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lunedì 13 gennaio 2025

34 BIS. UNA STORIA DELL'ANTROPOLOGIA IN 61 PERSONAGGI E UNA SPEDIZIONE INTERCONTINENTALE TRA AMERICA E RUSSIA. DA: LE GRANDI AVVENTURE DELL’ANTROPOLOGIA. VOLUME I°, DA ADOLF BASTIAN A VINIGI LORENZO GROTTANELLI

 

Guerrieri Zande, foto Czekanowski
[Jan Czekanowski, 1882-1965, spedizione germanica nell'Africa Centrale, 1907-1908]  

Quando nel lontano 1980 apparve il sesto volume dell’Enciclopedia della Curcio: Le Grandi Avventure dell’Archeologia, ero reduce da tre sole sessioni di ricerca antropologica sul campo (Africa, Mesoamerica): nel 1976 nella cittadina multietnica di Isiolo, a nord del Monte Kenya, nel Kenya settentrionale; nel 1978 nel piccolo villaggio di indios Huave di Santa Maria del Mar, nell’istmo di Tehuantepec (Oaxaca, Messico); nel 1979 nella cittadina multietnica di Malakal, nella Provincia del Nilo Superiore (Sud Sudan).

   Oltre agli usuali problemi d’ordine burocratico e alle difficoltà logistiche, che immancabilmente attendono al varco ogni ricercatore non “da tavolino”, a quei tempi già ero incorso in diverse “avventure”, tutte comunque andate a lieto fine. 

Così, dopo aver collaborato con diapositive (Messico, Grecia, Italia meridionale) all’apparato fotografico dell’Enciclopedia, pensai che sarebbe stato fantastico riuscire a realizzare l’“equivalente” antropologico! 

Progetto che a quei tempi era forse troppo grande per le mie “possibilità”, così che non andò in porto…

   Oggi ritengo che età ed esperienza mi consentano di presentare ai lettori questa nuova trilogia interamente dedicata agli Antropologi.

 Vi ho raccolto, debitamente illustrate da foto d’epoca, le schede di 61 personaggi

Oltre a quella relativa ad una spedizione antropologica intercontinentale, svoltasi tra America del Nord e Asia a cavallo tra il secolo XIX e XX.

   Se possiamo affermare che, in generale, conosciamo i contributi fondamentali apportati alla disciplina dai numerosi studiosi “incontrati” sul nostro cammino, al di là di teorie, idee, correnti di pensiero e scuole nazionali, sappiamo invece poco, o nulla, dei singoli e diversificati percorsi esistenziali. 

Infatti spesso, al di là delle righe scritte dai ricercatori, c’è esclusivamente il nulla. 

Ove ad hoc non abbiamo potuto approfondirne la vita. 

Circostanza secondo me determinante per comprendere appieno ciò che ritroveremo all’interno di un discorso scientifico. 

Se poi, per ipotesi, siamo in possesso di qualche elemento in più, spesso è lì, appiccicato nel vuoto “più spinto”, slegato dalla realtà, frammentato…

   Eppure gli uomini e le donne che hanno un “posto” in questa mia galleria virtuale, ciascuno nel proprio campo e nel proprio paese, sono personaggi indubbiamente d’eccezione e valgono, non solo per ciò che hanno fatto all’Università, o sul terreno. 

Tutti loro hanno difatti apportato straordinari contributi a scienza e conoscenza. 

Molti hanno avuto echi di portata mondiale e storica. 

E il loro vissuto continua tuttora a stupirmi. 

Poiché, man mano che mi sono addentrato nelle loro vite, sono rimasto sempre più colpito ed attratto da quelle che sono state le profonde passioni, che li hanno guidati sui loro strabilianti, se non unici, itinerari esistenziali e scientifici. 

Peraltro spesso in tempi ed epoche dove pressoché tutto risultava difficoltoso, pionieristico, pericoloso, impossibile. 

Poiché ci si doveva inoltrare con pochi mezzi, a volte anche con scarsi riconoscimenti, in terreni “geografici” e “culturali” prima di allora mai violati. 

Osservando e partecipando alla vita dei popoli più diversi, in particolare di quelli un tempo definiti “primitivi”. 

Rischiando spesso la vita.

Sempre ricercando la Verità e le risposte a mille interrogativihanno studiato le sfaccettature culturali dei gruppi umani.

 “Diversità” che rendono comunque tutti noi “uguali”: nelle emozioni, nei sentimenti, nei bisogni primari, nella dignità umana… 

Così, al di là delle loro asettiche descrizioni scientifiche, ho sempre cercato di apprendere: come siano arrivati sul campo e perché, cosa e chi hanno incontrato.

   Trattando di Antropologi, non posso fare a meno di citare alcuni aneddoti personali. 

A cominciare dal fatto che, sia pure on line, anni addietro fui accettato come membro dallo storico Explorer’s Club di New York. 

Il primo risale agli ultimi anni della collaborazione all’Osservatore Romano (Terza Pagina e supplemento domenicale). 

Quando inaspettatamente scoprii in redazione, con indubbia soddisfazione, come fossi considerato l’Indiana Jones del giornale. 

In quel momento il pensiero mi riportò indietro di oltre una ventina d’anni. 

Allorché nel 1979, al mio rientro a Khartoum dalla prima ricerca sul campo a Malakal, il Direttore dell’Agip Sudan Ltd. mi svelò come nell’ambiente degli expatriates europei, dopo la mia determinata partenza per l’ignoto…, ero stato soprannominato: Dr. Livingstone.

 In effetti loro, che si spostavano nelle vicine oasi con almeno un paio di fuoristrada, cuoco e kit d’emergenza medico-chirurgica al seguito, erano rimasti “sconvolti” per il fatto che, poco dopo essere giunto nella capitale sudanese, ero intenzionato a spingermi per 850 km a sud, con un paio di valigie e il borsone con il registratore e la pesante attrezzatura fotografica di quei tempi. 

Attraversando in jeep il deserto fino a Kosti, per poi risalire lo storico Nilo Bianco su un vetusto battello a pale posteriori per quattro lunghissimi e straordinari giorni…

Questo volume contiene i primi venti protagonisti delle Grandi Avventure dell’Antropologia. 

Alcuni di essi si spinsero nelle inesplorate boscaglie del Mato Grosso e del Paraguay popolate dalle tribù indie - dove un italiano vi perderà la vita -. 

Ma si recarono anche tra i pellerossa delle praterie e dei semi-desertici altopiani del Far West. 

Per conoscerli, studiarli, registrarne i canti. 

Addirittura vivere con loro. 

Come loro. 

Cioè: “andando nativi”. 

In un caso cercarono anche di “difenderli”. 

Nell’Insulindia incontrarono i cannibali del Borneo e studiarono gli isolani di Alor. 

Nell’Asia sud-orientale si imbatterono nei popoli che vivevano sulle montagne e sopra le barche. 

Più volte attraversarono da ovest ad est il Continente Nero e nell’Africa centro-orientale scoprirono una moltitudine di popoli, mentre in quella occidentale un colpo di fortuna li fece incappare in uno straordinario “cantastorie”, un vecchio e cieco griot

In seguito dovettero anche prendere atto come egli appartenesse ad un popolo che sapeva dell’esistenza di Sirio B, stella nana visibile solo con il telescopio

E che dire di uno dei maestri dell’antropologia, che si interessò ai nudi Nilotici, ma anche ai Zande

Noti nella letteratura ottocentesca come Niam Niam, poiché cannibali

Ecco ora arrivare colui che, con le sue molteplici spedizioni, riscoprì prima di ogni altro lo spessore culturale delle civiltà autoctone africane. 

Infine un altro italiano a me molto caro, conosciuto quando ero ancora un ragazzo, scelse l’Africa come campo di ricerca.

 Trascorrendo la sua vita scientifica tra Etiopia, Somalia e Ghana.

 Anche gli Inuit, cioè quelli che prima del “politically correct” tutti noi chiamavamo “eschimesi”, hanno qui un loro pregevole testimone, che potremmo definire emico, cioè “dal di dentro”, avendo una moglie Inuit… 

Inoltre c’è una donna coraggiosa che, all’inizio del XX secolo, si spinse in Siberia fin sulle remote coste del Mar Glaciale Artico.

 Grazie ai Papua della Nuova Guinea. alle Salomone e alla Polinesia qui sono rappresentati anche gli isolani degli arcipelaghi dell’Oceania.

Guerrieri di Owa Raha, isole Salomone, con lance e clave scutiformi [a forma di scudo], foto Bernatzik, 1936
[Hugo A. 
Bernatzik, 1897-1953]

Al tedesco Adolf Bastian l’onore di aprire il volume: ha fondato a Berlino il primo Museo Etnografico al mondo e trascorso quasi un terzo della sua vita in lunghi e complessi viaggi intorno alla Terra e nei paesi più lontani e sconosciuti. 

Trasformando la sua inesauribile curiosità per il “diverso” in una straripante passione scientifica per l’Etnologia e l’Etnografia.

LE GRANDI AVVENTURE DELL’ANTROPOLOGIA 

Antropologi culturali, sociali, fisici, applicati, etnologi, etnografi, etnomusicologi, etnostorici. Vol. 1: da Adolf Bastian a Vinigi L. Grottanelli 

E-Book e versione cartacea in bianco e nero di grande formato (16,99 x 24,4), 171 pp., 87 note, 145 immagini

E-Book: https://www.amazon.it/dp/B07GKR6BKP


Versione cartacea: https://www.amazon.it/dp/1719852340

SOMMARIO

1. Le "idee elementari" delle culture umane: lo studioso tedesco Adolf Bastian, uno dei padri dell'etnologia contemporanea

2. Tra "gli spiriti delle foglie gialle": Hugo A. Bernatzik, uno dei massimi etnologi e viaggiatori austriaci"

3. Tra i miti e le realtà del Borneo favoloso: l’esploratore ed etnografo norvegese Carl Alfred Bock, uno tra i primi studiosi dei Dayaks

4. Un artista tra gli indios del Mato Grosso: Guido Boggiani, pittore, fotografo, esploratore ed etnografo, morto in circostanze misteriose

5. George Catlin, pittore-etnografo, spese la sua vita per difendere e far conoscere il mondo in rapida scomparsa degli indiani d'America

6. La saga di Ténatsali “Fiore medicinale”: Frank H. Cushing, uno dei più singolari esponenti della Storia dell’Antropologia

7. La polacca Maria Antonina Czaplicka e la sua ricerca sul campo nell’artico siberiano

8. Un polacco in Africa centrale: l’antropologo Jan Czekanowski protagonista della prima missione scientifica nei Grandi Laghi

9. Un genovese in Nuova Guinea: Luigi M. D'Albertis, primo europeo a esplorare la terra degli uccelli del paradiso

10. La grandiosa opera etnomusicologica di Frances T. Densmore sui canti degli Indiani delle Pianure

11. Lo Xingú, un remoto angolo di mondo: Karl von den Steinen con le sue complesse esplorazioni scientifiche nel Mato Grosso è il “padre dell'etnologia brasiliana”

12. Tra i "sapienti" Dogon del Mali: gli importanti studi sull'Africa occidentale dell'etnologa francese Germaine Dieterlen

13. Storie di vita nelle Indie Olandesi: l'antropologa americana Cora A. Du Bois nell'isola di Alor compì studi fondamentali sulla cultura e la personalità dei nativi

14. Fred Eggan antropologo moderno. Lo studioso statunitense che ha saputo coniugare etnologia storica e struttural-funzionalismo

15. Lo studio sistematico del popolo dei Nuer: Edward Evans-Pritchard, maestro dell'antropologia sociale britannica

16. Un "ragazzo" tra i Maori: l'antropologo neozelandese Sir Raymond Firth

17. Il “Grande Peter” degli Inuit artici: la vita avventurosa dell’esploratore e antropologo danese Freuchen

18. Con ricerche audaci e "fuori dal coro" l'esploratore tedesco Leo Frobenius rivoluzionò gli studi etno-antropologici, restituendo all'Africa la propria storia

19. Un appassionato studioso dell'Uomo dalle biblioteche alle piste dell'Africa occidentale: l'antropologo francese Marcel Griaule, maestro di generazioni di ricercatori

20. Lungo la via maestra dell'etnologia italiana, un nome su tutti spicca nella ricerca sul campo e nell'analisi teorica: quello di Vinigi L. Grottanelli


sabato 4 gennaio 2025

29 TER. CRETA, L’ISOLA DEL MITO PER ANTONOMASIA. II PARTE. DA: ALLA SCOPERTA DI MEGALI NÍSI, L’ISOLA DI CRETA. STORIA, ARCHEOLOGIA, NATURA, CULTURA

 

Carta di Creta ottomana

Cosa c'è nel libro: 
Introduzione; 1. Dove l’Oriente incontra l’Occidente: Storia dell’isola di Creta. Dalla Civiltà Minoica al termine della seconda dominazione Bizantina (2700 a.C.-1204 d.C.); 2. Storia di Creta: dalla dominazione veneziana all’occupazione germanica (1204-1945); 3. La città…? Per i cretesi è solo Herákleion!; 4. Il Museo Archeologico di Herákleion; 5. Evans a Cnosso: una ricerca archeologica di una vita; 6. Architettura e ingegneria “naturalistica” e d’avanguardia nel Palazzo Minoico di Cnosso; 7. L'Archeologia italiana a Creta: la città romano-bizantina di Górtina, quella Minoica di Festo; 8. Viaggio verso l'Ovest cretese: Georgioúpoli, Haniá e Réthimno (Georgioúpoli; Haniá; Réthimno); 9. Nella torre Firka di Haniá, il secondo Museo Marittimo della Grecia; 10. Nell'Oriente cretese, tra siti minoici, splendidi centri turistici, antiche città sommerse, tradizionali villaggi di montagna (Hersoníssos e Mália; Ágios Nikólaus; Eloúnda; Kritsá); 11. Nell'invincibile fortezza veneziana di Spinalónga (Golfo di Mirabello, Creta orientale), l’ultima colonia di lebbrosi d'Europa; 12. Sulle sponde del Mare Libico, Creta meridionale: Mátala e Frangokástelo; 13. Sfakiá, una Barbagia cretese; 14. Viaggiatori a Creta dei secoli XII-XV: pellegrini e crociati; 15. Viaggiatori a Creta dei secoli XV-XIX: umanisti, diplomatici, partecipanti al Grand Tour, scrittori, studiosi, artisti, antiquari, archeologi; BIBLIOGRAFIA 

... 

La posizione geo-culturale di Creta tra tre continenti (Africa, Asia ed Europa) nel bene e nel male ha influito fortemente sulla sua storia, che più complessa di così non poteva essere... 

Fin dai tempi più antichi l'isola ha infatti conosciuto invasioni di genti provenienti "indifferentemente" dai tutti e tre i continenti... Iniziarono gli achei (Micenei), seguiti da dori, romani, bizantini dell'impero d'Oriente, saraceni, nuovamente bizantini. 

Un regime oppressivo fu imposto dai veneziani, preceduti nell'area di Ágios Nikólaus e di Haniá-La Canea dai Genovesi. 

Ecco infine sbarcare i turchi ottomani: nel 1645 cadde La Canea, nel 1646 Réthimno, nel 1647 il resto dell'isola. 

La conquista del capoluogo Candia (Herákleion) è rimandata al 1669. 

Ben 21 anni d'assedio e 69 assalti degli ottomani saranno necessari per piegare veneziani e isolani, costando la vita a 110.000 ottomani e 30.000 cristiani. 

L'ultimo baluardo europeo, l'isola di Spinalónga, resistette ancora per molti anni, fino al 1715.

   I turchi dominarono Creta per più di due secoli (1669-1898), salvo un breve interludio egiziano (1827-1840).

   Alcuni anni di autonomia (1898-1913) garantita dalle potenze europee, Italia compresa, anticiparono la tanta agognata Enosis, la riunificazione alla Grecia. 

Ma le indicibili violenze venute da lontano non erano ancora terminate. 

Neanche trent'anni di libertà e nel 1941-1944 ecco pure quelle tedesche...

Di fronte alle ricorrenti, plurisecolari, "ondate lunghe" dell'oppressione, gli isolani fecero uscir fuori per intero il loro straordinario carattere. 

Dimostrandosi forti, orgogliosi, testardi, determinati, coraggiosi, eroici. 

D'altronde la maggior parte di loro non era formata da rudi montanari, come gli sfakioti che, per loro conto, ricorrevano regolarmente alla vendetta del sangue per i torti subiti? 

Nel contempo essi non si rifiutarono di sacrificare la loro vita pour cause: fino all'ultimo uomo, fino all'ultima orrenda tortura.

   L'aspro carattere cretese sarebbe dovuto venire alla luce ben presto.

 Fin dalla distruzione di Cnosso, causata forse da una ribellione. 

Se questa è solo una delle ipotesi formulate dagli studiosi, abbiamo invece sicuri riscontri sulla storia più recente dell'isola.

 Caratterizzata, come si è visto, da una sequela di dominazioni, ma anche da un altrettanto infinita serie di ribellioni, rivolte e insurrezioni. 

A partire da quelle contro i veneziani: una dozzina nel XIII secolo e ancora nei secoli XIV e XV. 

Nell'ultima furono giustiziati il capo sfakiota Kandanóleon, con i suoi famigliari e numerosi sostenitori. 

Nel 1770 iniziarono ancora a Sfakiá le ribellioni contro i turchi.

 Allora Daskaloyiánnis, "Giovanni l'insegnante", alias Ioánnis Vláhos, di Anópoli, capo carismatico dei palikáres (combattenti per la libertà) fu fatto scorticare vivo dal Pasha Megálo Kástro (altro storico toponimo di Herákleion). 

Da allora sempre più si evidenziò il ruolo decisivo che, in futuro, avrebbero giocato i montanari sfakioti nelle rivolte per la libertà. 

Andartes (ribellioni) ci furono così negli anni 1821 (coeva alla guerra d'indipendenza greca, ottenuta nel 1827), 1841, 1858, 1864, 1865, 1866, 1878, 1889, 1896.

L’esercito turco attacca nel 1867 il monastero di Arkádiou
(Illustrated London News)


Rivoluzionario cretese del XIX secolo

   Il XX secolo non fu da meno, poiché subito dopo la battaglia di Creta furono sferrate numerose azioni partigiane contro i tedeschi.

   Nonostante questo plurisecolare continuum di lotte sanguinose, l'abitante di Creta molto imprevedibilmente rivela una speciale predisposizione positiva nei confronti degli stranieri. 

Come in più occasioni ho personalmente verificato. 

D'altronde c'è chi sostiene come l'affabile ospitalità dei cretesi arrivi a peccare di philoxénia (amore verso lo straniero). 

Un obbligo nel contempo sociale e religioso, che si aggiunge al suo carattere generoso... 

Il tutto poi stride fortemente con il fatto che, fin dall'epoca del filosofo cretese Epimenide, che sostenne come un "onesto cretese" fosse una contraddizione in termini, sovente l'isolano sia portato a contraffare verbalmente la realtà: antico retaggio di un'involontaria difesa contro lo straniero?

Da: ALLA SCOPERTA DI MEGALI NÍSI, L’ISOLA DI CRETA.
STORIA, ARCHEOLOGIA, NATURA, CULTURA
E-Book, versione cartacea a colori - I e II ediz. - e in bianco e nero, 153 pp., 179 foto, di cui 148 a colori (128 sono dell’A.)


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TUTTI I DATI (ECONOMICI, STATISTICI, DEMOGRAFICI, ETNOGRAFICI, ECC.) CONTENUTI NEI MIEI LIBRI SONO STATI ACCURATAMENTE VERIFICATI, INTEGRATI E AGGIORNATI AL MOMENTO DELLA LORO PUBBLICAZIONE.

lunedì 30 dicembre 2024

29 BIS. CRETA, L’ISOLA DEL MITO PER ANTONOMASIA. I PARTE. DA: ALLA SCOPERTA DI MEGALI NÍSI, L’ISOLA DI CRETA. STORIA, ARCHEOLOGIA, NATURA, CULTURA

 

Statuetta della piccola dea dei serpenti ( 1600 a.C.), Cnosso (Sala IV, vetrina 50), Museo Archeologico di Herákleion
 Franco Pelliccioni

Cosa c'è nel libro: 
Introduzione; 1. Dove l’Oriente incontra l’Occidente: Storia dell’isola di Creta. Dalla Civiltà Minoica al termine della seconda dominazione Bizantina (2700 a.C.-1204 d.C.); 2. Storia di Creta: dalla dominazione veneziana all’occupazione germanica (1204-1945); 3. La città…? Per i cretesi è solo Herákleion!; 4. Il Museo Archeologico di Herákleion; 5. Evans a Cnosso: una ricerca archeologica di una vita; 6. Architettura e ingegneria “naturalistica” e d’avanguardia nel Palazzo Minoico di Cnosso; 7. L'Archeologia italiana a Creta: la città romano-bizantina di Górtina, quella Minoica di Festo; 8. Viaggio verso l'Ovest cretese: Georgioúpoli, Haniá e Réthimno (Georgioúpoli; Haniá; Réthimno); 9. Nella torre Firka di Haniá, il secondo Museo Marittimo della Grecia; 10. Nell'Oriente cretese, tra siti minoici, splendidi centri turistici, antiche città sommerse, tradizionali villaggi di montagna (Hersoníssos e Mália; Ágios Nikólaus; Eloúnda; Kritsá); 11. Nell'invincibile fortezza veneziana di Spinalónga (Golfo di Mirabello, Creta orientale), l’ultima colonia di lebbrosi d'Europa; 12. Sulle sponde del Mare Libico, Creta meridionale: Mátala e Frangokástelo; 13. Sfakiá, una Barbagia cretese; 14. Viaggiatori a Creta dei secoli XII-XV: pellegrini e crociati; 15. Viaggiatori a Creta dei secoli XV-XIX: umanisti, diplomatici, partecipanti al Grand Tour, scrittori, studiosi, artisti, antiquari, archeologi; BIBLIOGRAFIA 
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Nonostante le carte la facciano sembrare distantissima, non è poi così difficile arrivare dall'Italia all'isola di Creta. 

Qualche difficoltà invece la si può incontrare allorché ci si sposta al suo interno. 

Nonostante la presenza sulla costa settentrionale di una strada, eufemisticamente definita “autostrada” (ha diversi tratti a doppia corsia) grazie alla quale abbastanza facilmente si può andare da Ágios Nikólaus (ad est) fino ad Haniá nell'ovest, passando per il capoluogo Herákleion e Réthimno...

   A bordo dell’aereo di linea delle Aegean Airlines, che in soli cinquanta minuti di volo mi stava portando da Atene ad Herákleion, le condizioni viarie dell'isola non erano certamente comprese nei miei pensieri. 

Come più volte era capitato nel corso dei miei viaggi di avvicinamento, mi stavo invece domandando cosa ci si poteva aspettare dalla quinta più grande isola del Mediterraneo, con una superficie di poco inferiore a quella della Corsica. 

Sapevo come fosse l’isola del Mito per antonomasia. Vi era nato Zeus e a Cnosso si trovava il labirinto del Minotauro fatto costruire da Minosse. 

Creta era quindi la patria del mito dei miti...  

Per gli archeologi l'isola è in effetti un autentico Eldorado

Non solo perché la cultura minoica del bronzo, ampiamente presente con i suoi grandiosi e stupendi Palazzi, ha preceduto per splendore quella greca classica. 

Accanto alle aree archeologiche universalmente note, come Cnosso, Festo, Mália, il suo territorio è costellato, infatti, da decine e decine di centri minoici grandi e piccoli: città palaziali, insediamenti, ville, grotte cultuali, santuari, necropoli, abitati-rifugi protogeometrici. Oltre a città arcaiche, romane e proto-bizantine...

   Da tempo anche per me era scattato quel bizzarro meccanismo che fa sì che ciò che è distante spesso sia più ricercato di ciò che è a noi più vicino. 

Così che, nonostante vent’anni di ricerche tra Atlantico e Pacifico mi avessero avvicinato ad isole e arcipelaghi geo-spazialmente eccentrici rispetto al Mare Nostrum, realmente poche, tanto da contarsi sulle dita delle due mani, erano le isole mediterranee a me note: l'Elba e la croata Krk (vacanze); Capri, le isole della laguna veneta, il Giglio, la greca Egina (visite); le Tremiti (un febbrile periodo di osservazioni e di cacce subacquee in apnea); la Sicilia (una rapidissima “sniffata” nel porto di Messina per acquistare in una bancarella il tanto desiderato pupo). 

Il risultato non cambia se al magro "bottino" sono in grado di aggiungere l'altrettanto mitica Montecristo…

   Il viaggio autunnale, che mi ha condotto in due grandi isole greche del Mediterraneo Orientale (l'altra era Rodi), aveva quindi un duplice aspetto cognitivo: rimediare in qualche modo al gap; raccogliere elementi e dati che, aggiungendosi a quelli ottenuti nelle Canarie (Lanzarote e Fuerteventura), fossero in grado di offrirmi utili comparazioni storico-culturali e geo-ambientali con i più lontani mondi insulari.

   Creta è certamente immensa. 

Se per i greci è Megali Nísi, la "grande isola", per i cretesi è addirittura un continente. In effetti anche al viaggiatore appare ben più grande di quanto sia in realtà. 

Poiché nell'arco di pochi chilometri: appena al di là di una montagna, di una baia, di un promontorio, vi si ritrovano i più diversi ecosistemi e paesaggi. 

Curiosamente le distanze tendono ad "allungarsi" anche per la presenza di una serie di aspre montagne, che dividono il nord dal sud e che si superano solo grazie ad alcune tortuosissime valli latitudinali.

   Contribuiscono a rafforzare l'immagine di una grande Creta anche le tuttora difficili condizioni viarie generali. 

Tanto che più volte sono andato con il pensiero a certe strade percorse in Africa orientale. 

Mentre gli "esagerati" andamenti e le pendenze delle strade di montagna mi hanno invece ricordato quelle islandesi, anche per la presenza di forti raffiche di vento... 

L'estrema pericolosità delle strade (per le loro condizioni e per la guida "disinvolta" della maggior parte dei conducenti locali) è testimoniata in ogni angolo dell'isola dalla presenza di cappellette "in memoriam". 

So bene, inoltre, come esistano numerose piste utilizzabili solo dai fuoristrada e come alcuni insediamenti nel sud siano raggiungibili esclusivamente per via mare.

   D'altronde fino agli anni '1970 riusciva assai difficoltoso inoltrarsi nelle montuose regioni centrali. 

L'intero percorso andava affrontato a piedi o a dorso di mulo. 

Oggi le difficoltà non sono scomparse del tutto. 

Ad esempio l'itinerario che si deve obbligatoriamente seguire per giungere nel sud a Frangokástelo, attraversando l'impervia regione di Sfakiá, da altri definito come "uno dei più eccitanti viaggi automobilistici di Creta", è una serpeggiante successione di arrampicate, discese e curve a gomito, che si affrontano confidando che gli autoveicoli in senso contrario non si discostino troppo dal loro lato...

   L'isola è caratterizzata da un clima mite tutto l'anno, ma anche da una nutrita presenza di venti, secondo la stagione e la provenienza. 

In primavera, alzando turbini di polvere, arriva dal Nord Africa e dalla Libia il subdolo sorokos, tanto temuto dai vecchi pescatori che, tradizionalmente, si andavano subito a rifugiare nei porti. 

D'estate per una quarantina di giorni soffia da nord ovest il fresco meltemia, assai bene accetto, perché rende sopportabili le temperature tropicali del periodo. 

Da ovest c'è poi il garbis, mentre il boreas soffia all'inizio dell'inverno.

CONTINUA

   Da: ALLA SCOPERTA DI MEGALI NÍSI, L’ISOLA DI CRETA. STORIA, ARCHEOLOGIA, NATURA, CULTURA

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sabato 28 dicembre 2024

308. IL COMANDANTE DEL BOUNTY: WILLIAM BLIGH (1754-1817). Ottimo navigatore e cartografo, coraggiosissimo, ha una prodigiosa conoscenza di scienza e matematica; Cresce letteralmente a bordo delle navi; A ventidue anni ufficiale di rotta sulla Resolution di Cook, nel terzo viaggio intorno al mondo; A Tahiti per raccogliere gli alberi del pane; L'ammutinamento: Bligh e diciotto uomini sono costretti ad imbarcarsi su una scialuppa. In 47 giorni arriva a Timor, dopo aver navigato per 6.000 km; Un'impresa unica nella storia della navigazione: una navigazione di precisione infinitesimale, che ha unito due puntini tra loro remotissimi, con un lungo e invisibile filo. Da: MASTERS & COMMANDERS VERSO L’IGNOTO. NAVIGAZIONI STRAORDINARIE AI CONFINI DELLA TERRA. PARTE II: XIX SECOLO

 

Lo schema del Bounty

Premessa

Per molti anni (dal 1995 al 2012) ho collaborato alla storica Rivista Marittima, pubblicando anche un supplemento sull’isola di Creta, oltre che al Notiziario della Marina. Inoltre sono stato onorato più volte dei Patrocini che lo Stato Maggiore della Marina Militare mi ha concesso per le ricerche condotte in Atlantico (tra il 1982 e il 1998), nell’ambito del mio Programma sulle Comunità Marittime dell’Atlantico del Nord.

Cosa c'è nel libro:

William Bligh, 1754-1817; Urey Fyodorovich Lisianski, 1773- 1837 e Johann von Kruzenstern, 1770-1846; Matthew Flinders, 1774 -1814; John Ross, 1777-1856;  Fabian Gottlieb Thaddeus von Bellingshausen, 1778-1852; Sir John Franklin, 1786-1848; Alla ricerca via mare della Spedizione FranklinElisha Kent Kane, 1820-1857; Robert McClure, 1807- 1873; Sir Francis Leopold Mc Clintock, 1819-1907Alla ricerca via terra della spedizione FranklinJohn Rae, 1813-1893; William Scoresby Jr. 1789-1857;  William Edward Parry, 1790-1855; Elling Carlsen, 1819-1900; Arciduca Ferdinando Massimiliano (Max) d’Asburgo, 1832-1867; Nils Adolf Erik Nordenskjöld, 1832-1901; Enrico Alberto  D’Albertis, 1846-1932; La Missione in Asia della Ostasiengeschwader, la Squadra Prussiana dell’Asia Orientale (1860-62);  Otto Sverdrup, 1854-1930;  Fridtjof Nansen, 1861-1930.

...

IL COMANDANTE DEL BOUNTY: WILLIAM BLIGH (1754-1817) 

 Ebbene sì, è proprio lui, il famigerato comandante del Bounty, il comandante “cattivo” per antonomasia, come lo ha immortalato la cinematografia! 

In effetti è personaggio del tutto “particolare”. 

Anche perché dai due film che vidi sul Bounty scaturiva una personalità decisamente antipatica. 

Bligh viene ricordato nella Storia della Navigazione

Eppure non tutti sanno (...) come proprio Bligh abbia conquistato un suo “posto” nella storia della navigazione. 

(...) Dando come ampiamente noto quello che è stato il più celebre ammutinamento di tutti i tempi, vanno però precisati alcuni fatti e circostanze. 

A cominciare dal comportamento di Bligh, duro e inflessibile, del resto non tanto dissimile da quello osservato da altri comandanti della Royal Navy

Specialmente quando parte dell’equipaggio è stato sciangaizzato, cioè arruolato forzosamente, o si dovevano effettuare (...) missioni esplorative (...) in regioni poco o nulla conosciute, perciò potenzialmente assai pericolose: “il perfetto comandante di una nave della marina militare britannica doveva essere inflessibile, e largheggiare più in punizioni che in premi e riconoscimenti” (...). 

 Ottimo navigatore e cartografo, coraggiosissimo, ha una prodigiosa conoscenza di scienza e matematica 

 In effetti William Bligh è un buon ufficiale: ligio al dovere, ottimo navigatore e cartografo, coraggiosissimo, ha una prodigiosa conoscenza di scienza e matematica. 

Non a caso sarà sponsorizzato nientemeno che dal Banks,  l’influentissimo Presidente dell’altrettanto potente Royal Society

Nel temperamento di Bligh invece scarseggia (...) la duttilità (...)

(...) al contrario dei suoi ufficiali e di molti colleghi, tutti sfornati dall’Accademia, egli proveni[va]sse dalla gavetta.

 Nel suo caso lo scrupoloso (...) “rispetto delle regole” è anche una sottilissima questione di revanche

Cresce letteralmente a bordo delle navi

Lui, che è stato severamente forgiato dal mare, del quale conosce ogni minimo segreto, avendolo frequentato fin da bambino, perché è letteralmente cresciuto a bordo delle navi. 

(...) Tutto ciò sarà di fondamentale importanza per il suo futuro di ufficiale ma, soprattutto, per la sopravvivenza sua e di quella degli uomini imbarcati su quel guscio di noce, che dovrà affrontare il più temibile degli oceani, il Pacifico… 

Oltre tutto un’involontaria spinta alla secessione l’aveva fornita lui stesso (...) a Tahiti. 

Lasciando, nella paradisiaca isola, “briglia sciolta” ai suoi uomini (...) 

(...) a sette anni sale per la prima volta a bordo di una nave, in qualità di domestico del capitano del Monmouth

A sedici (...) si arruola nella Marina come marinaio (Hunter).

A ventidue anni ufficiale di rotta sulla Resolution di Cook, nel terzo viaggio intorno al mondo

(...) Nel 1776-1780 è ufficiale di rotta sulla Resolution di Cook, nel suo terzo e ultimo viaggio intorno al mondo: è fresco di brevetto e ha solo ventidue anni. 

Ha il mondo nelle sue mani! 

 (...) L’approfondita conoscenza dei Caraibi, di Tahiti e del Pacifico, nonché la riconosciuta abilità come navigatore, inducono Banks a raccomandarlo all’Ammiragliato. 

A Tahiti per raccogliere gli alberi del pane

Dovrà andare a Tahiti con il Bounty (1787-89) a raccogliere gli alberi del pane da portare nelle Indie occidentali sull’orlo della carestia.

 Una volta trapiantati, forniranno cibo a buon mercato agli schiavi delle piantagioni. 

 Dopo aver finito di caricare le piantine, il Bounty lascia infine Tahiti il 4 aprile 1789. 

Lo storico ammutinamento avviene nella notte del 27. 

L'ammutinamento: Bligh e diciotto uomini sono costretti ad imbarcarsi su una scialuppa. In 47 giorni arriva a Timor, dopo aver navigato per 6.000 km

Il giorno successivo Bligh e diciotto uomini dell’equipaggio sono costretti ad imbarcarsi su una scialuppa (7,5 m per 2,30), che il comandante, grazie ad un incontenibile blend psicologico composto da furore, umiliazione, rabbia, orgoglio (...) condurrà in 47 giorni fin nella lontanissima isola di Timor. 

 Il 14 giugno a Kupang, nell’isola di Timor: “non eravamo che pelle ed ossa: membra coperte di piaghe e rivestite di stracci” (...). 

Con pochi viveri e acqua, senza mappe, ma con una bussola e un preziosissimo sestante, è riuscito a percorrere l’incredibile distanza di 6.000 km attraverso: Tonga, Figi, Nuove Ebridi, Grande Barriera Corallina e Capo York (Australia), Mar degli Arafura. 

Un'impresa unica nella storia: una navigazione di precisione infinitesimale, che ha unito due puntini tra loro remotissimi, con un lungo e invisibile filo

Una navigazione “mirata”, di precisione infinitesimale che, con un lungo e invisibile filo, ha saputo unire due puntini tra loro remotissimi. 

Forse sarebbe stato ben più semplice colpire la luna con un ipotetico archibugio a lunghissima gittata… 

Un’impresa unica nella storia, la sua, compiuta senza perdere un solo uomo. 

(...) Tornato in Inghilterra (...), a sua volta è deferito alla corte marziale. 

 Ma è solo la routine, poiché ha perso la nave! 

Assolto, è promosso capitano. 

(...) Nel 1791 l’Ammiragliato (...) lo invia nuovamente a Tahiti. 

Porterà infine a termine il compito a suo tempo assegnatogli, trasportando (...) alberi del pane nei Caraibi. 

Il progetto si dimostrerà comunque un fiasco colossale: i bianchi ritengono i frutti nauseanti e indigesti, gli schiavi si rifiutano di mangiarli. 

(...) nel 1801 sarà eletto Fellow della Royal Society per ciò che è riuscito a fare nel campo della nautica e della botanica (...). 

 Nel 1805 è nominato Governatore del Nuovo Galles del Sud (Australia). 

 L’inflessibilità, che anche nella colonia applica, per contrastare la diffusione dell’alcool, monopolizzato dai corrotti ufficiali della guarnigione, purtroppo ancora una volta “non paga” il buon Bligh, che fa esplodere la cosiddetta “ribellione del rum” (1808). 

(...) verrà sbattuto per un paio d’anni agli arresti domiciliari a Sidney! 

In Inghilterra (...) sarà poi la corte marziale a fargli giustizia (...)

Da: MASTERS & COMMANDERS VERSO L’IGNOTO.   NAVIGAZIONI STRAORDINARIE AI CONFINI DELLA TERRA. PARTE II: XIX SECOLO 

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giovedì 26 dicembre 2024

307. THOR HEYERDAHL, 1914-2003: Polinesia (Isole Marchesi e Tuamotu), Galapagos, Isola di Pasqua, Maldive, Perù, Canarie; traversate oceaniche (Pacifico, Atlantico, Indiano). Negli ultimi anni in più di un'occasione avevo "incontrato" Thor Heyerdahl al di fuori delle pagine dei libri; La zattera del Kon-Tiki (1947). DA: LE GRANDI AVVENTURE DELL’ANTROPOLOGIA. Vol. 2: da THOR HEYERDAHL AD ALFRED REGINALD RADCLIFFE-BROWN

Thor Heyerdahl, ca. 1980 (foto NASA)


Cosa c'è nel libro

Thor Heyerdahl,  Charles Hose, Everard im Thurn,  Jesup North Pacific Expedition 1897-1902 (Bogoras, Farrand, Fowke, Hunt, Jacobsen, Jochelson, Jochelson-Brodskaya, Laufer, Smith, Swanton, Teit, Franz Boas),  Clyde Kay Maben Kluckhohn,  Michel Leiris, Ralph Linton,  Henri Lhote, Robert Lowie, Jean Malaurie, Edward Man, Margaret Mead, Alfred Métraux, Ashley Montagu, Siegfried Nadel, Kurt Nimuendajú, Erland Nils Nordenskjöld, Hortense Powdermaker, John Wesley Powell, Charles Rabot,  Radcliffe-Brown,

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THOR HEYERDAHL, 1914-2003: Polinesia (Isole Marchesi e Tuamotu), Galapagos, Isola di Pasqua, Maldive, Perù, Canarie; traversate oceaniche (Pacifico, Atlantico, Indiano) 

Giovedì 18 aprile 2003, ad ottantasette anni d'età, si spegneva il grande Thor Heyerdahl nella ligure Colla Micheri (...). 

Nato nel 1914 a Larvik, nella Norvegia meridionale, da tempo era un ligure d'adozione, anche se nel 1990 si era trasferito a Tenerife, nelle Canarie, per essere vicino alle piramidi di Güímar, oggetto dell'ultima sua ricerca. 

Heyerdahl, che dal 2001 dirigeva una missione ad Azov (Russia) e all'inizio del 2003 era nelle Samoa per impostarne un'altra, si trovava a Colla Micheri per una riunione di famiglia (...). 

Dopo un breve ricovero ospedaliero, decideva di andare a morire nella sua casa, "poiché era tempo di appendere i remi e di cavalcare verso il tramonto" (...) . 

Per oltre mezzo secolo gli abitanti del "paese dei fiordi" hanno considerato l'etnologo norvegese come un mito vivente. 

Idealmente faceva parte di uno straordinario Pantheon di eroi norvegesi, comprendente Nansen, Amundsen e Ingstad (...), le cui imprese hanno legato tra loro ben tre secoli. 

 Pochi sono i nomi che, come quello di Heyerdahl, sono conosciuti in tutto il mondo. 

Anche se per forza di cose in questi ultimi anni il ricordo delle sue molteplici imprese si è appannato. 

Non solo perché l'età anagrafica avrebbe dovuto suggerire (...) un suo più che meritato "ritiro". 

(...) Ma anche perché altri sono oggi i valori (o i disvalori) e le "idee-guida" verso cui mass-media, social networks e opinion leaders veicolano l'attenzione di tutti. 

Ma per molti di noi, per almeno tre generazioni, Thor Heyerdahl era e resterà indelebilmente l'Uomo del Kon-Tiki. 

Grazie a quella sua prima ardita e grandiosa impresa, la cui brillante realizzazione si inverò sotto gli occhi di una moltitudine di popoli che (...) cercavano di uscire faticosamente dalle tenebre delle devastazioni (...) di una guerra mondiale. 

E la coraggiosa impresa di Thor Heyerdahl (...) seppe (...) far emozionare e sognare moltissima gente, in Italia come altrove. 

 Poiché la zattera del Kon-Tiki costituisce l'archetipo dell'avventura e del fantastico. 

 Un sogno ardito e incredibile realizzato grazie all'intuizione, all'inaspettato e insospettabile volo di fantasia di uno studioso non da tavolino. 

In un'epoca in cui erano al di là da venire i viaggi nello spazio e gli allunaggi, la cibernetica e l'informatica, Internet e le realtà virtuali, i raids in solitario intorno al mondo e gli sports "estremi". 

E la narrazione dell'impresa del Kon-Tiki (...) non poteva non far parte integrante, fin dai primi anni '1960, di una minuscola e ben selezionata serie di libri di viaggi, esplorazioni e ricerche etnologiche, che condizioneranno il mio futuro. 

 Negli ultimi anni in più di un'occasione avevo "incontrato" Thor Heyerdahl al di fuori delle pagine dei libri

L’avevo visto in televisione (...) in qualità di prestigioso testimonial dell'inaugurazione dei XVII Giochi Olimpici invernali di Lillehammer del 1994. 

 Ben più emozionante è stata la seconda volta, quando ad Oslo visitai il Museo del Kon-Tiki

(...) Qualche anno dopo la mia visita nella capitale norvegese, la Società Geografica Italiana ospitava la mostra: Thor Heyerdahl, l'uomo del Kon-Tiki

In quell'occasione constatai con piacere come lo studioso, ad oltre ottantadue anni d'età, fosse più che mai "sulla breccia". 

(...) Infine qualche tempo fa, a bordo di uno dei traghetti del suo grande amico e mecenate, il norvegese Fred Olsen, che mi portava dall’isola di Lanzarote a quella di Fuerteventura, avevo raccolto altre "nuove" sull'attività da lui svolta nelle Canarie. 

 La zattera del Kon-Tiki (1947) 

 Quello del Kon-Tiki è uno dei pochi musei al mondo in cui l'illuminazione scarseggia ad hoc. 

Ciò che è esposto va visto, sì, ma non più di tanto. 

 Piuttosto va intravisto, cercando di coglierne i particolari e l'atmosfera (...). 

Ciò che vi si trova va "letto" con il cervello, ma anche con il cuore, con i ricordi di letture e... con ammirazione e rispetto. 

Verso l'uomo che ha ideato tante imprese nei mari di mezzo mondo. 

In effetti la non molta luce interna è dovuta ad una comprensibile e rispettosa cautela conservativa. 

Poiché i materiali (...) sono estremamente fragili e deperibili. 

Non dimentichiamo come sia passato oltre mezzo secolo dalla prima impresa dell'Heyerdahl. 

Ecco quindi la zattera del Kon-Tiki, costruita in tronchi di balsa equadoregni e la barca di papiro Ra II. 

Con il Kon-Tiki Heyerdahl verificò nel 1947 l'ipotesi di una possibile colonizzazione delle isole polinesiane da parte di popolazioni precolombiane provenienti dal Sud America. 

Con la seconda provò nel 1970 la fattibilità di antiche navigazioni transatlantiche tra il nord Africa e il centro America. 

Due verifiche che solo un riscontro diretto avrebbe potuto avvalorare, secondo le ipotesi diffusionistiche (culturali) da lui propugnate. 1

 Certo fece una certa impressione stare di fronte al manufatto del Kon-Tiki (...). 

Una ricostruzione (...) di una tra le più semplici e antiche imbarcazioni che l'Uomo abbia utilizzato per spostarsi sull'acqua. 

Con essa l'Heyerdahl sfidò e vinse le inclementi forze della natura, i venti, le tempeste e le capricciose intemperanze del Pacifico, uno dei più temibili oceani che si conosca. 

In un così inconsistente e fragile guscio di noce l'Uomo del Kon-Tiki ha ripercorso una possibile via di emigrazione verso l'Oceania: da Callao (Perù) a Raroia (arcipelago delle Tuamotu), dopo 8.000 Km e 101 giorni di navigazione. 

Un'isola a non molta distanza da quella di Fatu Hiva (Marchesi) dove, nel corso della sua prima ricerca del 1937-38 (...) andò maturando l'idea della traversata. 

 “Io ero rapito. Caddi in ginocchio, affondando le dita nella rena asciutta e calda. 

 Il viaggio era finito. 

Eravamo vivi, 

Approdati su un’isola deserta del Mare del Sud. 

 E quale isola! (…) 

Ci stendemmo comodamente sul dorso, occhieggiando soddisfatti le nubi del passat che veleggiavano verso occidente di sopra le corone delle palme. 

Ormai non dovevamo più inesorabilmente seguirle: eravamo su un’isola immobile e salda dell’autentica Polinesia (…) 

Una notte i nostri radiotelegrafisti coronati di fiori riuscirono a comunicare col dilettante di Rarotonga, il quale ci trasmise un messaggio da Tahiti: era un cordiale benvenuto del Governatore della colonia francese del Pacifico. 

Dietro ordine di Parigi, egli aveva inviato il veliero governativo Tamara per trasportarci a Tahiti (...). 

 Tahiti era il nodo centrale della colonia francese, e l’unica isola che avesse comunicazioni con il resto del mondo (...) ” (...). 

Con il RA II Heyerdahl nel 1970 andò in 57 giorni dal Marocco (Safi) alle Barbados (6.100 Km). 

 I ricordi di letture giovanili, i riscontri e gli approfondimenti successivi, la conoscenza di particolari e di grandi tematiche, i miei personali "vagabondaggi" scientifici: in una parola l'intero background dello specialista, mi portarono a contemplare i simboli, ma anche gli "strumenti" pratici e concreti, che lo studioso norvegese sperimentò di persona, al posto di teorizzazioni fumose ed impeccabili dissertazioni. 

(...) Fin dall'epopea del Kon-Tiki i suoi equipaggi sono stati l'immagine stessa di una scienza senza frontiere e senza legami e di un pacifico internazionalismo, in tempi in cui la guerra fredda ribolliva più che mai. 

Non per niente le successive imprese del Ra [1970], a cui partecipò anche l'italiano Carlo Mauri, l’antropologo messicano Santiago Genovés (oltre ad uno studioso sovietico), ebbero l'altissimo patrocinio dell'ONU

Oltre tutto quest'ultima spedizione è stata la prima a lanciare un grido di allarme ecologico in tutto il mondo. 

Viaggiando sul pelo dell'acqua ci si accorse come l'inquinamento ambientale avesse ormai raggiunto anche il centro dell'Atlantico. 

 Si possono, o no, condividere le teorie dell'Heyerdahl, o accettarle solo in parte. 

 Ma già lo stesso Museo (...)  è in grado di raccontarci, non solo le sue "verifiche transoceaniche" (...), ma anche altre sue imprese, pregne di risultati scientifici, oggettivi e inoppugnabili (...): 

DA: LE GRANDI AVVENTURE DELL’ANTROPOLOGIA 

Antropologi culturali, sociali, fisici, applicati, etnologi, etnografi, etnomusicologi, etnostorici, 
Vol. 2: da THOR HEYERDAHL AD ALFRED REGINALD RADCLIFFE-BROWN
(181 pp., 131 note, 163 immagini - 1 è dell'A. -)



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Versione cartacea: https://www.amazon.it/dp/1728759420




34 BIS. UNA STORIA DELL'ANTROPOLOGIA IN 61 PERSONAGGI E UNA SPEDIZIONE INTERCONTINENTALE TRA AMERICA E RUSSIA. DA: LE GRANDI AVVENTURE DELL’ANTROPOLOGIA. VOLUME I°, DA ADOLF BASTIAN A VINIGI LORENZO GROTTANELLI

  Guerrieri  Zande , foto Czekanowski [Jan Czekanowski, 1882-1965, spedizione germanica nell'Africa Centrale, 1907-1908]   Quando nel lo...