Coro indiano durante la Sun Dance, Acoma, ca. 1900 |
PREMESSA
PARTE PRIMA: DA DENVER ATTRAVERSO LE MONTAGNE ROCCIOSE Denver, capitale del Colorado, “Porta d’ingresso” al Far West; Buffalo Bill, gli Indiani, il Mito della Frontiera e il Wild West Show. Denver e gli Indiani delle Pianure. Gli italiani. Viaggio a Georgetown, nel cuore del “cerchio d’oro” del Colorado
PARTE SECONDA: DA LAS VEGAS ATTRAVERSO IL SUD-OVEST: Tra i grandiosi monumenti naturali del Grand Canyon del Colorado, Arizona settentrionale; Nel Tribal Park della Monument Valley dello Utah, la riserva indiana (Navaho) più popolosa degli Stati Uniti; Gli scomparsi abitatori delle città costruite all’interno delle grandi caverne della Mesa Verde, Colorado meridionale; Nello stupendo Canyon de Chelly dell’Arizona l'ultima resistenza dei Navaho. Un graffito ricorda l’arrivo della cavalleria spagnola; Nello spaccio Navaho. Visita allo storico Hubbel Trading Post dell'Arizona, l’emporio che divenne punto di dialogo tra il mondo dei bianchi e quello degli indiani; Attraverso il Deserto Dipinto e la Foresta Pietrificata dell'Arizona. Una singolare passeggiata fra gli alberi di duecento milioni di anni fa; La città indiana tra le "nuvole": l’imprendibile pueblo Acoma del Nuovo Messico, l’insediamento urbano più lungamente abitato degli Stati Uniti; Nel Nuovo Messico, tra Gallup e Albuquerque: testimonianze preistoriche, tradizionali pow wow indiani e diligenze assalite da Billy the Kid
PARTE TERZA: DA LOS ANGELES ATTRAVERSO I DESERTI DELLA CALIFORNIA MERIDIONALE: La "città fantasma" di Calico e i laghi salati del deserto Mojave: dove passavano le carovane dei pionieri, oggi atterrano gli shuttles di ritorno dallo spazio; Nella "Valle della Morte" e un “miraggio” nel deserto: il castello del cow boy Scotty. BIBLIOGRAFIA
Dopo essere entrato nel Nuovo Messico, mi rendo conto come l'interstatale 40 mi dia ancora una volta l'opportunità di percorrere i sentieri della storia americana.
Ma quale storia!
Mi sto inoltrando nello stesso paesaggio e nel medesimo territorio ancora abitato dai popoli che i conquistadores spagnoli avevano incontrato nel corso delle loro prime spedizioni.
Avvicinandomi a quella che, nella prima metà del XVI secolo, aveva costituito la regione di contatto transculturale tra il mondo precolombiano e l'europeo.
Va ricordato ancora una volta come si consideri "storico” quanto accaduto in queste regioni solo dopo il 1540.
Quando avvenne la "scoperta" delle terre e delle popolazioni del Sud-Ovest da parte dei soldati provenienti dalla Nuova Spagna, alla ricerca dell’oro delle "sette città di Cibola".
La penetrazione spagnola nella regione ebbe la caratteristica della casualità, della coercizione e della gradualità.
Grazie ad un'inconsueta triade di conquistadores-naufraghi-esploratori.
Il primo che ne sentì parlare sarebbe stato l'ormai celebre Cabeza de Vaca.
Raccontò la sua incredibile impresa in un diario di incalcolabile valore storico e antropologico (...).
Descrive il naufragio in terre sconosciute (nel 1528).
La morte di quasi tutti i suoi compagni d'avventura.
La decisione di inoltrarsi a piedi, perfino nudi, in mezzo a territori popolati da tribù selvagge, ma che ben presto cominciarono a rispettarli, poiché considerati sciamani-guaritori.
Fino all'arrivo nella Nuova Spagna, dopo un'odissea durata otto lunghissimi anni.
Nel corso dei quali attraversarono per primi, da est a ovest, la parte meridionale del Nordamerica: "di quelle case, solo alcune erano di fango; tutte le altre sono in genere di canne. Di qui, per oltre cento leghe, trovammo sempre insediamenti stabili e grande abbondanza di granoturco e di fagioli. Ovunque ci veniva offerta molta selvaggina e numerose coperte di cotone, senz’altro superiori a quelle della Nuova Spagna (…) Poiché questi smeraldi mi erano parsi assai pregevoli, mi informai della loro provenienza e gli indios mi risposero che li portavano da certi villaggi grandi e molto popolosi, situati su quelle montagne altissime a nord e che li ottenevano in cambio di pennacchi e piume di pappagallo" (...)
(...) Trascorsi tre anni, il negro Esteban, uno dei quattro naufraghi superstiti, assieme a Fra Marcos da Nizza raggiungeva nel 1539 il Nuovo Messico.
Il francescano e il "Moro" si erano nuovamente avventurati nei territori che Cabeza de Vaca aveva calpestato.
Spingendosi ben oltre.
Poiché la spedizione arrivò fino all'agognata città di Cibola, dove Esteban, che aveva preceduto il frate, sarà ucciso.
Fra Marcos riuscì ad osservare la città, meta dei sogni di ricchezza e di cupidigia degli spagnoli, solo da lontano.
(...) Il mirabolante resoconto sulla "grandezza" di Cibola, che ne scaturì, portò alla conquista spagnola del Sud-Ovest ad opera della spedizione comandata da Coronado e guidata dal frate.
Nella metà di giugno del 1540 gli spagnoli arrivarono a Cibola, dopo aver attraversato un ultimo tratto di deserto.
La città venne conquistata con la forza.
Il capitano de Alvarado inviato in ricognizione "incontrò altre rovine, con fondamenta formate da blocchi di granito, quindi la città di Acoma, costruita in modo imprendibile su un roccione munito di un unico accesso. Ma gli Spagnoli... furono accolti amichevolmente ed invitati a visitare la città...".
Poiché non prevedo di visitare il Pueblo degli Zuñi, cioè quella che per Coronado era la mitica città di Cibola, mi reco invece nella vicina Acoma. Ah'-ko-mah, "il popolo della roccia bianca" (...), sembra essere l'insediamento umano più lungamente e continuativamente abitato nella storia degli Stati Uniti.
Ed è anche uno dei pueblos più tradizionalisti dell'intero Sud-Ovest. Tanto che spesso, nei confronti dei suoi abitanti si parla di "compartimentalizzazione” culturale.
Cioè della possibilità che l'individuo ha, tenendo ben distinte le due culture (l'autoctona e l'europea), di passare da un sistema culturale all'altro, secondo la situazione…
(...) Acoma, sull'alta mesa, inaccessibile fortezza fin dall'epoca dei conquistadores, ha comunque un indubbio fascino, una sua potente attrattiva.
Le sue case ad alveare hanno costituito, assieme a quelle degli Anasazi e degli Zuñi (...), i primi grattacieli americani.
Molte di loro conservano ancora la tradizionale via d'accesso, sia all'edificio, che ai piani superiori: la scala in legno.
Perché la difesa è stata sempre una costante preoccupazione comunitaria.
Pienamente giustificata dalle scorribande di Apache e Navaho, prima, e dagli attacchi militari di spagnoli e statunitensi, poi.
Ecco perché originariamente le case a piano terra non avevano porte o finestre. L'entrata era sempre dall'alto, dal soffitto.
(...) Sempre per ragioni difensive, per fondare le loro città questi gruppi hanno privilegiato gli alti siti, difficilmente accessibili, perciò imprendibili.
Sulla sommità di mesas circondate da altopiani pressoché desertici.
(...) Ecco un interessante e autoctono esempio di “incastellamento”, sulla falsariga di quelli avvenuti nell'Europa medievale.
DA: NEL WEST: ATTRAVERSO LE MONTAGNE ROCCIOSE, IL SUD-OVEST, I DESERTI DELLA CALIFORNIA MERIDIONALE
E-Book, versione cartacea a colori (I e II ediz.) e in bianco e nero: 116 pp., 34 note, 76 foto (50 sono mie)