Translate

Visualizzazione post con etichetta Società Geografica Italiana. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Società Geografica Italiana. Mostra tutti i post

giovedì 21 dicembre 2023

121. RICONOSCIMENTO PER SOSTEGNO DECENNALE ALLA SOCIETA' GEOGRAFICA ITALIANA. ROMA, PALAZZETTO MATTEI IN VILLA CELIMONTANA, 24 NOVEMBRE 2023


 

La breve cerimonia si è tenuta nella Sala Conferenze della Società, nel corso dell'Adunanza Generale dei Soci, sia in presenza, che in remoto. Grazie alla piattaforma Microsoft Teams. Per i fotogrammi della videoconferenza ringrazio il Responsabile dell'Ufficio Tecnico della Società Geografica 
Dopo aver ricevuto il "piatto" con il mio nome e il logo della Società Geografica Italiana, mi trattengo a parlare con il Prof. Claudio Cerreti, Presidente della Società
Consegno al Presidente della Società il secondo volume (Africa) della mia tetralogia sulle Esplorazioni. Il Prof. Cerreti, Ordinario di "Fondamenti di geografia e di Epistemologia e metodologia della ricerca geografica" presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Roma Tre, è anche uno dei maggiori specialisti italiani della Storia delle Esplorazioni e delle Scoperte Geografiche   
..........................................................................................................


                                     





sabato 10 giugno 2023

97. LA STRAORDINARIA FIGURA DELL'ALPINISTA E MEDICO MIRI ERCOLANI, LE SUE ASCENSIONI IN SOLITARIO IN ALASKA E PAKISTAN E IL PROGETTO DEL 1997 DI RIPERCORRERE L'ITINERARIO E LA MEDESIMA VIA ASCENSIONISTICA SEGUITA NEL 1897 DAL DUCA DEGLI ABRUZZI, PER RAGGIUNGERE LA VETTA DEL MONTE SANT'ELIA IN ALASKA



 

Il Monte Sant’Elia, 1897 (Società Geografica Italiana, Roma)


Un recente interesse per un mio scritto sul Duca degli Abruzzi, che nel 1897 per primo scalò il monte Sant’Elia (Alaska), ancora una volta mi ha riportato indietro nel tempo. 

Quando nel febbraio del 1996 nella Sala delle Conferenze Internazionali del nostro Ministero degli Affari Esteri, dove fui presentato anche al Duca Amedeo di Savoia, Quinto Duca d’Aosta, pronipote del Duca degli Abruzzi e alla moglie Silvia Paternò di Spedalotto, incontrai per la prima volta la Dott.ssa Miri Ercolani.

L’avevo già sentita telefonicamente. 

Anticipata da una telefonata da parte della Segreteria della Società Geografica Italiana.

In quell’occasione presentò alla stampa un ambizioso programma scientifico-alpinistico, che l’anno dopo (1997) avrebbe dovuto portare la dottoressa a ripercorrere integralmente lo stesso itinerario e la medesima via ascensionistica seguita dal Duca degli Abruzzi cento anni prima, nel corso della sua scalata del Sant’Elia, in Alaska. 
La cartella contenente il dossier delle manifestazioni



Progetto assai corposo, che prevedeva diverse manifestazioni collaterali. 

Da effettuare sia in Italia, che in Nord America, ma che purtroppo non si realizzerà. 

Non ricordo se per problemi finanziari, per le cattive condizioni meteo in Alaska, o per motivi di salute della stessa protagonista.

Una dei progetti realizzati è stato il Convegno di Studi: GRAN SASSO D’ITALIA. OMAGGIO AL DUCA DEGLI ABRUZZI, Prati di Tivo, Teramo, 13-14,15 settembre 1996.

Al quale partecipai in rappresentanza della Società Geografica Italiana (lettera del Prof. Gaetano Ferro, Presidente della Società, dell’11 settembre 1996, Prot. 1007/96).

Presentando la comunicazione: “NATURA E CULTURA NELL'ALASKA DEL DUCA DEGLI ABRUZZI (1897)” nel corso della sessione inaugurale del Convegno del 13 settembre, alla quale parteciperà anche il Direttore delle Ricerche dell’Istituto Geografico Militare (Firenze).

Il giorno dopo sarà moderatore di una Tavola Rotonda su Ghiacciai: dal Calderone ai Poli Claudio Smiraglia, geografo e glaciologo, alla quale parteciperanno anche Massimo Antoninetti del CNR, Giuliano Liberini dell’Istituto Geografico Polare di Fermo, e Gerald Holdsworth, dell’Arctic Institute of North America.

Inoltre si terranno anche vari incontri con esperti di montagne e famosi alpinisti, sia italiani, che stranieri.



Nel corso della mia vita ho avuto l’opportunità e il privilegio di incontrare, conoscere, intervistare, apprezzare numerosi personaggi che, nei rispettivi campi, sono stati in grado di apportare contributi indubbiamente eccezionali.

Già nel post del 26 luglio 2022 avevo ricordato l’amica speleologa Ines Albergamo, la prima donna a "discendere" nel Vesuvio, più volte apparsa in televisione..
Oggi sul Web non c’è invero molto su Miri Ercolani.

Salvo la presentazione di un suo libretto sul Gazzettino del Chianti: Antonio Taddei, 29 Marzo 2023 “Un’alpinista a San Casciano: il libro sulle avventure di Miri Ercolani si presenta a San Casciano. Ha vissuto dal 1980 al 1995 a San Casciano” [poi era andata ad abitare a Pietracamela, alle falde del Gran Sasso], e poco altro ancora. 

Che ho rintracciato dopo le usuali e ripetute ricerche…   
 
Eppure la Dr.ssa Miri Ercolani è stata una figura straordinaria, che bene poteva figurare tra le “donne” che ho incluso nel mio libro: L’Avventura al Femminile

Non molto alta, ma robusta, dotata di una tenacia e di una volontà indomabile, coraggiosa, all’epoca (1996) doveva avere già una settantina d’anni. 

A quanto pare era stata una docente nella Facoltà di Medicina all’Università di Firenze.

Era amica personale di Susanna Agnelli (allora Ministro degli Esteri) e del famoso orientalista Fosco Maraini (che sul finire degli anni ‘1960 incontrai all’Istituto Giapponese di Cultura, nel corso di una conferenza sulla scrittura giapponese).

Aveva effettuato diverse e importanti ascensioni in solitario.
Denali - Mt. McKinley (U.S. National Park Service)

Tra cui quella del monte McKinley nel 1982 (la prima femminile) e, successivamente, nel 1985, la prima del Gasherbrum 6 (7007 m), a sessanta anni. 

Partendo dal ghiacciaio Duca degli Abruzzi (Paul Nunn, The Alpine Journal, Karakoram 1985, p. 212).
 
Per quanto riguarda il McKinley (dal 2015 chiamato Denali), la più alta montagna del continente nordamericano con i suoi 6.190 m, 

La prima ascesa femminile in solitaria risale al 1982 e fu effettuata dall’alpinista italiana Miri Ercolani. 
Dopo aver raggiunto la vetta il 21 luglio iniziò la discesa ma, a quota 3000 metri, in prossimità del passo Kahiltna fu sorpresa dal maltempo (temperature intorno a −30 °C e visibilità pari a zero) e dovette scavare nella neve per crearsi un riparo. 
Solo tre giorni dopo fu in grado di riprendere la discesa; nel frattempo era riuscita a idratarsi e a nutrirsi adeguatamente commettendo però l’errore di non togliersi mai gli scarponi per controllare i piedi e indossare calze asciutte. 
Quando arrivò al campo base (2000 metri) intorno alle 14.00 del 27 luglio trovò ad aspettarla Thomas Lowell del Talkeetna Air Taxi. 
Una volta arrivata nella piccola cittadina si rese conto di avere entrambi gli alluci dei piedi congelati. 
Il 28 di luglio lo stesso Lowell la condusse al Providence Hospital di Anchorage perché ricevesse cure adeguate” 
(Mount Live, il Giornale della Montagna, Redazione, 7 Giugno 2022, “Denali, la “grande montagna” un po’ italiana”, Web Page 28.5.2023)

Tre anni dopo avrebbe effettuato la prima scalata del Gasherbrum 6 (7007 m), nella catena del Karakoram (regione del Baltoro, al confine tra Pakistan e Cina), vicino al Chogolisa.
Le pareti ovest annotate del Gasherbrum IV, V, VI, VII. La vetta del Gasherbrum II è appena visibile dietro la cresta meridionale del Gasherbrum IV. Hidden Peak (Gasherbrum I) è nascosto dietro Gasherbrum V. Gennaio 2008 (Florian Ederer)



Incontrata a Peshawar il 2 agosto del 1985, Pakistan, “la dottoressa di 60 anni, nonché alpinista, che ha fatto da sola il Gasherbrum VI, finora inviolato (…) La dottoressa sessantenne è cattedratica di Anatomia Chirurgica a Firenze e amica di Fosco Maraini. Ha fatto un sacco di cime in giro per il mondo e sempre da sola. È una dura e testa dura (…) Peshawar, Domenica 4 agosto. Colazione con Testadura che in realtà si chiama Miri Ercolani”. 

(Da: Reportage Viaggi, Storytelling Blog di Michele Radici, “Pakistan. Viaggio del luglio 1985 con Andrée” (Michele Radici Filmmaker, 2023).
.....

Il Duca degli Abruzzi figura anche nel capitolo 3 del terzo volume (XX secolo) della mia trilogia: Masters & Commanders verso l’Ignoto. Navigazioni straordinarie ai confini della terra, 2018. Dove ricordo la spedizione della Stella Polare del 1900, le sue due circumnavigazioni della Terra, ma anche le scalate del Ruwenzori (riuscita) e del K2 (fallita). Infine la Somalia

E-Books


Versioni cartacee a colori e in bianco e nero

N.B. Il blog è dotato di Google Traduttore e di un motore di ricerca interno

martedì 13 settembre 2022

61. LINGUE (ARABO, CINESE, TIBETANO); TOPONIMI (NORVEGESI, GROENLANDESI, CANADESI); ETNONIMI (INUIT, AFRICANI, RUSSI): DALLA "PREMESSA" ALL’INDICE ANALITICO RAGIONATO DI UNA COLLANA (VERSO L’IGNOTO GEOGRAFICO, CULTURALE, STORICO), CHE NON C’È... SOCIETA' GEOGRAFICA ITALIANA

La mostra dei miei libri in Maremma, Pescia Romana,  Montalto di Castro, 30 marzo-7 aprile 2019 . https://twitter.com/ComuneMontalto/status/1115148560138477569 
Negli anni successivi non sarà possibile realizzare altre mostre e incontri con l'A. a causa  della pandemia

Tra il 2008 e il 2016 ho lavorato alla stesura di un libro per la Società Geografica Italiana [socio dal 1972 - prima della laurea -, Membro effettivo del Collegio dei Revisori in rappresentanza dei soci dal 1987 al 2016], alla quale per almeno un biennio ha contribuito come Curatrice, con un certosino lavoro di controllo  e «omogeneizzazione» di un variegato materiale risalente a epoche diverse, la geografa e ambientalista Alessandra Binel.

Un libro che a causa del numero delle sue pagine sarà presto definito: monstre. E che perciò dovrà essere necessariamente suddiviso in otto volumi dalle dimensioni simili a quelle dei libri della Sellerio (13 x 17 cm). Anche perché da non molto (2008) la Società Geografica aveva pubblicato: AA.VV. Ricamare il mondo. Le donne e le carte geografiche, dove figurava un interessante intervento di Dacia Maraini.


Ecco gli otto volumi, che dovevano andare a costituire il primo nucleo della Collana: Storia delle Esplorazioni [ed. 2012 ISBN 978-88-xxxx-xx-x].

Vol. 1.1 I “vagabondi” senza frontiera: Mondo (XIV-XIX secolo) Presentazione, Prefazione, Introduzione, Mondo fino al ‘900: Ratzel = 150 pp.

Vol. 1.2 I “vagabondi” senza frontiera: Mondo (XIX-XXI secolo) Nati e vissuti fino a tutto il ‘900 ed oltre: da d’Albertis a Severin = pp.?

Vol. 2.1 Nel vecchio continente: Europa-Asia = 194 pp.

Vol. 2.2 Tra deserti e tropici: Africa = 278 pp.

Vol. 3.1 Nelle terre degli indiani: Americhe (X-XIX secolo): dal X secolo a personaggi vissuti fino ai primi ‘900: da Eirík il Rosso a Powell 176 pp.

Vol. 3.2 Nelle terre degli indiani (II parte) e dei Mari del Sud: Americhe (XIX-XXI secolo), Oceania 146 pp.

Vol. 4.1 Nel paese degli “uomini dalle ombre lunghe” e dei deserti di ghiaccio: Regioni Polari: 282 pp.

Vol. 4.2. Indice analitico ragionato 127 pp.

In quegli anni più volte mi era stata caldamente suggerita l’idea che sarebbe stato certamente interessante cercare di non disperdere il piccolo «patrimonio» di biografie accumulato nell’arco di quattordici anni, grazie alla mia attività di giornalista: ca. duecento articoli su esploratori-grandi viaggiatori, etnoantropologi, archeologi, naturalisti, geologi, paletnologi.

Anche se da tempo non figuro più tra le «firme» dell’«Osservatore Romano», dopo la sostituzione del direttore Mario Agnes, non posso non ricordare con profonda commozione l’amico Raffaele Alessandrini, scomparso nel 2012. Allora Curatore del supplemento domenicale, nel 2007 passato alla Redazione della Cultura.

Era stato infatti lui a incoraggiarmi ad ampliare il «pacchetto» delle mie proposte per il giornale. Pubblicando commemorazioni di esploratori e studiosi.

Ambedue fortemente motivati nel diffondere maggiormente le tematiche geoantropologiche, condividevamo infatti il medesimo amore per la scoperta della terra e per le culture «diverse dalla nostra». Instillato da comuni e approfonditi studi etnoantropologici. 

In seguito sarebbe stato estremamente orgoglioso (io lo sarei stato altrettanto…) di affermare come l’«Osservatore» fosse l’unico quotidiano in Italia a pubblicare regolarmente articoli a carattere antropologico.

Ai lavori di più ampio respiro, che trovavano spazio su riviste, o con articoli “di spalla” sulla Terza Pagina dell’«Osservatore», dal 2000 avrei così affiancato le schede dei personaggi che andavo ricordando. Non esclusivamente in base ai dati anagrafici. 

Infatti per poter commemorare altri e interessanti esploratori e studiosi avrei inserito gli anniversari di esplorazioni o di ricerche sul campo: le prime o quelle particolarmente significative. 

Poi, per poter «spaziare» ulteriormente, avrei anche rammentato esplorazioni e ricerche, che comunque rientrassero nelle date canoniche: venticinque, cinquanta, settantacinque, eccetera…

La collaborazione all’«Osservatore» mi ha dato modo di scrivere una media di sei articoli al mese su ricerche antropologiche e viaggi effettuati tra Europa, Africa, America del Nord, Mesoamerica, Nord Atlantico e Artico. In pratica avendo «carta bianca» per qualsiasi argomento.

In un solo caso mi fu consigliato che sarebbe stato meglio non pubblicare la scheda. Riguardava la Eberhardt, esploratrice vissuta molto al di sopra delle righe. Nonostante, considerata la specificità della testata, avessi provveduto preventivamente ad «addolcirla»…

In un’altra occasione si dovette invece aspettare il placet, sia pure informale, della Segreteria di Stato

Il «pezzo» presentato trattava dell’archeologa Bell, la stessa alla quale Lawrence d’Arabia doveva molto del suo successo. La stessa che, praticamente dal nulla, avrebbe creato l’Iraq, con la sua attuale configurazione geoculturale, multietnica e multireligiosa!

Per compiutezza ricordo ancora che il giornale non mancò mai di pubblicare i miei scritti sul Sudan. Malgrado lo Stato afro-arabo venisse considerato quasi off limits dal quotidiano della Santa Sede. In effetti sono sempre riuscito a ottenere il «si stampi» dal capo redattore, un ex africanista come me…

Purtroppo la pubblicazione dei miei otto libri con la Società Geografica Italiana andò incontrò ad una serie di più o meno impreviste ed incredibili "complicazioni":

a) il loro notevole costo di stampa;

b) quindi la decisione di pubblicarli online come E-Books (un’idea che farò poi mia!);

c) infine l’inesplicabile e "misteriosa" scomparsa dai computers dell’intero materiale (sic) [salvo il PDF del vol. 1.1 Mondo]. E dire che avevo già scelto anche le immagini delle otto copertine…

Oggi questi otto volumetti sono stati sostituiti da due trilogie (ANTROPOLOGIA E NAVIGATORI) e da una tetralogia (ESPLORATORI). Infatti le mie biografie sono state notevolmente ampliate, integrate ed aggiornate. Dando così vita a 10 volumi di grandi dimensioni (24,41 x 16,99) riccamente illustrati, per un totale di 1.753 pagine e 1.467 immagini, a colori e/o bianco e nero.

Ecco ciò che avevo scritto nella Premessa all’indice analitico e ragionato degli otto volumetti “scomparsi”. La ripropongo qui, ritenendo che sia in grado di fornire agli eventuali lettori dei miei libri ulteriori elementi di informazione sulla loro realizzazione.

 LA PREMESSA ALL’INDICE

Se durante l’elaborazione dell’indice dei primi due volumi [Mondo] sono stato indotto ad apportare solo un paio di aggiunte, allorché ho iniziato ad “affrontare” le Americhe sono stato quasi “sopraffatto” dall’improvviso e simultaneo accalcarsi nel monitor di decine e decine di popoli indiani. A quel punto, messomi nei panni del lettore, ho cercato un modo per poterlo “aiutare”, così da prenderlo per mano e condurlo attraverso i meandri della complessa etno-antropologia ed archeologia del Nuovo Mondo. Pertanto ho pensato bene che sarebbe stato opportuno inserirvi elementi, che potessero essere utili per districarsi più agevolmente nel mondo amazzonico, come in quello delle pianure nordamericane e delle barren lands artiche. 

Ecco perché qui riporto anche i nomi dei gruppi etnici nella lingua originale, mentre gli etnonimi “reali” (i nomi che si sono dati popoli e tribù e che di solito significano semplicemente: “uomini”, “gente”, “popolo”) si aggiungono a quelli che possiamo definire “popolari”. Cioè noti a tutti e che ritroviamo nelle pagine dei libri. Anche se sappiamo che spesso hanno un carattere denigratorio o, comunque, negativo... Perché sono stati generalmente gli “altri” a darlo: tribù e popoli più o meno confinanti e più o meno amici, ma anche stranieri euro-occidentali. Ho altresì incluso la banda, divisione, sottogruppo, sottotribù e famiglia linguistica di appartenenza.

In seguito, considerata la crescita quasi “esponenziale” del lavoro, ho cercato di intervenire anche sulle altre voci. Conscio del fatto che l’indice si stava gradualmente tramutando in un perenne work in progress, mi sono perciò dovuto limitare ai termini più importanti, interessanti, o che necessitavano ulteriori approfondimenti ed arricchimenti. In qualche caso aggiornandoli. Cercando, quindi, di colmare lacune. Verificando luoghi e circostanze. Confrontandomi con grafie “altre” e relative e differenti traslitterazioni, “latinizzazioni”, “romanizzazioni”. Sempre affascinato dalla nuova sfida, che mi ha portato a realizzare un indice che, nonostante gli inevitabili difetti, in cuor mio spero sia in grado di offrire al cortese lettore uno strumento in più per apprezzare il libro.

LINGUE: ARABO, CINESE, TIBETANO

- Arabo: ho utilizzato il più possibile le trascrizioni in caratteri latini dei termini dell’arabo standard moderno (o arabo letterario). Rispettando così la traslitterazione internazionale, segni diacritici compresi, realizzata nel 1936 dalla Deutsche Morgenländische Gesellschaft (Società Germanica per l’Oriente).

- Cinese: l’idioma più parlato in Cina (850 milioni di individui) è il mandarino standard. Infatti il Putonghua, lingua ufficiale della Repubblica Popolare cinese,  basato essenzialmente sul dialetto parlato a Pechino, è il “cinese perfetto”. Come un tempo il BBC English, l’inglese veicolato dalle trasmissioni radiofoniche e televisive britanniche, era l’inglese perfetto!

Nonostante una lettura delle carte geografiche relative alla Cina evidenzi la persistenza dei tradizionali termini come Shan (monti) o Nor (lago), sfogliando il corposo libro intitolato Zeng He, reperito su una bancarella romana, rimasi notevolmente sorpreso allorché compresi che avevo tra le mani un saggio sul celebre “Eunuco dei Tre Gioielli”, l’Ammiraglio-esploratore del periodo Ming, che fin dagli anni sessanta dello scorso secolo conoscevo sotto il nome di Cheng Ho e di cui nel 1976 avevo osservato a Gedi (Kenya) oggetti probabilmente provenienti proprio da quelle sue antiche esplorazioni.

Ripetute ricerche su Internet mi portarono successivamente a scoprire come il nome Cheng Ho fosse il più diffuso, non solo in letteratura, ma anche nella stessa Cina. Senza però che venisse fatta alcuna precisazione. Infine mi resi conto come la Cina avesse sperimentato una sorta di seconda “rivoluzione culturale”, silenziosa e ben più soft della prima, e proiettata soprattutto verso l’esterno. Che i nuovi atlanti a quanto parte riportavano, ma che ovviamente era del tutto ignorata dalla stragrande maggioranza della letteratura esistente. Infatti, nonostante fosse stata introdotta già nel lontano 1956, solo dal 1982 il Pinyin è diventato il sistema di traslitterazione standard in caratteri latini del cinese.  

Così tutto ad un tratto ho improvvisamente preso coscienza che buona parte dei termini cinesi dell’indice, dai nomi di persona a quelli dei luoghi, era superata ed obsoleta, perciò non più individuabile sulle carte moderne, dizionari, Internet. Un cambiamento che ha coinvolto anche nomi storici, come quello di Mao Tse-tung, oggi diventato Mao Zedong o, meglio, Máo Zédōng… Così ho cercato di rintracciare, uno dopo l’altro, nomi e toponimi nella nuova versione.

L’Hanyu Pinyin è l’ultima delle romanizzazioni della lingua cinese. Il primo tentativo risale ai dizionari dei missionari gesuiti Matteo Ricci e Michele Ruggeri (fine del XVI secolo), mentre quello tuttora ampiamente diffuso in letteratura e che, “in prima battuta”, figura anche nell’indice è il Wade-Giles. Inventato dal diplomatico britannico Thomas Wade (1859) e modificato da Herbert Giles (1892).  

Nel 1902 Séraphin Couvreur dell’École française d'Extrême-Orient realizzò il sistema EFEO. Ma era indirizzato al mondo francofono.

Ricordo infine come la stessa grafia cinese abbia subito una sua rivoluzione. Quando nel 1954, per favorire l’alfabetizzazione di massa, si passò dai 40.000 caratteri (hanzi) del cinese tradizionale (閩南語) ai meno di 10.000 di quello semplificato (闽南语).

- Tibetano: mi sono servito dei lavori del grande Giuseppe Tucci e della David-Neel, oltre che dell’autobiografia dell’attuale Dalai Lama. Ogni toponimo ha, inoltre, il corrispettivo cinese. Anche se di norma ho privilegiato il tibetano.

TOPONIMI. NORVEGESI, GROENLANDESI, CANADESI

In linea generale ho fatto riferimento alla grafia riportata dall’Atlante De Agostini (scrivendo, ad esempio, Karakoram, anziché il più diffuso Karakorum, riservato esclusivamente alla capitale dell’Impero Mongolo) e, in subordine, dal Grande Atlante in 20 voll. della National Geographic Society.

- Per i toponimi norvegesi relativi all’arcipelago delle Svalbard mi sono basato sull’opera: "The Place-Names of Svalbard", che riporta la standardizzazione dei nomi di luogo effettuata nel 1942-1958 da una commissione del Norsk Polarinstitutt, l’Istituto Polare Norvegese, che ha reso univoca la straripante, multinazionale, multilinguistica, spesso ripetitiva, topografia isolana.

Per una migliore comprensione riporto alcuni tra i termini norvegesi che si possono più frequentemente incontrare: berg (montagna, collina), bre, breen (ghiacciaio), bukt, bukta (baia), by, byen (città), dal, dalen (valle), fjell, fjellet (montagna, collina), fjord, fjorden (fiordo), hamn (porto), is (ghiaccio), kapp (capo), land, landet (terra), odde, odden (punta, capo), søre, sør (sud), sund (stretto), topp, toppen (cima, picco), vatn, vatnet (lago), øy, øya (isola). In qualche caso ho unito il corrispettivo italiano, mentre per una sorta di “politically correct” alcuni toponimi russi riportano l’originale grafia cirillica.

- Groenlandia: gli storici insediamenti Vichinghi hanno la doppia ortografia: norvegese-islandese e danese. Toponimi groenlandesi (eschimo-groenlandesi) da tempo hanno sostituito quelli danesi.

 - Per il Canada ho utilizzato alcune pubblicazioni ufficiali del Ministry of Indian and Northern Affairs, Ottawa.

ETNONIMI: ESCHIMESI-INUIT, AFRICANI, RUSSI

Mi sono avvalso dell’opera, sempre preziosa, del Biasutti (Razze e Popoli della Terra), nonché della collana diretta da Vinigi Grottanelli (Popoli nel mondo) e di quella il cui Supervisore era l’Evans-Pritchard (I popoli della Terra).

- Nei confronti del “popolo delle ombre lunghe” ho preferito utilizzare l’etnonimo vagamente negativo di Eschimesi, anziché quello di Inuit (“gli uomini”), ufficialmente adottato nel 1977 dalla Conferenza Circumpolare di Barrow. 

Del resto i libri etnologici che da ragazzo mi avvicinarono al mondo dei “cacciatori delle nevi” parlavano di “eschimesi”. E non tutti oggi si “offendono” se definiti “mangiatori di carne cruda” (il significato del termine derivante dalla lingua degli indiani Cree). Certamente non si sentì insultato il cacciatore eschimese che incontrai subito dopo aver attraversato a piedi la pista aerea che divide in due la comunità eschimese di Pangnirtung, nel Cumberland Sound (Baffin). Particolarmente intento, com’era, a tagliare fettine di carne di foca, con un sorriso me ne offrì un pezzo, che rifiutai cortesemente... Oltre tutto l’etnonimo è tuttora utilizzato in Alaska, come da numerosi studiosi. 

- Etnonimi africani: ho cercato spesso (non sempre è stato possibile per l’elevato numero delle etnie) di accostare l’etnonimo reale a quello “popolare”. Un lavoro che avrebbe richiesto molto tempo ancora e che avrebbe contribuito maggiormente ad omologare, unificandola, la variegata congerie di etnonimi esistenti in letteratura. Dovuta spesso alle “traduzioni” non chiarificatrici operate dalle diverse lingue coloniali europee nel corso del tempo. Un lavoro oggi possibile grazie alla Language Map of Africa and the adjacent islands (Dalby, 1977), insostituibile “Baedeker” per ogni etno-antropologo e glottologo africanista!

Nonostante ripetuti controlli, non è stato possibile sistematizzare tutti i nomi delle tribù copiosamente citati dai ricercatori. In particolare dei popoli interessati dalle grandi indagini regionali, come quelle di Griaule e del Seligman. Così non tutte le etnie citate rispettano in pieno la raccomandazione formulata nel 1959 dall’Handbook of African Languages, dell’International African Institute di Londra, che vuole che i nomi etnici si scrivano omettendo i prefissi, che di volta in volta indicano singolare e plurale, lingua, territorio, eccetera... Soprattutto nel caso dell’affollata famiglia linguistica Bantu. Dove Ntu è l’essere, che diventa persona singolare attraverso Mu (Mu-Ntu) e plurale con Ba-Ntu (o altri ancora, come Wa, A o Ama).

- Per gli etnonimi russi, sia dei popoli artici europei, che siberiani, mi sono servito del sempre prezioso: Urss: Popoli e Costumi del Tokarev, 1969 (1958)

E-Books

Versioni cartacee

E-Books

Versioni cartacee
E-Books
Versioni cartacee