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giovedì 17 ottobre 2024

243. Sulle tracce del MOVIMENTO VICHINGO D'OLTREMARE, ecco i tesori e i raffinati manufatti conservati dal Settecento presso il “MUSEO NAZIONALE DI ARCHEOLOGIA E STORIA” di DUBLINO. Da: DALLA VICHINGA DUBH LINN ALLA GAELICA BHAILE ÁTHA CLIATH. “PASSEGGIANDO” PER DUBLINO, E OLTRE…

 

Particolare della parte inferiore della Croce di Cong, Contea di Mayo, 1123 d.C. L’intera croce è alta 75 cm
(da Margaret Stokes, Notes on the Cross of Cong, 1895)

Cosa c'è nel libro: 

Premessa; Introduzione; L’eleganza di uno sviluppo urbanistico inaugurato nel XVIII secolo: a nord e a sud-est del fiume Liffey; 
Alla ricerca di testimonianze storiche e religiose a Sud-Ovest di Dublino: per le vie di Temple Bar, dove antichi vicoli evocano atmosfere del passato, mentre bunker in cemento occultano scoperte archeologiche; Dal 1170 al 1540 un avvincente viaggio nei secoli attraverso la vita della gente comune: visitando Dublinia, il Museo della Storia Urbana; Sulle tracce del movimento vichingo d’oltremare, ecco i tesori e i raffinati manufatti conservati dal Settecento presso il “Museo Nazionale di Archeologia e Storia”;  Visitando il Coláiste Na Tríonóide, Baile Átha Cliath, il Trinity College di Dublino: tradizioni intatte da secoli e un notevole patrimonio librario per una vera fucina di uomini di sapere;  Ammirando nel Trinity College il Libro di Kells, capolavoro artistico irlandese di tutti i tempi; Un’incursione nel fascinoso mondo della musica e della danza irlandese;  La Jeanie Johnston, veliero ormeggiato al Custom House Quay, simbolo di un tragico e sofferto capitolo della storia irlandese: la “Grande Carestia” del 1845-49; In viaggio da Dublino a Kingstown (oggi Dún Laoghaire) sul primo treno del paese inaugurato alla fine di ottobre del 1834;  Immersi in un’atmosfera d’altri tempi, visitiamo la cittadina e il porto di Dún Laoghaire, l’accogliente “riviera irlandese” sul lato meridionale della baia di Dublino;  Bibliografia Essenziale   
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Sulle tracce del movimento vichingo d’oltremare, ecco i tesori e i raffinati manufatti conservati dal Settecento presso il “Museo Nazionale di Archeologia e Storia” 

Da anni l’Irlanda rappresentava uno dei tasselli ancora mancanti alle mie pluriennali e lunghe peregrinazioni sulle tracce del movimento vichingo d’oltremare. 

Dopo essere salpati dalla Scozia e aver saccheggiato il monastero di san Colomba (...) nell’isola di Iona, i Vichinghi avevano infatti attaccato nel 795 la costa orientale irlandese. 

 Nell’isola sarebbero dovuti restare oltre due secoli. 

Trascorsi non solo a razziare conventi e villaggi. 

Poiché avrebbero fondato diverse città, tra cui Dublino, all’inizio solo un riparo fortificato per le navi (...). 

 A metà del IX secolo Dublino era già uno scalo importante, proiettato anche verso terre lontane. 

Accanto all’ambra del Baltico e al carbone-lignite della Manica, riceveva sete d’oriente, trichechi dell’artico, schiavi e grandi quantità d’argento. 

In Irlanda sono stati ritrovati ben 150 ammassi-tesori d’argento e d’oro (...). 

 (...) Dopo la sconfitta di Clontarf (1014), molti norreni sarebbero rimasti.

 Accasandosi. 

Convertendosi al cristianesimo.

Lottando con i Celti contro gli invasori Normanni. 

Una presenza le cui numerose “tracce” sono visibili nel Museo Nazionale di Archeologia e Storia di Dublino (...)

 Qui, oltre agli innumerevoli reperti vichinghi, possiamo ammirare anche autentici tesori. 

Non solo perché realizzati con metalli preziosi. 

Come quelli esposti nelle due sale al piano terra, che parlano chiaro: Ór, l’oro irlandese, il Tesoro... 

L’idea di salvaguardare le antichità risale agli anni ‘1730, quando l’ormai svanito “Ordine Gaelico” fu rimpiazzato da uno Dublino-centrico, anglo-irlandese, illuminato e protestante, che tentò di recuperare le abbondanti testimonianze del passato. 

Servendosi di antiquari, collezionisti, archeologi e società scientifiche. 

(...) Infatti specialmente gli ammassi furono individuati arando.

 Costruendo ferrovie. 

Tagliando la torba. 

E saranno proprio le torbiere (...) a celare per secoli e millenni numerosi oggetti! 

(...)  La Royal Irish Academy aveva costruito la raccolta attorno ad un nucleo iniziale composto dalla Croce di Cong, donata nel 1839, e da due girocolli d’oro di Tara (...) 

Solo nel 1874 si aggiunse l’ammasso con il Calice di eccezionale fattura di Ardagh. 

 (...) La mostra permanente è disposta su sette sale: quattro al piano terra (Irlanda preistorica: dall’Età della Pietra alla Media Età del Bronzo; “Ór” l’oro irlandese; Il Tesoro; Verso l’indipendenza), tre a quello superiore (Irlanda Vichinga e Medievale; Antico Egitto). 

 Poiché ho già visitato Dublinia (periodo normanno e medievale), la quantità e la qualità dei reperti esposti, che spaziano dal 7000 a.C. al 1550 d.C., mi suggeriscono di concentrare tutta la mia attenzione sui reperti vichinghi, oltre che sugli splendidi “capolavori” in oro e argento. 

 Dopo aver oltrepassato l’ingresso, mi ritrovo a camminare sopra un moderno pavimento musivo, all’interno di un’ampia sala centrale aperta, dove ho solo l’imbarazzo della scelta… 

In effetti non so bene dove volgere lo sguardo e davanti a quale luccicante vetrina soffermarmi. 

Emozionato, stupito e del tutto affascinato di fronte a quei superbi oggetti… 

Perché questa è indubbiamente la carte de visite del Museo.

 Ospitando l’“Ór”, l’oro irlandese, tra le più grandi collezioni del genere in Europa. 

Qui sono esposti gli oggetti dell’Età del Bronzo risalenti al 2300-600 a.C. (...) 

Un’epoca soprattutto caratterizzata dalle lunule, collane a forma di crescenti. 

(...) Alcune di loro sono proprio qui: Rossmore Park, Trillick, Killarney, Ballinagroun, assieme alla gorgiera di Gleninsheen (700 a.C.), splendidamente lavorata in rilievo con la tecnica a sbalzo e motivo a corda cesellato con un coltello sul davanti. 

 Poco dopo, l’ammirazione per questo straordinario “passato” irlandese tenderà a prolungarsi allorché entro nella sala di destra, che accoglie le due collezioni del Tesoro. 

La prima comprende Età Bronzo e del Ferro. 

 Ecco un magnifico collare d’oro, un piccolo modello di imbarcazione in fogli d’oro, bracciali e un minuscolo vassoio ritrovati nell’ammasso di Broighter (I secolo a.C.), nei pressi di Lough Foyle. 

Il modello, completo di albero, scalmi, remi, timone e sedili, forse era dedicato alla dea del mare Manannán Mac Lir

L’originale poteva affrontare l’oceano ed era in legno, anziché in pelli, come il tradizionale curragh irlandese. 

Devo fare un salto di quasi un millennio se voglio inoltrarmi nello splendore degli inestimabili capolavori della sezione medievale, come il calice previchingo di Ardagh (VIII secolo). 

(...) fu ritrovato nel 1868. 

 È composto da 350 pezzi realizzati con una tecnica presa in prestito dai lavori lignei (...), per non fondere un oggetto complesso in un unico pezzo. 

Ha una banda ornamentale circolare, una serie di borchie decorative e medaglioni ispirati ai calici bizantini in vetro e pietre semi preziose esposti nel Tesoro della Cattedrale di san Marco a Venezia. 

Là giunti da Costantinopoli con le crociate. 

Al di sotto si leggono i nomi degli apostoli Giacomo e Taddeo. 

Altro splendido reperto è la Fibula ad anello di Tara (inizio VIII secolo). 

 È in filigrana d’oro, ha smalti e ambra. 

(...) È contraddistinta da una straripante, quasi barocca, ricchezza dei particolari. 

Nonostante le minuscole proporzioni, indubbiamente racchiude la summa delle conoscenze dei gioiellieri dell’epoca! 

Ogni sua infinitesima parte è infatti ricoperta da ornamenti, compreso interno ed estremità dell’anello… 

(..) l’associazione con Tara, focus politico e spirituale dell’Irlanda celtica e sede, fino all’XI secolo, del re supremo, fu solo la trovata pubblicitaria di una gioielleria di Dublino (...), per incrementarne il valore… 

Ecco ancora un altro calice, una spilla e la pastorale di Clonmacnoise (XI secolo) e, in fondo alla galleria, gli eccezionali costumi (...) e tessuti ottimamente conservatisi nelle torbiere. 

(...) Al piano superiore le quattro sezioni dell’Irlanda Vichinga. 

Armi e oggetti delle tombe di Islandbridge e Kilmainham sono nella prima sezione, agricoltura e allevamento nella seconda, mentre la Dublino vichinga è nella terza. 

Devo perciò arrivare fino alla quarta, che illustra la Chiesa di questo periodo, se voglio ammirare la tanto “sospirata” Croce di Cong

 Risale al XII secolo e rappresenta l’apice artistico delle opere religiose in metallo. 

 (...) La Croce di Cong fu creata nel 1123 (...) per contenere una reliquia della Croce (...).

 Lunga 75 cm, è in bronzo dorato, ha fili d’argento, borchie in cristallo, smalto ed è una delle più raffinate opere del primo periodo cristiano. 

La croce, realizzata quando i Vichinghi da molto tempo erano stati sconfitti, è in questa sala in quanto straordinario prodotto finale di un’acculturazione d’origine nordica. 

Come attestano chiaramente i suoi motivi zoomorfi intrecciantisi con i serpenti, uguali a quelli da me ammirati nella stavkirke (chiesa in legno) di Gol del 1200, nel Museo del Folklore Norvegese di Oslo...

Da: DALLA VICHINGA DUBH LINN ALLA GAELICA BHAILE ÁTHA CLIATH. “PASSEGGIANDO” PER DUBLINO, E OLTRE…

(E-Book, versione cartacea a colori (I e II ediz.) e in bianco e nero, 131 pp, 49 note, 104 immagini - 64 sono dell'A. -)



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Versione in bianco e nero: https://www.amazon.it/dp/1094983322


mercoledì 16 ottobre 2024

242. FRANK HAMILTON CUSHING (1857-1900), uno dei più brillanti, leggendari, ma anche tragici, personaggi della STORIA DELL'ANTROPOLOGIA. Rimasto solo tra gli indiani Zuñi, Cushing dà inizio ad una delle più straordinarie ed affascinanti storie mai vissute da uno studioso dell’Uomo, poichè "andrà nativo”… Cioè cercherà, quanto più possibile, di “diventare” come i membri della cultura che studia. Tra i Pueblos Zuñi del Nuovo Messico sarà adottato nel clan Macaw con il nome sacro di Ténatsali; grazie all’acquisizione di uno scalpo entrerà a far parte dell’esoterica confraternita guerresca dell’A-pi-thlan-shi-wa-ni, ma dovrà ricorrere ad un coltello per difendersi. Morirà a soli 42 anni per una lisca di pesce… DA: COMPANION BOOK DI NEL WEST, CONQUISTADORES, ESPLORATORI, NATURALISTI, ARCHEOLOGI, ETNOLOGI ALLA SCOPERTA DELL’OVEST AMERICANO

 

 La “Danza del Grande Coltello” in un disegno dell’etnologo Cushing
Cosa c'è nel libro:
Un Conquistador spagnolo, due militari-esploratori, due pittori (il primo sarà un famoso ornitologo, l’altro un celebre etnografo), un geologo-esploratore-etnografo. Oltre ad otto etnologi e/o antropologi culturali, un archeologo e ad un’appassionata divulgatrice della propria cultura indiana. Ecco i loro nomi:

Francisco Vásquez de Coronado (1510-1554); Meriwether Lewis (1774-1809) e William Clark (1770-1838); John James Audubon (1785-1851);George Catlin (1796-1872); John Wesley Powell (1834-1902);Frank Hamilton Cushing (1857-1900); Frederick Webb Hodge (1864-1956); Frances Theresa Densmore (1867-1957); Robert Lowie (1883-1957); Gladys Amanda Reichard (1893-1955); Ralph Linton (1893-1953); Clyde Kay Maben Kluckhohn (1905-1960); Laura Maud Thompson (1905-2000); Fred Eggan (1906-1991); Rosebud Yellow Robe (1907-1992) BIBLIOGRAFIA

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Frank Hamilton Cushing (!857-1900), uno dei più brillanti, leggendari, ma anche tragici, personaggi della Storia dell’Antropologia 

 È stato uno dei più brillanti, leggendari, ma anche tragici, personaggi della storia dell’antropologia, non solo americana.

 Eccentrico all’ennesima potenza, geniale studioso pressoché autodidatta, pioniere della disciplina, era dotato di un intelletto intuitivo. 

 Anche se fin da piccolo afflitto da una salute malferma, si dimostrerà sempre gentile e sorridente (...). 

Spirito indipendente, amava l’avventura e la natura. 

Pur essendo noto per essersi difeso con un coltello, quel suo “scalpo” non può non suscitare in noi qualche perplessità e, forse, perfino un brivido… 

 Sarà una meteora, perché per una lisca di pesce morirà nel 1900, a poco più di 42 anni, nel Maine (...). 

Frank Hamilton Cushing nasce nel 1857 nel villaggio di North East (...) da un medico-intellettuale. 

Tre anni più tardi si sposta con i genitori (...) nell’ovest dello stato di New York. A causa della salute, segue irregolarmente la scuola, ma legge molto, osserva la natura e, dopo aver visto una punta di freccia, a otto anni inizia ad interessarsi al mondo degli indiani. 

Colleziona reperti (...), con il fuoco e gli antichi attrezzi da lui ricostruiti fedelmente fabbrica cesti, utensili, canoe in corteccia di betulla e in tronchi. 

Acquisendo un’abilità eccezionale (...) e approfondendo la conoscenza (...) di quelle culture.

 Quando è ancora un ragazzino ha modo di incontrare (...) il celebre Lewis H. Morgan, dal quale riceve nuova linfa ispiratrice (...). 

Nel 1874, già profondo cultore della letteratura antropologica dell’epoca, per un anno segue corsi speciali in scienze naturali alla Cornell University, ma li abbandonerà, poiché ne sa più dei docenti…

 A diciassette anni (1875) il primo saggio che scrive (...) per il Rapporto annuale della Smithsonian, mostra l’acutezza delle sue osservazioni. 

 Nel 1876 è già Curatore (...) del Museo Nazionale di Washington. 

Si occuperà delle esposizioni.

Nel 1879 Powell, Direttore del Bureau of American Ethnology, lo vuole come Etnologo in una spedizione (...) tra gli Zuñi del Nuovo Messico. 

Quando gli altri membri della spedizione rientreranno a Washington (Wa-sin-to-na), lasciandolo solo tra gli indiani, avrà inizio una delle più straordinarie ed affascinanti storie mai vissute da uno studioso dell’Uomo... 

Suscitando la curiosità in tutti gli abitanti del pueblo, in particolare dei bambini che (...) sulle scale e in piedi sui tetti strilleranno: Is-ta-shi, Me-liki-a!, “guarda, sta arrivando il piccolo americano!” 

 Per cinque anni (1879-84) sarà, non solo uno dei primi antropologi al mondo a diventare osservatore partecipante ma, come dicono gli antropologi, “andrà nativo” tra gli indiani! 

Poiché vivrà nella famiglia di Palowahtiwa, il governatore Zuñi.

 Adotterà il tradizionale vestito. 

 Mangerà come loro. 

Non si esprimerà più in inglese. 

Si farà perforare le orecchie. 

(...) Verrà anche adottato nel clan Macaw con il nome sacro di Ténatsali, “Fiore medicinale” (...).

 “Così all’inizio del nuovo anno 1880 erano già quattro mesi che mi trovavo a Zuñi, e ero ormai uno dei Figli del Sole. 

Mentre passeggiavo attraverso le strade o sopra i tetti delle case, i bambini smettevano di tirare palle di neve ai cani o di giocare a dama con pezzi di vasellame sulle pietre piatte e strillavano il mio nuovo nome: "Te-na-tsa-li! Te-na-tsa-li!" (...) 

 Quindi comincia ad essere iniziato in una delle più potenti (...) confraternite, quella guerresca dell’Arco (A-pi-thlan-shi-wa-ni) (...). 

Vuole apprendere i misteri ed i segreti di religione, mitologia e governo Zuñi. 

E i Sacerdoti dell’Arco possiedono ben dodici livelli di iniziazione.

 “Probabilmente tra tutte quelle presenti tra gli Zuñi la Confraternita dell’Arco è la sola autenticamente esoterica. 

Poiché i suoi membri possono essere ammessi alle riunioni delle altre, ma non viceversa” (...). 

 In tal modo si spingerà fino al cuore stesso della cultura Zuñi. Tanto che alcuni indiani vorrebbero ucciderlo! 

Nel 1881 uno scalpo gli consentirà di essere iniziato e di partecipare a riunioni e cerimonie sacre. 

 (...) Nel 1882 torna per un breve periodo tra i bianchi, portandosi appresso un gruppo di Zuñi. 

Visita Washington (dove sono ricevuti dal Presidente Chester A. Arthur), Boston e altre grandi città. 

Quando rientra, il suo potere è ormai ben radicato. 

Tanto che nella mitologia Zuñi diviene un pundit, che nelle cerimonie religiose è più sapiente del grande sacerdote… 

Tra il 1882 e il 1883 da due ufficiali dell’esercito si fa anche restituire le terre sottratte agli indiani. 

Uno dei due, però, è il genero del Generale John Logan, che è anche un potente Senatore. 

(...) Così lo studioso sarà richiamato a Washington nel 1884… 

 Cushing delinea un nuovo orizzonte per l’antropologia. 

Poiché “cerca sempre di mettersi il più possibile al loro posto, non solo fisicamente, ma intellettualmente e moralmente, per avere una conoscenza della loro vita e delle più interne istituzioni”. 

Ciò che scrive è di inestimabile interesse, poiché dimostra come storia e credenze tribali non siano andate perse, ma ogni giorno vengano vivificate all’interno del pueblo. 

Anche se si ritiene che possa aver deliberatamente compiuto errori e annotazioni parziali, in modo da restare fedele agli Zuñi. 

Una fedeltà, comunque, non totale. 

Perché, nonostante le pressioni ricevute, anziché un’indiana sposerà Emily Magill, un’anglo-americana (...) . 

(...) La sua più grande trasgressione sarà però quella di aver voluto replicare (...) la terrificante maschera Mudhead. Indossandola e facendosi fotografare. 

Gesto che, secondo alcuni Zuñi, Cushing avrebbe dovuto pagare con la morte! 

 Nel 1886-88 dirige la Hemenway Southwestern Archaeological Expedition (...). 

Effettuando scavi nei siti ancestrali Zuñi (...) per indagare sulle migrazioni degli “smarriti” (...) 

(...) Nel 1888 scava sistematicamente le rovine delle “Sette Città di Cibola” (Háwikuh), da lui scoperte sette anni prima (...). 

 Nel 1895-96 sponsorizzato dal Bureau of American Ethnology Cushing effettua un altro grandioso exploit scientifico nella Florida meridionale, allora selvaggia ed archeologicamente “terra incognita”.

 Ricercando nelle Keys gli straordinari resti archeologici degli antichi costruttori di mounds (...). 

Scoperte monumentali che daranno modo di comprendere la complessità tecnologica, sociale e cosmologica di queste culture marittime. 

 Nel 1900, l’anno della sua morte, Charles Lummis avrebbe scritto sul suo:” magnetismo personale, il fascino della sua parola, il suo ardore, il suo discernimento nell’incognito, l’indubbio romanzo della sua vita dedicata alle ricerche tra i selvaggi Indiani della frontiera”(...) . 

 Sempre nel 1900, nel corso dell’Assemblea dell’Anthropological Society of Washington (...) il Presidente McGee ricorderà come “la sua mente lampeggiava e scintillava sotto l’impatto di nuove visioni, suoni, pensieri; perciò era fertile nelle ipotesi, fruttuoso nelle suggestioni, precorritore nella ricerca, intuitivo interprete delle cose" (...).

DA: COMPANION BOOK DI NEL WEST, CONQUISTADORES, ESPLORATORI, NATURALISTI, ARCHEOLOGI, ETNOLOGI ALLA SCOPERTA DELL’OVEST AMERICANO E-Book e versione cartacea (108 pp., 47 foto, 35 note)


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Versione cartacea: https://www.amazon.it/dp/1520532458


lunedì 14 ottobre 2024

241. SULLE SPONDE DEL MARE LIBICO, CRETA MERIDIONALE: FRANGOKASTELO: Un viaggio nello spazio e a ritroso nel tempo; Attraverso la montuosa regione della Sfakiá orientale; Dall'alto vedo lo spettacolare orrido di Ímpros; Frangokástelo è il veneziano Castello Franco. Costruito per proteggersi dai pirati e dagli sfakioti; La visita; I turchi prendono possesso del castello; Nel 1770, dopo essersi arreso ai turchi, Daskaloyiánnis, capo dei palikáres, verrà scorticato vivo dal Pascià sulla piazza principale di Herákleion; Nel 1828 poche centinaia di cretesi si battono sanguinosamente contro migliaia di turchi di fronte a Frangokástelo; Una leggenda vuole che, nella ricorrenza della battaglia, abbia luogo una processione di fantasmi, i drosoulítes ("spiriti in lacrime"): persone vestite di nero, fanti e cavalieri armati, che lentamente si muovono dalla chiesa di Ágios Harálambos verso il forte, lo superano, per arrivare fino al mare e, infine scomparirvi ai primi raggi del sole… Visioni, ombre e fantasmi contro cui si sparerà: nel 1890 (soldati turchi), nella II Guerra Mondiale (pattuglia tedesca). Da: ALLA SCOPERTA DI MEGALI NÍSI, L’ISOLA DI CRETA. STORIA, ARCHEOLOGIA, NATURA, CULTURA

 

Primo piano della fortezza veneziana di Frangokástelo
(© Franco Pelliccioni)

Cosa c'è nel libro: 

Introduzione1. Dove l’Oriente incontra l’Occidente: Storia dell’isola di Creta. Dalla Civiltà Minoica al termine della seconda dominazione Bizantina (2700 a.C.-1204 d.C.); 2. Storia di Creta: dalla dominazione veneziana all’occupazione germanica (1204-1945); 3. La città…? Per i cretesi è solo Herákleion!; 4. Il Museo Archeologico di Herákleion; 5. Evans a Cnosso: una ricerca archeologica di una vita; 6. Architettura e ingegneria “naturalistica” e d’avanguardia nel Palazzo Minoico di Cnosso;7. L'Archeologia italiana a Creta: la città romano-bizantina di Górtina, quella Minoica di Festo; 8. Viaggio verso l'Ovest cretese: Georgioúpoli, Haniá e Réthimno; 9. Nella torre Firka di Haniá, il secondo Museo Marittimo della Grecia; 10. Nell'Oriente cretese, tra siti minoici, splendidi centri turistici, antiche città sommerse, tradizionali villaggi di montagna Hersoníssos e Mália, Ágios Nikólaus, Eloúnda, Kritsá ;11. Nell'invincibile fortezza veneziana di Spinalónga (Golfo di Mirabello, Creta orientale), l’ultima colonia di lebbrosi d'Europa; 12. Sulle sponde del Mare Libico, Creta meridionale: Mátala e Frangokástelo; 13. Sfakiá, una Barbagia cretese; 14. Viaggiatori a Creta dei secoli XII-XV: pellegrini e crociati; 15. Viaggiatori a Creta dei secoli XV-XIX: umanisti, diplomatici, partecipanti al Grand Tour, scrittori, studiosi, artisti, antiquari, archeologi; BIBLIOGRAFIA

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SULLE SPONDE DEL MARE LIBICO, CRETA MERIDIONALE: FRANGOKASTELO

Il secondo viaggio che, dalla “base” di Réthimno nell’occidente cretese, mi ha nuovamente riportato a sud sarebbe stato, invece, oltremodo affascinante. 

 Consentendomi di giungere in una regione dove il turismo è ancora agli esordi. 

Le strade ci sono, sì, anche se non da molto. 

Per giunta sono per lo più asfaltate. 

La complessa orografia della regione le rende, però, un’attrazione a se stante, che in cuor mio ho sperato non diventasse “fatale”… 

Un viaggio nello spazio e a ritroso nel tempo

 È un viaggio nello spazio e a ritroso nel tempo, che mi ha gradatamente condotto fino ad uno dei più importanti luoghi-simbolo di Creta: Frangokástelo, una fortezza orgogliosamente stagliata su un ripiano della remota e solitaria costa. 

I chilometri, che anche in questo caso ho percorso, non sono stati invero molti. 

(...) Eppure hanno pesato “mentalmente” più del solito. 

Attraverso la montuosa regione  della Sfakiá orientale

Per arrivare a destinazione mi sono infatti inoltrato nell'impervia regione montuosa della Sfakiá orientale. 

Dapprima seguendo la strada che porta fino al Hora Sfakion, capoluogo dell'eparchia (...) di Sfakiá, anche se, prima di raggiungerla, ho compiuto una deviazione su una strada secondaria e, se possibile, ancora più stretta, tortuosa e ripida, che corre parallela al mare, arrivando fin sulla costa. 

Prima di scendere lungo i suoi tornanti, la sosta su una terrazza naturale mi ha permesso di ammirare sia la costa frastagliata e, in lontananza, il castello, sia le Montagne Bianche (Lefká Óri).

Dall'alto vedo lo spettacolare orrido di Ímpros

 Oltre alla parte finale del vicino e spettacolare orrido di Ímpros.

 Queste gole hanno una lunghezza di 6-7 km e un’ampiezza di soli 2-3 m. 

 Sono sovrastate da pareti ripide alte circa 300 m (...). 

Prima di giungere al castello, ho attraversato diversi piccoli villaggi arroccati sui monti (...). 

Frangokástelo è il veneziano Castello Franco. Costruito per proteggersi dai pirati e dagli sfakioti 

Il toponimo Frangokástelo ha indubbie assonanze veneziane.

 Castello Franco fu infatti costruito dalla Serenissima nel 1371, su un piccolo promontorio sabbioso, per contrastare i pirati provenienti dal Nord Africa e per proteggersi dalle rivolte dei celebri, temibili sfakioti, che già pochi anni prima si erano rivoltati nella vicina Anópoli (1365). 

In realtà sarà raramente utilizzato. 

La zona è indubbiamente tra le più grandiose ed affascinanti di Creta (...).

Al tempo della dominazione veneziana Frangokástelo era una delle fortezze più importanti di Creta meridionale. 

La visita

Assieme a quella di Ierápetra, ad est, è l’unica rimasta. 

Ha una pianta rettangolare e la sua cinta muraria, delimitata da ciascun lato da quattro torri quadrate, è in buono stato. 

Sopra l’ingresso principale, verso il mare, c’è una effigie scolpita con il Leone di San Marco e due stemmi feudali (...). 

Sotto la fortezza sembra che si trovino anche i resti della Chiesa di San Marco. 

I veneziani avrebbero abbandonato Frangokástelo alla vigilia dell’attacco turco. 

I turchi prendono possesso del castello

E i turchi, che in seguito la demolirono parzialmente, provvederanno nel 1866 ad effettuare gli ultimi interventi restaurativi. 

 Il castello è legato ad alcuni drammatici e sanguinosi avvenimenti dell’indomita lotta per la libertà del popolo cretese contro la dominazione turca. 

Nel 1770, dopo essersi arreso ai turchi, Daskaloyiánnis, capo dei palikáres, verrà scorticato vivo dal Pascià sulla piazza principale di  Herákleion

Il primo risale al 1770, quando lo sfakiota Daskaloyiánnis ("Giovanni l'insegnante"), cioè Ioánnis Vláhos, commerciante di Anópoli (villaggio a pochi chilometri ad ovest di Hora Sfakion), così soprannominato per il rispetto che gli era dovuto poiché “imparato”, e carismatico capo dei palikáres (combattenti per la libertà), dopo aver atteso invano, più a nord, l'aiuto promesso dai russi, si portò fin qui per cercare di resistere ai turchi. 

Alla fine non potrà far altro che arrendersi. 

Una volta catturato, sarà condotto a Megálo Kástro (Herákleion) e scorticato vivo dal Pascià sulla piazza principale... 

Nel 1828 poche centinaia di cretesi si battono sanguinosamente contro migliaia di turchi di fronte a Frangokástelo

L’altro tragico episodio avverrà, invece, il 18 maggio del 1828. 

Nella piana di fronte a Frangokástelo si svolgerà infatti un improbabile combattimento tra 385 cretesi, al comando del generale greco Hatzimicháli Daliánis (...) e i 14.000 uomini di Mustafa Naili Pasha. 

Dopo l’uccisione della metà dei palikáres e la decapitazione del generale, per ordine del comandante turco, i superstiti, asserragliatisi all’interno, resistettero per sette giorni. 

Pressato alle spalle dalle locali forze sfakiote, Mustafa Naili Pasha sembra si sia poi dovuto leggermente ritirare, lasciando che quanto restava delle forze ribelli uscisse senza armi dalla fortezza. 

Poi, dopo averla parzialmente demolita (furono abbattute le torri), si diresse verso nord con le truppe. 

Ma gli sfakioti tesero loro una trappola nelle gole, massacrandoli. 

I caduti cretesi di Frangokástelo saranno sepolti dagli abitanti nella sabbia, mentre una religiosa si prenderà cura dei resti di Daliánis, collocandoli in una cappella di Ágios Harálambos. 

Una leggenda vuole che, nella ricorrenza della battaglia, abbia luogo una processione di fantasmi, i drosoulítes ("spiriti in lacrime"): persone vestite di nero, fanti e cavalieri armati, che lentamente si muovono dalla chiesa di Ágios Harálambos verso il forte, lo superano, per arrivare fino al mare e, infine scomparirvi ai primi raggi del sole… 

 Quest’ultimo orribile fatto ha fatto nascere una leggenda locale, che sembra abbia avuto, nel tempo, anche dei riscontri oggettivi.

 Esistono infatti testimonianze su quello che (...) si presenterebbe come un misterioso ed inspiegabile fenomeno naturale (...). 

Ogni anno, nella terrificante ricorrenza (fine maggio, inizio giugno), prima che abbia inizio l’alba di una calda giornata caratterizzata da umidità, nebbia e calma di vento, ha luogo una processione di fantasmi, che qui chiamano drosoulítes ("spiriti in lacrime"): persone vestite di nero, fanti e cavalieri, con le armi luccicanti alla luce nascente, che lentamente si muovono dalla chiesa in rovina di Ágios Harálambos verso il forte, lo superano, per arrivare fino al mare e, infine scomparirvi ai primi raggi del sole… 

Un fenomeno della durata di una decina di minuti, che sembra sia possibile osservare specialmente dalla valle e ad una distanza di un chilometro. 

Visioni, ombre e fantasmi contro cui si sparerà: nel 1890 (soldati turchi), nella II Guerra Mondiale (pattuglia tedesca) 

 Nel 1890 un gruppo di soldati turchi aprì il fuoco, avendo scambiato le ombre per i ribelli. 

Nel corso della seconda guerra mondiale una pattuglia tedesca sparò anch’essa contro le visioni. 

Naturalmente sono state offerte numerose spiegazioni (...). 

Come quella che parla di particolari condizioni meteo-climatiche, che riporterebbero fin qua le immagini di persone in cammino nella non distante costa libica. 

Ci troveremmo, cioè, di fronte ad una sorta di miraggio…

 Nonostante questi orribili accadimenti, dalla lunga spiaggia di sabbia bianchissima la fortezza mi appare sopra il poggio in tutta la sua magnificenza. 

 Incorniciata, com’è, da un fitto boschetto e dalle alte montagne sullo sfondo.

Da: ALLA SCOPERTA DI MEGALI NÍSI, L’ISOLA DI CRETA.
STORIA, ARCHEOLOGIA, NATURA, CULTURA
E-Book, versione cartacea a colori - I e II ediz. - e in bianco e nero, 153 pp., 179 foto, di cui 148 a colori (128 sono dell’A.)


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TUTTI I DATI (ECONOMICI, STATISTICI, DEMOGRAFICI, ETNOGRAFICI, ECC.) CONTENUTI NEI MIEI LIBRI SONO STATI ACCURATAMENTE VERIFICATI, INTEGRATI E AGGIORNATI AL MOMENTO DELLA LORO PUBBLICAZIONE.



240. LA “CITTA’ SANTA” DI KAIROUAN, TUNISIA: Il racconto dell'avventurosa spedizione che, all'inizio degli anni '1950, portò cinque ragazzi dal Nilo al Gange; Lévi-Strauss in Tristi Tropici critica la letteratura di viaggio, anche se nel suo libro ci racconterà le sue spedizioni tropicali... Il racconto della visita alla Grande Moschea dei cinque ragazzi; Storia della fondazione di al-Qayrawān, “carovana” o “campo”; Devo attraversare una pianura stepposa e arida per giungere a Kairouan; In lontananza la città appare come un miraggio; La Jamaa el-Kebir (“Grande Moschea”) è il più antico luogo di culto del mondo islamico occidentale; All’esordio del Protettorato francese; L'arrivo di Maupassant sotto la pioggia battente e la nebbia; Si entra nella Grande Moschea; Kairouan non è una “città santa". DAL TELL AL SAHARA. VIAGGI IN TUNISIA, TRA LE TESTIMONIANZE ARCHEOLOGICHE DEL PASSATO E CULTURALI ARABO-BERBERE-ISLAMICHE ODIERNE


Nell’ampio cortile della Grande Moschea di Kairouan brilla di propria luce l’alto minareto a tre piani sovrapposti alto 35 m 
(© Franco Pelliccioni)
 

Cosa c'è nel libro: 

PARTE PRIMA 

DALLE SPONDE DEL MEDITERRANEO AL SAHEL SAHARIANO 

1.PREAMBOLO: DAL “SAHARA ALGERINO” AL SAHARA TUNISINO. VIAGGI VIRTUALI E REALI NEL MAGHREB; 2. INTRODUZIONE AL PAESE; 3. LA MEDINA DI TUNISI, CON I SUOI PIÙ DI SETTECENTO MONUMENTI STORICI, PATRIMONIO MONDIALE DELL’UMANITA’; 4. NEL MUSEO NAZIONALE DEL BARDO DI TUNISI Il "TEMPIO" MONDIALE DEL MOSAICO ROMANO; Breve cronologia del Museo; La visita; 5.CARTAGINE; La visita; 6. SIDI BOU SAÏD; 7. MONASTIR TRA ANTICO E PRESENTE: DALL'ENIGMA DI UN NOME ALLA RICOMPARSA A SORPRESA DI UNA FORTEZZA PERDUTA; 8. LA “CITTA’ SANTA” DI KAIROUAN; 9. LA CITTA’ ROMANA DI THYSDRUS (EL-DJEM); 10. LA CITTA’ ROMANA DI SUFETULA (SBEITLA); 11. L’ISOLA DI DJERBA: OASI DI RIFUGIATI, TERRA DI INVASORI; La visita; 12. NEL SUD, TRA I VILLAGGI “INVISIBILI” DEI “BERBERI SCAVATORI” MATMATA;  Mareth; Gabès; Verso Matmata; 13. NELLA REGIONE DEGLI CHOTTS;  Introduzione; Douz; Kébili (e Ancienne Kébili); Nel Bled el-Djerid; L’OASI DI PIANURA DI TOZEUR; L’OASI DI PIANURA DI NEFTA 

PARTE SECONDA 

RITORNO NEL PAESE DEI GELSOMINI 

14. OASI DI MONTAGNA; Introduzione; Nello Chott el-Gharsa la Mos Espa, cittadina del deserto del pianeta Tatooine di Star Wars; Verso le oasi di montagna; 15. IL LÉZARD ROUGE DEI BEY DI TUNISI; Le ferrovie tunisine; 16. IL LUNGO VIAGGIO DEL FOSFATO TUNISINO: DAL TRIANGOLO MONTUOSO AL CONFINE CON L’ALGERIA AL PORTO DI SFAX, PASSANDO PER L’ANTICA CAPSA ROMANA; 17. I KSOUR, LE ROCCAFORTI BERBERE DEL GRANDE SUD TUNISINO; Medenine; Ksar Haddada; Tataouine; Chenini; 18. PERCORRENDO LA REGIONE DOVE SI COMBATTE’ LA “GUERRA DEL DESERTO”; 19. INCURSIONE TRA LE SABBIE DEL SAHARA, AI CONFINI MERIDIONALI DELL’IMPERO ROMANO, IL LIMES IMPERII; Ksar Ghilane; 20. NEL FORTE ROMANO DI TISAVAR; I romani e il Limes Tripolitanus; 21APPENDICE;   1. VIAGGIATORI IN TUNISIA TRA IL XVII SECOLO E LA FINE del XIX;   2. VIAGGIATORI IN TUNISIA TRA LA SECONDA META’ DEL XIX SECOLO E L’INIZIO DEL XX; 22. BIBLIOGRAFIA SELEZIONATA

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 LA “CITTA’ SANTA” DI KAIROUAN, TUNISIA 

 Accingendomi a scrivere questo capitolo a me caro, per l’ennesima volta prendo in mano un libro che, quasi sessanta anni fa, mi aveva introdotto alla famosa “città santa” di Kairouan. 

Il racconto dell'avventurosa spedizione che, all'inizio degli anni '1950, portò cinque ragazzi dal Nilo al Gange

Era la narrazione di un’avventurosa spedizione, che nel 1950- 52 portò cinque ragazzi Dal Nilo al Gange. 

Allora non potevo che assorbirne quasi ogni sua singola frase, mentre oggi lo ricordo con “tenerezza”. 

Fu grazie alla letteratura di viaggio, dapprima, e a quella più strettamente etnologica, poi, che i miei interessi adolescenziali gradatamente si sarebbero rivolti alle culture “altre”. 

 Adesso che per l’occasione lo sto sfogliando, mi accorgo di una nota firmata, apposta sul frontespizio: “gennaio 1961, I° libro, il libro colpevole”. 

Questa era stata in assoluto la mia prima lettura “esotica”, quando avevo solo quattordici anni… 

 Così che per me fu allora fondamentale avvicinarmi ai viaggi e alle avventure.

Lévi-Strauss iTristi Tropici critica la letteratura di viaggio, anche se nel suo libro ci racconterà le sue spedizioni tropicali... 

 Nonostante le critiche mosse nel 1955 dal grande Lévi-Strauss nel suo bellissimo Tristi Tropici: “questo genere di racconti riscuote un successo che per me rimane incomprensibile. 

L’Amazzonia, il Tibet e l’Africa invadono le vetrine sotto forma di libri di viaggio, resoconti di spedizioni e album di fotografie, dove la preoccupazione dell’effetto è preponderante perché il lettore possa valutare la testimonianza che gli è offerta. 

Anziché sollecitato nel suo spirito critico, il lettore richiede sempre più questo genere di cibo e ne ingurgita quantità prodigiose” (...) 

Anche se l’illustrissimo collega nell’incipit sottolineava l’intenzione di raccontarci le sue spedizioni! 

Il racconto della visita alla Grande Moschea dei cinque ragazzi

Di quel libro mi colpì il racconto della visita alla Grande Moschea. 

Una testimonianza ormai storica, che ha ancora riscontri con la realtà di oggi: 

veramente in Kairouan non si entra affatto. 

Non che la città sia chiusa, interdetta all’infedele; essa gli è ostile. 

Si possono superare i bastioni, si può passeggiare nelle strade, ma si resta lo stesso al di fuori. 

La città è simile alle donne velate che si incontrano. 

Si può guardarle, affiancarsi ad esse, fotografarle. 

Giana-el-Kebir, la grande moschea è cinta da mura dai contrafforti massicci e irregolari. 

Una porta bassa dà accesso sotto i portici, e dai portici usciamo nuovamente al sole; in silenzio camminiamo sul marmo bianco del grande cortile. 

Niente da dire, neppure gridare per lo stupore. 

Tutto è di traverso ed irregolare e, tuttavia, l’insieme esprime una grandezza imponente. 

Le quattrocento colonne dei portici provengono dalle città romane, da dove furono rubate (…) 

Il minareto è una massiccia torre quadrata, piantata in mezzo ad uno dei lati. 

Di fronte i portici si fanno più profondi per la sala delle preghiere.

 Un passo e il silenzio si fa anche più profondo (...). 

 Questo luogo è sacro; l’effetto è immediato e lo sentiremo nuovamente in alcuni templi antichi e principalmente in Egitto, luoghi di predilezione per lo spirito, dove il tempo si annulla, dove si diffonde nell’animo una pace indefinibile, una promessa di armonia quasi perfetta” (...). 

 Non sarà stato da Pulitzer, ma per un ragazzo il brano ebbe certamente un suo indubbio fascino… 

Storia della fondazione di al-Qayrawān, “carovana” o “campo”

 Kairouan (al-Qayrawān, “carovana” o “campo”) è una delle poche città tunisine a non essere stata fondata su un preesistente sito. 

 Qui, narrano i cronisti, Uqba ibn Nafi, che da poco aveva conquistato la Tripolitania, arringò i suoi uomini: “ogni volta che un capo musulmano penetra in Africa, le popolazioni locali si affrettano ad abbracciare l’Islam per mettersi al riparo dal pericolo, ma appena si ritira tornano all’infedeltà. Penso dunque, o musulmani, di fondare una città che serva da piazza d’armi fino alla fine dei tempi”. 

Ciò che fece nel 670 d.C. 

Devo attraversare una pianura stepposa e arida per giungere a Kairouan

 Il viaggio fino a Kairouan non è certamente tra i più esaltanti che si possano compiere in Tunisia. 

Partendo dalla costa, a poco più di una cinquantina di km in linea d’aria si attraversa (...) un’immensa regione pianeggiante, stepposa ed arida, costeggiando una laguna salata (...). 

La vegetazione si fa sempre più scarsa, fino ad essere quasi inesistente. 

In lontananza la città appare come un miraggio 

Anche per me, come per i viaggiatori del passato, la città assomiglia da lontano ad un inatteso miraggio, con i molteplici tetti bianchi delle sue case, le cupole delle moschee, gli appuntiti minareti (...). 

Se la località non è attraente, certamente era strategica (...)

 Trovandosi a metà strada tra la costa, dove imperversavano ancora i bizantini, e le montagne, rifugio dei bellicosi berberi. 

I cui ripetuti attacchi (682 e 688) (...) portarono all’occupazione della città e alla distruzione della moschea. 

 Kairouan venne poi riconquistata da Hassan ibn an-Numan, che la confermò come capitale dell’Ifriqiya [Ifrī’qīyah, “Africa”], così che questo nucleo urbano sarebbe diventato la testa d’ariete per conquistare l’intero Maghreb e, poi, l’Andalusia. 

La Jamaa el-Kebir (“Grande Moschea”) è il più antico luogo di culto del mondo islamico occidentale 

Ha una duplice “lettura”: dall’esterno il massiccio e alto muro quadrato di cinta testimonia silenziosamente e gravemente l’importante passato come campo militare in una sperduta regione, ai confini con le terre degli infedeli; dall’interno la splendida selva di colonne della sua ampia sala di preghiera e il minareto ben presto ne hanno fatto una città “santa”. 

Simbolo e riferimento spirituale per l’avanguardia dell’Islam in terra africana e centro culturale, che avrebbe attratto scienziati e letterati.

 Nel IX secolo la città si arricchì sotto gli Aghlabiti di case, moschee, monumenti e di 48 hammām (bagni di vapore), raggiungendo i 200.000 abitanti. 

A questo periodo risale il bacino, grande piscina poligonale (48 lati) collegata ad una più piccola vasca di decantazione, che serviva come riserva idrica, ed era alimentata da un acquedotto lungo 56 km (...). 

Qui, nell’anniversario della nascita del Profeta (...), musici e danzatori si portano in barca sulla piattaforma centrale, un tempo padiglione per il riposo dell’emiro. 

Offrendo al pubblico un grande spettacolo. 

(...) La città decadde al tempo dell’invasione dei predoni Beni Hilal (1050)

Conservando il ruolo spirituale di “città santa”, anche quando la capitale diventerà Tunisi. 

 All’esordio del Protettorato francese

 All’esordio del Protettorato francese “la città era circondata da mura turrite con bastioni e batterie che disegnavano un esagono di 2.400 m di perimetro. Le mura, come le case a più piani, sono assai ben costruite (…) Naturalmente le moschee sono numerose (…) Nella città si fabbricano selle rifinite in oro e argento e pelli molto ricercate” (...). 

L'arrivo di Maupassant sotto la pioggia battente e la nebbia

 Pochi anni dopo sotto la pioggia battente e la nebbia (sic) vi giunse Maupassant: 

 “oh! La città triste perduta in questo deserto, in questa solitudine arida e desolata! 

 Nelle strade strette e tortuose gli Arabi al riparo nelle loro bottegucce ci guardano passare (…) 

Andiamo verso la moschea Djama-Kebir di cui l’alto minareto domina la città e il deserto che l’isola dal mondo (…) 

Un popolo errante, appena capace di costruire dei muri, venuto in una terra coperta di rovine lasciate dai suoi predecessori, vi raccolse tutto ciò che gli parve più bello e, a sua volta, con quei frammenti dello stesso stile e dello stesso ordine, elevò, mosso da ispirazione sublime, una dimora al suo Dio, una dimora fatta con i frammenti strappati alle città che crollavano, ma perfetta e magnifica tanto quanto le più pure concezioni dei più grandi intagliatori di pietra (..)

Davanti a noi appare un tempio smisurato che ha l’aria di una foresta sacra perché 180 colonne di porfido e marmo sopportano le volte di 17 navate corrispondenti alle 17 porte del cortile (…) 

Nelle nostre cattedrali gotiche il grande effetto è dato dalla voluta proporzione tra altezza e larghezza. 

Qui al contrario l’armonia unica di questo tempio basso viene dalla proporzione e dal numero di questi fusti leggeri che sostengono l’edificio, lo riempiono, lo popolano, lo rendono ciò che è, creando la sua grazia e la sua grandiosità. 

La loro colorata moltitudine dà all’occhio l’impressione di illimitatezza, mentre l’altezza poco elevata dell’edificio quella di pesantezza” (...).

Si entra nella Grande Moschea

 Lasciamo che sia questa magistrale descrizione ad accompagnare il lettore all’interno della moschea. 

A me il compito di aggiungere qualche elemento in più: una sola porta aperta consente a fedeli e visitatori di entrare (...) in un vasto cortile lastricato con marmo bianco, circondato da un portico. 

(...) L’arredo è completato da un orologio solare e, come abbiamo visto, da uno splendido minareto a tre piani sovrapposti, servito da modello per tutto il Maghreb.

Le colonne della sala di preghiera provengono per lo più da Cartagine e Hadrumetum. 

Kairouan non è una “città santa" 

Ma a Kairouan mi attende una delusione, anzi due: la prima è che non è la quarta “città santa” dell’Islam, dopo la Mecca, Medina e Gerusalemme. 

Perché, anche se lo fu in passato, non è una città santa.

(...) È quindi una leggenda il fatto che sette pellegrinaggi a Kairouan equivalgano al fondamentale hağğ alla Mecca: “qui non si fa alcun pellegrinaggio…”. 

L’altra (...) è che non è stata la prima città edificata dagli arabi in Nord Africa. 

Nel 639 fu preceduta da al-Fustāt (Egitto) (...) 

Sal-Fustāt  vedi il cap. 6 del mio: VIAGGI IN EGITTO 1980-2009. CROCIERA AEREA E FLUVIALE SUL NILO; AI CONFINI CON IL SUDAN, ALLA RICERCA DI BERENICE TROGLODITICA E DELLA “CAROVANIERA DEGLI 11 GIORNI”; NEL SINAI, E-Book, versione cartacee a colori e b/w e non illustrata:

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Da: DAL TELL AL SAHARA. VIAGGI IN TUNISIA, TRA LE TESTIMONIANZE ARCHEOLOGICHE DEL PASSATO E CULTURALI ARABO-BERBERE-ISLAMICHE ODIERNE

(178 pp., 198 immagini [164 sono dell'A.], di cui 179 a colori, 83 note, Bibliografia)


Versione cartacea a colori e in bianco e nero, II ediz.


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TUTTI I DATI (ECONOMICI, STATISTICI, DEMOGRAFICI, ETNOGRAFICI, ECC.) CONTENUTI NEI MIEI LIBRI SONO STATI ACCURATAMENTE VERIFICATI, INTEGRATI E AGGIORNATI AL MOMENTO DELLA LORO PUBBLICAZIONE.


239. RESOLUTE BAY (oggi QAUSUITTUQ, Cornwallis Island, High Arctic, Nunavut, Canada), A 500 KM DI DISTANZA DAL POLO MAGNETICO; Poco prima del mio arrivo è scoperto un teschio pre-Inuit di Thule, che ho fotografato; Gli Inuit sono arrivati nell'isola solo nel 1953, assieme alle Giubbe Rosse; Le loro abitazioni erano parzialmente interrate, pavimentate con pietre, con tetti sostenuti da ossa di balene, ricoperti con pelli; Quattro i villaggi di Thule scoperti sull'isola; Gli scavi archeologici del 1949-1953; Grazie all'archeologo Robert McGhee, del Museo della Civiltà di Ottawa, gli insediamenti di Thule sono stati ricostruiti negli anni 2000; Lo studioso sostiene che gli insediamenti siano stati abbandonati dai Thule, non per cacciare animali verso est, ma per commerciare con i norreni (Vichinghi); A Qausuittuq sono stati ritrovati pezzi di cotta di maglia e di una pedina di scacchi in avorio (ca. 1250 d.C.). DA: BALENE E BALENIERI, TRA NORD ATLANTICO, PACIFICO SETTENTRIONALE, MAR GLACIALE ARTICO. VAGABONDAGGI ALLA RICERCA DELLE TESTIMONIANZE DELL’ERA DELLA CACCIA ALLE BALENE


Come allora (1983) si presentava uno degli insediamenti pre-Inuit di Thule (© Franco Pelliccioni) 

Cosa c'è nel libro: 

1. PREMESSA ; 2. INTRODUZIONE - LA CACCIA NELLA PREISTORIA: ALTA, NORD NORGE - I BALENIERI E L'ESPLORAZIONE - LA CACCIA ALLE BALENE, TRADIZIONALE ATTIVITÀ ECONOMICA DI ALCUNE COMUNITÀ MARITTIME EUROPEE 3. LA CACCIA ALLE BALENE PRESSO ALCUNE POPOLAZIONI AUTOCTONE AMERICANE 

4. GLI AVVISTAMENTI DI BALENE; 

5. LA CACCIA ALLE BALENE: STORICA- NELLA COLOMBIA BRITANNICA (CANADA) - A SAINT-PIERRE ET MIQUELON (FRANCIA) - LE STAZIONI BALENIERE DI TERRANOVA (PROVINCIA DI TERRANOVA E LABRADOR, CANADA) - LE STAZIONI DI CACCIA ALLE BALENE DEL CUMBERLAND SOUND - KEKERTEN, IL CUMBERLAND SOUND E L’INIZIAZIONE ANTROPOLOGICA SUL CAMPO DI FRANZ BOAS - NELLE ISOLE SHETLAND (SCOZIA, UK) - NELLE ISOLE ORCADI (SCOZIA, UK) - NELLE ISOLE SVALBARD, NORVEGIA - NELLE EBRIDI ESTERNE (SCOZIA, UK) 6. LA CACCIA ALLE BALENE: ATTUALE - IQALUIT (GIÀ FROBISHER BAY, ISOLA DI BAFFIN, ARTICO ORIENTALE, NUNAVUT, CANADA) - A RESOLUTE BAY (OGGI QAUSUITTUQ, CORNWALLIS ISLAND, HIGH ARCTIC, NUNAVUT, CANADA) - NARSAQ (COSTA OCCIDENTALE DELLA GROENLANDIA MERIDIONALE, DANIMARCA) - NELLE ISOLE FÆR ØER (DANIMARCA): IL GRINDADRÁP, LA CACCIA COMUNITARIA - IN ISLANDA - IN NORVEGIA, QUANDO LA CACCIA ALLE BALENE NON È COSÌ PUBBLICIZZATA, COME L’ISLANDESE, LA FAROESE (O LA GIAPPONESE) 7. BALENE, UNA SCHEDA PICCOLE: MEDIE: GRANDI: 8APPENDICE LA CACCIA ALLE BALENE NELL’ARCIPELAGO DI MADEIRA (PORTOGALLO), 1941-1981 IL GIGANTESCO FLOP DELLA CACCIA ALLE BALENE NELL’ARCIPELAGO DELLE CANARIE (SPAGNA), 1784-1806 9. BIBLIOGRAFIA

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Le tracce lasciate dai cacciatori di balene di Thule sull’isola Cornwallis 

Resolute Bay (Qausuittuq), nell’isola Cornwallis, Alto Artico canadese (oggi Nunavut), nel 1983 ha rappresentato il punto più a nord della mia ricerca tra gli Inuit (74° 42’). 

A 500 km di distanza dal Polo Magnetico

Allora il Polo Magnetico si trovava a 500 km di distanza. 

Nell’isola la caccia alle balene è un fatto, sia storico (Thule), che “innovativo”. 

Poiché effettuato da Inuit, che negli anni ‘1950 vi furono forzosamente trasferiti da altre regioni artiche canadesi. 

Poco prima del mio arrivo è scoperto un teschio pre-Inuit di Thule, che ho fotografato 

 Pochi giorni prima del mio arrivo, un cacciatore Inuit aveva ritrovato, sporgente dal terreno, tra fango, pietre e fossili, a non molta distanza da un laghetto di acqua piovana, un teschio. 

Certamente appartenente ad un pre-eschimese di Thule [Ricordo come i diretti antenati degli attuali Inuit, appartenenti alla cultura denominata di Thule (800-1700 d.C.), si dedicassero principalmente alla caccia alle grandi balene, tra Groenlandia e Alaska] 

E’ la prima volta che vengono alla luce resti umani” mi disse Bezal Jesudazon

Da due secoli l’isola di Cornovaglia non era stata più abitata in permanenza”. [Nota 36: Ecco la cronologia pre-Inuit: Denbigh (Tradizione Microlitica Artica - "Arctic small-tool tradition"-, 3000-500 a.C.); Dorset (1000 a.C.-1110 d.C.); Thule (800-1700 d.C.). Mathiassen la chiamò Thule, quando per la prima volta nel 1927 scoprì i loro resti (un ammasso di rifiuti) vicino all'omonimo insediamento groenlandese, nel nord ovest della Groenlandia (...).  

Gli Inuit attuali sono arrivati nell'isola solo nel 1953, assieme alle Giubbe Rosse

Infatti in quest’isola gli Inuit non erano mai vissuti prima del 1953.

 Quando vi furono trasferiti, nel corso di uno dei diversi reinsediamenti degli autoctoni voluti dal governo canadese, per ragioni di sovranità politica. 

Poiché, assieme ad un distaccamento di Giubbe Rosse, dovevano andare a colmare e a “presidiare” un “vuoto” demografico nell’immenso arcipelago artico. 

 In un’altra area dell’isola, Bezal mi aveva già fatto visitare un paio di insediamenti invernali degli uomini di Thule risalenti ad oltre 600 anni prima: “il primo segno lo avevano dato i fiori: fiori di cotone artico e licheni, la vegetazione povera del Grande Nord. 

Ma se c’erano i fiori c’era anche humus. 

E la presenza di humus è il segno che in quella regione, in tempi dimenticati, era vissuto l’uomo”. 

Le loro abitazioni invernali erano parzialmente interrate, pavimentate con pietre, con tetti sostenuti da ossa di balene, ricoperti con pelli

 Non necessitando di igloo (“case”) di ghiaccio per proteggersi dal freddo, la loro abitazione era parzialmente interrata.

 I pavimenti, le nicchie delle cucine, e le piattaforme rialzate per dormire erano pavimentate con lastre di pietra e il tetto sostenuto da travi in osso di balena, ricoperto con pelli. 

I Thule erano cacciatori di balene

Tra i resti dell’abitazione spiccavano le costole di una balena. 

Perché i Thule uccidevano con arpioni e coltelli d’osso i grandi mammiferi marini, dopo averli avvicinati a bordo delle loro fragili imbarcazioni di pelle. 

Bezal mi fece anche notare come l’insediamento risultasse relativamente distante dalla sponda. 

Dato che il popolo di Thule usava vivere lungo la costa, a quanto pare il terreno intorno si era “rialzato”.

Del resto lo stesso Mathiassen, l’archeologo danese che in Groenlandia scoprì l’esistenza “preistorica” dei Thule, nei suoi scavi in Canada aveva trovato le abitazioni distanti dalla spiaggia. 

 Anche lì il terreno negli ultimi secoli si era sollevato. 

Quattro i villaggi di Thule scoperti sull'isola

 A Resolute, a non molta distanza dall’odierno insediamento Inuit, gli archeologi hanno infatti scoperto l’esistenza di quattro villaggi di Thule. 

Gli scavi archeologici del 1949-1953

Inoltre scavi e ricognizioni archeologiche effettuate nel 1949-1953, che avevano portato alla luce una straripante abbondanza di ossa di balene, foche e trichechi, avevano forse suggerito ai politici canadesi che la regione potesse essere potenzialmente ricca di opportunità per la caccia e, perciò, del tutto idonea ad una presenza degli Inuit nell’Alto Artico. 

In realtà proverebbe, invece, come secoli addietro il clima fosse più caldo, rispetto a quelli successivi. 

Non a caso tutti gli insediamenti situati a nord del Lancaster Sound, quindi anche quelli dell’isola di Cornwallis, saranno gradatamente abbandonati. 

Grazie all'archeologo Robert McGhee, del Museo della Civiltà di Ottawa, gli insediamenti di Thule sono stati ricostruiti  negli anni 2000

 Gli insediamenti Thule di Resolute negli anni 2000 sono stati ricostruiti da uno dei maggiori esperti artici canadesi, l’archeologo Robert McGhee, del Museo della Civiltà di Ottawa. 

 In proposito ricordo come la teoria che prevale tra gli studiosi ritenga che gli Inuit “preistorici” ca. 1.000 anni fa, durante il periodo caldo (...) noto come “periodo caldo medievale”, abbiano migrato verso est, alla ricerca di animali da cacciare.

Lo studioso sostiene che gli insediamenti siano stati abbandonati dai Thule, non per cacciare animali verso est, ma per commerciare con i norreni (Vichinghi) 

McGhee sostiene invece che “siano andati ad est per commerciare con i norreni". 

Poiché molti dei primi siti di Thule, come quelli di Resolute, sono "pieni di roba norrena". 

Qausuittuq sono stati ritrovati pezzi di cotta di maglia e di una pedina di scacchi in avorio (ca. 1250 d.C.)

Inclusi pezzi di cotta di maglia e quello che sembra un frammento di una pedina degli scacchi in avorio, risalente a ca. il 1250 d.C.

 Aggiungendo come "il periodo caldo medievale fosse già finito quando arrivarono, intorno al 1250". 

A quel tempo, il clima era "più o meno lo stesso di adesso, forse più caldo, ma si stava rapidamente raffreddando".  

DA: BALENE E BALENIERI, TRA NORD ATLANTICO, PACIFICO SETTENTRIONALE, MAR GLACIALE ARTICO.     VAGABONDAGGI ALLA RICERCA DELLE TESTIMONIANZE DELL’ERA DELLA CACCIA ALLE BALENE

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