“Unangan [Aleuta] su un “quajaq” [in realtà è una baidarka, simile ai kayak degli Inuit] al largo dell’Isola di Saint Paul”, Alaska (Louis Choris, artista ucraino, membro della nave russa, che nel 1815-18 effettuò un’esplorazione del Nord America) |
I popoli che vivono nell'Artico, a parte le singole
differenziazioni, i particolari ritmi di vita e gli "unici" percorsi
esistenziali, presentano di sfondo una sorprendente omogeneità. In toto
possiamo, quindi, parlare di un ben definito cluster culturale, quello
dei popoli artici, appunto.
Il particolare ambiente, le sue specifiche caratteristiche
di rigidità geo-climatica, fanno sì che essi abbiano adattato le proprie
società e culture all'ambiente, trovando soluzioni tecnologiche, modi di
sussistenza, economie, dimore e costumi tra loro paragonabili.
[La cultura circumpolare]
Tanto che il Sami [Lappone] Hætta parla di
"cultura circumpolare". Sembra che questa appaia come una sorta di
"determinismo ambientale", pressoché la sola a sfuggire ad
un’antropogeografia fin de siècle e superata da fatti e verifiche sul
campo.
La base di queste culture, ripeto, ha adottato, non solo
sistemi ergologici e di sopravvivenza (basati su caccia, pesca, e in Eurasia,
allevamento delle renne), ma anche meccanismi di controllo, che tendono a
proteggere e a conservare l'unità e la coesione del gruppo, sia a livello
famigliare, che collettivo.
Quindi coesione sociale e cooperazione economica, con
distribuzione del cibo e del lavoro in misura egualitaria tra tutti.
[Controllo demografico]
E presenza coeva di tratti ed elementi culturali, che ad un
osservatore esterno, quale può essere un occidentale, possono risultare
particolari, "strani", o terribili, come tra gli Inuit (Eschimesi).
Quando, specialmente nel passato, ma ancora oggi, avveniva
lo scambio o l'imprestito d'amicizia delle mogli (si è sempre teso a favorire
la maggiore fertilità possibile, anche uscendo dal proprio modesto gruppo
endogeno).
Gli eschimesi infatti accettavano che ogni uomo che
viaggiasse solo venisse, non solo bene accolto nell'accampamento, ma che
potesse avere relazioni sessuali con una donna del gruppo.
Oppure l'infanticidio
delle femmine, l'abbandono di vecchi e di malati, per non minare la
sopravvivenza presente e futura dell'intera banda.
[Popoli paleo o neo siberiani]
C'è ancora da
aggiungere come, a parte i Sami, i Lapponi, ci troviamo di fronte,
dall'Eurasia all'America, anche ad un'omogeneità razziale: popoli paleo o neo
siberiani.
Ecco quindi che le famiglie linguistiche dei popoli boreali
e circumartici, che abitano le immense distese a tundra o a taiga del Grande
Nord, possono raggrupparsi in tre grandi entità: a) paleoasiatiche (Paleosiberiane:
Ciukci, Coriachi, Iucaghiri); b) uralo-altaiche (Sami -Lapponi -,
Samoiedi, Jacuti, Tungusi, e altri gruppi neo-siberiani); c) eschimesi
(Inuit) e Aleute.
[I Vichinghi e il cambiamento climatico nell’Artico]
Le rigide condizioni climatiche dell'area circumpolare hanno
inoltre impedito ai popoli bianchi e alla loro cultura massificante di
penetrare a fondo nell'Artide. Ancora oggi! L'unico esempio storico che mi
viene subito in mente è relativo ai due insediamenti Vichinghi nella
Groenlandia meridionale, che non sarebbero sopravvissuti al brusco deteriorarsi
del clima.
Anche perché si trovarono in improvvisa e violenta
collisione con gli Inuit, che si erano portati giocoforza verso sud e, perciò,
nello stesso territorio abitato dagli europei, con le drammatiche conseguenze
che si possono immaginare!
[La Piccola Era Glaciale e l’Islanda]
Ricordo, ancora, come la popolazione della stessa Islanda
durante la Piccola Era Glaciale (tra il 1400 e il 1850) si dimezzò.
[Adattamenti fisiologici]
D'altra parte studi bio-antropologici ci rivelano che, come
è avvenuto nel tempo per altri gruppi umani (per esempio tra alcuni popoli
andini), si siano verificati adattamenti fisiologici dei popoli del ceppo
mongoli alle condizioni artiche.
Accumulando depositi di grasso in quelle "parti del
corpo che sono abitualmente esposte al freddo, come le guance, le palpebre, le
mani e i piedi.
Tra i Lapponi, che sono di statura più bassa e più
snelli, “le vene delle braccia e delle gambe scorrono vicinissime le une
alle altre, in modo che il calore possa circolare rapidamente e facilmente dal
sangue arterioso caldo al sangue venoso freddo".
[I Sami (Lapponi) e l’allevamento delle renne]
Quest’ultimo popolo è
quello che meglio ha resistito alla cultura occidentale. Unico, tra tutti i
popoli artici, a modificare radicalmente, e da solo, nel XVI secolo, la base
della propria cultura.
Passando da un'economia di caccia ad una incentrata
sull'allevamento della renna.
Lapponi (Sami), ca. 1900 |
Gli eschimesi [Inuit] costituiscono, invece, il popolo più
conosciuto, anche dal grosso pubblico, mentre quelle meno studiate e note sono
le etnie siberiane.
[L’aspetto demografico]
Si impone a questo
punto una breve panoramica etno-demografica dei popoli circumartici autoctoni.
Complessivamente la loro consistenza si aggira su oltre due
milioni di individui.
Komi e Jacuti da soli assommano a oltre 1.000.000.
Più piccoli sono gli altri popoli. Tutti insieme non arrivavano a toccare nel
1993 le 100.000 unità. Oggi sono invece circa 323.000. Ad essi vanno aggiunti
130.000 Inuit (Eschimesi) [Groenlandesi compresi], 87.000 Sami
(Lapponi), 10-60.000 Kvens, 70.000 Careli.
A queste cifre si
dovrebbero ancora sommare anche quelle relative ai Popoli Indiani delle foreste
settentrionali (ca. 390.000).
Se, infine, includiamo anche le popolazioni non autoctone,
secondo l’AHDR (Arctic Human Development Report), la cifra per gli otto
stati (Canada, Stati Uniti, Russia, Finlandia, Svezia, Norvegia, Islanda e
Danimarca - Groenlandia) va raddoppiata, raggiungendo i 4.000.000 di individui.
[Il paragrafo 3.2 ("I popoli circumpolari") include 11 riferimenti bibliografici e 10 note]
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