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domenica 29 ottobre 2023

114. LA PRIMA GRANDE AVVENTURA DELLA MIA VITA: LA TRAVERSATA NEL 1976 DEL DESERTICO E SEMI-DESERTICO KENYA SETTENTRIONALE, POPOLATO DA NOMADI ALLEVATORI DI CAMMELLI, CARATTERIZZATO DA RAZZIE E CONTRO RAZZIE DI BESTIAME, MA ANCHE DA RARI ATTACCHI DEI PREDONI DEL DESERTO, GLI SHIFTAS. II PARTE

 

Donna Samburu - Maasai settentrionale - (© Franco Pelliccioni) 

"Giungiamo ad Archer's Post attraversando la Samburu Game Reserve, senza vedere un animale, salvo qualche piccolo uccello. Sarà così fino a Marsabit, dove però mi aspettano elefanti, giraffe e zebre…. Ci fermiamo per scaricare birra e caricare bottiglie vuote. Quattro casupole, il posto di polizia su una collinetta, la bandiera del Kenya. Poco distante la linda chiesetta cattolica, nei paraggi alcuni tradizionali accampamenti Samburu. I centri lungo la pista, come Serolevi o Laisamis, appariranno tutti così.

Nei pressi della Missione di Archer's Post (© Franco Pelliccioni) 

Ad Archer's Post ho paura. Forse ho fatto male a prendere il camion. Non so nulla degli autisti. Non credo che ci si possa aspettare, in caso di aggressione, un qualche aiuto dagli africani ospiti. Nello scaricare le birre, ogni tanto mi guardano e attentamente osservano orologio [al polso ho il mio vistoso Bulova Accutron subacqueo – ho fatto immersioni in apnea e caccia subacquea sulla costa dell’Argentario, nell’ex Jugoslavia, nelle isole Tremiti e in Grecia -, un ERRORE, il mio che in futuro non si ripeterà], borsa e valigie. Uno dei tre porta un ben visibile coltellaccio. 300 Km sono moltissimi in Africa. Penso che in ogni momento possano tranquillamente uccidermi per derubarmi. Potrebbero lasciare il mio corpo a mezzo metro dalla pista senza che nessuno possa mai accorgersene.

A Marsabit mi diranno che il poliziotto che li ha fermati ha costituito la mia "assicurazione sulla vita".

Vorrei scendere, scappare alla Missione, ma desisto.

Scendo a prendere un'aranciata, offrendone una anche al ragazzo per farmelo amico, in un negozietto zeppo di mercanzie. Sulla sinistra, incollati al bancone, due Moran Samburu, con lance, ocra rossa sul viso, grasso sui capelli. Mi guardano, mettendo una certa soggezione. Si riparte. Ora è salita sul cassone una donna, che a quanto pare viene molto criticata dalle altre persone. È l’unica vestita all’europea, quando le altre indossano pelli di animali e mostrano i seni. Dovrebbe essere una prostituta e scenderà a Serolevi.

Dromedari sostano nel piccolo centro di Laisamis, vera e propria oasi nel deserto (© Franco Pelliccioni) 

La pista caratterizzata dalla terra dal forte colore rosso
(© Franco Pelliccioni) 

Sulla pista incontriamo una decina di camion bloccati dai guasti. Tra cui quello del D.C. [District Commissioner] di Marsabit con numerosi poliziotti. Ci si ferma e gli autisti danno una mano.

Un Rendille con lancia e bastone ci saluta (© Franco Pelliccioni) 

Il paesaggio è straordinario, magnifico. Steppa e terra rossa dappertutto. Vicino ed in lontananza scorgo montagne isolate, grossi "macigni" alti anche 5-600 m, catene montuose. È stupendo!

Donne Rendille tornano al loro insediamento con calebasse e lattine colme d’acqua (© Franco Pelliccioni) 

Nelle sette ore del viaggio, incroceremo il pullman che da poco fa servizio in queste zone di frontiera e cinque, sei Land Rovers. Di tanto in tanto intravedo altri accampamenti. Sono dei Rendille. Poi, ai lati della pista, prima uno, poi molti dromedari. Ne conto circa 200, sparsi sopra una vasta zona: è l'avvisaglia che il deserto del Kaisut incombe. I cespugli si fanno radi e bassi, ci sono solo pietre e terra e polvere. Temo per le pellicole. In lontananza sovente vedo salire del fumo dai fuochi di bivacco. Mi sbaglio. Sono grossi mulinelli di polvere mossi rapidamente dal vento. Cerco di coprire le valigie con un giaccone del ragazzo e spero di non sentirmi male.

Panoramica sul deserto del Kaisut dalla montagna di Marsabit
(© Franco Pelliccioni) 

Penso che questa che vivo sia un'esperienza più unica che rara. La vera Africa indubbiamente sta ancora da queste parti e mi domando come facciano a vivere i pastori nomadi con questo duro clima e così poca acqua. So che da quattro anni qui non piove...

Cominciamo a salire. Riappare la steppa, più frequenti si fanno gli accampamenti dei pastori. Ci sono dromedari solitari, asini, capre e pecore, pochi zebù e mucche. Salendo sembra che il camion non ce la faccia più. Spero che non faccia la fine degli altri camion incontrati per la strada.

 Un vecchio cartello indica che siamo nella Marsabit Game Reserve e, poco dopo, in un habitat a savana, con alberi spinosi, due elefanti mangiano tranquillamente a non molta distanza sulla destra, a ca. 300 m. dalla pista.

Il deserto del Kaisut, Kenya settentrionale (© Franco Pelliccioni) 

Salendo sulla montagna di Marsabit, un vulcano estinto, fa freddo. Quale diversità di clima e di regioni!  Le cime montuose ricoperte da un fitto manto boscoso appaiono ora più vicine. Incontriamo altri elefanti, due a sinistra, poi un gruppo di cinque sulla destra, oltre a giraffe e zebre. Scendiamo lungo ripide curve. Funzioneranno i freni? Non sbanderà il mezzo così pesante? Va tutto bene… Eccoci infine arrivati alla cittadina di Marsabit, preannunciata da alcuni shambas [campi coltivati].

Andiamo a scaricare la birra, non molto lontano dalla Missione. Mi faccio condurre là da un ragazzo, che mi porta una valigia. Alla scuola tecnica chiedo dove sia la residenza dell’arcivescovo. Sono poi accompagnato in Land Rover dall'arcivescovo. Non c'è luce e sta leggendo al lume di candela. Consegno la lettera dell’Ambasciatore. Si vedrà cosa è possibile fare per me.

Si ritorna alla Missione, bevo moltissimo, ceno. C'è stato un furto di vestiti. Gli shiftas si sono infiltrati in Kenya per combattere, questa volta, in Etiopia ed alleggerire il fronte Eritreo. In territorio kenyota domenica hanno ucciso due pastorelli di quattordici anni, che volevano difendere il loro bestiame. Qui entrano anche per procurarsi cibo. Siamo a non molta distanza dal confine etiopico. Incontro il medico di Sololo. È stato nel Sahara, a Beni Abbes e in Mandara, nel Camerun settentrionale, per due anni e mezzo. Mi invita a passare una settimana da lui. Non ci sono problemi. Potrei fotografare i Borana liberamente. Mi dicono che è venuto il Capo della polizia della Eastern Province, che tutti gli stranieri si devono presentare al D.C. ed alla polizia e che tutti coloro che risultano in possesso di armi devono denunciarle.

Il medico mi dice che effettivamente ho passato un brutto quarto d'ora senza bere, ecc.. e ho fatto bene a mettermi l'acqua sul viso. Potevo prendere un colpo di sole molto, ma molto pericoloso.

L'avventura africana è forse terminata.

Il giorno dopo scoprirò che non è possibile far ricerca a Marsabit!” Sarà così effettuata ad Isiolo…



Davanti ai negozi sulla strada principale di Isiolo i miei due assistenti africani parlano con alcune donne Turkana: il catechista Meru John Mark, autentico poliglotta (inglese, Meru, Swahili, Kikuyu, Turkana, Somalo) e lo studente universitario  somalo Mohamed Musa 
(© Franco Pelliccioni) 



N.B. Per l'impossibilità di fotografare nel corso del viaggio a bordo del camion, le foto (rispettando l'itinerario) sono state scattate nel corso del viaggio di ritorno ad Isiolo, su una Land Rover.
......
Ancora dal Diario di ricerca, Laisamis, lungo la pista per Isiolo: "Sosta per il pranzo presso i missionari della Consolata. Ci dicono che uno del gruppo dell'aereo precipitato vicino Marsabit, un somalo di Gibuti, che si era allontanato per chiedere aiuto, è stato ucciso dai Rendille, perchè l'avevano scambiato per uno shifta. Don Molino dice che le razzie sono molto frequenti, come pure le uccisioni e i ferimenti durante gli scontri. Per lo più i Borana vogliono rubare mucche e dromedari ai Rendille". 

p.s. Oggi la strada è asfaltata ed esiste un regolare servizio di autobus.

Aggiornamento del 30 ottobre: 

       40 anni dopo, nel 2016, i 507 km della pista sono stati sostituiti da una vera e propria strada a doppia corsia. Grazie ad un finanziamento dell'African Development Bank GroupLa durata del viaggio tra Nairobi e Moyale da tre giorni si è ridotta a meno di 1 giorno.
L'autostrada è diventata una trappola mortale per  gli automobilisti, perchè i banditi dilagano. Prendendo il sopravvento tra Merille ed Archer's Post. Inizialmente i banditi prendevano di mira i camion che trasportavano bestiame tra Moyale e Marsabit verso Nairobi. 
In seguito hanno cominciato ad attaccare i veicoli passeggeri e i camion con prodotti alimentari. 
Terrorizzando gli automobilisti, ai quali viene chiesto denaro e oggetti di valore, dopo aver bucato le gomme.  A volte non molto lontano da posti di blocco paramilitari (Jacob Walter, "Isiolo-Moyale highway turning into bandits’ playground", Africa Nation14.12.2022.   
....
I rapinatori continuano a terrorizzare gli automobilisti lungo l’autostrada Isiolo-Moyale, tratto della Great North Road, che collega Il Cairo a Città del Capo.
L'inefficienza della polizia ha trasformato questa sezione dell’autostrada transafricana in un incubo per i viaggiatori. Decenni di episodi di banditismo si sono trasformati in una seria minaccia.
I banditi spesso vengono dal vicino distretto Samburu, operano in gruppi di tre-cinque individui e sono supportati dai locali che approfittano delle merci rubate
Sono dotati di armi leggere e di piccolo calibro provenienti dalla Somalia e dal Sud Sudan e sono favoriti dalla disponibilità di reti di telefoni cellulari, che permettono il coordinamento tra loro, eludendo in tal modo la polizia.
I residenti raccontano all’ISS Today che il banditismo continua per la mancanza dei pattugliamentri della polizia e per la lentezza dei loro interventi (GUYO CHEPE TURIISS Nairobi "Robbery continues on the treacherous Kenya's highway Isiolo-Moyale", 28 maggio  2020): 
......
Ricordo ancora come nel 1980 io abbia dovuto sostituire la seconda fase del progetto Isiolo con un survey socio-antropologico (sviluppo) tra i popoli nomadi, transumanti e sedentari (Turkana, Merille, Borana, Rendille, Elmolo), localizzati intorno alle sponde del Lago Turkana (già Rodolfo), Kenya nord-occidentale. 

Nel 1980 il Kenya versava in una situazione invero difficile. 

Non solo per  il risentimento della tribù dei Kikuyu nei confronti di un governo in maggioranza non Kikuyu, ma soprattutto per la presenza degli shiftas, che imperversavano nelle aree nord-orientali, arrivando alle Nyambeni Hills ed all'altezza della città di Isiolo.
Facendo sì che tutto il traffico veicolare venisse concentrato in colonne scortate da mezzi della polizia e dell'esercito kenyota.
........
p.s. Le quattro versioni del libro: Maasai. Genti e Culture del Kenya sono state pubblicate tra il 27 novembre e il 14 dicembre 2023 (174 pp., 173 foto, 258 note, per la versione stampata illustrata: https://www.amazon.it/dp/B0CPSNZ9BW

domenica 11 dicembre 2022

77. UN RACCONTO ESOTICO-ETNOLOGICO GIOVANILE: OTTAVA PUNTATA (DRAMMA DELLA GELOSIA! TRAGEDIA SFIORATA AL NORFOLK HOTEL)

Il Norfolk Hotel di Nairobi all'inizio degli anni '1980

A sedici anni (1962-63) ho scritto il mio unico romanzo. Purtroppo è rimasto incompiuto... Il protagonista è un etnologo italiano, poiché allora ero attratto dall'Etnologia. Oltre a raccontare anche dell'amore tra lui e un'affascinante, ma molto gelosa, donna, basandomi sulla letteratura di viaggio ed etno-antropologica in mio possesso (e sulle ricerche  effettuate nelle Biblioteche dell'Istituto Italo-Africano e del Museo Pigorini, al Collegio Romano), ho cercato di descrivere l'ambiente tropicale, la fauna, alcuni popoli.  Ho anche lasciato inalterato il testo. 

[precedenti 7 puntate: 23 settembre; 3, 8, 15, 23, 31. ottobre; 2 novembre, oltre all'integrazione del 22 novembre] 

MENTRE I CONIUGI INGLESI EFFETTUANO LA VISITA MATTUTINA DI NAIROBI…

AL NORFOLK HOTEL, DOPO IL CONTROLLO DEI BAGAGLI E LA TELEFONATA AL “CACCIATORE BIANCO”…

Suonarono alla porta. Giorgio lasciò il telefono e i suoi pensieri, per andare ad aprire. Quella mattina non aspettava nessuno. Disse tra sé, mentre a grandi falcate si avvicinava all’uscio. Sarà forse il dottor Johnson, che mi vuol ragguagliare sulla rissa di ieri notte. Boh?

Aprì la porta e la faccia si illuminò per i raggi del sole, ma anche per lo stupore. Sulla piccola veranda, intenta a fumare una sigaretta americana, c’era una ragazza di circa 21-22 anni. Non molto alta. Anzi, si potrebbe definirla piccolina, ma ben proporzionata. Un “gingillo” da salotto, una bamboletta. Con i capelli rossi, per la maggior parte nascosti da un foulard verde, che le lasciava sulla fronte due ampie ciocche di capelli. Aveva due grandissimi occhi verdi. Una bella bocca, un bel nasino e un mento non molto pronunciato con la caratteristica fossetta. Indubbiamente era assai carina.

La bamboletta indossava un paio di calzoni rossi, che non lasciavano molto spazio all’immaginazione, poiché risaltavano le armoniose curve del suo corpo. Oltre tutto portava una maglietta aperta sul collo.

- “Ciao Giorgio. È parecchio tempo che non ci si vede, non ti sembra? Non restare così imbambolato. Va bene che non… avresti mai pensato di rivedermi ancora, da quella volta, e, quindi, si può ritenere legittimo il tuo stupore” – proseguì la ragazza con fare sprezzante

- “Va bene che per te non conto ormai più nulla. Va bene che mi consideri molto stupida, ma io mi ricorderò sempre quel giorno!”

- “Senti”, rispose con voce ansimante e piuttosto affannata l’italiano, visibilmente provato dall’inaspettato incontro, che non gli andava certo a genio (sudava e non sapeva più come comportarsi, dove tenere le proprie mani, che andavano nervosamente dal collo alla camicia, all’orologio, alla tasca).

Senti, ormai è acqua passata. È trascorso più di un anno da quella volta e io… io…IO, mi sono pentito molto. Tu non ci crederai, ma mi sono pentito! Già ti porsi allora le mie scuse, e poi…

- “E poi te ne andasti la mattina presto, lasciandomi nei guai, col rischio che mi beccasse la polizia, che i miei genitori mi cacciassero di casa, senza un soldo. Tanto da costringermi a fare la sgualdrina. E' questo che volevi dire, no?! Non è questo? Avanti. Voglio vedere quali sono le tue sfrontatezze, che ancora una volta vuoi darmi a bere. Avanti… Parla!”

- “Senti Kathy, cerca di ascoltarmi, non fare così, che mi rendi più nervoso di quello che già sono “-, disse Giorgio con voce ancora più sommessa, “E’ acqua passata…”

- “Perché, tu credi che io non sia nervosa, che abbia trascorso tutti questi giorni (e sono tanti) come rose e fiori”, rispose, alzando sempre più la voce, quasi gridando.

Ora era paonazza in viso. Alla ragazza cadde in terra il fazzoletto, mentre la massa dei capelli, che sembravano ancora più rossi, si sciolsero sulle sue spalle.

I suoi occhi “acquamarina” si muovevano, fissando sia lui, sia la porta, che tutto intorno. Saettando da una parte all’altra.

Giorgio sudava sempre più. Il liquido gelato gli colava giù per la faccia, per il collo. La sua camicia color kaki era tutta bagnata.

- “Kathy, cerca di abbassare la voce, non fare così, vuoi rovinarmi? Vuoi che tutta Nairobi sappia?”

La ragazza adesso si era zittita, ma era solo la quiete, che precede la tempesta. Infatti, guardandolo fissamente negli occhi:

- “Me la pagherai… sporca carogna!”.

Velocemente mise la mano destra in tasca, estraendo una piccola pistola, che gli puntò contro. Era del tipo che una volta le signore  portavano elegantemente nella borsetta, quando andavano ai cocktail parties e che avrebbero anche usato per difendersi, all’epoca dei Mau Mau.

Il giardino del Fairmont The Norfolk Hotel, 2019
(CC, Some rights reserved, Pi3.124)
 


- “Entra dentro, Giorgio”, disse con voce calma. “Entra dentro il villino”.

- “Non fare la stupida, Kathy, non scherzare con la pistola. Metti via quell’arma. Vuoi che succeda qualcosa di brutto? Non stiamo in Sicilia! Smettila!”

- “Stai zitto ed entra”.

Facendo buon gioco a cattiva sorte, Giorgio accondiscese ed entrò, seguito dalla ragazza, che teneva sempre puntata la pistola alla schiena dell’italiano.

. “Va in camera da letto”.

- “Senti, basta ora! Sei diventata tutto ad un tratto pazza?”

- “Può darsi, ma non è tuo diritto giudicare. Avanti, cammina o ti devo fare il solletico con la canna? Guarda che sono molto nervosa e non si sa mai se ti uccido adesso, o dopo…”

Giorgio entrò nella camera, sempre voltando le spalle alla ragazza.

- “Accomodati come meglio puoi sul divano, che ora ti voglio rinfrescare la memoria, poiché la dovresti avere assai annebbiata”. -“Incomincerò dal principio, Vuoi? O è meglio iniziare da quello che viene dopo? Come preferisci? Per me è lo stesso…”

- “Senti Kathy, cerca di ragionare, posa quell’arma e vattene. Anch’io tra un po’ di giorni me ne andrò e…”

- “Chi s’è visto, s’è visto! Troppo comodo, mio caro. Ora hai davanti a te quella stupidella che violentasti. Non ha paura? Se premo il grilletto vai nel mondo dei più in poco tempo. 

Stai tranquillo, che mi ucciderò anche io. Non voglio rischiare l’impiccagione o, se le cose vanno bene, se trovo un azzeccagarbugli abbastanza bravo, me la posso cavare con una bella ventina di anni di carcere ed esco ormai vecchia. Un pezzo da museo e nient’altro. Tu mi hai rovinata. Hai fatto di me una cosa da poter usare ed adoperare al momento adatto, per poi buttarla via”.

- “Senti, Cerchiamo di ridimensionare il fatto. Tentiamo di riportare le cose alla loro giusta dimensione. È passato un anno, e quella notte mi ero talmente ubriacato da non capire più niente. Avevo la mente annebbiata e tu fosti così gentile da accompagnarmi all’albergo. Proprio qui, proprio in questa stanza”,

- “Gentilezza male ripagata!”

- “Quella notte, ti giuro, non capivo niente. Comprendevo solo che nella mia stanza c’era una ragazza e che era molto bella… È stata una ragazzata! O forse non proprio?”

- “E tu da maiale ne approfittasti, ma ora sono io ad avere il coltello dalla parte del manico, mio caro…

- “Non dire mio caro, per favore. La mattina dopo, quando mi resi conto di quello che avevo fatto, mi scusai moltissimo, ero davvero dispiaciutissimo, se non ricordo male…”

- “Fu molto bello da parte tua. Chiudi la stalla quando già sono usciti i buoi. Resta il fatto che mi hai disonorata e quindi devi morire!

. “Non fare la pazza”, urlò Giorgio

Kathy tolse in pochissimo tempo la sicura e premette il grilletto. Un colpo rintronò nella stanza semi buia, che si riempi subito di fumo.

Giorgio, che aveva avuto la prontezza di spirito di buttarsi da un lato, riuscendo ad evitare il colpo, che poteva essere mortale, in qualche modo cercò di distrarla.

- “Ancora non sei morto, hai più vite di un gatto, ma ora vedrai…”

Prima che potesse premere il grilletto per la seconda volta, Giorgio si buttò selvaggiamente su di lei e con una mossa repentina le fece cadere sul pavimento la pistola, che ormai sembrava inoffensiva.

Giorgio teneva molto stretto il braccio destro di Kathy, mentre con l’altra mano la teneva per il collo. Kathy cercò di divincolarsi per cercare di afferrare la pistola. Non ci riuscì. Così con la bocca si avventò  contro la mano, che le teneva il collo, mordendola con tutta la forza possibile.

 -“Ah, sei peggio di una cagna – Giorgio cercò di estrarre la mano dai suoi denti. Riuscendoci. Poi con una mossa di judo la scaraventò a terra. La mano sinistra sanguinava molto, sporcando la pelle di leone, che nella concitazione era stata gettata da una parte.

- “Speriamo che ne hai finalmente abbastanza”, fece lui.

Kathy ormai non opponeva più resistenza. Giorgio lasciò la presa. Cercò un fazzoletto e ripose la rivoltella in un cassetto. La ragazza, ora inerte sul pavimento, non dava più apparenti segni di vita, salvo che per il suo pianto sommesso. Piangeva a singhiozzi, istericamente.

-“Sei riuscito a farmela anche questa volta… Sei… Stato più… furbo… di me. Dovevi morire…”

- “Calmati, vuoi che ti faccio portare qualche cosa?  Adesso ti tranquillizzi. Vedrai che tra un po’ non avrai più niente”.

- “Non voglio niente, hai capito, non voglio niente”, e si rimise a piangere.

La sollevò dal pavimento con la mano destra e l’adagiò sul letto.

Andò nel bagno e si pulì accuratamente la ferita, che non solo era piuttosto profonda, ma era del tutto evidente che era stata provocata da una morsicatura, certamente non da parte di un cane...

Aprì l’armadietto dei medicinali, prese cerotti e spirito.

Dopo aver medicato al meglio la ferita, ritornò in camera. Kathy stava ancora piangendo, ma adesso più flebilmente, sommessamente. Guardò l’ora, era l’una e mezzo, l’ora concordata per il pranzo con i due inglesi.

Affinché nessuno si potesse preoccupare e decidesse di mandare qualcuno a chiamarlo, telefonò alla hall per avvertire che avrebbe tardato un po’. La verifica dei bagagli aveva richiesto più tempo del previsto.

Accese le luci. Il viso di lei era bagnato dalle lacrime. Non piangeva più. Gli occhi verdi, lucidi di Kathy lo stavano guardando. Si avvicinò e, preso un altro fazzoletto, si chinò per asciugarle il viso come meglio poteva .

- “E’ meglio che ti vai a lavare”, le disse.

L’aiutò ad alzarsi e mentre lei si lavava, andò a guardare che fine avesse fatto la pallottola. Nella parete, dalla parte del divano, si era formato un buco. La pallottola, perforante, non aveva avuto buon gioco su quel materiale duro. Si era inutilmente schiacciata, piombando sui cuscini. La raccolse. Cercò il bossolo. Era vicino al letto. Raccolse anche quello.

- Come me ne posso sbarazzare, pensò. Non nella spazzatura, che potrebbero essere scovate da qualche boy curioso . È meglio che le riponga nel mio bagaglio.  Me ne disferò domani.

Ah! Il colpo che era rintronato nella stanza? Speriamo che nessuno l’abbia sentito. Forse… Sì, bravo Johnson, che mi ha dato questo villino, che è il più appartato che ci sia al Norfolk. Del resto, se l’avessero udito, qualcuno sarebbe certo venuto a curiosare. Magari sarebbe stata addirittura avvertita la polizia, ed allora addio Turkana…

La porta del bagno si spalancò. Kathy venne verso di lui. Lo salutò con pochi monosillabi. non sembrava più che, fino a poco tempo prima, i suoi begli occhi verdi avessero pianto come le cascate del Niagara. Si era rimessa a posto il leggero trucco che portava e si avviò verso il soggiorno. Raccolse il suo foulard e si allontanò. Nel nulla! Così come era venuta…. 




 

lunedì 31 ottobre 2022

72. UN RACCONTO ESOTICO-ETNOLOGICO GIOVANILE: SESTA PUNTATA (PROSEGUE LA VISITA DELLA CITTA' DI NAIROBI)

Bazaar Indiano, 1910-12: "le donne Kikuyu fanno acquisti" (Gerhard Lindblom, Museum of Ethnography, National Museums of World Culture) 

A sedici anni (1962-63) ho scritto il mio unico romanzo. Purtroppo è rimasto incompiuto... Il protagonista è un etnologo italiano, poiché allora ero attratto dall'Etnologia. Oltre a raccontare anche dell'amore tra lui e un'affascinante, ma molto gelosa, donna, basandomi sulla letteratura di viaggio ed etno-antropologica in mio possesso (e sulle ricerche  effettuate nelle Biblioteche dell'Istituto Italo-Africano e del Museo Pigorini, al Collegio Romano), ho cercato di descrivere l'ambiente tropicale, la fauna, alcuni popoli.  Ho anche lasciato inalterato il testo. 

[precedenti puntate: 23.9; 3, 8, 15, 23.10] 

Dopo aver scattato alcune foto alla statua di quel valoroso uomo, John e Milly continuarono nella loro visita alla città.

La statua di Lord Delamere. E' stata rimossa nel novembre del 1963 e collocata nella tenuta di famiglia di Soysambu

Delamere Avenue in alcuni punti era vigilata da nerissimi metropolitani che, dall’alto di alcune pedane, agitavano i manganelli, sbraitando se un pedone passava dove non doveva. O se qualche conducente indigeno non rispettava le regole.

Sui marciapiedi della centralissima e importante via poterono anche ammirare gli ampi prati costellati da fiori di un colore rosso acceso.

L'Hotel New Stanley negli anni '1970

Da Piccadilly Circus. come era stata soprannominata la piazza accanto al New Stanley Hotel, per la sua forma circolare con la statua al centro, sia pure inconsapevolmente si spinsero molto verso ovest. Poi, volendo visitare il quartiere indiano e, quindi, quello africano, si rivolsero ad un poliziotto bianco, che cortesemente fece presente che avevano sbagliato completamente strada: quei quartieri stavano ad est!

Il centro di Nairobi

NEL QUARTIERE AFRICANO

Ritornati sui loro passi, come Dio volle arrivarono nel quartiere negro. Passarono molti mercati indigeni, dove le venditrici, alcune volte perfino con un neonato al seno, strepitavano per pubblicizzare i loro prodotti.

Bazaar Street nel 1904

Come notò più tardi John, là si vendeva di tutto: dai liquori inglesi ed americani di contrabbando alle sigarette, dalle collanine di vetro (che una volta gli esploratori trovavano comodo quale mezzo di scambio) ai recipienti in ferro. Inoltre si vendeva ogni sorta di cibo, ma anche animali vivi. Come quella capretta portata da un Kikuyu che, cercando di dimostrare l’alta bontà della sua carne, la faceva tastare e le apriva la bocca. In modo da far vedere che i suoi denti erano tutti sani. Mentre altri venditori, con la loro assai vivace e spigliata parlantina, cercavano di imbrogliare i clienti. Riuscendoci. Poiché i compratori, il più delle volte intimiditi da tanta sicumera, abboccavano all’amo delle loro lusinghe.

Urla, bestemmie, grida degli animali legati, odori non certo gradevoli, frastornarono Milly. La puzza era infatti sufficiente a stordire una forestiera.

Il mercato nel villaggio di Karatina, nei pressi della città di Nyeri "Tipi Kikuyu, uomini e donne",
 1936 (Matson - Eric and Edith - Photograph             Collection, Library of Congress)

Lasciati i mercati e le bidonvilles fatte di ogni sorta di materiale: dal cartone al legno, dalle lamiere di fusti di benzina alla stoffa, al fango, alla paglia e, persino, alla carta!, sempre camminando nel quartiere negro arrivarono, non si sa come, in un luogo non certamente definibile “elegante”. Ma di ciò se ne sarebbero dovuti accorgere troppo tardi!

Uno dei più grandi slums di Nairobi: la baraccopoli della Mathare Valley, 2009 (foto Claudio Allia, CC some rights reserved)


Sulla Mathare Valley  ho pubblicato  nel 1977 l'articolo: "Lo slum della Mathare Valley. un'area problematica di Nairobi", mentre "I "Parking Boys" di Nairobi, Un "caso" di devianza sociale in un tessuto urbano africano" figurano nel libro: I processi di comunicazione nell'ambito urbano, Stroppa Claudio (a cura di), 1979. Entrambi sono reperibili su Research Gate:


https://www.researchgate.net/publication/346943404_I_PARKING_BOYS_DI_NAIROBI_UN_CASO_DI_DEVIANZA_SOCIALE_IN_UN_

NEL QUARTIERE A LUCI ROSSE. LA PROSTITUZIONE IN AFRICA

Erano arrivati nel quartiere a “luci rosse”. Sgualdrine nere dalla testa ricciuta, in abiti europei, ma con i piedi nudi e le dita divaricate, ridevano e contrattavano i prezzi nei crocchi di gente di ogni razza. Videro perfino dei bianchi, che contrattavano con prostitute giovanissime, di 10, 11 anni. Un etnologo le avrebbe subito riconosciute. Per lo più appartenevano alla tribù Swahili.

Il meretricio in Africa orientale esiste da molto tempo, prima ancora dell’arrivo degli europei. Furono gli arabi a portarlo.

Giovane somala in una casa di tolleranza dell'Africa Orientale, denudatasi per danzare

Le prostitute africane oggigiorno si riconoscono solo per i vestiti che, a differenza delle altre donne, sono sempre più costosi ed elaborati.

In passato la distinzione era ancora più marcata. Adesso la si può solo riscontrare in qualche tribù dell’interno. Le bellezze locali un tempo andavano in giro con il petto scoperto o completamente nude. Invece le prostitute erano vestite da capo a piedi.

"Donne della tribù Sani [Luo del clan Seme] , vicino Kisumu, lago Victoria, 1902 (Charles William Hobley)

È un metodo come un altro per sbarcare il lunario. Gli indigeni non la considerano un’attività infamante. Donne che hanno rapporti con molti uomini sono sempre esistiti e se i maschi (dicono), soprattutto i bianchi, sono tanto stolidi da pagarle per questo, le donne sarebbero malaccorte a rifiutare il denaro.

- Siamo capitati in un bel lupanare, fece Milly guardandosi intorno. Ed aggiunse: andiamocene al più presto. 

- Come vuoi.

Cercarono di uscire da quel quartiere malfamato, che certo non poteva essere sopportato da una signora per bene e, mentre passarono davanti a decine e decine di donne di malaffare videro, anzi…, prima di vedere, sentirono urla e pianti, lamenti e bestemmie provenire da un vicolo semioscuro alla loro destra. Quando passarono vicino, scoprirono il motivo: un gruppo di prostitute si stava accapigliando per un sordido motivo di denaro.

Il quartiere era frequentato anche da arabe ed indiane.

Finalmente ne uscirono fuori e Milly giurò a se stessa di non andare mai nei quartieri negri di una città africana.

NEL QUARTIERE INDIANO

Lasciata alle spalle la zona africana, giunsero nel quartiere indiano. Sikhs barbuti e Parsi alimentavano il movimento delle strade.

Gli indiani, come del resto gli arabi, hanno praticamente accentrato tutto il movimento commerciale delle città dell’Africa orientale.

Il Club Indiano e Giardini, 1936 (G. Eric and Edith Matson Photograph Collection,", Library of Congress Prints and Photographs Division)

Prima i mercati indigeni erano solo per i negri, o per gli europei, che volevano soddisfare qualche curiosità o fare fotografie di “colore”. Ora bazar, suqs, botteghe chiamate ducca, residenze di facoltosi indiani arricchitisi naturalmente con il commercio, prendono il posto dei poveri mercatini indigeni e delle loro case. Anche qui vengono gli europei, che vogliono risparmiare (i negozi del centro fanno pagare molto cara la merce) o i negri, per comprare i dolciumi. Ma si vendono anche bibite fatte chissà di che cosa, birra di pessima qualità (il pombe), scarpe da tennis, oggetti di vestiario di quinta mano, provenienti dal mercato clandestino dei ladri e degli usurai indigeni. Una specie di mercato delle pulci francese, o della romana Porta Portese.

Nelle taverne si possono mangiare patate dolci al forno ed un piatto di carne di montone o di capra con il “posho”. Dentro si vedono gli indigeni mentre, accosciati, sono intenti ad appallottolare con le mani il “posho” e a praticarvi, poi, un foro con il dito, per far posto ad un pezzo di carne o ad una fetta, unta ed indescrivibile, di grasso rancido o di qualche altra cosa...

La Moschea Jamia nel centro di Nairobi fotografata nel 1973 (van Rinsum, CC Some rights reserved, Tropenmuseum, part of the National Museum of World Cultures

Si ode il gracidare dei vecchi fonografi a manovella e il canto di Rita Pavone arrivata, chissà come, anche qua. Mentre dall’alto della Moschea Alì [Masjid Imtiaz Ali], veneratissima dai pakistani di religione mussulmana, la preghiera del muezzin invoca Allah e il suo Profeta.

Anche qui un’infinità di odori che, alla fine, fecero venire la nausea ai due europei. 

                SI RIENTRA AL NORFOLK

Così, chiamato un taxi, se ne andarono all’Hotel Norfolk, dove all’una e mezzo era fissato il pranzo con Giorgio.

- Chissà come sarà stata quella baruffa di ieri notte? pensò Milly

Il taxi percorse abbastanza piano il tragitto tra il quartiere indiano e l’hotel. Cosa stranissima… Il motore di quella macchina non ce la faceva ad andare più veloce. Ma fu un bene per i due, che a loro agio videro un’altra parte della città, senza stancarsi troppo, senza venire assordati da vicino dalle grida e, principalmente, senza dover annusare quell’infinità di odori puzzolenti, quasi una prerogativa dei quartieri indigeni.

Videro pullman zebrati che portavano i turisti a fare un’escursione al Nairobi National Park (così, con poca spesa, potranno dire di essere andati in safari), per fotografare e ammirare animali non più selvaggi, ma resi mansuefatti dalla quotidiana vicinanza dell’uomo, che non ha mai fatto loro del male.

Essendo l’ora del pranzo, osservarono inoltre anche jeeps e Land Rovers un po’ impolverate. Le stesse che nel corso di un safari il giorno prima avevano percorso fino a 1.000 chilometri. Trasportando i signori e le signore, che ora scendono dagli autoveicoli, indossando eleganti abiti da società, per andare a pranzo con gli amici in qualche ristorante e poi proseguire di sera in qualche night club. 

E le signore, forse, come di frequente accadeva durante l’insurrezione dei Mau Mau, nelle loro borsette nascondono eleganti rivoltelle, che nella savana avevano magari usato per uccidere qualche pericolosissimo mamba nero: il temibile "seven steps snake", il serpente dei sette passi...

CONTINUA

IL LEOPARDO DELLE NEVI, IL KILIMANJARO, PREPARATIVI PER LA SPEDIZIONE AL LAGO RODOLFO, IL CACCIATORE BIANCO

 p.s. Attualmente (novembre 2022) sto lavorando alla stesura di una: BREVE INTRODUZIONE ETNO-ANTROPOLOGICA AI POPOLI DEL KENYA.

IN QUESTO PAESE DELL’AFRICA ORIENTALE HO AVUTO MODO DI EFFETTUARE DUE SESSIONI DI RICERCA. LA PRIMA NELLA CITTA’ MULTIETNICA E MULTICULTURALE DI ISIOLO, A NORD DEL MONTE KENYA. LA SECONDA TRA I POPOLI NOMADI, TRANSUMANTI E SEDENTARI (TURKANA, MERILLE, BORANA, RENDILLE, ELMOLO) LOCALIZZATI INTORNO ALLE SPONDE DEL LAGO TURKANA (GIÀ RODOLFO), KENYA NORD-OCCIDENTALE.

sabato 15 ottobre 2022

70. UN RACCONTO ESOTICO-ETNOLOGICO GIOVANILE: QUARTA PUNTATA (IL CIRCOLO EQUATORE - THE EQUATOR CLUB -, NAIROBI)

Un cantante europeo, forse Peter Colmore, si esibisce con una band di musicisti africani sul palco dell'Equator Club, 21 Settembre 1957 (CC BY-NC-SA 4.0, Bristol Archives, 2001/090/1/1/18074, Trotter Collection)

A sedici anni (1962-63) ho scritto il mio unico romanzo. Purtroppo è rimasto incompiuto... Il protagonista è un etnologo italiano, poiché allora ero attratto dall'Etnologia. Oltre a raccontare anche dell'amore tra lui e un'affascinante, ma molto gelosa, donna, basandomi sulla letteratura di viaggio ed etno-antropologica in mio possesso (e sulle ricerche  effettuate nelle Biblioteche dell'Istituto Italo-Africano e del Museo Pigorini, al Collegio Romano), ho cercato di descrivere l'ambiente tropicale, la fauna, alcuni popoli.  Ho anche lasciato inalterato il testo. 

[precedenti puntate: 23.9; 3.10; 8.10] 

ll Circolo Equatore è un ristorante ed un club notturno ostentatamente privato. Giorgio Rovi e il dott. Johnson erano arrivati da qualche minuto e stavano parlando tra loro, quando arrivarono i coniugi Smith.

- Buonasera signora, buonasera signor Smith, spero che vi siate riposati abbastanza e che abbiate trovato comoda la stanza.

- Non è male, certo che ci sono meno rumori che a Piccadilly Circus!

- Vogliamo andare, fece Giorgio

- Certo, e si avviarono verso l’entrata.

Un barbuto negro si trovava alla porta e non avrebbe fatto passare la coppia, se non ci fosse stato l’intervento del direttore del Norfolk e di Rovi.

- Lo sa perché è successo tutto questo? disse l’etnologo a Milly. Perché hanno voluto copiare i clubs londinesi.

- Ma lì da noi basta pagare il biglietto d’ingresso per ottenere la nomina di soci, rispose l’inglesina

. Qui invece hanno voluto strafare, comunque siamo riusciti a farvi entrare lo stesso.

Incominciarono a salire le scale coperte da una passatoia di velluto che, più che a scopo decorativo, serve da soffice cuscino per gli esuberanti, che hanno alzato il gomito un tantino di troppo. Che cadono, vengono spinti o precipitano giù dalle scale a qualsiasi ora dopo l’una del mattino.

L’orchestra fino a poco tempo fa suonava solo sambe e rumbe. Ora anche nel Kenya, come in molte altre parti del mondo, sono giunte le diavolerie di questi balli moderni: il rock and roll, il twist, l’hully gully, il madison, e così via, fino all’ultimo arrivato che prende il nome da un simpatico mezzo di divertimento acquatico usato alle Hawaii: il surf.

Una coppia balla energicamente al Limuru Hunt Ball. La donna, identificata come "Wanda", indossa un abito senza spalline che si allarga mentre balla, 19 Ottobre 1957 (CC BY-NC-SA 4.0 Bristol Archives, British Empire & Commonwealth Collection, 2001/090/1/1/18853)

Ritratto di tre camerieri africani in uniforme all'Equator Club. Due barman africani versano scherzosamente i drink nei bicchieri dietro un bancone decorato con strisce zebrate e sgabelli leopardati, 21 Settembre 1957 (CC BY-NC-SA 4.0, Bristol Archives: British Empire & Commonwealth Collection, 2001/090/1/1/18079)

Da un lato c’è il bar, di solito occupato da una sestupla fila di clienti, nebbioso di fumo. Le cene sono servite intorno alla pista di ballo. I tavolini sono letteralmente circondati da ogni sorta di esotismo africano: zanne di elefante, paralumi ornati da disegni di giraffe, gazzelle e rinoceronti e di ogni altro tipo animale, che si può vedere quasi ogni giorno nelle aperte praterie o nell’infida boscaglia.

Ritratto di tre camerieri africani in uniforme all'Equator Club.
21 Settembre 1957 (CC BY-NC-SA 4.0, Bristol Archives: British Empire & Commonwealth Collection, 2001/090/1/1/18080)

Il dottor Johnson fece iscrivere nel suo registro il nome degli ospiti e tutti quanti si diressero verso un tavolino d’angolo.

Giorgio ordinò la cena, che era composta da specialità italiane, inglesi e irlandesi ed era innaffiato da parecchi fiaschi di Chianti. Dopo cena, si fecero portare il caffè.

Mentre lo stavano sorseggiando, erano circa le 22 e la pista da ballo era gremita di giovani, che ballavano la bossa nova, 

Giorgio iniziò a parlare sull’argomento che stava molto a cuore agli sposini inglesi: non so se vi siate già messi d’accordo, fece rivolto a John, riguardo al white hunter, che dovrà portarvi in safari. Comunque, se non avete già preso impegni, io conosco uno dei migliori “safari guide” (credo che ormai sia il termine migliore, rispetto al sorpassato white hunter dell’epoca dei pionieri) di tutto lo Stato.

- Per la verità noi credevamo che… insomma ci saremmo messi d’accordo sul posto e… quindi non abbiamo nessun white hunter impegnato con noi.

Johnson s’intromise: avete fatto molto male, non sa che bisogna prenotarsi almeno un mese prima per fare un safari e, in alcuni casi, per i cacciatori bianchi assai abili ed esperti ci vuole anche la prenotazione di almeno un anno?

- Le giuro che non sapevo niente di tutto ciò…

Giorgio riprendendo: spero che Mon Collins non abbia preso alcun impegno e vi possa offrire il suo servigio!

Milly: certo che qui nel Kenya la voce del safari nelle entrate statali deve essere molto importante. Prima quasi non trovavamo posto in albergo, ora rischiamo di non fare alcun safari, perché ci vuole anche qui una prenotazione.

- In effetti, fece Johnson, la voce safari viene subito dopo quella dell’esportazione del caffè!

- Bisogna considerare, fece Rovi, finendo di bere il suo espresso, che la full licence, la licenza che dà la possibilità di uccidere un gran numero di animali di ogni taglia e dimensione, costa molto. Ma quali animali desidera cacciare?

- Noi vorremmo fare un Big Game, rispose Milly, anticipando il marito e, quindi, prendendolo in contropiede… cioè, come lei ben saprà, vorremmo uccidere e portarci tranquillamente a casa i trofei dei quattro animali più pericolosi: l’elefante, il rinoceronte, simba e il bufalo.

- Come pretese non c’è che dire, nient’altro? Fece Giorgio…

- Nient’altro, rispose con la sua faccetta impertinente Milly.

L’orchestra in quel momento attaccò un pezzo classico, quindi un lento e, ben presto, la pista fu lasciata dai giovani, che andarono a rifarsi al bar con qualche ghiacciata coca cola, mentre la vecchia guardia ne prendeva il posto.

- Bando alle chiacchiere, disse Rovi rivolgendosi a Milly, che ne direste di fare un ballo con me, sempre se suo marito acconsenta?

- Milly per tutte le cose che fa ha sempre il mio incondizionato assenso e, quindi, lei può ballare senza il pericolo che le spari alle spalle con una mia fantomatica rivoltella.

- Grazie!

Giorgio aiutò Milly ad alzarsi e insieme si recarono in mezzo alla pista.

Prese tra le braccia l’inglesina e si chinò a guardarla. Era molto alta di statura, ma i suoi occhi azzurri arrivavano appena all’altezza del mento di lui. I capelli biondi sembravano vivi alla luce dei candelabri, come se vi danzassero piccole scintille luminose. Indossava un semplice abito giallo, dalla scollatura assai bassa, ma senza arrivare al “topless”. Sapeva di un profumo che Giorgio non riuscì a riconoscere. Milly alzò il viso sorridendogli e Giorgio la ricambiò. La sentiva incredibilmente morbida sotto le dita. Danzava con la leggerezza di un seme piumato spinto dal vento sulla pianura.

- Lo sa che è molto bella?

- Non so, nessuno me lo ha mai detto prima di lei, è la prima volta, fece con un sorrisetto. Oh, vedo che il dottore si è alzato, temo che stia per andarsene.

- È meglio che ci avviciniamo e sentiamo un po’ che cosa è successo. Aggiunse Giorgio.

Si fecero largo tra la gente e finalmente arrivarono ai bordi della pista ed, infine, al tavolo.

- Mi hanno telefonato proprio ora dal Norfolk, disse con aria piuttosto preoccupata il direttore. Sembra che ci sia stata una zuffa al bar tra alcuni piloti ubriachi e che perfino Allub, uno dei barman, sia stato ferito al mento. Quindi mi dispiace lasciarvi, ma occorre la mia presenza.

Con una buonanotte a tutti si allontanò e sparì ben presto alla vista dei tre.

- Mi dispiace proprioed è veramente una persona a modo, fece John a Giorgio. Senta, sempre continuando, dato che domani mattina dovremo alzarci presto per fare un giro per Nairobi, non potremo andarcene?

- Giorgio - La vita notturna comincia proprio adesso (è mezzanotte!), ma se desiderate andare a letto subito, non sarò io a costringervi. Volete che chiami un taxi?

- Sì, grazie!

Giorgio andò a parlare con un negro, che si trovava vicino all’uscita e ritornò subito dopo.

- Una Chevrolet vi sta aspettando, buonanotte e sogni d’oro. Vi invito domani al Norfolk, mi dispiace non accompagnarvi, ma sono un tipo nottambulo e, quindi, resto ancora un po’ all’Equatore.

- Arrivederci Prof Rovi.

- Arrivederci

- A che ora dobbiamo stare al suo Hotel?

- All’una e mezza.

- Va bene

- Buona Notte

- Buona notte. Felici bagordi.

- Grazie…

Due europei vestiti in giacca e cravatta alzano i bicchieri per la macchina fotografica appoggiata al bancone del bar zebrato dell'Equator Club,  21 Settembre 1957 (CC BY-NC-SA 4.0, Bristol Archives: British Empire & Commonwealth Collection, 2001/090/1/1/18078)

I coniugi Smith se ne andarono e, quando Giorgio rimase solo (per modo di dire, in quanto il night club era abbastanza affollato), salì al piano di sopra, dove c’era un’ampia terrazza ed un secondo bar. Ordinò una birra e con il bicchiere in mano si appoggiò alle sbarre di protezione. La vetta nevosa del Kilimangiaro, che a sud si poteva scorgere solo in giornate particolarmente chiare, era all’oscuro. Nairobi era illuminata qua e là. Le luci al neon dei locali notturni e degli alberghi, le lampade al sodio delle strade, i fari anabbaglianti delle auto, che correvano veloci, gli facevano ricordare quella notte di tanti anni prima, quando ancora ragazzo era andato a vedere la Rassegna di Elettronica all’EUR (Roma) [22.6.1962], ed era ritornato a casa alle 3 e mezza! Ora era assai “diverso”, pensò... 

 CONTINUA: LA VISITA DELLA CITTA' DI NAIROBI