Translate

Visualizzazione post con etichetta Vichinghi. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Vichinghi. Mostra tutti i post

lunedì 3 luglio 2023

101. A proposito del primo episodio della serie Shetland (trasmesso nuovamente ieri in televisione), dello storico Shetland Bus, del vichingo Up-Helly-Aa e dei miei libri, in italiano e inglese, sull'arcipelago

 

Fotogramma di un episodio (Copyright BBC Scotland)

Ieri sera non potevo non rivedere il primo episodio della serie Shetland. 

Perchè l’idea di realizzare i libri in italiano e, poi, in lingua inglese su queste magnifiche isole nordiche scozzesi, mi è venuta proprio guardando alcune puntate di questa serie televisiva [tratta dai romanzi di Ann Cleves e adattata per la televisione da David Kane] prodotta dall’ITV, per la BBC Scotland. Arrivata in Italia per la prima volta nel 2018. 

Il cui protagonista è un detective della polizia di Lerwick che, ovviamente con successo, indaga sugli omicidi perpetrati nella Mainland, la principale isola dell’arcipelago. 

Tra l’altro il detective Perez è originario di Fair Island, l’isola più meridionale dell'arcipelago, a metà strada tra le Shetland e le Orcadi.

Douglas Henshall (detective Jimmy Perez) e Ann Cleeves (autrice dei romanzi) al Bloody Scotland International Crime Writing Festival, 2017, 9 September 2017 (Some rights reserved, TimDuncan)

Inaspettatamente avevo provato una forte sensazione di nostalgia, osservando nuovamente sullo schermo quell’ambiente così completamente differente da quelli mediterranei. 

Quasi sempre caratterizzato da chiaroscuri di inusitata, seppur singolare, bellezza. 

Che si fanno presto da parte, dopo uno forte scroscio di pioggia, lasciando spazio a vividi colori, che paradossalmente fanno la loro comparsa, uno ad uno. 

I panorami maestosi, le gigantesche scogliere a picco sul mare, le nuvole basse, l’atmosfera decisamente subartica, mi avevano fatto tornare alla mente che quelle isole potevano realmente rappresentare, ca. 2.500 anni fa, l’ultima terra abitabile dell’ecumene. 

Perché, anche ad una latitudine del resto non eccessiva, avrei perfino potuto avere la fortuna di ammirare, alte nel cielo notturno, le sciabolettanti e fantasmagoriche aurore boreali dell’Ultima Thule

Quel viaggio nordico, effettuato oltretutto in una stagione proibitiva (mese di dicembre), avrebbe rappresentato per me il primissimo approccio ad una realtà ecologico-culturale radicalmente diversa da tutte quelle che fino ad allora avevo conosciuto (Sudan, Kenya, Messico). 
Che l’anno appresso, con la mia ricerca tra sei comunità Inuit dell’Artico canadese, si sarebbe andata rafforzando. 

Poiché nel mitico Passaggio a Nord-Ovest mi sarei spinto ancora più a nord, a non moltissima distanza dal Polo Magnetico…

Tra l’altro in quelle isole scozzesi l’ex africanista, quale io ero, avrebbe “incontrato” per la prima volta i Vichinghi. 

Un iniziale approccio, che si sarebbe dovuto consolidare in seguito. Poiché le Shetland inconsapevolmente rappresentarono la prima di numerose “tappe” del mio futuro peregrinare sulle tracce del cosiddetto movimento vichingo d’oltremare, che mi avrebbero condotto: ancora a sud-ovest (Orcadi, Scozia e Inghilterra nord-orientale, Ebridi Esterne, Fær Øer, Dublino), verso nord (Svalbard), verso ovest (Terranova, Islanda, Groenlandia, Labrador), verso sud (Normandia), verso est (Russia).

Grazie al quel viaggio di studio, prima delle Shetland, poi delle meridionali Orcadi, sia pure involontariamente sarebbe stato gettato il primo seme di ciò che anni dopo si sarebbe trasformato nel mio Programma sulle Comunità Marittime dell’Atlantico Settentrionale.

Lo Shetland Bus

Creato nell’autunno del 1940 dalla Special Operations Executive Norwegian Section, contribuì a far arrivare clandestinamente nelle Shetland numerosi membri della resistenza norvegese, in fuga dal paese occupato dai tedeschi. 

All’inizio la sua base era Lunna, nel nord-est di Mainland, l'isola principale, dove si trova Lerwick. 

Poi fu spostata a Scalloway, l'altra cittadina dell'isola. 

La Norway House e lo scivolo “Prince Olav”, ambedue utilizzate dallo Shetland Bus, sono oggi ancora visibili a Scalloway. 

Dove la sua avventurosa storia è descritta nel Museo cittadino. 

In totale circa 30 furono i pescherecci utilizzati dai rifugiati norvegesi.

Il vichingo Up-Helly-Aa a Lerwick

A Lerwick, nella notte di ogni ultimo martedì di gennaio, squadre di guizers [guizing è un'espressione dialettale della Cornovaglia. Descrive un'usanza in cui i festaioli si travestono in modi differenti, impegnandosi nella musica, nel canto, nella danzain costumi vichinghi e torce in mano, incendiano nel centro della città una replica di una "lunga nave”, con la prua dalla testa di drago. 

Gli uomini, a conclusione della festa, fanno un giro, rigorosamente completo, di una serie di sale da ballo, discoteche, scuole, impianti sportivi, alberghi. 

In ogni sala, ogni squadra esegue uno show, che può richiamare un programma televisivo, un film popolare, una gag su eventi locali, un canto, una danza. 

Il giro è riservato ai soli partecipanti, che vengono così ringraziati per il lavoro volontario durato molti lunghi mesi. 

In forma riveduta e corretta, questa è la festa vichinga della fine di Yule. 

Allorché, dopo un lungo buio e rigido inverno, si salutava festosamente il lento riapparire del sole.

In effetti un tipo di festa "pagana", simile ad altre festività scozzesi, era già in vigore dal 1881. 

Allora i guizers erano in abiti carnascialeschi e non bruciavano navi vichinghe. Nel 1889 subì una netta norvegisizzazione. 

Grazie al poeta cieco di Lerwick, James John Haldane Burgess (1862-1927), che seppe rivitalizzare il legame con l’originaria tradizione norvegese. 

Tanto che la sua canzone è ancora oggi intonata nel corso della festa. 

Un tempo, i nostri padri focosi sfrecciavano sul Sentiero dei "Vichinghi"; 

Un tempo, i loro temuti draghi sfidavano l'oceano nella sua ira; 

E noi, i loro figli, stiamo raccogliendo i risultati della loro gloria. Le onde stanno arrivando (...) 

La nostra galea è il Diritto del Popolo, il drago della libertà, il diritto che, crescendo nella sua potenza, porta i tiranni alle loro ginocchia. 

La bandiera che sventola sopra di noi è l'Amore della Libertà. 

Le onde stanno arrivando".


Amazon Pagina Autore USA  

https://www.amazon.com/Franco-Pelliccioni/e/B01MRUJWH1/ref=ntt_dp_epwbk_0

O: amazon.com/author/francopelliccioni

Amazon Pagina Autore Italia 

https://www.amazon.it/Franco-Pelliccioni/e/B01MRUJWH1/ref=dp_byline_cont_book_1

Amazon Pagina Autore United Kingdom 

https://www.amazon.co.uk/-/e/B01MRUJWH1

N.B. Il blog è dotato di Google Traduttore e di un motore di ricerca interno

venerdì 29 luglio 2022

52. NELL'ARCIPELAGO DELLE FÆR ØER-FØROYAR, UN TEMPO "ISOLE DELLE PECORE", OGGI TOTALMENTE “GREEN. GRAZIE A VENTO, ACQUA, MAREE, CORRENTI, ONDE, GEOTERMIA (E SOLE)

Primo piano di un interessante figura di anziano faroese, con la tradizionale bustina rosso-blu (húgva) come copricapo [Tórshavn, Manifestazione storica per la Festa Nazionale di St. Olav] (© Franco Pelliccioni)

 Dal diario di viaggio

Dal finestrino vedo le onde dell’Atlantico ribollire sotto di me. Dopo la ricerca dell’anno scorso, tra i minatori norvegesi e russi delle Artiche Svalbard, sto per dare avvio ad un’altra tappa, la sesta, del mio Programma sulle Comunità Marittime dell’Atlantico del Nord. La meta si sta ora approssimando. Se, come penso, rispetterà l’orario, il BAe 146 della compagnia aerea faroese Atlantic Airways (RC 0455), decollato alle 15 da Copenhagen, dove ho effettuato un breve soggiorno, atterrerà alle 16,25 nel piccolo aeroporto di Sørvágur, nell’isola di Vagar. Certo, ciò che si comincia qua e là a intravedere, attraverso le nuvole, non sembra molto invitante.

Eppure non vedo l’ora di stare laggiù, tra gli isolani. Autentici pronipoti dei Vichinghi, che ancora costruiscono barche con il know how norreno, utilizzano zolle di terra ed erba per i tetti delle case, cacciano uccelli con trappole e reti, “purtroppo” talvolta fanno stragi di balenottere e, nelle grandi occasioni, come la festa di St. Olav, che mi ha fatto venire qui alla fine del mese di luglio, si può perfino assistere a danze a catena medievali!

Kædedans på Færøerne (“Danza a catena nelle Fær Øer”), ca. 1930 (di Sophie Petersen, Nationalmuseet/Det Kongelige Danske Geografiske Selskab) 

A Copenhagen ho proseguito i miei contatti, già avviati da Roma. Indirettamente, tramite l’Ambasciata di Danimarca e il Ministero degli Esteri. Direttamente attraverso fax trasmessi nella capitale danese: Università, Rappresentanza delle Fær Øer, Ufficio del Turismo Danese. Un intenso lavoro propedeutico, che mi ha consentito di fare un po’ anche il turista in questa splendida capitale, e di visitare il Museo Nazionale, estremamente prezioso per tutto ciò che riguarda l’Artico groenlandese, gli Inuit e, naturalmente, i vichinghi. Andando immediatamente a rintracciare, tra i reperti esposti, una piccola pietra di circa dieci centimetri, con iscrizioni runiche apposte il 25 aprile del 1333 da tre di essi. Nel 1824 l’aveva scoperta un eschimese in un cairn, nella Groenlandia settentrionale, a Kingiktorssoak, isolotto a nord di Upernavik.

Pensavo a tutto ciò quando, nel corso del pranzo freddo servito a bordo, comincio maggiormente ad interessarmi a ciò che mi sta raccontando sull’arcipelago il vicino di seggiolino: è norvegese, si chiama Edvard ed ha sposato la figlia del proprietario di un cantiere navale delle isole.

All’aeroporto fotografo l’aereo. Ha un aspetto singolare: tozzo, con grandi ali, che puntano verso terra. Sembra un grande gabbiano, che stia per volar via. Lo si impiega preferibilmente per le piste corte e le sue tre ruote toccano simultaneamente terra.

Un paio di autobus, intervallati da un traghetto, tra le isole di Vágar e Streymoy, e già sono nella capitale Tórshavn, nel mio albergo. Il cui nome è sinonimo di mare, ma “profuma” anche di avventura. Perché il Tórshavnar Sjómansheim, di Tórsgøta 47, prenotato dai faroesi, è un semplice, decoroso e convenientissimo 2 stelle. Vicinissimo al cuore, al centro storico della città. Dove si servono i pasti su lunghi tavoli, che vanno condivisi con altri ospiti. Così sono contento di soggiornare in questa “strategica” Casa del Marinaio, risalente al 1923. Istituzione un tempo riservata ai soli naviganti. Perché qui, senza quasi alzarmi dalla sedia, posso avere ulteriori incontri con gli isolani.

...........

7.2 Il grindadráp, la caccia comunitaria alle balene

Caccia alle balene nelle Fær Øer: Fiordo di Midvaag. Il principe ereditario danese Frederik osserva i globicefali, mentre si reca a Miðvágur, 1847. (Jeaffreson, J. R., The Faröe Islands…1898), British Library

Unica nell'Atlantico settentrionale, ancora oggi è effettuata la caccia comunitaria alle Pothead o Pilot Whales (balene di "media taglia": le globicephala melaena, localmente chiamate grind), con la tecnica del grindaraksur, al tempo delle loro trasmigrazioni estive. Quando i cetacei si trovano a non molta distanza dalle coste isolane. Fin dall’epoca vichinga, le varie fasi della caccia sono state accuratamente regolamentate. Ad iniziare dal primo avvistamento. Seguito dall'avviso a tutta la comunità della presenza delle pilot whales (grindaboð) e al loro sospingimento verso uno dei 21 luoghi autorizzati per lo spiaggiamento. Dove avverrà la loro rapida uccisione, con particolari tecniche e armi. L’ultima fase concerne la suddivisione di ciascuna quota di carne tra tutti i partecipanti al grindadráp e i membri della comunità. Per arrivare, in particolarissime e abbondanti cacce, all'intera isola, in qualche caso all'intero arcipelago.

Questa caccia, che non va contro le rigide regole dettate dall’International Whaling Committee, che le esclude dalla protezione, ha sempre rappresentato per i faroesi una delle poche possibilità di approvvigionamento aggiuntivo di grasso e carne. Grazie alle quali questa popolazione è riuscita a superare indenne i lunghi periodi di sotto-alimentazione e le carestie derivanti dalla non auto-sufficienza alimentare.

Numerose pubblicazioni mediche e nutrizionali concordano in pieno con quanto venivano affermando, nel lontano passato, i medici condotti danesi, circa l'opportunità e la necessità per ogni individuo di alimentarsi, anche saltuariamente, con la carne di balena. I cui apporti nutrizionali (vitaminici, "anticolesterolo", ecc.), per una popolazione, in cui per secoli la tavola era stata solo poveramente imbandita con le pietanze disponibili (patate, carne di pecora e di montone, pesce, carne di uccelli marini, uova, e poco altro). Attualmente questa carne rappresenta circa 1/4 del consumo totale di proteine animali dell'arcipelago.

........................

10. IL “PORTO DEL DIO TOR”, TÓRSHAVN, CAPITALE DELLE FÆR ØER

Dal diario di viaggio

Un paio di giorni per ambientarmi, ed eccomi totalmente immerso nei febbrili incontri e nelle numerose interviste previste dal progetto di ricerca: Aldan (Ufficio Turistico Nazionale), il giornale Dimmalætting, la Sindaca, il Ministro, ecc.. A lungo visito il forte di Skansin, poi mi reco con John ad Hoyvík, dove incontro uno studioso locale e seguo un tratto del mio primo tradizionale sentiero intercomunitario. La sera spaghetti al pomodoro, assieme ad un biologo di Hannover, che aspetta di prendere la “pelle fresca” della grind. Hanno solo 10 minuti di tempo per intervenire. Avvistato un gruppo di pilot whales, si deve informare un membro del governo, poi un supervisore, che organizzerà il grindaboð.

Lisbeth L. Petersen, Sindaco (Byraðsformaður) di Tórshavn, nel suo ufficio (© Franco Pelliccioni)

...............

(...) Giornata intensa, passata ad incontrare il Direttore della TV faroese, ma anche la zoologa danese Dorete Bloch del Museo di Storia Naturale. Esperta in barche vichinghe e caccia alle balene. Per concludere, verso sera vado alla Nordic House. Il tutto intervallato dall’interessante visita alla dirimpettaia isola di Nólsoy. Raggiunta in venti minuti con un ferry, salpato alle 12. Durante i quali il tempo è contraddistinto da una successione di pioggia, nebbia, sole e, all’arrivo, ancora nebbia. Sbarcato, oltrepasso un gigantesco arco formato da mascelle di un capodoglio. Pochi passi più in là, vedo la panchina del “parlamento” degli uomini. Il tempo di guardare le Niðastalon, la fila di case parallela al porto, osservare i miei primi puffini faroesi, mangiare un boccone nella Kaffistovan ed è già l’ora (15,45) di rientrare. Questa volta con il sole..."

Veduta del villaggio di Nólsoy nella nebbia (mjørki) con il caratteristico arco fatto da mascelle di un capodoglio (© Franco Pelliccioni)

Nei giorni successivi altri incontri e la visita, prima a Kirkjubøur, poi alla chiesa cattolica di Mariukirkjan”.

.................

11.1 La visita a Kirkjubøur, il “campo della chiesa”

Dal diario di viaggio

Lo raggiungo in poco più di mezz’ora, con l’autobus 101, della Bygdaleiðir, la linea blu intercomunitaria, poiché dista solo una quindicina di chilometri dal centro città.

Kirkjubøur, 1839 (da: Voyages de la Commission scientifique de Nord: en Scandinavie, en Laponie, au Spitzberg et aux Feroe, pendant les années 1838, 1839 et 1840, sur la corvette La Recherche, di Barthélemy Lauvergne)

Alla fine della visita dell'eccezionale sito storico, intirizzito dal freddo pungente e dalla pioggia, chiedo ospitalità all'interno dell'antica Roykstova, che sembra essere l'unica abitazione di legno al mondo ad essere stata continuativamente abitata da quasi mille anni. La mia cortese ospite, che dal giornale sa bene come io non sia un semplice turista, mi offre un assai apprezzato liquore dolce finlandese, con l'aggiunta di un forte snap, che poi raddoppio. E’ la Sig.ra Patursson, moglie del Kongsbóndi, un "fattore del re". Appartiene ad una delle famiglie storiche e più in vista delle isole, che da diciotto generazioni alleva pecore e coltiva la terra di quell'enorme fattoria. Il nonno Jóannes aveva partecipato all'edificazione dell'autonomia faroese. Fondando, poco dopo l'inizio del secolo, il Sjàlvstyrisflokkur, il partito autonomista faroese, il secondo delle isole e, nel 1939, un altro partito autonomista, il Fólkafìokkur.

Tróndur Patursson fotografato nel 2010 ( CC Some rights reserved Ronni Poulsen)

Suo cognato, apprendo, è Tróndur Patursson, fratello gemello del marito. Il famoso, eclettico, artista e viaggiatore. Dopo avermi fatto attentamente visitare l’interno della casa, con orgoglio mi mostra due vetrate realizzate dal cognato nel salotto e alcune foto scattate durante il viaggio in Italia di cinque anni prima. Nel corso del quale è stata ricevuta in udienza dal Papa. Con ardore mi parla dei colori, degli odori, ma anche dei sapori, dell'Italia. Di Roma, Napoli, Sorrento. Soprattutto di Capri, che aveva tanto amato. Con il marito era andata anche in Nuova Zelanda, dove aveva appreso l’uso delle recinzioni metalliche elettrificate. Infatti in precedenza avevo dovuto fotografare con il teleobiettivo la cattedrale non finita, perché circondata per tre lati dal filo.

Intorno a noi, al di fuori dell’antica abitazione, la pioggia ha finalmente cessato di battere insistentemente, come aveva rabbiosamente fatto per lunghissimo tempo. Ma le acque vicinissime dell'oceano stanno improvvisamente diventando sempre più bianche per la nebbia, che mano a mano tutto avvolge, tutto gradatamente nasconde. Specchio d'acqua, dopo specchio.

Ecco, mi trovo di fronte ad una persona che ama, quasi come nessun’altra, la propria terra e la sua gente, che è orgogliosa di appartenere ad una famiglia, che ha scritto la storia di questo paese e che ne ha ancora un ruolo guida. Poiché, giorno dopo giorno, continua a buttar giù altri paragrafi, forse meno esaltanti di un tempo, ma sempre pregni di valenze e di una continua dialettica tra tradizione e innovazione. Essa mi fa capire, da alcune espressioni verbali e dal suo bel viso, addolcito dai lunghi capelli biondi e dai profondi occhi azzurri, leggermente sfiorito dagli anni, triste e compunto, come il nuovo arrivo della nebbia per lei sia troppo! Poiché le provoca uno stato di spleen che io, come italiano e romano, forse non riesco a capire fino in fondo, fin dentro l'anima... La nebbia...

La rinnovata presenza della bruma, proveniente anche quel giorno dal mare, e la mia presenza avevano involontariamente innescato una profonda contraddizione spirituale nell'orgogliosa moglie del Patursson di Kirkjubøur. Provocando un "qualcosa", che non saprei spiegarmi... (...)

.............

12. UN’ESCURSIONE NELLE ISOLE DI STREYMOY ED EYSTUROY

Dal diario di viaggio

(...) Per passare su Eysturoy, ritorno indietro e attraverso il ponte, che la collega a Streymoy. Seguendo la 62, mi dirigo nuovamente verso nord, raggiungendo il villaggio di Eiði. Qui visito la chiesa del 1881 e fotografo i due modelli di imbarcazioni a vela, che pendono dal soffitto, uno per lato, con i bompressi rivolti verso l’altare. Poi lascio la costa, per inoltrarmi con la 662 nell’interno montuoso. La strada è stretta, ad una sola corsia. Di tanto in tanto caratterizzata da modestissimi slarghi, per consentire il passaggio ai veicoli, che procedono in senso contrario. Pochissimi sono i guard rails. Non sapevo, allora, che questo sarebbe stato il tratto più “pericoloso” dell’intero viaggio. Per la forte pendenza, in ascesa e in discesa, solo parzialmente mitigata da numerosi tornanti. Con precipizi e scarpate, tutti intorno e sotto di me. Oltre tutto viaggiando su una sede stradale, il cui piano non sempre è perfetto. Anzi... Per cui a tutti i costi cerco di non distrarmi. Inoltre la luce del giorno tende a diventare sempre più fioca, per la forte nuvolosità. Almeno non c’è la nebbia, che giocoforza mi avrebbe costretto a fermarmi sulla montagna, non si sa per quanto tempo!

Ormai il sole di Tjørnuvik è solo un pallido ricordo! Le forti raffiche di vento, che senza pietà colpiscono l’automobile, facendola oscillare, di certo non aiutano. Nonostante sia cupo e orrido, il panorama che, via via, si presenta davanti ai miei occhi, ha un suo indubbio e tenebroso fascino… Così, in una curva, forse affrontata non con troppa accortezza, probabilmente distratto da ciò che vedo, la macchina sbanda, va leggermente fuori strada. Per una frazione di secondo temo che per me sia finita… Invece riesco a riprendere il controllo e a fermarmi! Dopo di allora, per ammirare e fotografare l’incredibile scenario, mi arresterò un paio di volte. [Una volta a Tor scopro che la strada passa accanto al monte più alto dell’arcipelago, lo Slættaratindur (882 m)]. Quindi sulla più “umana” 632 (anche se la strada è sempre stretta, c’è un passo montano da superare, ma minore è l’altitudine media ed è anche meno tortuosa) proseguo fino alla mia nuova meta, Gjógv. Considerato il più bel villaggio delle Fær Øer, si trova in fondo ad una gola collegata al mare, lunga 188 m, dove osservo i binari dell’unica micro-ferrovia dell’arcipelago (...)

Da: VIAGGIO NELLE ATLANTICHE ISOLE FÆR ØER. IL PAESE DAI TETTI DI PRATO, CHE ONDEGGIANO AL VENTO 

E-Book, versione cartacea a colori e in bianco e nero, 182 pp, 271 note, 180 immagini (139 sono mie) 


 Versione cartacea a colori: https://www.amazon.it/dp/B0942FDTP5


 Versione cartacea in bianco e nero  https://www.amazon.it/dp/B0948JWTX2

SOMMARIO


1. PREMESSA 
Dal diario di viaggio 
La ricerca nelle isole 
2. INTRODUZIONE 
3. GEOGRAFIA, CLIMA, NATURA 
3.1 Flora 
3.2 Fauna 
4. STORIA 
4.1 Tra Mito e Storia: dalla Navigatio Sancti Brandano alle "Isole delle Pecore", all'età dei Vichinghi
4.2 Norvegesi, quindi dano-norvegesi 
4.3 Danesi 
4.4 In sintesi 
5. DEMOGRAFIA, ANTROPOLOGIA (FISICA) 
6. LINGUA E CULTURA DI UNA NAZIONE-COMUNITA’ 
La “scuola di vita” della roykstova 
Controllo sociale, alcoolismo 
7. ECONOMIA: IL PESCE, L'«ORO» DELLE FÆR ØER. UNA SOCIETÀ COSTRUITA SULLA PESCA 
7.1 Pesca e imbarcazioni 
7.2 Il grindadráp, la caccia comunitaria alle balene 
7.3 L'uccellagione: fygling, fleyging (e omanfleyg) 
7.4 Allevamento-Agricoltura
7.5 Il Turismo
8. IERI: LA GRANDE CRISI DEGLI ANNI '1990 
8.1 Si continua a pescare eccessivamente, senza fermo biologico 
8.2 L’imprinting vichingo, elemento costitutivo di una delle migliori marinerie atlantiche 
8.3. A livello individuale, comunitario e nazionale, i faroesi tentano di lasciarsi alle spalle il sofferto passato, ipotecando il futuro, con generalizzate richieste di prestiti e finanziamenti 
8.4 Un lungo periodo di austerity e di ricostruzione socio-economica 
9. OGGI: UNA RINASCITA SCANDITA DAL “VERDE” 
9.1 Economia, Trasporti, Infrastrutture, Turismo 
9.2 Un arcipelago totalmente “Green”. Ovvero, quando le negatività geo-climatiche faroesi diventano positive, grazie a Vento, Acqua, Maree, Correnti, Onde, Geotermia (e Sole) 
10. IL “PORTO DEL DIO TOR”, TÓRSHAVN, CAPITALE DELLE FÆR ØER 
Dal diario di viaggio 
10.1 Olavsøka, la festa di St. Olav : La sfilata popolare, il corteo delle autorità politiche e religiose, quello storico 
10.2 Il racconto di una dura ed eroica lotta per la sopravvivenza degli isolani nel Batasavnið, il Museo Marittimo faroese 
10.3 Norðurlandahúsið, la Casa Nordica 
11. IL CATTOLICESIMO NELLE ISOLE 
11.1 La visita a Kirkjubøur, il “campo della chiesa” 
Dal diario di viaggio 
11.2 Dalla riforma protestante, alla libertà di religione. La Mariukirkjan di Tórshavn 
12. UN’ESCURSIONE NELLE ISOLE DI STREYMOY ED EYSTUROY 
Dal diario di viaggio 
13. VÁGUR (LA "BAIA"), COMUNITÀ DI PESCATORI DELLA LONTANA ISOLA MERIDIONALE DI SUÐUROY
Dal diario di viaggio 
14. RITORNO A TOR E, POI, A COPENHAGEN 
Dal diario di viaggio 
15. APPENDICE 
15.1 Corsari e pirati nordafricani, francesi, inglesi, irlandesi 
15.2 L’isola che “non c’è”: la remota Mykines 
16. BIBLIOGRAFIA 
CARTE 



domenica 5 giugno 2022

26. VIAGGIO NELL'ELDORADO SCOZZESE DELLE SETTENTRIONALI ISOLE ORCADI

Mappamondo di Orosio

(da: Mappae Mundi Bd. Vi. " Mappe ricostruite",1898)


   “Al di là della Britannia, dove si apre l’oceano senza fine, si trovano le Orcadi” (Orosio, V secolo d.C.).

   “Le isole Orcadi e Shetland sono così poco conosciute che molte persone, di solito bene informate, pensano di trovarsi di fronte a una collezione di rocce o inabitabili o popolate da una razza di uomini quasi selvaggia, come le foche che giocano sulle spiagge, e con il cervello poco sviluppato; una razza con la quale il mondo civilizzato non ha punti in comune, che vive di pesci, si veste con pelli di foca, ignorante della civiltà, privata dell’educazione” (Anonimo, Half Hours in the Far North Life Amid Snow and Ice, ca. ante 1923).

La situazione “attuale” dei collegamenti navali e aerei, 2009

( CC, some rights reservedMikenorton)

Non potevo ricevere un miglior saluto di questo… Nonostante il clima fosse naturalmente rigido, adesso (ore 11,05) è infine rispuntato il sole, come mai l’avevo potuto vedere nelle Shetland. Tra l’altro non mi lascerà più fino alla mia prossima meta: le isole Orcadi. Il mio bimotore ad elica Hawkley-Sideley: volo British Airways BA 5751 decolla alle 13,20, in perfetto orario. Lasciandosi in coda la punta di Sumburgh Head. Senza farmi nuovamente preoccupare, come era avvenuto nell’atterraggio. Quando il tempo burrascoso e la prossimità della modesta pista alle acque oceaniche, unito al vivissimo ricordo di ciò che mi era stato “preannunciato” dai colleghi dell’Università inglese di Durham, da dove ero partito, per un attimo mi avevano fatto pensare ad un fatale errore del pilota...

   Dall'aereo immediata ebbi la percezione delle radicali differenze, che contraddistinguevano morfologicamente i due arcipelaghi. Se le Shetland erano montagnose, caratterizzate da un ambiente aspro e duro, dall’alto le Orcadi apparivano l'esatto contrario: terreni pianeggianti, paesaggi ondulati, colline dolci, senza evidenti spigolosità. Anche se le linee costiere delle isole erano altrettanto frastagliate e punteggiate da penisole, baie, profonde insenature, scogliere.  E tutto, ciò che allora osservai dal finestrino dell’aereo, sembrava distante anni luce perfino dalle "asperità" geomorfologiche tipiche della stessa terraferma scozzese.

   Ecco via via scorrere, come in un film, sotto e sulla destra del mio finestrino, le varie isole settentrionali delle Orcadi: Sanday, Westray, la dirimpettaia Papa Westray. Ecco Stronsay. Quindi, quando si vola sopra Shapinsay, le colline di Rousay anticipano l’isola principale dell’arcipelago, che anche qui, come nelle Shetland, non può che chiamarsi Mainland.

   Isola che, oltre al capoluogo Kirkwall, racchiude le diverse caratteristiche (storico-archeologiche, ambientali, etno-antropologiche) dell’arcipelago, che così vengono esaltate. Rappresentando un autentico Eldorado per gli archeologi, i naturalisti, gli studiosi dell’uomo, i visitatori.

   Qui vanno sapientemente a braccetto testimonianze di un passato, più o meno lontano, e attrattive naturalistiche, entrambe profuse a piene mani. Si è infatti calcolato come le zone archeologiche siano presenti nelle Orcadi in misura percentualmente superiore rispetto ad ogni altra regione della Gran Bretagna. D'altronde queste isole sono state definite il più grande "museo del mondo". Inoltre i siti risultano incastonati in un habitat dalle peculiarità straordinarie, che li rendono ancora più attraenti agli occhi dei visitatori.

Il ponte di Brodgar, Stenness, 1875,
di Walter Hugh Patton (1828-1895)
E' nei pressi del 
Cerchio megalitico di Brodgar - ca.2500-2000 a. C. -, tra i più grandi esistenti in Gran Bretagna. Come l’inglese Avebury del 2500 a.C., che anni dopo visiterò nel Wessex

   Qui troviamo Skara Brae, il villaggio neolitico meglio conservato d’Europa, risalente a ca. il 3100 a.C. Venne abbandonato, forse a causa dei cambiamenti climatici, intorno al 2500 a. C., ma anche le pressoché coeve Standing Stones di Stenness e il Circolo di Brodgar. E che dire della straordinaria tomba a camera di Maeshowe? Poi, passando dall’Età della Pietra a quella del Ferro, come nelle Shetland ecco i brochs, le torri di osservazione. A volte costruite all’interno di veri e propri insediamenti, come quello di Gurness.

   Nella tarda Età del Ferro le Orcadi costituiranno uno dei regni dei Pitti. Così, anche se nell’isolotto di Birsay, a nord-ovest di Mainland, c’è solo la replica di una loro importante stele, ho avuto comunque la possibilità di osservare attentamente quanto in essa riportato. Anche perché sappiamo ancora troppo poco di questo popolo. In seguito le isole saranno avvicinate dai missionari celti, quindi di lingua gaelica, così che numerosi toponimi isolani riportano il termine Papa.

   Infine, sul finire del VIII secolo, dalla Norvegia giungeranno i Vichinghi.

   Nonostante i rigori invernali e la latitudine settentrionale, l’arcipelago è considerato una meta ambita, non solo dai viaggiatori. Infatti, in base all’annuale survey dell’Halifax quality of life, sono anni che le Orcadi costituiscono il miglior luogo dove vivere nel Regno Unito: per i bei panorami, il basso crimine, la felicità degli abitanti, la bassa disoccupazione, i buoni risultati negli esami, le classi elementari poco numerose, i prezzi contenuti delle case.

(…) James Stockan, leader del Consiglio delle Isole Orcadi, ha dichiarato: "è molto piacevole che le Orcadi abbiano conquistato la corona per la migliore qualità di vita nel Regno Unito. Dipende non solo dal nostro ambiente, ma anche dalle persone, che qui vivono e che combinano il tradizionale senso di comunità con un atteggiamento lungimirante, autosufficiente, ambizioso (…) che rende questo un posto molto speciale in cui vivere e lavorare. Tuttavia, non siamo privi di sfide: le nostre peggiori giornate invernali, anche se tremendamente drammatiche, possono rivelarsi troppo per alcuni, con il vecchio consiglio che devi vivere un inverno qui, per sapere se le Orcadi sono fatte davvero per te” (Collinson, 2019).

Da: REMINISCENZE DI UN VIAGGIO NELL’ARCIPELAGO SCOZZESE DELLE ORCADI (E.Book, versione cartacea a colori e in bianco e nero, 178 pp, 188 note, 172 immagini, di cui 142 a colori)

Ecco il sommario:

1. PREFAZIONE 
2. INTRODUZIONE
L’arcipelago anche nel 2019 è il miglior luogo dove vivere nel Regno Unito

3. LINGUA
4. FOLKLORE
5. ECONOMIA
6. TRASPORTI E TURISMO
Il turismo, tra benessere economico e sostenibilità ambientale
7. CENNI STORICI
Il popolamento: dall’Età della pietra ai Vichinghi
Norvegesi, Dano-Norvegesi, Scozzesi
8. UN CAPITOLO INVERO SINGOLARE: LA “SCOPERTA” DELLE ORCADI DA PARTE DEGLI ESCHIMESI (INUIT) NEL XVII- XVIII SECOLO…
9. LA CACCIA ALLE STREGHE, XVI-XVIII SECOLO
Le streghe: ieri, un capitolo buio della storia delle Orcadi
Le streghe: oggi si rende giustizia alla memoria di donne e uomini incolpevoli
10. L’ISOLA DI MAINLAND
11.  MAINLAND: KIRKWALL, CAPOLUOGO DELL’ARCIPELAGO
La cattedrale di St Magnus, l’Earl’s Palace, il Bishop’s Palace, il Castello
La rivalità tra i Doonies del Burgh e gli Uppies del Laverock si estrinseca nel gioco del Ba’
12. MAINLAND: STROMNESS, AVAMPOSTO BRITANNICO DELLE GRANDI E AVVENTUROSE ESPLORAZIONI GEOGRAFICHE E TAPPA PER LE NAVI DELLA POTENTE COMPAGNIA DELLA BAIA DI HUDSON
Gli Orcadiani: pescatori, marinai, mastri d’ascia
La Compagnia della Baia di Hudson (Hudson’s Bay Company)
L’Ufficio di collocamento della Baia
Il ricordo di un funzionario della Baia
La caccia alle balene e la pesca delle aringhe
13. IL VIAGGIO DEL 1982
14. ALLA SCOPERTA DELLE TESTIMONIANZE STORICO-ARCHEOLOGICHE DELLA MAINLAND OCCIDENTALE
Il Broch di Gurness
L’isolotto abbandonato di Eynhallow, patria dei terribili Fin Folk 
L’Earl’s Palace di Birsay
Brough di Birsay
L’insediamento di Skara Brae
Il cambiamento climatico minaccia Skara Brae
Il Cerchio di Brodgar
Le Pietre Erette di Stenness
L’incredibile, graduale “perdita” del fossato, parte integrante della struttura di ogni henge, in un sito vecchio di oltre 5.000 anni, oltre tutto protetto dal 1999 dall’UNESCO
La tomba a camera di Maeshowe
15. IN NAVIGAZIONE TRA LE ISOLE SETTENTRIONALI
Sanday
Stronsay
Eday
Papa Westray (Papay)
Westray
Ritorno a Kirkwall
North Ronaldsay
16. LE ISOLE MERIDIONALI
Scapa Flow
Lamb Holm e la “Cappella italiana”
Burray
South Ronaldsay
Hoy
Frotte di "sub" si aggirano sul basso fondale marino di Scapa Flow, per osservare e fotografare i relitti di navi inglesi e tedesche
17. NAUFRAGI E AUTOAFFONDAMENTI
Le navi germaniche e britanniche di Scapa Flow
L’affondamento dell’Hampshire di Kitchener
Naufragi
18. CONTRABBANDIERI E PIRATI
Il pirata John Gow
Il contrabbando di birra e liquori
19. BIBLIOGRAFIA


 

 

 

 





 

 

sabato 28 maggio 2022

22. ULTIMA THULE. RICORDI DI UN VIAGGIO DI STUDIO INVERNALE NELLE ISOLE SHETLAND.

 

Up Helly Aa: brucia la lunga nave vichinga, 1973. Foto

 (Anne Burgess)

 A Lerwick, capoluogo delle isole Shetland, nella notte di ogni ultimo martedì di gennaio, squadre di guizers in costumi vichinghi e torce in mano, incendiano nel centro della città una replica di una "lunga nave”, con la prua dalla testa di drago.

Piteaaveva udito che essa è la più settentrionale delle isole britanniche, sei giorni più a nord della Britannia e vicina quasi un giorno soltanto dal “Mare Gelato” (…) in cui terra e mare e tutto galleggia (…) cosa che non può essere oltrepassata da uomini e navi (…) vi è terra abitabile fino alle “parti estreme intorno a Thule”.

   Pitea è il geografo, navigatore e astronomo greco di Marsiglia (allora Massilia) che, alla fine del IV secolo a.C., effettuò il suo celebre e avventuroso viaggio verso le terre boreali europee. Fino a giungere a quella che venne definita l’isola di Thule o Ultima Thule: “estrema regione abitata e abitabile, oltre la quale era dominio del mare, della nebbia, delle tempeste, dei ghiacci”. Secondo alcuni Thule sarebbe individuabile nelle isole Shetland. Secondo altri potrebbe essere la Norvegia o, perfino, l’Islanda. 

   Il grande Tolomeo nella sua Geografia del 150 d.C. propende per le isole Shetland, a nord della Scozia “e sulla terraferma della Eurasia, presso a poco alla stessa latitudine, i Monti Iperborei, dai quali scorrono le fonti del Volga (Rha)”. 

   Non so se questo arcipelago nordico sia la Thule, più o meno “Ultima”, dell’avventuroso greco. Senz’altro per me l’isola di Mainland rappresentò allora il punto più settentrionale toccato nella mia vita. Tanto più che il particolare aspetto geo-astronomico veniva immediatamente confermato, se ce ne fosse stato ancora bisogno, dal rigido clima invernale. Connotato da un gelo così intenso da penetrare nelle ossa. Spesso accompagnato da impressionanti raffiche di vento, capaci improvvisamente di sospingerti. Cosa invero preoccupante, specialmente quando andavo ad ammirare le splendide e imponenti scogliere dell’isola strapiombanti sul mare. Tanto da costringermi, precauzionalmente, ad osservarle dal ciglio, rimanendo accuratamente “ventre a terra”…

   E dire che l’anno appresso, a neanche nove mesi di distanza, avrei addirittura raggiunto il punto più vicino al Polo Magnetico. A Resolute Bay (Lat 74° 41’ N), nell’Alto Artico canadese, nel corso del mio survey antropologico tra gli eschimesi (Inuit). 

   Poi, venti anni dopo, nelle norvegesi isole artiche delle Svalbard in due occasioni avrei oltrepassato quella latitudine. Prima a Longyearbyen (LAT 78° 13’ N), il capoluogo. Successivamente a Ny-Ålesund (LAT 78° 55’ N), la storica “Baia del Re”, in occasione dell’inaugurazione della Base italiana Dirigibile Italia.

   Eppure nel 1982 potevo ritenermi più che soddisfatto per quello che, all’epoca, costituiva il mio record personale. Per la prima volta in vita mia io, che avevo effettuato ricerche sul campo solo nei paesi tropicali, potevo addirittura pensare di trovarmi ben più a nord, di quel che ero in realtà. Come i numerosi protagonisti delle avventurose spedizioni esplorative ed etno-antropologiche, che mi avevano così tanto affascinato da ragazzo.

   L’idea di realizzare questo libro, rendendolo disponibile ad una più ampia platea di lettori, rispetto a quelli che avevano avuto modo di leggere i miei articoli sull’argomento, pubblicati su riviste e giornali, è venuta guardando alcune puntate di: Shetland, una serie televisiva prodotta dall’ITV, per la BBC Scotland. Il cui protagonista era un detective della polizia di Lerwick che, ovviamente con successo, indagava sugli omicidi perpetrati nella Mainland, la principale isola dell’arcipelago. Tra l’altro era originario di Fair Island, l’isola più meridionale, a metà strada tra le Shetland e le Orcadi.

   Inaspettatamente ho provato una forte sensazione di nostalgia, osservando nuovamente sullo schermo quell’ambiente così completamente differente da quelli mediterranei. Quasi sempre caratterizzato da chiaroscuri di inusitata, seppur singolare, bellezza. Che si fanno presto da parte, dopo uno forte scroscio di pioggia, lasciando spazio a vividi colori, che paradossalmente fanno la loro comparsa, uno ad uno. I panorami maestosi, le gigantesche scogliere a picco sul mare, le nuvole basse, l’atmosfera decisamente subartica, mi hanno fatto tornare alla mente che quelle isole potevano realmente rappresentare, ca. 2.500 anni fa, l’ultima terra abitabile dell’ecumene. Perché, anche ad una latitudine del resto non eccessiva, avrei perfino potuto avere la fortuna di ammirare, alte nel cielo notturno, le sciabolettanti e fantasmagoriche aurore boreali dell’Ultima Thule

   Quel viaggio nordico, effettuato oltretutto in una stagione proibitiva (mese di dicembre), avrebbe rappresentato per me il primissimo approccio ad una realtà ecologico-culturale radicalmente diversa da tutte quelle che fino ad allora avevo conosciuto (Sudan, Kenya, Messico). Che l’anno appresso, con il mio survey tra sei comunità Inuit dell’Artico canadese, si sarebbe andata rafforzando. Poiché nel mitico Passaggio a Nord-Ovest mi sarei spinto ancora più a nord, a non moltissima distanza dal Polo Magnetico, come ho già accennato…

   Tra l’altro in quelle isole scozzesi l’ex africanista, quale io ero, avrebbe “incontrato” per la prima volta i Vichinghi. Un iniziale approccio, che si sarebbe dovuto consolidare in seguito. Poiché le Shetland inconsapevolmente rappresentarono la prima di numerose “tappe” del mio futuro peregrinare sulle tracce del cosiddetto movimento vichingo d’oltremare, che mi avrebbero condotto: ancora a sud-ovest (Orcadi, Scozia e Inghilterra nord-orientale, Ebridi Esterne, Fær Øer, Dublino), verso nord (Svalbard), verso ovest (Terranova, Islanda, Groenlandia, Labrador), verso sud (Normandia), verso est (Russia).

   Dal punto di vista fondativo delle comunità marittime, che avrei in seguito avvicinato, i “Vichinghi” hanno costituito solo uno dei diversi aspetti, anche se tra i più importanti e avventurosi, presenti nell’intero quadro. Grazie al quel viaggio di studio o, se volete, di reconnaissance, prima delle Shetland, poi delle meridionali Orcadi, sia pure involontariamente sarebbe stato gettato il primo seme di ciò che anni dopo si sarebbe trasformato nel mio Programma sulle Comunità Marittime dell’Atlantico Settentrionale.

   Comunità isolane che, anche se spazialmente assai distanti tra loro, esibiscono numerosi tratti in comune. Infatti, oltre alla presenza dei razziatori scandinavi, poi diventati pacifici coloni, quando si parla delle isole dell’Atlantico del nord non si può non accennare al loro isolamento geo-culturale, a volte anche linguistico (ad esempio: Fær Øer e Islanda). 

   Sempre dal punto di vista glottologico, le isole possono essere “dicotomizzate”, perché è possibile distinguere quelle di derivazione sostanzialmente celtico-gaelica, da quelle di lingua e cultura originariamente scandinavo-vichinghe. Inoltre va sottolineata la loro lontananza dalla madre patria. Quindi la difficoltà, o la totale assenza, dei collegamenti marittimi, specialmente in un passato, più o meno lontano. Il che spesso andava ad aggiungersi alla carenza o alla mancanza degli indispensabili rifornimenti, soprattutto alimentari (nella stagione invernale, ma anche in caso di ripetute e negative condizioni meteomarine). Capaci di provocare ricorrenti crisi esistenziali collettive. Tanto da rendere perfino impossibile la sopravvivenza. Così che, come extrema ratio, più volte si sarebbe ricorsi all’evacuazione dei loro abitanti. Come nel caso delle Ebridi Esterne (isola di Mingulay), o della ben più remota isola degli “uomini- uccello” di St Kilda. Oppure si è seriamente pensato di sgombrare tutti gli isolani (Islanda). (...)

   Naturalmente ho integrato e aggiornato i dati inseriti nel volume, in modo da offrire al lettore un quadro il più completo possibile della “situazione” dell’arcipelago al 2019. 

 Ho inoltre inserito nel libro una "tappa" nell'Inghilterra settentrionale: Durham [dove mi trovavo per una ricerca nei Sudan Archives dell'Oriental Library della locale Università. Da qui, via Aberdeen, avrei raggiunto le isole] e l'escursione nel Lake District - Lago Windermere -.  

Da: ULTIMA THULE. RICORDI DI UN VIAGGIO DI STUDIO INVERNALE NELLE ISOLE SHETLAND. E-book, e versione cartacea a colori (133 pp., 114 immagini, di cui 89 a colori) e in bianco e nero)



versione a colori: 
https://www.amazon.it/dp/1793119147
          versione in bianco e nero: https://www.amazon.it/dp/1094761575

SOMMARIO

PREFAZIONE   9

INTRODUZIONE   15

TAPPA NELL’INGHILTERRA SETTENTRIONALE: DURHAM E L’ESCURSIONE NEL  LAKE DISTRICT  19

Durham, “modello” di Geografia Urbana  19

Warkworth, Lindisfarne e Durham   20

Fondazione di Durham   23

Sir Walter Scott, le Shetland e Durham, 24

Dalle miniere di carbone ai colleges universitari 25

L’escursione nel Lake District 26

STORIA DELLE SHETLAND   31

I Pitti, i Brochs, Jarlshof 31

Jarlshof 31

Broch Clickhmin, Lerwick  35

Vichinghi, Norvegesi, Dano-Norvegesi, Scozzesi 38

Gli arcipelaghi delle Shetland e delle Orcadi offerti in garanzia alla Scozia  40

LA LINGUA, TRA INGLESE E NORN   41

Il Folklore  41

L’Up-Helly-Aa  41

LEGAMI CON LA NORVEGIA   45

L’ECONOMIA   47

Agricoltura  47

Allevamento  47

Pesca e Itticoltura  48

Petrolio  49

Turismo  50

NASCITA (CON PECCATO ORIGINALE) E SVILUPPO DI LERWICK   51

Il “peccato originale” di Lerwick: il contrabbando  58

La Storia dei Lodberries  61

L’ISOLA DI MAINLAND   63

Lerwick  65

Scalloway  66

Nel nord di Mainland: la Gallows Hill (la “Collina delle streghe”), Tingwall, Weisdale Voe, Esha Ness  69

Nel sud di Mainland  75

LE CRISI ESISTENZIALI COLLETTIVE   79

LE QUATTRO RIVOLUZIONI CULTURALI  83

PRIMA RIVOLUZIONE, 1886: il Crofters' Act 83

SECONDA RIVOLUZIONE, ‘1960: lana, maglieria, pesce refrigerato, artigianato d’argento  84

TERZA RIVOLUZIONE, 1971-1998: scoperta e sfruttamento di petrolio e gas  85

QUARTA RIVOLUZIONE, 1998-oggi: contrazione estrazione petrolifera, rinascita e sviluppo delle tradizionali attività economiche (crofting, allevamento, pesca, itticoltura), turismo  85

Petrolio, gas  85

Pesca e itticoltura  86

Coltivazione, allevamento, turismo  86

CONTRABBANDO E PIRATERIA NELL’ARCIPELAGO   87

I NAUFRAGI  91

In Scozia  91

Protezione dei relitti di importanza storica  92

Nelle Shetland  93

Le basi a terra dell’haaf: Walls e Stenness (Mainland) 96

Naufragi “importanti” e relitti tutelati dalla legge: XVII-XVIII secolo  99

Durante la Grande Guerra  101

Nella Seconda Guerra Mondiale  102

FAIR ISLE   103

1. Il naufragio di El Gran Grifón, 1588  105

2. Naufragi, 1868-1894  108

3. L’anno del disastro, 1897  109

L’antefatto  111

La tragedia ha inizio  111

La richiesta dei soccorsi 113

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE   115