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martedì 24 dicembre 2024

306. PAUL BELLONI DU CHAILLU (1835? -1903): L’ISPIRATORE DEL TOLKIEN DI HOBBIT E DEL "SIGNORE DEGLI ANELLI". Nell’Africa Equatoriale Francese alla ricerca dei gorilla; Di nuovo in Africa; Le sue storie sui pigmei e la "piccola gente" permeerà la cultura americana e, in futuro, avrà parecchi imitatori. DA: ALLA SCOPERTA DEL MONDO. VOL.2 AFRICA

 

Du Chaillu di fronte al suo primo gorilla (da: Explorations and adventures in Equatorial Africa, 1861, Bayerische Staatsbibliothek)

Cosa c'è nel libro:

INTRODUZIONE; 1. MA'AT-KA-RA HATSHEPSUT, 1501-1479 a. C. (Deir al-Bahri nei pressi di Luxor: una ricognizione delle pitture a rilievo che raccontano i viaggi degli antichi egizi ; Verso la Terra tropicale di Punt; Il “racconto” continua sulle mura di Deir al-Bahri); 2. LUCIO CORNELIO BALBO MINORE, ca. 55-ca. 13 a.C. (La spedizione punitiva contro i Garamanti nel Sahara); 3. LEO AFRICANUS (al-Hasan ben Muhammad el-Wazzân al-Fasi), 1494-1554 (Iniziano i viaggi; Catturato dai corsari cristiani; A Rodi e Roma; La Descrizione dell’Africa…); 4. RICHARD POCOCKE, 1704-1765 (Viaggio in Oriente, 1737-1742); 5. MUNGO PARK, 1771-1806 (Alla scoperta del fiume Niger, 1794-1797; La seconda spedizione sul fiume Niger, 1805-1806); 6. FRIEDRICH KONRAD HORNEMANN, 1772-1801 (Nel Sahara, 1798-1801); 7. RENÉ CAILLÉ, 1800-1838 (Verso Timbuctú, 1827-1828); 8. IPPOLITO ROSELLINI, 1800-1843 (In Egitto con Champollion, 1828-29; L’arrivo ad Abu Simbel, 1828); 9. HEINRICH BARTH, 1821-1865 (Spagna, Maghreb, Libia, Egitto, Palestina, Asia Minore, Grecia; Nel Sahara, 1850-55; La rivalutazione della storia e delle culture dell’Africa); 10. AUGUSTE MARIETTE, 1821-1881 (In Egitto tra gli antichi papiri egizi, 1850; La scoperta del Serapeum); 11. JOHN HANNING SPEKE, 1827-1864 (Con Burton alla scoperta delle sorgenti del Nilo: i laghi Tanganyika e Vittoria; Con Grant di nuovo al lago Vittoria, scopre infine la sorgente del Nilo); 12. CARLO PIAGGIA, 1827-1882 (Tunisia, Egitto e Sudan; In Sudan, tra i “famigerati” cannibali Niam Niam; Tra Eritrea, Etiopia e Sudan; Ancora in Sudan); 13. PAUL BELLONI DU CHAILLU, 1835? -1903 (Nell’Africa Equatoriale Francese alla ricerca dei gorilla, 1855-59; Di nuovo in Africa, 1863-65; Scandinavia, Danimarca, Finlandia, Russia); 14. HENRY MORTON STANLEY, 1841-1904 (Combattente nella Guerra civile americana; giornalista nel West; corrispondente di guerra in Abissinia; Il “binomio” Livingstone-Stanley; “Ma trovate Livingstone”! Una traversata est-ovest del Continente Nero lunga 8.000 km; Si parte da Zanzibar; In Congo al servizio del re del Belgio, 1879-188; 2.400 chilometri per soccorrere Emin Pasha: Zanzibar, Congo, Ruwenzori, lago Alberto, 1887-1889); 15. PIETRO SAVORGNAN DI BRAZZA', 1852-1905 (In Gabon e, poi, la risalita del fiume Ogooué; Ancora sull’Ogooué; L’incontro con Stanley; La Missione nell'Occidente Africano; Commissario Generale di Gabon e Congo); 16. SIR WILLIAM MATTHEW FLINDERS PETRIE, 1853-1942 (Prima Stonehenge, poi Giza, in Egitto; Egitto, Grecia e Palestina); 17. SIR E. A. WALLIS BUDGE, 1857-1934 (Egitto, Sudan e Iraq); 18. HARRY HAMILTON JOHNSTON, 1858-1927 (Nord Africa, Africa occidentale portoghese, Congo, Tanzania, 1879-1884; Camerun, Protettorato della Costa del Niger, Mozambico, spedizione ai laghi Nyasa e Tanganyika (e Protettorato dell'Africa Centrale Britannica), Reggenza di Tunisi, Special Commissioner del Protettorato dell'Uganda, 1885-1901; Nelle giungle del Congo scopre l'Okapi Johnstoni, metà giraffa, metà zebra; L’Okapi ); 19. JEAN-BAPTISTE MARCHAND, 1863-1934 (La Mission Congo-Nil giunge a Fashoda, sul Nilo Bianco (Sudan); La visita di Fashoda nel corso della mia seconda sessione di ricerca antropologica sul campo a Malakal); 20. JAMES BREASTED, 1865-1935 (La spedizione epigrafica in Egitto e Sudan del 1905-07; Primo survey archeologico di Egitto e Asia occidentale, 1919-20; Spedizioni in Palestina e Turchia, 1925); 21. ISABELLE EBERHARDT, 1877-1904. Tra Maghreb, Svizzera, Francia e Italia, 1897-1899; In Algeria, 1900-1904; 22. LÁSZLÓ ALMÁSY, 1895-1951 (Tra Egitto e Sudan,1926-1927; la traversata Kenya-Sudan, 1929; Nell’Egitto sudoccidentale alla ricerca di Zerzura, la favolosa “oasi delle tre valli”, 1930…; Le spedizioni continuano, 1932-33, 1934-35; Attraverso il Grande Mare di Sabbia, 1935; L’incredibile operazione Salaam per conto dell’Afrika Korps di Rommel ). 22.1. LA SCOMPARSA DELL’ARMATA DI CAMBISE NEL DESERTO LIBICO: LEGGENDA O REALTA’?; 23. THÉODORE MONOD, 1902-2000 (Mauritania e Sahara occidentale, 1922, 1927-28; Sahara, 1929-1964); 24. LOUIS LEAKEY, 1903-1972 (Le spedizioni paleontologiche in Africa, 1923, 1926-35; La scoperta dello Zinjanthropus boisei, Tanzania, 1959 ); 25. ROGER FRISON-ROCHE, 1906-1999 (Alpi Savoiarde; Sahara; Ancora nel Sahara, 1948 e 1950; in Lapponia, 1956; Spedizione Berliet Ténéré-Ciad, 1959-1960; Artico canadese, 1966, 1969; Sahara, 1975)  BIBLIOGRAFIA

PAUL BELLONI DU CHAILLU, 1835? -1903 

 "A malapena si può trovare negli Stati Uniti una persona che, vissuta tra il 1867 e il 1910, non conosca Paul. 

I suoi libri per la gioventù erano così popolari che i ragazzi di lingua inglese di tutto il mondo potevano recitare a memoria lunghi brani".

(...) Anche il suo inserimento tra I Grandi Esploratori, da parte di Marcel Griaule (1956), il grande etnologo francese, che ha fatto conoscere al mondo il popolo africano dei Dogon, con la loro straordinaria cosmogonia, doveva pur significare qualcosa. 

Anche se per me quello era sempre stato solo un cognome dalle indubbie assonanze italo-francesi. 

 Soprattutto perché le regioni esplorate (...) erano ben distanti da quelle che conosco. 

Eppure l'uomo ha più di una "freccia al suo arco". 

A cominciare dalla nascita, tuttora avvolta - per la seconda volta - nelle brume del mistero. 

Continuando con le sue "scoperte" di gorilla e pigmei africani. 

Noti fin dall'antichità (...) furono entrambi "riportati alla luce" proprio dalle attività esplorative dell'americano (...). 

L'oblio è perciò il filo conduttore, che lega indissolubilmente esploratore e "scoperte"... 

 In effetti il mistero sulla nascita di Du Chaillu in qualche modo fu svelato dopo la sua morte. 

Il personaggio era ormai così famoso da spingere la gente (...) a saperne di più. 

Invano si spulciarono i registri anagrafici a Parigi e New York, o si ascoltarono senza successo numerose persone. 

Non si incontrò nessuno che lo avesse conosciuto prima... 

Oggi, come allora, il mistero sembra aver nuovamente avviluppato Du Chaillu. 

Poiché le "coordinate" relative alla sua nascita sono sempre le più diverse (...). 

Per l'anno si è maggiormente concordi sul 1835. 

Perché tanto mistero? 

Perché quelli erano i tempi della Capanna dello Zio Tom (...). 

Dopo essere diventato famoso in mezzo mondo, non era quindi il caso di far sapere di avere avuto una madre mulatta... 

 Figlio di un commerciante francese, Paul Belloni Du Chaillu è educato a Parigi. 

Ancora adolescente, torna in Africa per continuare a commerciare con le popolazioni rivierasche del Gabon, come aveva fatto il padre.

 La perdita della piroga (...), la fuga dei suoi uomini, un quasi annegamento lo costringono a rifugiarsi in una vicina missione americana. 

Dove ottiene informazioni così interessanti sugli Stati Uniti, che si convince ad andare a New York (1852). 

Diventerà in seguito cittadino americano. 

 Un'idea è ben stampata nella sua mente: vuole a tutti i costi diventare uno scrittore. 

Conosce l'Africa, parla diverse lingue locali. 

Ritiene di essere in grado di raccontare cose interessanti, come quelle sui gorilla. 

 Non li ha mai visti (...), ma più volte ha sentito i racconti degli africani. 

Le persone con cui entra in contatto dimostrano molto interesse.

(...) Testardamente continua a prepararsi per l'Africa. 

 (...) Alla fine organizza una propria spedizione scientifica, con l'intento di raccogliere reperti per i musei di Boston e Filadelfia. 

 Nell’Africa Equatoriale Francese alla ricerca dei gorilla, 1855-59 

 Dopo solo tre anni che è negli USA, eccolo nuovamente nell'Africa equatoriale. 

Impegnato in una missione, che durerà quattro anni (...) 

Mano a mano che si inoltra verso l'ignoto, va incontro a numerose avventure. 

(...) L'obiettivo principale è (...) quello di trovare i gorilla. 

Mai visti dai bianchi, per i quali i più grandi esemplari di scimmie antropomorfe sono orang gutang e scimpanzé. 

(...) Nonostante (...) la presenza in alcuni musei di due scheletri (...) di gorilla. 

Il tutto si aggiungeva al fatto che i racconti sui giganteschi animali (...) erano i più incredibilmente terribili e strani. 

 (...) Ecco, infine, il tanto sospirato incontro ravvicinato: il gorilla è là, di fronte alla sua spedizione, in posizione eretta, con i denti che digrignano da far paura, le zampe che battono forti sul petto a mo' di tamburo, l'enorme bocca che emette versi sinistri. 

Improvvisamente avanza rapido verso la colonna e... la morte. 

È abbattuto a fucilate. 

Subito è scuoiato e mangiato dagli uomini affamati (...)

Alla fine, oltre al cranio e alla pelle del gorilla, si raccolgono numerosi esemplari di uccelli e (...). 

I risultati della missione (...) si dimostrano conflittuali con le teorie allora imperanti, tanto da suscitare diatribe a non finire. 

 Perché, dopotutto, "animali del genere non esistono"! 

Solo un gorilla vivo può convincere gli scettici connazionali. 

Invece, da subito, i magnetici racconti delle sue molteplici avventure diventeranno popolari tra il grande pubblico. 

Inoltre, contrariamente agli Stati Uniti, la Gran Bretagna ha nei suoi confronti una posizione antipodale: è invitato a Londra con tutti gli onori, ospite della Royal Geographical Society (...)

Una mano la darà anche il celebre Sir Richard Burton, che fermamente crede invece nel Du Chaillu. 

 Di nuovo in Africa, 1863-65 

 Intanto il franco-americano giorno dopo giorno diventa sempre più famoso. 

Vuole tornare in Africa per catturare un gorilla vivo. 

(...) la seconda spedizione (1863-65) non può che confermare i risultati della prima. 

Cattura anche una femmina di gorilla, con il piccolo, ma non arriveranno vivi in Inghilterra. 

Accumula comunque numerosi crani di africani (sic) e di gorilla, per provarne empiricamente la diversità. 

Infine riporta dati e informazioni sull'esistenza dei pigmei delle foreste (...). 

Le sue storie sui pigmei e la "piccola gente" permeerà la cultura americana e, in futuro, avrà parecchi imitatori, tra cui il Tolkien di Hobbit e del Signore degli Anelli.  

Riuscirà anche a permeare l'intera cultura americana con la creazione di una serie di storie sui pigmei e la "piccola gente". 

Che in futuro avranno numerosi imitatori, come il Tolkien di Hobbit e del Signore degli Anelli. 

 Grande scalpore ha la conferenza che tiene nella sede della Reale Società, dove sono riuniti i più grandi scienziati di mezza Europa (...). 

Scandinavia, Danimarca, Finlandia, Russia 

 Dopo l'Africa, come diversi noti esploratori ed etnologi hanno fatto, prima (...) di lui, i suoi interessi sono attratti verso il Grande Nord europeo e il mondo dei Vichinghi (...)

DA: ALLA SCOPERTA DEL MONDO. VOL.2 AFRICA
Archeologi, Esploratori, Grandi Viaggiatori, Geologi, Naturalisti, Paletnologi
E-Book e versione cartacea in bianco e nero di grandi dimensioni (16,99 x 1,17 x 24,41), 224 pp., 109 note,  bibliografia, 179 immagini (20 sono dell'A.) 




giovedì 17 ottobre 2024

243. Sulle tracce del MOVIMENTO VICHINGO D'OLTREMARE, ecco i tesori e i raffinati manufatti conservati dal Settecento presso il “MUSEO NAZIONALE DI ARCHEOLOGIA E STORIA” di DUBLINO. Da: DALLA VICHINGA DUBH LINN ALLA GAELICA BHAILE ÁTHA CLIATH. “PASSEGGIANDO” PER DUBLINO, E OLTRE…

 

Particolare della parte inferiore della Croce di Cong, Contea di Mayo, 1123 d.C. L’intera croce è alta 75 cm
(da Margaret Stokes, Notes on the Cross of Cong, 1895)

Cosa c'è nel libro: 

Premessa; Introduzione; L’eleganza di uno sviluppo urbanistico inaugurato nel XVIII secolo: a nord e a sud-est del fiume Liffey; 
Alla ricerca di testimonianze storiche e religiose a Sud-Ovest di Dublino: per le vie di Temple Bar, dove antichi vicoli evocano atmosfere del passato, mentre bunker in cemento occultano scoperte archeologiche; Dal 1170 al 1540 un avvincente viaggio nei secoli attraverso la vita della gente comune: visitando Dublinia, il Museo della Storia Urbana; Sulle tracce del movimento vichingo d’oltremare, ecco i tesori e i raffinati manufatti conservati dal Settecento presso il “Museo Nazionale di Archeologia e Storia”;  Visitando il Coláiste Na Tríonóide, Baile Átha Cliath, il Trinity College di Dublino: tradizioni intatte da secoli e un notevole patrimonio librario per una vera fucina di uomini di sapere;  Ammirando nel Trinity College il Libro di Kells, capolavoro artistico irlandese di tutti i tempi; Un’incursione nel fascinoso mondo della musica e della danza irlandese;  La Jeanie Johnston, veliero ormeggiato al Custom House Quay, simbolo di un tragico e sofferto capitolo della storia irlandese: la “Grande Carestia” del 1845-49; In viaggio da Dublino a Kingstown (oggi Dún Laoghaire) sul primo treno del paese inaugurato alla fine di ottobre del 1834;  Immersi in un’atmosfera d’altri tempi, visitiamo la cittadina e il porto di Dún Laoghaire, l’accogliente “riviera irlandese” sul lato meridionale della baia di Dublino;  Bibliografia Essenziale   
...

Sulle tracce del movimento vichingo d’oltremare, ecco i tesori e i raffinati manufatti conservati dal Settecento presso il “Museo Nazionale di Archeologia e Storia” 

Da anni l’Irlanda rappresentava uno dei tasselli ancora mancanti alle mie pluriennali e lunghe peregrinazioni sulle tracce del movimento vichingo d’oltremare. 

Dopo essere salpati dalla Scozia e aver saccheggiato il monastero di san Colomba (...) nell’isola di Iona, i Vichinghi avevano infatti attaccato nel 795 la costa orientale irlandese. 

 Nell’isola sarebbero dovuti restare oltre due secoli. 

Trascorsi non solo a razziare conventi e villaggi. 

Poiché avrebbero fondato diverse città, tra cui Dublino, all’inizio solo un riparo fortificato per le navi (...). 

 A metà del IX secolo Dublino era già uno scalo importante, proiettato anche verso terre lontane. 

Accanto all’ambra del Baltico e al carbone-lignite della Manica, riceveva sete d’oriente, trichechi dell’artico, schiavi e grandi quantità d’argento. 

In Irlanda sono stati ritrovati ben 150 ammassi-tesori d’argento e d’oro (...). 

 (...) Dopo la sconfitta di Clontarf (1014), molti norreni sarebbero rimasti.

 Accasandosi. 

Convertendosi al cristianesimo.

Lottando con i Celti contro gli invasori Normanni. 

Una presenza le cui numerose “tracce” sono visibili nel Museo Nazionale di Archeologia e Storia di Dublino (...)

 Qui, oltre agli innumerevoli reperti vichinghi, possiamo ammirare anche autentici tesori. 

Non solo perché realizzati con metalli preziosi. 

Come quelli esposti nelle due sale al piano terra, che parlano chiaro: Ór, l’oro irlandese, il Tesoro... 

L’idea di salvaguardare le antichità risale agli anni ‘1730, quando l’ormai svanito “Ordine Gaelico” fu rimpiazzato da uno Dublino-centrico, anglo-irlandese, illuminato e protestante, che tentò di recuperare le abbondanti testimonianze del passato. 

Servendosi di antiquari, collezionisti, archeologi e società scientifiche. 

(...) Infatti specialmente gli ammassi furono individuati arando.

 Costruendo ferrovie. 

Tagliando la torba. 

E saranno proprio le torbiere (...) a celare per secoli e millenni numerosi oggetti! 

(...)  La Royal Irish Academy aveva costruito la raccolta attorno ad un nucleo iniziale composto dalla Croce di Cong, donata nel 1839, e da due girocolli d’oro di Tara (...) 

Solo nel 1874 si aggiunse l’ammasso con il Calice di eccezionale fattura di Ardagh. 

 (...) La mostra permanente è disposta su sette sale: quattro al piano terra (Irlanda preistorica: dall’Età della Pietra alla Media Età del Bronzo; “Ór” l’oro irlandese; Il Tesoro; Verso l’indipendenza), tre a quello superiore (Irlanda Vichinga e Medievale; Antico Egitto). 

 Poiché ho già visitato Dublinia (periodo normanno e medievale), la quantità e la qualità dei reperti esposti, che spaziano dal 7000 a.C. al 1550 d.C., mi suggeriscono di concentrare tutta la mia attenzione sui reperti vichinghi, oltre che sugli splendidi “capolavori” in oro e argento. 

 Dopo aver oltrepassato l’ingresso, mi ritrovo a camminare sopra un moderno pavimento musivo, all’interno di un’ampia sala centrale aperta, dove ho solo l’imbarazzo della scelta… 

In effetti non so bene dove volgere lo sguardo e davanti a quale luccicante vetrina soffermarmi. 

Emozionato, stupito e del tutto affascinato di fronte a quei superbi oggetti… 

Perché questa è indubbiamente la carte de visite del Museo.

 Ospitando l’“Ór”, l’oro irlandese, tra le più grandi collezioni del genere in Europa. 

Qui sono esposti gli oggetti dell’Età del Bronzo risalenti al 2300-600 a.C. (...) 

Un’epoca soprattutto caratterizzata dalle lunule, collane a forma di crescenti. 

(...) Alcune di loro sono proprio qui: Rossmore Park, Trillick, Killarney, Ballinagroun, assieme alla gorgiera di Gleninsheen (700 a.C.), splendidamente lavorata in rilievo con la tecnica a sbalzo e motivo a corda cesellato con un coltello sul davanti. 

 Poco dopo, l’ammirazione per questo straordinario “passato” irlandese tenderà a prolungarsi allorché entro nella sala di destra, che accoglie le due collezioni del Tesoro. 

La prima comprende Età Bronzo e del Ferro. 

 Ecco un magnifico collare d’oro, un piccolo modello di imbarcazione in fogli d’oro, bracciali e un minuscolo vassoio ritrovati nell’ammasso di Broighter (I secolo a.C.), nei pressi di Lough Foyle. 

Il modello, completo di albero, scalmi, remi, timone e sedili, forse era dedicato alla dea del mare Manannán Mac Lir

L’originale poteva affrontare l’oceano ed era in legno, anziché in pelli, come il tradizionale curragh irlandese. 

Devo fare un salto di quasi un millennio se voglio inoltrarmi nello splendore degli inestimabili capolavori della sezione medievale, come il calice previchingo di Ardagh (VIII secolo). 

(...) fu ritrovato nel 1868. 

 È composto da 350 pezzi realizzati con una tecnica presa in prestito dai lavori lignei (...), per non fondere un oggetto complesso in un unico pezzo. 

Ha una banda ornamentale circolare, una serie di borchie decorative e medaglioni ispirati ai calici bizantini in vetro e pietre semi preziose esposti nel Tesoro della Cattedrale di san Marco a Venezia. 

Là giunti da Costantinopoli con le crociate. 

Al di sotto si leggono i nomi degli apostoli Giacomo e Taddeo. 

Altro splendido reperto è la Fibula ad anello di Tara (inizio VIII secolo). 

 È in filigrana d’oro, ha smalti e ambra. 

(...) È contraddistinta da una straripante, quasi barocca, ricchezza dei particolari. 

Nonostante le minuscole proporzioni, indubbiamente racchiude la summa delle conoscenze dei gioiellieri dell’epoca! 

Ogni sua infinitesima parte è infatti ricoperta da ornamenti, compreso interno ed estremità dell’anello… 

(..) l’associazione con Tara, focus politico e spirituale dell’Irlanda celtica e sede, fino all’XI secolo, del re supremo, fu solo la trovata pubblicitaria di una gioielleria di Dublino (...), per incrementarne il valore… 

Ecco ancora un altro calice, una spilla e la pastorale di Clonmacnoise (XI secolo) e, in fondo alla galleria, gli eccezionali costumi (...) e tessuti ottimamente conservatisi nelle torbiere. 

(...) Al piano superiore le quattro sezioni dell’Irlanda Vichinga. 

Armi e oggetti delle tombe di Islandbridge e Kilmainham sono nella prima sezione, agricoltura e allevamento nella seconda, mentre la Dublino vichinga è nella terza. 

Devo perciò arrivare fino alla quarta, che illustra la Chiesa di questo periodo, se voglio ammirare la tanto “sospirata” Croce di Cong

 Risale al XII secolo e rappresenta l’apice artistico delle opere religiose in metallo. 

 (...) La Croce di Cong fu creata nel 1123 (...) per contenere una reliquia della Croce (...).

 Lunga 75 cm, è in bronzo dorato, ha fili d’argento, borchie in cristallo, smalto ed è una delle più raffinate opere del primo periodo cristiano. 

La croce, realizzata quando i Vichinghi da molto tempo erano stati sconfitti, è in questa sala in quanto straordinario prodotto finale di un’acculturazione d’origine nordica. 

Come attestano chiaramente i suoi motivi zoomorfi intrecciantisi con i serpenti, uguali a quelli da me ammirati nella stavkirke (chiesa in legno) di Gol del 1200, nel Museo del Folklore Norvegese di Oslo...

Da: DALLA VICHINGA DUBH LINN ALLA GAELICA BHAILE ÁTHA CLIATH. “PASSEGGIANDO” PER DUBLINO, E OLTRE…

(E-Book, versione cartacea a colori (I e II ediz.) e in bianco e nero, 131 pp, 49 note, 104 immagini - 64 sono dell'A. -)



Versione cartacea a colori I ediz.:  https://www.amazon.it/dp/1520911823

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sabato 29 giugno 2024

158. ADATTAMENTI CULTURALI (TECNOLOGICI, ECONOMICI, DEMOGRAFICI) E FISIOLOGICI ALL’ARTICO: UNA PREMESSA AI POPOLI CIRCUMPOLARI. Da: QUI BASE ARTICA DIRIGIBILE ITALIA, SVALBARD. DALLA TERRA DEGLI ORSI POLARI UNA RASSEGNA E UN INVENTARIO CULTURALE DEI POPOLI DEL GRANDE NORD

 

“Unangan [Aleuta] su un “quajaq”  [in realtà è una baidarka, simile ai kayak degli Inuit] al largo dell’Isola di Saint Paul”, Alaska (Louis Choris, artista ucraino, membro della nave russa, che nel 1815-18 effettuò un’esplorazione del Nord America)

I popoli che vivono nell'Artico, a parte le singole differenziazioni, i particolari ritmi di vita e gli "unici" percorsi esistenziali, presentano di sfondo una sorprendente omogeneità. In toto possiamo, quindi, parlare di un ben definito cluster culturale, quello dei popoli artici, appunto.

Il particolare ambiente, le sue specifiche caratteristiche di rigidità geo-climatica, fanno sì che essi abbiano adattato le proprie società e culture all'ambiente, trovando soluzioni tecnologiche, modi di sussistenza, economie, dimore e costumi tra loro paragonabili.

[La cultura circumpolare]

Tanto che il Sami [Lappone] Hætta parla di "cultura circumpolare". Sembra che questa appaia come una sorta di "determinismo ambientale", pressoché la sola a sfuggire ad un’antropogeografia fin de siècle e superata da fatti e verifiche sul campo.

La base di queste culture, ripeto, ha adottato, non solo sistemi ergologici e di sopravvivenza (basati su caccia, pesca, e in Eurasia, allevamento delle renne), ma anche meccanismi di controllo, che tendono a proteggere e a conservare l'unità e la coesione del gruppo, sia a livello famigliare, che collettivo.

Quindi coesione sociale e cooperazione economica, con distribuzione del cibo e del lavoro in misura egualitaria tra tutti.

[Controllo demografico]

E presenza coeva di tratti ed elementi culturali, che ad un osservatore esterno, quale può essere un occidentale, possono risultare particolari, "strani", o terribili, come tra gli Inuit (Eschimesi).

Quando, specialmente nel passato, ma ancora oggi, avveniva lo scambio o l'imprestito d'amicizia delle mogli (si è sempre teso a favorire la maggiore fertilità possibile, anche uscendo dal proprio modesto gruppo endogeno).

Gli eschimesi infatti accettavano che ogni uomo che viaggiasse solo venisse, non solo bene accolto nell'accampamento, ma che potesse avere relazioni sessuali con una donna del gruppo.

 Oppure l'infanticidio delle femmine, l'abbandono di vecchi e di malati, per non minare la sopravvivenza presente e futura dell'intera banda.

[Popoli paleo o neo siberiani]

 C'è ancora da aggiungere come, a parte i Sami, i Lapponi, ci troviamo di fronte, dall'Eurasia all'America, anche ad un'omogeneità razziale: popoli paleo o neo siberiani.

Ecco quindi che le famiglie linguistiche dei popoli boreali e circumartici, che abitano le immense distese a tundra o a taiga del Grande Nord, possono raggrupparsi in tre grandi entità: a) paleoasiatiche (Paleosiberiane: Ciukci, Coriachi, Iucaghiri); b) uralo-altaiche (Sami -Lapponi -, Samoiedi, Jacuti, Tungusi, e altri gruppi neo-siberiani); c) eschimesi (Inuit) e Aleute.

[I Vichinghi e il cambiamento climatico nell’Artico]

Le rigide condizioni climatiche dell'area circumpolare hanno inoltre impedito ai popoli bianchi e alla loro cultura massificante di penetrare a fondo nell'Artide. Ancora oggi! L'unico esempio storico che mi viene subito in mente è relativo ai due insediamenti Vichinghi nella Groenlandia meridionale, che non sarebbero sopravvissuti al brusco deteriorarsi del clima.

Anche perché si trovarono in improvvisa e violenta collisione con gli Inuit, che si erano portati giocoforza verso sud e, perciò, nello stesso territorio abitato dagli europei, con le drammatiche conseguenze che si possono immaginare!

[La Piccola Era Glaciale e l’Islanda]

Ricordo, ancora, come la popolazione della stessa Islanda durante la Piccola Era Glaciale (tra il 1400 e il 1850) si dimezzò.  

[Adattamenti fisiologici]

D'altra parte studi bio-antropologici ci rivelano che, come è avvenuto nel tempo per altri gruppi umani (per esempio tra alcuni popoli andini), si siano verificati adattamenti fisiologici dei popoli del ceppo mongoli alle condizioni artiche.

Accumulando depositi di grasso in quelle "parti del corpo che sono abitualmente esposte al freddo, come le guance, le palpebre, le mani e i piedi.

Tra i Lapponi, che sono di statura più bassa e più snelli, “le vene delle braccia e delle gambe scorrono vicinissime le une alle altre, in modo che il calore possa circolare rapidamente e facilmente dal sangue arterioso caldo al sangue venoso freddo".

[I Sami (Lapponi) e l’allevamento delle renne]

 Quest’ultimo popolo è quello che meglio ha resistito alla cultura occidentale. Unico, tra tutti i popoli artici, a modificare radicalmente, e da solo, nel XVI secolo, la base della propria cultura.

Passando da un'economia di caccia ad una incentrata sull'allevamento della renna.

 Lapponi (Sami), ca. 1900

Gli eschimesi [Inuit] costituiscono, invece, il popolo più conosciuto, anche dal grosso pubblico, mentre quelle meno studiate e note sono le etnie siberiane.

[L’aspetto demografico]

 Si impone a questo punto una breve panoramica etno-demografica dei popoli circumartici autoctoni.

Complessivamente la loro consistenza si aggira su oltre due milioni di individui.

Komi e Jacuti da soli assommano a oltre 1.000.000. Più piccoli sono gli altri popoli. Tutti insieme non arrivavano a toccare nel 1993 le 100.000 unità. Oggi sono invece circa 323.000. Ad essi vanno aggiunti 130.000 Inuit (Eschimesi) [Groenlandesi compresi], 87.000 Sami (Lapponi), 10-60.000 Kvens, 70.000 Careli.

 A queste cifre si dovrebbero ancora sommare anche quelle relative ai Popoli Indiani delle foreste settentrionali (ca. 390.000).

Se, infine, includiamo anche le popolazioni non autoctone, secondo l’AHDR (Arctic Human Development Report), la cifra per gli otto stati (Canada, Stati Uniti, Russia, Finlandia, Svezia, Norvegia, Islanda e Danimarca - Groenlandia) va raddoppiata, raggiungendo i 4.000.000 di individui.

[Il paragrafo 3.2 ("I popoli circumpolari") include 11 riferimenti bibliografici e 10 note]

Da: QUI BASE ARTICA DIRIGIBILE ITALIA, SVALBARD. DALLA TERRA DEGLI ORSI POLARI UNA RASSEGNA E UN INVENTARIO CULTURALE DEI POPOLI DEL GRANDE NORD

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lunedì 3 luglio 2023

101. A proposito del primo episodio della serie Shetland (trasmesso nuovamente ieri in televisione), dello storico Shetland Bus, del vichingo Up-Helly-Aa e dei miei libri, in italiano e inglese, sull'arcipelago

 

Fotogramma di un episodio (Copyright BBC Scotland)

Ieri sera non potevo non rivedere il primo episodio della serie Shetland. 

Perchè l’idea di realizzare i libri in italiano e, poi, in lingua inglese su queste magnifiche isole nordiche scozzesi, mi è venuta proprio guardando alcune puntate di questa serie televisiva [tratta dai romanzi di Ann Cleves e adattata per la televisione da David Kane] prodotta dall’ITV, per la BBC Scotland. Arrivata in Italia per la prima volta nel 2018. 

Il cui protagonista è un detective della polizia di Lerwick che, ovviamente con successo, indaga sugli omicidi perpetrati nella Mainland, la principale isola dell’arcipelago. 

Tra l’altro il detective Perez è originario di Fair Island, l’isola più meridionale dell'arcipelago, a metà strada tra le Shetland e le Orcadi.

Douglas Henshall (detective Jimmy Perez) e Ann Cleeves (autrice dei romanzi) al Bloody Scotland International Crime Writing Festival, 2017, 9 September 2017 (Some rights reserved, TimDuncan)

Inaspettatamente avevo provato una forte sensazione di nostalgia, osservando nuovamente sullo schermo quell’ambiente così completamente differente da quelli mediterranei. 

Quasi sempre caratterizzato da chiaroscuri di inusitata, seppur singolare, bellezza. 

Che si fanno presto da parte, dopo uno forte scroscio di pioggia, lasciando spazio a vividi colori, che paradossalmente fanno la loro comparsa, uno ad uno. 

I panorami maestosi, le gigantesche scogliere a picco sul mare, le nuvole basse, l’atmosfera decisamente subartica, mi avevano fatto tornare alla mente che quelle isole potevano realmente rappresentare, ca. 2.500 anni fa, l’ultima terra abitabile dell’ecumene. 

Perché, anche ad una latitudine del resto non eccessiva, avrei perfino potuto avere la fortuna di ammirare, alte nel cielo notturno, le sciabolettanti e fantasmagoriche aurore boreali dell’Ultima Thule

Quel viaggio nordico, effettuato oltretutto in una stagione proibitiva (mese di dicembre), avrebbe rappresentato per me il primissimo approccio ad una realtà ecologico-culturale radicalmente diversa da tutte quelle che fino ad allora avevo conosciuto (Sudan, Kenya, Messico). 
Che l’anno appresso, con la mia ricerca tra sei comunità Inuit dell’Artico canadese, si sarebbe andata rafforzando. 

Poiché nel mitico Passaggio a Nord-Ovest mi sarei spinto ancora più a nord, a non moltissima distanza dal Polo Magnetico…

Tra l’altro in quelle isole scozzesi l’ex africanista, quale io ero, avrebbe “incontrato” per la prima volta i Vichinghi. 

Un iniziale approccio, che si sarebbe dovuto consolidare in seguito. Poiché le Shetland inconsapevolmente rappresentarono la prima di numerose “tappe” del mio futuro peregrinare sulle tracce del cosiddetto movimento vichingo d’oltremare, che mi avrebbero condotto: ancora a sud-ovest (Orcadi, Scozia e Inghilterra nord-orientale, Ebridi Esterne, Fær Øer, Dublino), verso nord (Svalbard), verso ovest (Terranova, Islanda, Groenlandia, Labrador), verso sud (Normandia), verso est (Russia).

Grazie al quel viaggio di studio, prima delle Shetland, poi delle meridionali Orcadi, sia pure involontariamente sarebbe stato gettato il primo seme di ciò che anni dopo si sarebbe trasformato nel mio Programma sulle Comunità Marittime dell’Atlantico Settentrionale.

Lo Shetland Bus

Creato nell’autunno del 1940 dalla Special Operations Executive Norwegian Section, contribuì a far arrivare clandestinamente nelle Shetland numerosi membri della resistenza norvegese, in fuga dal paese occupato dai tedeschi. 

All’inizio la sua base era Lunna, nel nord-est di Mainland, l'isola principale, dove si trova Lerwick. 

Poi fu spostata a Scalloway, l'altra cittadina dell'isola. 

La Norway House e lo scivolo “Prince Olav”, ambedue utilizzate dallo Shetland Bus, sono oggi ancora visibili a Scalloway. 

Dove la sua avventurosa storia è descritta nel Museo cittadino. 

In totale circa 30 furono i pescherecci utilizzati dai rifugiati norvegesi.

Il vichingo Up-Helly-Aa a Lerwick

A Lerwick, nella notte di ogni ultimo martedì di gennaio, squadre di guizers [guizing è un'espressione dialettale della Cornovaglia. Descrive un'usanza in cui i festaioli si travestono in modi differenti, impegnandosi nella musica, nel canto, nella danzain costumi vichinghi e torce in mano, incendiano nel centro della città una replica di una "lunga nave”, con la prua dalla testa di drago. 

Gli uomini, a conclusione della festa, fanno un giro, rigorosamente completo, di una serie di sale da ballo, discoteche, scuole, impianti sportivi, alberghi. 

In ogni sala, ogni squadra esegue uno show, che può richiamare un programma televisivo, un film popolare, una gag su eventi locali, un canto, una danza. 

Il giro è riservato ai soli partecipanti, che vengono così ringraziati per il lavoro volontario durato molti lunghi mesi. 

In forma riveduta e corretta, questa è la festa vichinga della fine di Yule. 

Allorché, dopo un lungo buio e rigido inverno, si salutava festosamente il lento riapparire del sole.

In effetti un tipo di festa "pagana", simile ad altre festività scozzesi, era già in vigore dal 1881. 

Allora i guizers erano in abiti carnascialeschi e non bruciavano navi vichinghe. Nel 1889 subì una netta norvegisizzazione. 

Grazie al poeta cieco di Lerwick, James John Haldane Burgess (1862-1927), che seppe rivitalizzare il legame con l’originaria tradizione norvegese. 

Tanto che la sua canzone è ancora oggi intonata nel corso della festa. 

Un tempo, i nostri padri focosi sfrecciavano sul Sentiero dei "Vichinghi"; 

Un tempo, i loro temuti draghi sfidavano l'oceano nella sua ira; 

E noi, i loro figli, stiamo raccogliendo i risultati della loro gloria. Le onde stanno arrivando (...) 

La nostra galea è il Diritto del Popolo, il drago della libertà, il diritto che, crescendo nella sua potenza, porta i tiranni alle loro ginocchia. 

La bandiera che sventola sopra di noi è l'Amore della Libertà. 

Le onde stanno arrivando".


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venerdì 29 luglio 2022

52. NELL'ARCIPELAGO DELLE FÆR ØER-FØROYAR, UN TEMPO "ISOLE DELLE PECORE", OGGI TOTALMENTE “GREEN. GRAZIE A VENTO, ACQUA, MAREE, CORRENTI, ONDE, GEOTERMIA (E SOLE)

Primo piano di un interessante figura di anziano faroese, con la tradizionale bustina rosso-blu (húgva) come copricapo [Tórshavn, Manifestazione storica per la Festa Nazionale di St. Olav] (© Franco Pelliccioni)

 Dal diario di viaggio

Dal finestrino vedo le onde dell’Atlantico ribollire sotto di me. Dopo la ricerca dell’anno scorso, tra i minatori norvegesi e russi delle Artiche Svalbard, sto per dare avvio ad un’altra tappa, la sesta, del mio Programma sulle Comunità Marittime dell’Atlantico del Nord. La meta si sta ora approssimando. Se, come penso, rispetterà l’orario, il BAe 146 della compagnia aerea faroese Atlantic Airways (RC 0455), decollato alle 15 da Copenhagen, dove ho effettuato un breve soggiorno, atterrerà alle 16,25 nel piccolo aeroporto di Sørvágur, nell’isola di Vagar. Certo, ciò che si comincia qua e là a intravedere, attraverso le nuvole, non sembra molto invitante.

Eppure non vedo l’ora di stare laggiù, tra gli isolani. Autentici pronipoti dei Vichinghi, che ancora costruiscono barche con il know how norreno, utilizzano zolle di terra ed erba per i tetti delle case, cacciano uccelli con trappole e reti, “purtroppo” talvolta fanno stragi di balenottere e, nelle grandi occasioni, come la festa di St. Olav, che mi ha fatto venire qui alla fine del mese di luglio, si può perfino assistere a danze a catena medievali!

Kædedans på Færøerne (“Danza a catena nelle Fær Øer”), ca. 1930 (di Sophie Petersen, Nationalmuseet/Det Kongelige Danske Geografiske Selskab) 

A Copenhagen ho proseguito i miei contatti, già avviati da Roma. Indirettamente, tramite l’Ambasciata di Danimarca e il Ministero degli Esteri. Direttamente attraverso fax trasmessi nella capitale danese: Università, Rappresentanza delle Fær Øer, Ufficio del Turismo Danese. Un intenso lavoro propedeutico, che mi ha consentito di fare un po’ anche il turista in questa splendida capitale, e di visitare il Museo Nazionale, estremamente prezioso per tutto ciò che riguarda l’Artico groenlandese, gli Inuit e, naturalmente, i vichinghi. Andando immediatamente a rintracciare, tra i reperti esposti, una piccola pietra di circa dieci centimetri, con iscrizioni runiche apposte il 25 aprile del 1333 da tre di essi. Nel 1824 l’aveva scoperta un eschimese in un cairn, nella Groenlandia settentrionale, a Kingiktorssoak, isolotto a nord di Upernavik.

Pensavo a tutto ciò quando, nel corso del pranzo freddo servito a bordo, comincio maggiormente ad interessarmi a ciò che mi sta raccontando sull’arcipelago il vicino di seggiolino: è norvegese, si chiama Edvard ed ha sposato la figlia del proprietario di un cantiere navale delle isole.

All’aeroporto fotografo l’aereo. Ha un aspetto singolare: tozzo, con grandi ali, che puntano verso terra. Sembra un grande gabbiano, che stia per volar via. Lo si impiega preferibilmente per le piste corte e le sue tre ruote toccano simultaneamente terra.

Un paio di autobus, intervallati da un traghetto, tra le isole di Vágar e Streymoy, e già sono nella capitale Tórshavn, nel mio albergo. Il cui nome è sinonimo di mare, ma “profuma” anche di avventura. Perché il Tórshavnar Sjómansheim, di Tórsgøta 47, prenotato dai faroesi, è un semplice, decoroso e convenientissimo 2 stelle. Vicinissimo al cuore, al centro storico della città. Dove si servono i pasti su lunghi tavoli, che vanno condivisi con altri ospiti. Così sono contento di soggiornare in questa “strategica” Casa del Marinaio, risalente al 1923. Istituzione un tempo riservata ai soli naviganti. Perché qui, senza quasi alzarmi dalla sedia, posso avere ulteriori incontri con gli isolani.

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7.2 Il grindadráp, la caccia comunitaria alle balene

Caccia alle balene nelle Fær Øer: Fiordo di Midvaag. Il principe ereditario danese Frederik osserva i globicefali, mentre si reca a Miðvágur, 1847. (Jeaffreson, J. R., The Faröe Islands…1898), British Library

Unica nell'Atlantico settentrionale, ancora oggi è effettuata la caccia comunitaria alle Pothead o Pilot Whales (balene di "media taglia": le globicephala melaena, localmente chiamate grind), con la tecnica del grindaraksur, al tempo delle loro trasmigrazioni estive. Quando i cetacei si trovano a non molta distanza dalle coste isolane. Fin dall’epoca vichinga, le varie fasi della caccia sono state accuratamente regolamentate. Ad iniziare dal primo avvistamento. Seguito dall'avviso a tutta la comunità della presenza delle pilot whales (grindaboð) e al loro sospingimento verso uno dei 21 luoghi autorizzati per lo spiaggiamento. Dove avverrà la loro rapida uccisione, con particolari tecniche e armi. L’ultima fase concerne la suddivisione di ciascuna quota di carne tra tutti i partecipanti al grindadráp e i membri della comunità. Per arrivare, in particolarissime e abbondanti cacce, all'intera isola, in qualche caso all'intero arcipelago.

Questa caccia, che non va contro le rigide regole dettate dall’International Whaling Committee, che le esclude dalla protezione, ha sempre rappresentato per i faroesi una delle poche possibilità di approvvigionamento aggiuntivo di grasso e carne. Grazie alle quali questa popolazione è riuscita a superare indenne i lunghi periodi di sotto-alimentazione e le carestie derivanti dalla non auto-sufficienza alimentare.

Numerose pubblicazioni mediche e nutrizionali concordano in pieno con quanto venivano affermando, nel lontano passato, i medici condotti danesi, circa l'opportunità e la necessità per ogni individuo di alimentarsi, anche saltuariamente, con la carne di balena. I cui apporti nutrizionali (vitaminici, "anticolesterolo", ecc.), per una popolazione, in cui per secoli la tavola era stata solo poveramente imbandita con le pietanze disponibili (patate, carne di pecora e di montone, pesce, carne di uccelli marini, uova, e poco altro). Attualmente questa carne rappresenta circa 1/4 del consumo totale di proteine animali dell'arcipelago.

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10. IL “PORTO DEL DIO TOR”, TÓRSHAVN, CAPITALE DELLE FÆR ØER

Dal diario di viaggio

Un paio di giorni per ambientarmi, ed eccomi totalmente immerso nei febbrili incontri e nelle numerose interviste previste dal progetto di ricerca: Aldan (Ufficio Turistico Nazionale), il giornale Dimmalætting, la Sindaca, il Ministro, ecc.. A lungo visito il forte di Skansin, poi mi reco con John ad Hoyvík, dove incontro uno studioso locale e seguo un tratto del mio primo tradizionale sentiero intercomunitario. La sera spaghetti al pomodoro, assieme ad un biologo di Hannover, che aspetta di prendere la “pelle fresca” della grind. Hanno solo 10 minuti di tempo per intervenire. Avvistato un gruppo di pilot whales, si deve informare un membro del governo, poi un supervisore, che organizzerà il grindaboð.

Lisbeth L. Petersen, Sindaco (Byraðsformaður) di Tórshavn, nel suo ufficio (© Franco Pelliccioni)

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(...) Giornata intensa, passata ad incontrare il Direttore della TV faroese, ma anche la zoologa danese Dorete Bloch del Museo di Storia Naturale. Esperta in barche vichinghe e caccia alle balene. Per concludere, verso sera vado alla Nordic House. Il tutto intervallato dall’interessante visita alla dirimpettaia isola di Nólsoy. Raggiunta in venti minuti con un ferry, salpato alle 12. Durante i quali il tempo è contraddistinto da una successione di pioggia, nebbia, sole e, all’arrivo, ancora nebbia. Sbarcato, oltrepasso un gigantesco arco formato da mascelle di un capodoglio. Pochi passi più in là, vedo la panchina del “parlamento” degli uomini. Il tempo di guardare le Niðastalon, la fila di case parallela al porto, osservare i miei primi puffini faroesi, mangiare un boccone nella Kaffistovan ed è già l’ora (15,45) di rientrare. Questa volta con il sole..."

Veduta del villaggio di Nólsoy nella nebbia (mjørki) con il caratteristico arco fatto da mascelle di un capodoglio (© Franco Pelliccioni)

Nei giorni successivi altri incontri e la visita, prima a Kirkjubøur, poi alla chiesa cattolica di Mariukirkjan”.

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11.1 La visita a Kirkjubøur, il “campo della chiesa”

Dal diario di viaggio

Lo raggiungo in poco più di mezz’ora, con l’autobus 101, della Bygdaleiðir, la linea blu intercomunitaria, poiché dista solo una quindicina di chilometri dal centro città.

Kirkjubøur, 1839 (da: Voyages de la Commission scientifique de Nord: en Scandinavie, en Laponie, au Spitzberg et aux Feroe, pendant les années 1838, 1839 et 1840, sur la corvette La Recherche, di Barthélemy Lauvergne)

Alla fine della visita dell'eccezionale sito storico, intirizzito dal freddo pungente e dalla pioggia, chiedo ospitalità all'interno dell'antica Roykstova, che sembra essere l'unica abitazione di legno al mondo ad essere stata continuativamente abitata da quasi mille anni. La mia cortese ospite, che dal giornale sa bene come io non sia un semplice turista, mi offre un assai apprezzato liquore dolce finlandese, con l'aggiunta di un forte snap, che poi raddoppio. E’ la Sig.ra Patursson, moglie del Kongsbóndi, un "fattore del re". Appartiene ad una delle famiglie storiche e più in vista delle isole, che da diciotto generazioni alleva pecore e coltiva la terra di quell'enorme fattoria. Il nonno Jóannes aveva partecipato all'edificazione dell'autonomia faroese. Fondando, poco dopo l'inizio del secolo, il Sjàlvstyrisflokkur, il partito autonomista faroese, il secondo delle isole e, nel 1939, un altro partito autonomista, il Fólkafìokkur.

Tróndur Patursson fotografato nel 2010 ( CC Some rights reserved Ronni Poulsen)

Suo cognato, apprendo, è Tróndur Patursson, fratello gemello del marito. Il famoso, eclettico, artista e viaggiatore. Dopo avermi fatto attentamente visitare l’interno della casa, con orgoglio mi mostra due vetrate realizzate dal cognato nel salotto e alcune foto scattate durante il viaggio in Italia di cinque anni prima. Nel corso del quale è stata ricevuta in udienza dal Papa. Con ardore mi parla dei colori, degli odori, ma anche dei sapori, dell'Italia. Di Roma, Napoli, Sorrento. Soprattutto di Capri, che aveva tanto amato. Con il marito era andata anche in Nuova Zelanda, dove aveva appreso l’uso delle recinzioni metalliche elettrificate. Infatti in precedenza avevo dovuto fotografare con il teleobiettivo la cattedrale non finita, perché circondata per tre lati dal filo.

Intorno a noi, al di fuori dell’antica abitazione, la pioggia ha finalmente cessato di battere insistentemente, come aveva rabbiosamente fatto per lunghissimo tempo. Ma le acque vicinissime dell'oceano stanno improvvisamente diventando sempre più bianche per la nebbia, che mano a mano tutto avvolge, tutto gradatamente nasconde. Specchio d'acqua, dopo specchio.

Ecco, mi trovo di fronte ad una persona che ama, quasi come nessun’altra, la propria terra e la sua gente, che è orgogliosa di appartenere ad una famiglia, che ha scritto la storia di questo paese e che ne ha ancora un ruolo guida. Poiché, giorno dopo giorno, continua a buttar giù altri paragrafi, forse meno esaltanti di un tempo, ma sempre pregni di valenze e di una continua dialettica tra tradizione e innovazione. Essa mi fa capire, da alcune espressioni verbali e dal suo bel viso, addolcito dai lunghi capelli biondi e dai profondi occhi azzurri, leggermente sfiorito dagli anni, triste e compunto, come il nuovo arrivo della nebbia per lei sia troppo! Poiché le provoca uno stato di spleen che io, come italiano e romano, forse non riesco a capire fino in fondo, fin dentro l'anima... La nebbia...

La rinnovata presenza della bruma, proveniente anche quel giorno dal mare, e la mia presenza avevano involontariamente innescato una profonda contraddizione spirituale nell'orgogliosa moglie del Patursson di Kirkjubøur. Provocando un "qualcosa", che non saprei spiegarmi... (...)

.............

12. UN’ESCURSIONE NELLE ISOLE DI STREYMOY ED EYSTUROY

Dal diario di viaggio

(...) Per passare su Eysturoy, ritorno indietro e attraverso il ponte, che la collega a Streymoy. Seguendo la 62, mi dirigo nuovamente verso nord, raggiungendo il villaggio di Eiði. Qui visito la chiesa del 1881 e fotografo i due modelli di imbarcazioni a vela, che pendono dal soffitto, uno per lato, con i bompressi rivolti verso l’altare. Poi lascio la costa, per inoltrarmi con la 662 nell’interno montuoso. La strada è stretta, ad una sola corsia. Di tanto in tanto caratterizzata da modestissimi slarghi, per consentire il passaggio ai veicoli, che procedono in senso contrario. Pochissimi sono i guard rails. Non sapevo, allora, che questo sarebbe stato il tratto più “pericoloso” dell’intero viaggio. Per la forte pendenza, in ascesa e in discesa, solo parzialmente mitigata da numerosi tornanti. Con precipizi e scarpate, tutti intorno e sotto di me. Oltre tutto viaggiando su una sede stradale, il cui piano non sempre è perfetto. Anzi... Per cui a tutti i costi cerco di non distrarmi. Inoltre la luce del giorno tende a diventare sempre più fioca, per la forte nuvolosità. Almeno non c’è la nebbia, che giocoforza mi avrebbe costretto a fermarmi sulla montagna, non si sa per quanto tempo!

Ormai il sole di Tjørnuvik è solo un pallido ricordo! Le forti raffiche di vento, che senza pietà colpiscono l’automobile, facendola oscillare, di certo non aiutano. Nonostante sia cupo e orrido, il panorama che, via via, si presenta davanti ai miei occhi, ha un suo indubbio e tenebroso fascino… Così, in una curva, forse affrontata non con troppa accortezza, probabilmente distratto da ciò che vedo, la macchina sbanda, va leggermente fuori strada. Per una frazione di secondo temo che per me sia finita… Invece riesco a riprendere il controllo e a fermarmi! Dopo di allora, per ammirare e fotografare l’incredibile scenario, mi arresterò un paio di volte. [Una volta a Tor scopro che la strada passa accanto al monte più alto dell’arcipelago, lo Slættaratindur (882 m)]. Quindi sulla più “umana” 632 (anche se la strada è sempre stretta, c’è un passo montano da superare, ma minore è l’altitudine media ed è anche meno tortuosa) proseguo fino alla mia nuova meta, Gjógv. Considerato il più bel villaggio delle Fær Øer, si trova in fondo ad una gola collegata al mare, lunga 188 m, dove osservo i binari dell’unica micro-ferrovia dell’arcipelago (...)

Da: VIAGGIO NELLE ATLANTICHE ISOLE FÆR ØER. IL PAESE DAI TETTI DI PRATO, CHE ONDEGGIANO AL VENTO 

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SOMMARIO


1. PREMESSA 
Dal diario di viaggio 
La ricerca nelle isole 
2. INTRODUZIONE 
3. GEOGRAFIA, CLIMA, NATURA 
3.1 Flora 
3.2 Fauna 
4. STORIA 
4.1 Tra Mito e Storia: dalla Navigatio Sancti Brandano alle "Isole delle Pecore", all'età dei Vichinghi
4.2 Norvegesi, quindi dano-norvegesi 
4.3 Danesi 
4.4 In sintesi 
5. DEMOGRAFIA, ANTROPOLOGIA (FISICA) 
6. LINGUA E CULTURA DI UNA NAZIONE-COMUNITA’ 
La “scuola di vita” della roykstova 
Controllo sociale, alcoolismo 
7. ECONOMIA: IL PESCE, L'«ORO» DELLE FÆR ØER. UNA SOCIETÀ COSTRUITA SULLA PESCA 
7.1 Pesca e imbarcazioni 
7.2 Il grindadráp, la caccia comunitaria alle balene 
7.3 L'uccellagione: fygling, fleyging (e omanfleyg) 
7.4 Allevamento-Agricoltura
7.5 Il Turismo
8. IERI: LA GRANDE CRISI DEGLI ANNI '1990 
8.1 Si continua a pescare eccessivamente, senza fermo biologico 
8.2 L’imprinting vichingo, elemento costitutivo di una delle migliori marinerie atlantiche 
8.3. A livello individuale, comunitario e nazionale, i faroesi tentano di lasciarsi alle spalle il sofferto passato, ipotecando il futuro, con generalizzate richieste di prestiti e finanziamenti 
8.4 Un lungo periodo di austerity e di ricostruzione socio-economica 
9. OGGI: UNA RINASCITA SCANDITA DAL “VERDE” 
9.1 Economia, Trasporti, Infrastrutture, Turismo 
9.2 Un arcipelago totalmente “Green”. Ovvero, quando le negatività geo-climatiche faroesi diventano positive, grazie a Vento, Acqua, Maree, Correnti, Onde, Geotermia (e Sole) 
10. IL “PORTO DEL DIO TOR”, TÓRSHAVN, CAPITALE DELLE FÆR ØER 
Dal diario di viaggio 
10.1 Olavsøka, la festa di St. Olav : La sfilata popolare, il corteo delle autorità politiche e religiose, quello storico 
10.2 Il racconto di una dura ed eroica lotta per la sopravvivenza degli isolani nel Batasavnið, il Museo Marittimo faroese 
10.3 Norðurlandahúsið, la Casa Nordica 
11. IL CATTOLICESIMO NELLE ISOLE 
11.1 La visita a Kirkjubøur, il “campo della chiesa” 
Dal diario di viaggio 
11.2 Dalla riforma protestante, alla libertà di religione. La Mariukirkjan di Tórshavn 
12. UN’ESCURSIONE NELLE ISOLE DI STREYMOY ED EYSTUROY 
Dal diario di viaggio 
13. VÁGUR (LA "BAIA"), COMUNITÀ DI PESCATORI DELLA LONTANA ISOLA MERIDIONALE DI SUÐUROY
Dal diario di viaggio 
14. RITORNO A TOR E, POI, A COPENHAGEN 
Dal diario di viaggio 
15. APPENDICE 
15.1 Corsari e pirati nordafricani, francesi, inglesi, irlandesi 
15.2 L’isola che “non c’è”: la remota Mykines 
16. BIBLIOGRAFIA 
CARTE