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mercoledì 31 maggio 2023

96. PAOLO PORTOGHESI, LA MEFIT, IL CANALE DELLO JONGLEI E UNA RICERCA ANTROPOLOGICA IN UN SUD SUDAN NON ANCORA INDIPENDENTE

 

Paolo Portoghesi 1986 (Archivio personale, Some rights reserved, indeciso42)

 

La notizia della scomparsa del celebre architetto non può non rattristarmi. 

Innanzitutto dal punto di vista umano. 

Poi, come “protagonista assoluto della scena culturale architettonica italiana e internazionale” (Valentina Silvestrini, “È morto Paolo Portoghesi, l’architetto impegnato a costruire un sistema culturale”, Artribune, 30 Maggio 2023).

Ieri sera mi sono improvvisamente ricordato che 42 anni fa, nel 1981, al rientro dalla mia seconda ricerca in Sudan, avevo avuto il privilegio di incontrarlo nella sede della Mefit Consulting Engineers (Portoghesi era il responsabile per l’Architettura).

Perché proprio nell’immenso paese afro-arabo ero venuto a conoscenza delle molteplici attività portate avanti là dalla Mefit.

Dopo aver accennato alla mia ricerca sudanese, Portoghesi mi “affiderà” ad uno dei diversi collaboratori intenti a lavorare attorno ad un lungo tavolo stracolmo di carte e mappe. 

Il quale mi consegnerà un paio di grossi volumi, preziosi per il mio lavoro su Malakal (Mefit, Regional Development Plan, vol. 2, Socio-Ethnographic Analysis, Rome, 1977 e Second Phase, vol.3, Patterns of Comsumption, Rome, 1978). 

Risalendo il Nilo Bianco in piroga

Alla ricerca dei siti che hanno preceduto la fondazione della città di Malakal: Tawfikyya, creata dal Baker nel 1870; il forte del Sobat, costruito nel 1874 dal nostro Gessi, dietro ordine di Gordon Pacha



Dal diario di campo: “E' il 9 gennaio del 1981. Sono a bordo di una lunga piroga monoxila sospinta da due esperti e robusti pagaiatori. 

A poppa siede Chol, un Dinka.

A prua manovra il più giovane John, uno Shilluk, figlio del fratello della madre Shilluk di Chol.

Io mi trovo esattamente al centro dell'imbarcazione.

Sono attaccato per mezzo di una lunga corda, in modo da non perderla, in caso di un sempre possibile rovesciamento dell'imbarcazione, alla mia borsa impermeabile e galleggiante, che contiene alcuni documenti, un po' di cibo e acqua e l'indispensabile attrezzatura fotografica.

Cerco di conservare una noiosa e difficile posizione accucciata, in modo da non rimanere per lunghe ore a macerare nell'acqua, sempre presente sul fondo.

Nell’occasione sono accompagnato da due dei miei assistenti di ricerca, anche loro Shilluk.

Ho intenzione di arrivare fino all'imboccatura con il fiume Sobat.

 (…) i resti del forte del Sobat da tempo sono scomparsi. 

Tra l'altro nell'area dove sorgeva il forte c’è oggi il quartiere generale della società francese, che sta costruendo il canale dello Jonglei, il più lungo canale artificiale del mondo.

Al tramonto raggiungiamo l’imboccatura del fiume Sobat, dopo ben undici ore pressoché ininterrotte di navigazione. Stupendo i tecnici francesi che, increduli, ci accolgono con viva simpatia". 

IL CANALE DELLO JONGLEI

 Lungo 360 Km, contro i 161 di Suez, i 98 di Kiel e gli 81,3 di Panama, il canale doveva ovviare all'enorme dispendio di acqua, che il Nilo subisce, allorché entra nell'immensa distesa acquitrinosa del sudd. 

Che nel 66 d.C. riuscì a bloccare i due centurioni romani, inviati dall'imperatore Nerone alla ricerca delle sorgenti del Grande Fiume.

L'escavazione del canale, tra la confluenza con il fiume Sobat, a nord, e una zona situata poco prima della città di Bor, a sud, che doveva essere largo 52 metri e profondo 4, avrebbe portato un notevole beneficio alla navigazione. Riducendo il percorso di circa 300 Km.

Con il canale dello Jonglei il Nilo avrebbe raggiunto una portata di 43 milioni di mc al giorno, rispetto ai 20 milioni attuali.

Il progetto fu ideato proprio dalla MEFIT italiana.

Tecnicamente ed operativamente l’esecuzione era stata affidata alla CCI (Compagnie de Constructiones Internationales). 

Le distese paludose del sudd e il tracciato del Canale (Some rights reserved, Soleincitta)

LA VISITA AI LAVORI DELLO JONGLEI


Dal diario di campo: “uno dei tecnici della CCI gentilmente mi conduce a vedere lo stato dei lavori. 

A Malakal ho già un rollino con le diapositive scattate dall’alto di un elicottero, utilizzando la mia Nikon, sia sulla città, che sopra il canale. 

Infatti i due piloti  stanno conducendo nell’area indagini petrolifere per conto della Chevron  [per questo ringrazio la mia compagna, che a Roma lavora per la società americana…].  

Parliamo della diffusa presenza dei leoni in quei paraggi, ma ad est del canale ci imbattiamo solo in uno struzzo.

Ad una media superiore ai cento Km l'ora, percorriamo la pista in terra battuta (una delle due sponde del canale), che al tempo della stagione delle piogge sarà estremamente pericolosa.

Fino ad oggi [gennaio 1981] sono stati scavati 45 Km, ad una media di 25 metri al giorno, grazie ad una possente e mastodontica escavatrice precedentemente utilizzata in Pakistan. La fotografo”.

La gigantesca scavatrice nel 2006 (United States Agency for International Development)

Già preannunciato da episodi di sequestro di personale tecnico e operaio, il brusco aggravamento delle condizioni locali, a causa della recrudescenza della guerriglia nel sud Sudan, nel 1983 provocherà l'imprevista fine dei lavori di una grandiosa opera, che doveva essere ultimata nel 1985/86.

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