avevano affibbiato come guida… Poi, non essendo uno specialista nel campo, pensa che nessuno crederà mai alle sue parole. Fortuna che con sé ha una macchina fotografica. Potrà così riprendere ciò che incredibilmente ha davanti agli occhi: Machu Picchu, la città perduta degli Inca. Una maestosa città, dalla raffinata architettura, che impressiona per come è stata pianificata. Adattandosi perfettamente all’ambiente che la circonda, inclusi i due splendidi picchi, coperti da nuvole. Oltre tutto c’è uno straordinario panorama mozzafiato, visto il dislivello di oltre 300 m!

Come si presentava Machu Picchu a Bingham nel 1912, dopo i primi lavori di pulitura (da: National Geographic, aprile 1913)

   “Posto com’era nella zona più aspra della più difficile regione delle Ande centrali, il santuario era rimasto sconosciuto per secoli. Nessuna zona degli altipiani del Perù è meglio difesa da baluardi naturali: un canyon stupendo, che sprofonda nel granito per centinaia e centinaia di metri, presentando difficoltà tali da scoraggiare anche il più ardito scalatore moderno. Eppure fu proprio qui, in un remoto angolo del canyon, su una piccola cresta fiancheggiata da tremendi precipizi, che un popolo dalla raffinata civiltà artistica, ricco di inventiva, perfettamente organizzato e capace di sostenere i più duri sforzi, eresse un magnifico santuario in onore della maggiore divinità del suo pantheon, il Sole"

20. Avventure etnologiche di un grande geologo. Versatile e intrepida figura quella di Victor Oppenheim, scienziato franco-lettone, studioso del Sudamerica

Da: ALLA SCOPERTA DEL MONDOArcheologi, Esploratori, GRANDI VIAGGIATORI, Geologi, Naturalisti, Paletnologi. 

VOL. 4: AMERICA 

E-Book, versione cartacea in bianco e nero, 253 pp, 243 note,  Bibliografia, 197 immagini (14 sono dell'A.), Appendice ("Narrazione Storica di una Grande, Nascosta Città Antichissima, Senza Abitanti. Che Venne Scoperta nel 1753", conservata con il n.512 nella Biblioteca Nazionale di Rio de Janeiro)





INTRODUZIONE 

NORD AMERICA 

1. EIRÍK “IL ROSSO” (EIRÍK THORVALDSSON “RAUÐI”), ca. 945-950- ca. 1002 

In Groenlandia 

In Islanda 

Si naviga verso la “Terra Verde” 

2. FRANCISCO VASQUEZ DE CORONADO, 1510-1554 

3. MERIWETHER LEWIS, 1774-1809 e WILLIAM CLARK, 1770-1838 

4. JOHN JAMES AUDUBON, 1785-1851 

5. HELGE INGSTAD, 1899-2001 

La visita di Anse-aux-Meadows (isola di Terranova), alla personale “scoperta” di Vínland 

Alla ricerca della mitica Vínland 

Biografia 

Governatore della Terra di Eirík il Rosso (1932-33), Groenlandia orientale, quindi Governatore delle Svalbard

Tra gli Apache, 1938; i Nunamiut alaskani, 1950-51; in Groenlandia, 1953 

CENTRO AMERICA 

6. JOHN LLOYD STEPHENS, 1805-1842 

L’incontro a Londra con l'artista e architetto Frederick Catherwood, 1836

Il contratto da firmare prima della partenza per il Messico, 1839 

La spedizione si inoltra nella regione dei Maya, 1839 

7. ALFRED PERCIVAL MAUDSLAY, 1850-1931 

Centro America, Indie occidentali, Queensland australiano, Polinesia 

Tra i Maya: Honduras britannico (Belize), Guatemala, Messico, 1880-1894 

8. ALFRED MARSTON TOZZER, 1877-1954 

Nello Yucatán, tra le rovine Maya e gli indios Lacandoni, 1902-1905 

In Guatemala, 1910-11 

9. MATTHEW W. STIRLING, 1896-1975 

Biografia 

Florida, Sud Dakota, Nuova Guinea, 1923-1927 

In Sud America, 1928-1932 

Mesoamerica e America Centrale: la scoperta delle “teste” degli Olmechi, 1938-1946 

Panama, Ecuador, Costarica, Jalisco (Messico), 1948-1967 

SUD AMERICA 

10. FRANCISCO DE ORELLANA, 1500-1545

L’incontro-scontro con le Amazzoni, giugno 1542 

Alla ricerca dell’Eldorado 

La spedizione lascia Quito, 1539 

Si naviga, prima lungo il Rio Napo, poi nel Rio “non ancora” delle Amazzoni… 

Le Amazzoni 

È raggiunta Nueva Cádiz, agosto 1542 

La seconda spedizione, 1545 

Le Amazzoni e gli indios Tupinambá 

11. CHARLES-MARIE DE LA CONDAMINE, 1701-1774 

Colombia, Panama, Ecuador, 1735-36 

Marzo 1743: “l’arco è misurato”… 

12. FRIEDRICH HEINRICH ALEXANDER VON HUMBOLDT, 1769-1859 

Parla Humboldt 

Cenni biografici 

13. ALCIDE CHARLES VICTOR MARIE DESSALINES D'ORBIGNY, 1802-1857 

In Sud America, tra pericoli di ogni natura, attacchi di pirati e corsari, percorre 3.500 km, ricercando nei più vari campi e collezionando un’immensa mole di materiali, 1826-1834 

Ritorno in Francia, 1834 

14. SIR ROBERT HERMANN SCHOMBURGK, 1804-1865 

Cartografo nelle isole Vergini, 1831-1835 

Nella Guyana britannica, 1835-1839 

Traccia i confini tra Guyana, Venezuela e Brasile, 1840-1844 

15. JEAN LOUIS RUDOLPHE AGASSIZ, 1807-1873 

Biografia 

Vienna, Parigi, Neuchâtel 

Tra i ghiacciai delle Alpi, 1837 

Tra i ghiacciai della Scozia, 1840 

Stati Uniti, dal 1846 

La spedizione Thayer (Brasile), 1865-66 e la crociera dell’Hassler, 1871-1872 

16. MAX UHLE, 1856-1944 

Argentina, Bolivia, Perù, 1892-1897 

Ancora in Perù, 1899-1901, 1903-1909 

In Cile, 1912-1918 

In Ecuador, 1919-1933 

Di nuovo in Perù, 1939-1942 

17. PERCY HARRISON FAWCETT, 1867-1925? 

L’autentico Indiana Jones, nel corso della sua ultima esplorazione sudamericana, alla ricerca di una civiltà perduta, scompare nel nulla (1925)

La biografia di un eccezionale, coraggioso, visionario include ben otto esplorazioni, tra Bolivia e Brasile 

Le ultime notizie dal Campo del Cavallo Morto: 29 maggio 1925 

La rivalità Fawcett-Alexander Hamilton Rice 

Una misteriosa scomparsa 

ALLA RICERCA DI FAWCETT: IERI (1927-1957) 

ALLA RICERCA DI FAWCETT: “OGGI” (1982-2005) 

L’incontro con l’esploratore Fawcett, secondo la narrazione tramandata oralmente dai Kalapalo 

La straordinaria scoperta nel Mato Grosso di una rete di città precolombiane: Kuhikugu. Fawcett aveva quindi ragione? 

18. ALEXANDER HAMILTON RICE JR., 1875-1956 

Una biografia “molto” al di sopra delle righe

Sette spedizioni in Amazzonia, 1901-1925 

Il sanguinoso attacco dei Guaharibo (Yanoáma), 1920 

Nel corso dell’ultima spedizione modernamente equipaggiata (utilizzo dell’aereo e dell’aerofotografia, disponibilità di una radio rice-trasmittente) viene girato il primo documentario sull’Amazzonia, 1924-1925 

19. HIRAM BINGHAM, 1875-1956 

L’incredibile scoperta sulle Ande peruviane, 1911 

Biografia 

Una prima spedizione sulle tracce di Bolivar (Venezuela, Colombia) è seguita da quella della strada spagnola, tra Argentina e Perù, 1906-1908 

La Yale University Peruvian Expedition e la scoperta di Machu Picchu, che ritiene essere Vilcabamba, 1911 

20. VICTOR OPPENHEIM, 1906-2005 

Biografia 

In Sud America 

Argentina, dal 1930 

Brasile e Perù, 1935-36 

Cinquanta spedizioni tra Ecuador (9 spedizioni), Colombia (23), Bolivia (8), Perù (10), 1937-1949 

Stati Uniti, e non solo… 

APPENDICE 

BIBLIOGRAFIA 

mercoledì 15 dicembre 2021

6. UNA STORIA DI VITA (LA MIA), MILLE STORIE (DI GENTI E POPOLI LONTANI): ECCO COME "NASCE", OLTRE SESSANTA ANNI ADDIETRO, LA MIA GRANITICA PASSIONE PER L'ANTROPOLOGIA. 1. LA FASE SUDAMERICANA “VIRTUALE”: 13/14-19/20 anni d’età, ca.: 1960-1966

 


Lotta tra indios nel Parque do Xingu 
( Marcello Casal- Agência Brasil)

PREMESSA

In più di un’occasione chi mi conosceva da poco tempo (colleghi, membri della Società Geografica Italiana, redattori del mio giornale) si domandava se fossi sempre io lo stesso antropologo, che aveva fatto ricerca in Africa, o tra gli eschimesi del Canada. 

Del resto nella Storia dell’Antropologia figurano diversi grossi personaggi, che hanno indirizzato i loro interessi con uguale efficacia, sia verso i tropici, che verso l’Artico. 

Il mio percorso esistenziale e scientifico nei decenni mi ha portato in continenti diversi. 

A partire, sia pure “virtualmente”, dall’età adolescenziale. 

Quando i miei studi erano pressoché completamente focalizzati sul Sud America.

Ma c’è ancora un'altra domanda che spesso mi è stata rivolta. Riguarda la mia laurea in Economia e Commercio, certamente ben lontana da quella in Lettere, forse più consona per un futuro antropologo. 

Ciò si deve al fatto che mia madre voleva che avessi un diploma, per poter lavorare (mio fratello non era riuscito a conseguire la licenza liceale). 

Così nel 1965, quando mi sono diplomato Ragioniere e Perito Commerciale, la Facoltà di Economia e Commercio era quasi l’unica alla quale poter accedere in quel periodo. 

Anche se, usufruendo di un Piano di Studi “aperto”, sarò in grado di sostenere esami in discipline insegnate a Lettere, Scienze Politiche, Magistero.

Ho ancora da dire qualcosa sull’Istituto Tecnico Maffeo Pantaleoni, dove entrai nel 1960. 

La mia sezione, la C, era sperimentale. 

Disponeva di tutti i laboratori. Invece di un anno di dattilografia, se ne fecero due (tolsero la Calligrafia). 

Il mio corpo docente era estremamente selezionato. 

Tutti i miei insegnanti avevano pubblicato libri, compreso quello di Religione, che era stato Cappellano della Folgore e ad El Alamein. Per quanto riguarda l’inglese, oltre a studiare la lingua direttamente sui libri della Oxford University Press (a quei tempi una didattica invero rivoluzionaria), ci si basava sulla grammatica di Gremigni, il mio professore, che l’aveva scritta assieme ad Amato (sarà mio insegnante all’Università). 

I.T.C. Maffeo Pantaleoni, V sez. C, a.s. 1964-65.
Sono il terzo da sinistra, in alto. Sono immensamente grato a Luisa Natali, alias "Tip Tap" su Facebook, per averla "postata" nel Gruppo del Pantaleoni 

Per completare l’aspetto linguistico, sposerò una ragazza sudafricana di Città del Capo (padre di discendenza scozzese, madre di discendenza francese): ben presto la mia seconda lingua diventerà l’inglese!

 

Giovani indie Kayapo, Stato del Pará, Brasile 
(, http://veton.picq.fr)

IL FASCINO DELL’AMAZZONIA. I PRIMI LIBRI DI SPEDIZIONI ESPLORATIVE, ETNOLOGICHE, ANTROPOLOGICHE

Da ragazzo, ancor prima di frequentare Biblioteche e Musei, mi ero notevolmente entusiasmato leggendo i resoconti delle avventurose imprese realizzate tra Amazzonia e Mato Grosso da diversi grandi esploratori ed etnologi. 
Ad esempio, quelle del colonnello inglese Fawcett. 
Scomparso nel nulla nel 1925, nel corso della sua ultima esplorazione sudamericana, alla ricerca di una civiltà perduta
E Fawcett, senza ombra di dubbio, rappresenta l’archetipo del moderno esploratore. 
È lui l’autentico e l’originale Indiana Jones
Perché l'autore delle avvincenti storie dell’archeologo-glottologo-avventuriero, un blend di scienza, azione e rischio in ugual misura, allorché disegnò personaggio e contenuti del suo personaggio non può non essersi ispirato alle imprese del colonnello. 
Specialmente a quella che sarebbe stata l’ultima sua spedizione, la più misteriosa di tutte!


Fawcett
Clark

E dire che ero venuto a conoscenza di questa importantissima figura della Storia delle Esplorazioni, leggendo un passo tratto da: I fiumi scendevano a Oriente
Altro libro di esplorazioni, che mi era stato regalato da mia madre per il mio quindicesimo compleanno (1961). “Per ciascun famoso colonnello Fawcett ci sono centinaia di uomini come lui, che sono scomparsi e dei quali nessuno ha più sentito parlare”. 
Così affermava nel 1946 il Presidente della Società Geografica Peruviana al già famoso esploratore Leonard Clark, anche lui un ex ufficiale. 
In procinto di spingersi nell’Inferno Verde dell’Amazzonia peruviana, dove vivevano indios tagliatori di teste (Jivaros) e cannibali.

A questi primi due libri, anno dopo anno ne avrei aggiunti tanti altri, non solo di pura esplorazione geografica, ma anche di scoperta scientifica, sia etno-antropologica, che naturalistica. 

Volumi che costituiscono vere e proprie "enciclopedie" dell'Avventura, dove tutto ciò che, di fascinoso e straordinario, esisteva al mondo, era realmente accaduto!

 LIBRI, RIVISTE, LIBRERIE, EDICOLE SPECIALIZZATE

Negli anni, incoraggiato da mia madre, un’insegnante elementare “vecchio stile”, amante della cultura, sono gradatamente transitato dai classici libri per ragazzi, Salgari e Verne ovviamente compresi, ai racconti autentici, diremmo oggi non fiction 
Letture alle quali, sistematicamente e con costanza, mi sono dedicato per anni. 
Dapprima sfogliando le pagine dei dieci volumi dell’Enciclopedia di famiglia (la Labor), dove osservavo le foto dei mille popoli dei vari continenti. 
Poi, avendo deciso di diventare da grande un etnologo (allora quello era il mio obiettivo), riserverò un’ora (tra le 21 e le 22) di tutti, o quasi, i giorni della mia vita alla lettura di libri. 
Che parlavano di popoli e tribù allora definite primitive (l’Istituto di Etnologia della Facoltà di Lettere della Sapienza di Roma un tempo si chiamava Istituto delle Civiltà Primitive). 
Descrivevano gli incontri con gli indios, l’attraversamento di giungle impenetrabili, la navigazione di fiumi maestosi e impetuosi. 
Così avrei compulsato i libri sulle spedizioni in Amazzonia del geologo Alfonso Vinci, un nostro italiano, che aveva anche insegnato in un’università venezuelana (Samatari, 1956), quelle di von Hagen, o il famosissimo Tristi Tropici, lo straordinario libro sugli indios brasiliani del grande antropologo francese Claude Lévi-Strauss, e tanti altri ancora. 
Volumi che figurano negli scaffali della mia biblioteca, diversificati a seconda della regione (o continente) e delle tematiche affrontate.

7

Flornoy

Lewis Cotlow


Intanto, mentre continuavo a frequentare la scuola secondaria superiore, iniziavo ad acquisire una conoscenza generale di base sulle aree culturali degli altri continenti. 

Leggendo, ad esempio, i libri di Fosco Maraini (Giappone), di Tucci (Nepal), di Quilici (Polinesia). 

Mentre mi sarei avvalso delle riviste Storia Illustrata, della Mondadori, e di Historia, della Cino del Duca, il cui direttore era allora il Prof. Cutolo, famoso e simpatico personaggio televisivo (ma anche docente universitario). 

Entrambe ospitavano in ogni numero interessanti articoli illustrati di etnologia e antropologia. 

Inoltre, proseguendo il contemporaneo apprendimento dell’inglese e del francese, senza essere socio o abbonato, riuscivo a reperire la rivista della National Geographic nelle fornitissime edicole di Via Veneto. 

Infine nel 1965, appena diplomato e subito iscritto all’Università, seguendo il consiglio del Prof. Grottanelli, che mi aveva consigliato di imparare il tedesco, all’epoca dominante nella letteratura etnologica mondiale, decisi di frequentare un corso di tedesco per un anno.   


E che dire delle assidue “ricognizioni” in un paio di librerie romane, per acquisire nuovi libri? 

La Gremese (di via Cola di Rienzo) e la Bonacci (di via Vittoria Colonna) 

Così, dopo il ripetersi delle mie “incursioni” all’interno delle due librerie, con relativi acquisti di libri con i soldi delle mie “paghette” settimanali, quando ad un certo punto sembrava che non ci fossero più nuovi arrivi nel campo etno-antropologico, ero uso vagabondare solitario tra le varie scaffalature. 

Anche servendomi di una scala, perché: “hai visto mai che sugli scaffali più alti posso trovare ancora qualcosa che mi manca”?

In un secondo tempo mi sarei comunque rivolto “all’estero”.

Saulnier

Qualche pregiato volume l’avrei infatti acquisito nella storica libreria francese (Piazza di S. Luigi dei Francesi). 
Ad esempio sulla Nuova Guinea il voluminoso e superbamente illustrato: Les Papous Coupers de têtes- 167 jours dans la prehistoire, di Tony Saulnier del 1960. 
Che racconta la pericolosa spedizione effettuata nel 1959 nell’interno inesplorato della Nuova Guinea olandese (oggi Irian Jaya), diretta dal documentarista ed esploratore francese Pierre-Dominique Gaisseau. 
Poiché area considerata estremamente pericolosa, tutti i suoi membri erano armati e la spedizione era scortata da sei poliziotti. 
In proposito, ricorda Saulnier, come: “i Mappi, tribù vicina degli Asmat, designassero un’altra tribù dell’interno, che non era mai stata contattata [dagli europei], con il nome di Mannuwaé (…) che voleva semplicemente dire: il nostro cibo” (Saulnier, pag. 36). 
Erano in effetti dei cannibali! 
Purtroppo, appena un anno dopo, in quello stesso settore costiero della Nuova Guinea occidentale sarebbe scomparso il giovane Michael Rockfeller. 
Probabilmente ucciso e, a quanto pare, viste le testimonianze nel tempo acquisite dalle forze di sicurezza, prima olandesi, poi indonesiane, anche mangiato dagli Asmat.

Nell’altra storica libreria inglese, la Lion Bookshop, allora in via del Babuino, tra gli altri volumi avrei acquistato White Waters and Black, di Gordon MacCreag del 1961 (1926). 

Riguardava una spedizione nella regione amazzonica tra il Rio Negro e Branco, ai confini tra Brasile e Venezuela.

 Gordon MacCreag

DOCUMENTARI TELEVISIVI E CINEMATOGRAFICI

Negli anni ‘1960 avrei “assorbito” ogni documentario disponibile, trasmesso sia dalla televisione, che proiettato nei cinema. 

A quell’epoca risalgono i documentari di Gualtiero Jacopetti (1919-2011), con l’apporto del naturalista Franco Prosperi (1928-) e quello dello scrittore Stanislao Nievo (1928-2006), 

Le sale cinematografiche erano sempre stracolme. 

Anche se per un “aspirante” cultore delle Scienze dell’Uomo (in proposito scrissi una recensione, rimasta ovviamente nel cassetto) avevano un “taglio” decisamente un po’ troppo sensazionalistico, un paio dei suoi documentari furono addirittura premiati con il David di Donatello (il primo fu anche candidato al premio Oscar, per la migliore colonna sonora, comprendente la celeberrima More di Riz Ortolani e Nino Oliviero). 

Mi riferisco a Mondo Cane 1 (1962), Mondo Cane 2 (1963), La donna nel mondo (1963), Africa Addio (1966).

Maria Nanni Germano

 LA MIA PRIMA “COLLABORAZIONE” BIBLIOGRAFICA E ICONOGRAFICA

Intorno al 1964-65 con i miei libri su Amazzonia e Brasile ho agevolato la realizzazione di un libro sul Rio delle Amazzoni della Prof.ssa Maria Nanni Germano, moglie del mio docente di Lettere dell’Istituto Tecnico Commerciale (Loescher, Torino, 1966).

CONTATTI, SIA PURE “INDIRETTI”, CON IL MONDO INDIO E AMAZZONICO:

MOTILONES DEL VENEZUELA

All’inizio degli anni ‘1960 fui letteralmente affascinato dalle parole di un carissimo amico di mio padre, che andammo a trovare a casa sua. 

Conoscendo il mio interesse per i popoli del mondo, mi mostrò un articolo riccamente illustrato, probabilmente pubblicato su Epoca. Riguardava una tribù di indios del Venezuela e le foto che avrei osservato, disse, erano particolarmente rare. 

Avrei poi scoperto il perché… 

Ricordo come le sue descrizioni fossero particolarmente dettagliate e andassero ad arricchire quanto riportato dall’autore del servizio. Marcello non aveva visto personalmente gli indios, ma c’erano stati suoi amici e colleghi di lavoro che si erano malauguratamente imbattuti in alcuni di questi indios, riuscendo comunque a scampare ai loro attacchi. 

Perché i Motilones, si tratta di loro, costituivano un popolo particolarmente bellicoso, che si serviva di archi e frecce per respingere le intrusioni dei bianchi, che tentavano di inoltrarsi nelle loro terre, localizzate tra le montagne della Sierra Nevada, a non molta distanza dalla grande laguna di Maracaibo e dai suoi ricchi campi petroliferi.

Quindi, sia pure indirettamente, quello fu il mio primo “contatto” con una tribù india “primitiva”. 

Va detto come l’amico di famiglia per ragioni politiche avesse lasciato l’Italia dopo la guerra, andando a lavorare come geometra in Venezuela, nel settore delle costruzioni, soprattutto di strade.

Oggi leggo sul Web che i Motilones, che vivono sia in Venezuela, che in Colombia, nel 1960 furono suddivisi in due distinti gruppi: Yukpas e Baris
Ciò in base ad un progetto di civilizzazione:proyecto civilizatorio emprendido por los Estados colombiano y venezolano” (“Motilones: from the «mansos» or «bravos» Indians to Yukpas and Baris (1910-1960)”, Marisol Grisales Hernández, pp. 71-72; Boletín Americanista, lxix, 1, 78, Barcellona, 2019, 71-90. PDF 23021-Texto del artículo-64924-1-10-20190730, 8.12.2021). 
Opera di pacificazione portata avanti da numerose spedizioni, che nel corso di mezzo secolo, dal 1910 al 1960, cercarono di “reducir o amansar a los nativos” a suo tempo definiti, a seconda delle loro reazioni nei confronti dei bianchi, “miti” o “selvaggi” (p. 78).  
Infatti “il 22 luglio del 1960 missionari cappuccini castigliani entrarono nel territorio dei Motilones del Catatumbo, sia via terra, che in elicottero, con l'accompagnamento di dodici Yukpas e diversi abitanti del villaggio; dopo essere scesi dall'elicottero nei pressi di due capanne indigene annunciarono la pacificazione e il primo contatto con i Catatumbo Motilones dalla parte venezuelana (…) Questo contatto ha permesso l'ingresso non solo di missionari ma anche di antropologi interessati allo studio di questa tribù, di cui fino ad allora si avevano solo pochi dati” (p.85).    

YANOAMA DEL RIO NEGRO, BRASILE

Biocca

Il mio, sia pure indiretto, “secondo contatto” con gli indios amazzonici, ha avuto diverse opportunità di estrinsecarsi nel tempo. Iniziando nel novembre del 1963 e terminando negli anni ‘1980. 

Il più lontano risale, infatti, al 1963. 

Quando nell’Aula Magna del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Roma furono annunciati alla stampa i risultati della missione scientifica italiana condotta nella foresta vergine equatoriale, a cavallo tra il bacino del Rio delle Amazzoni e quello dell'Orinoco, in Sud America. 

Spedizione diretta dal Prof. Biocca e composta, tra gli altri, dai Proff. Baschieri, Mangili, Bagalino, Ponzo. 

Scopo della missione era lo studio di una delle più "primitive" popolazioni del globo: i nomadi cacciatori-collettori Yanoáma (etnonimo che significa: "quelli del villaggio"), che praticano anche delle elementari forme di arboricoltura e di "agricoltura". 

Resoconto che avrei letto sul Messaggero il giorno dopo. Contemporaneamente venne diffusa l’eccezionale notizia riguardante la vicenda personale di Helena Valero. 

Donna di lingua spagnola rapita venti anni prima da un gruppo Yanoáma, quando era ancora una bambina. 

Dopo svariate peripezie, da pochi anni era riuscita fortunosamente a fuggire, ritornando al mondo dei bianchi. 

Tra l’altro proprio lei era stata l'inconsapevole filo conduttore della doviziosa ricerca sul campo, grazie al racconto della sua straordinaria esperienza di vita tra gli indios.

In quell'epoca riuscii ad ottenere dal Prof. Baschieri, direttore dello Zoo di Roma, una speciale autorizzazione per osservare ed ammirare i numerosi reperti biologici (per lo più animali imbalsamati) ed etnografici (armi, abbigliamento, copricapi di piume, ecc.), temporaneamente collocati nel Museo Zoologico, allora chiuso al pubblico. 

Ricordo che trascorsi una mezza e straordinaria giornata, osservando “rapito” il contenuto di quelle vetrine.

In seguito più volte compulserò, nella Biblioteca del CNR, i quattro voluminosi tomi dei Viaggi tra gli Indi. Alto Rio Negro Alto Orinoco. Appunti di un Biologo nel 1965-1966. 

Mentre acquisterò il resoconto integrale della vita della Valero, così come fu registrata dal Biocca (Yanoáma, dal racconto di una donna rapita dagli Indi, Bari, del 1965). 

Più tardi mi procurerò anche Mondo Yanoáma, sempre del Biocca, Bari, 1969. 

Nell’estate del 1968 con mia moglie e mio figlio mi trovavo in un campeggio di Albinia (GR). 

A quei tempi ero segretario del Liceo Classico di Orbetello. 

Una mattina (la sera prima ero stato a cena in un ristorante di Porto Santo Stefano) mi sentii così male, che la direzione del camping fece un appello, chiedendo se tra i campeggiatori ci fosse un medico. 

Un dottore così si presentò alla mia tenda. 

Venuto a conoscenza dei miei sintomi, disse che avevo una gastroenterocolite acuta e che, per sicurezza, dovevo subito andare all’ospedale di Orbetello. 

Il medico si chiamava Ezio Ponzo… 

Rimase molto meravigliato, come prima lo ero stato io, sentendo il suo nome, per il fatto che fossi a conoscenza della sua partecipazione alla missione amazzonica in qualità di psicologo (ma era anche un medico).

Nel 1975 scrissi un articolo su Cimento intitolato: Il Problema della Traduzione nella Antropologia Culturale, facendo esplicito riferimento alla pluriennale vicenda della Helena Valero. 

Articolo che anni dopo riproposi, sia pure in una veste diversa, sulla Terza Pagina dell’Osservatore Romano.

                               

Giovane Waika [Yanoama] pronto per la festa, 1973 (Ludwig Winklhofer, )

Nella prima metà degli anni ‘1980 scoprii che Franco Russo, il marito di una mia cara amica, negli anni ‘1960 era stato in Amazzonia, assieme al compianto Gerardo Bamonte (un amico americanista, che conoscevo fin dagli anni ’1970), quando erano studenti universitari. 

Là avevano avuto modo di incontrare la Valero e di registrare alcune interviste. 

La loro presenza nella foresta pluviale (dove, per la scarsità di cibo, in qualche occasione dovettero far ricorso alla carne dei serpenti che, a quanto pare, non era poi tanto male…) servì a “preparare” la spedizione Biocca-Baschieri. 

E dire che Gerardo non aveva mai fatto alcun cenno a quella loro avventurosa missione giovanile.

In seguito, mentre Gerardo iniziava con successo la sua brillante carriera accademica, Franco, se non ricordo male, era diventato un importante funzionario dell’ENI. 

Purtroppo sarebbe morto qualche tempo dopo il nostro incontro. Quando l’albergo di Istanbul, dove si trovava, andò a fuoco. 

Così, venuto a conoscenza del giorno del suo funerale a Roma, mi sarei subito dato da fare, riuscendoci, per avvisare Gerardo, in quei giorni in navigazione nel Mediterraneo a bordo di uno yacht. 

Ieri (26 dicembre 2021) prendendo in mano uno dei due libri di Biocca, ho scoperto che tanti anni fa vi avevo inserito un ritaglio di giornale (Mengoni G.,“Lui prof, lei india yanomani: quando l’amore è impossibile”, Il Messaggero, 1° febbraio 1997, pag. 10). 

L’articolo riguardava un antropologo, Kenneth Good (1942- ), che nel 1978, nel corso del suo soggiorno di ricerca tra gli Yanoama (oggi Yanomami), aveva conosciuto l’india Yarima, che allora aveva nove anni. 

Quattro anni dopo la sposerà con una cerimonia tradizionale e da lei avrà un figlio. 

Alla fine del suo lavoro, la porterà nel New Jersey, dove Yarima avrà altri due figli. 

Nel 1992 un team della televisione brasiliana Globo la raggiunse negli USA, scoprendo la sua infinita tristezza, perché non era riuscita ad adattarsi alla nuova situazione. 

Un anno dopo (1993) Yarima lascerà marito e figli, per tornare nella foresta. 

Dove si risposerà ed avrà un altro figlio. 

Un fotografo brasiliano, che l’aveva raggiunta, invierà una sua foto all’antropologo, che “stentò a riconoscerla: nuda con il corpo dipinto, il viso adornato da bastoncini sotto al naso e al labbro inferiore, col nuovo marmocchio sulle spalle, e venti chili di meno rispetto ai tempi in cui mangiava patatine e hamburger”.  

Sul Web scopro oggi il seguito. Good con David Chanoff aveva pubblicato nel 1997: Into the Heart: One Man’s Pursuit of Love and Knowledge Among the Yanomami. 

Inoltre nel 2011 David, uno dei loro figli, è tornato nella giungla per visitare la madre e, in seguito, ha avviato The Good Project, un'organizzazione no profit destinata ad aiutare il futuro degli Yanomami.

Anche se l’antropologo non ha ovviamente “rapito” Yarima, l’intera vicenda assomiglia molto a quella della Valero, sia pure a parti rovesciate…  

Un'ultima annotazione: non a caso il mio pseudonimo come Wikipediano è Yanoama...


Donna Waika [Yanoama] con il cesto per il trasporto, 1973 (Ludwig Winklhofer, )

中文(臺灣): 環形草屋的結構透視圖 (cinese di Taiwan): una vista prospettica della struttura della casa circolare con il tetto di paglia (shabono) (foto Kuliw, 2017 )


Il volume IV (E-Book e cartaceo) della mia tetralogia: ALLA SCOPERTA DEL MONDO. 
Archeologi, Esploratori, Grandi Viaggiatori, Geologi, Naturalisti, Paletnologi, include i seguenti personaggi che si sono interessati al Sudamerica: 

Francisco de Orellana; Charles-Marie de la Condamine; Friedrich Heinrich Alexander von Humboldt; Alcide d'Orbigny; Robert H. Schomburgk; John Louis Rudolphe Agassiz; Max Uhle; Percy Harrison Fawcett; Alexander Hamilton Rice; Hiram Bingham; Victor Oppenheim 

E-Book:https://www.amazon.it/dp/B0837Y4DWD


Cartaceo: https://www.amazon.it/dp/1653579420


p.s. (17.9.2024) Purtroppo non ho avuto il tempo per elaborare i post riguardanti le altre fasi della mia vita di ricercatore. 
Questa volta sul campo!
Grazie a contributi, finanziamenti e borse di studio dell'Istituto Italo-Africano, del Centro per le Relazioni Italo-Arabe, del Ministero della Pubblica Istruzione (Direzione Generale per l'Istruzione Universitaria), del CNR (Comitato Nazionale Scienze Storiche e Comitato Nazionale Scienze Sociologiche), del Ministero degli AA.EE. 
AFRICA (Kenya settentrionale - 1976, 1980 - e Sudan meridionale - 1980/81); 
INTERLUDIO (1978, studio di comunità nel villaggio degli indios Huave di Santa Maria del Mar, Oaxaca, Messico); 
PROGRAMMA COMUNITA'  MARITTIME ATLANTICO SETTENTRIONALE E ARTICO, SIA EUROPEO, CHE AMERICANO: 
Shetland 1982, Orcadi 1982, Inuit Artico canadese 1983, Saint-Pierre e Miquelon 1987, Terranova 1987, Svalbard 1994, Isole Faroer 1995, Isole Ebridi Esterne (e St Kilda) 1997, Islanda e Groenlandia meridionale 1998.