Patrick Byrne, ca.1794 - 1863, Arpista irlandese
(foto di David Octavius Hill e
Robert Adamson del 1845)
Cosa c'è nel libro:
Introduzione
Nel corso della visita, mentre con fatica e disagio mi inoltravo nelle sue strade, più volte sono andato con il pensiero a quando, da bambino, mi capitava di scambiare l’Irlanda per l’Islanda!
Essendo alla fine d’autunno, mi aspettavo un po’ di pioggia, vento e freddo.
Ritenendo esagerate le previsioni meteo della Rete che, per il giorno dopo l’arrivo, includevano un warning per venti fino a 120 km/h.
Mi sbagliavo…
All’insegna del più ostentato effetto serra, non solo il tempo sarà peggiore del previsto, ma si estenderà quasi all’intero periodo della visita.
In seguito un funzionario del Museo Nazionale mi avrebbe addirittura consigliato di attendere in albergo, verso sera, l’arrivo del fronte tempestoso, a cui loro non erano abituati.
Stava per colpire l’Irlanda, specialmente nell’ovest.
Leggerò poi sull’Irish Times di alluvioni, inondazioni, perdite di vite umane risucchiate dal mare tempestoso, chiusura dell’aeroporto, ecc.
Tutto ciò quando in Italia c’era invece un insolito allungamento di un’estate-primavera.
Quanto “sperimentato” nella capitale irlandese non è stato invero piacevole.
Pur al riparo delle “mura” urbane, mi sono mosso sempre con difficoltà, così da rallentare il programma della visita (...)
Un altro aspetto del riscaldamento globale, su cui ho riflettuto a lungo: mai avrei immaginato che la “scoperta” di una capitale si sarebbe trasformata in una “lotta” con l’ambiente.
Quasi fossi su qualche ghiacciaio islandese o su una montagna.
Nemmeno nell’Artico, europeo e americano, dove avevo più o meno i medesimi indumenti, mi erano capitate giornate così…
Probabilmente è per questo che il primo approccio all’«isola di smeraldo» non ha avuto l’usuale carattere di piacevolissima scoperta.
Eppure da tempo desideravo andarci.
Fin dalla ricerca nelle scozzesi Ebridi Esterne, dove avevo ripreso i “contatti” con il mondo gaelico, dopo le “incursioni” effettuate in precedenza nelle Highlands.
Non prima, però, di aver visitato la capitale irlandese.
Poiché consapevole come Dublino e l’Irlanda fossero realtà nettamente separate tra loro.
In proposito ricordavo quanto i colleghi antropologi statunitensi mi dissero la prima volta che giunsi negli USA.
Stupiti del fatto che gli europei andassero a New York per “vedere” gli USA.
Con le dovute proporzioni, il discorso è valido anche qui.
Perché Dublino (...) vuol anche dire: folla pullulante sulle strade, non solo pedonalizzate; teorie di autobus semivuoti, che si muovono a passo di lumaca; incessanti processioni di camion di ogni tipo e dimensione, che passano per il centro per giungere fino al porto; traffico congestionato e caotico.
Risentendo della mancanza di una [autentica] metropolitana (...)
(...) D’altronde è la più popolosa città dell’isola: ca. 500.000 abitanti, mentre la Grande Dublino arriva a toccare 1.660.000 abitanti.
La curiosità del visitatore, che giunge per la prima volta in Irlanda, è subito attratta dal fatto che la posizione relativamente emarginata dell’isola ha fatto sì che essa non abbia conosciuto una dominazione romana.
Ed è già qualcosa…
Le popolazioni di origine celtica (...) si sono così potute tranquillamente dedicare al loro passatempo preferito: combattere tra di loro.
Fino all’arrivo dei Vichinghi, che, dopo una prima incursione (795), fondarono nell’841 (...) Dubh Linn.
Anche se oggi è stato rispolverato il toponimo gaelico Bhaile Átha Cliath: “città del guado dei graticci", perché così gli isolani conoscevano quel luogo, prima della venuta dei nordici.
Ai Vichinghi, non interessati a conquistare l’isola, basteranno pochi capisaldi, lasciando il resto ai capi Celti.
Mai errore fu più grave…
Più tardi uno di loro, Brian Ború, li sconfiggerà a Clontarf (1014).
(...) Nel 1169 dall’Inghilterra giungerà Richard de Clare, il cui soprannome (“Forte Arco”) ha un qualcosa di famigliare…
E sì, perché come anglo-normanno è pronipote dei vichinghi e come loro ha un nomignolo, un soprannome…
In seguito Dublino e l’Irlanda conosceranno altri dominatori.
(...) Nel sud dell’isola l’ingerenza straniera terminerà formalmente con lo Stato Libero d’Irlanda (1922) e completamente con la proclamazione della Repubblica (1949).
Dopo l’arrivo a Dublino, volendo subito immergermi nell’atmosfera cittadina, quale migliore occasione di quella di sorseggiare un tè nello Shelbourne, storico albergo del 1824?
Frequentato da letterati e nobili, vi fu anche abbozzata la Costituzione dell’Irish Free State (1922).
(...) Quel giorno, però, era chiuso.
Perciò mi “accontenterò” del non lontano, ma altrettanto storico, Bewley Oriental Café.
(...) Ma ormai sono prossimo, non poteva essere altrimenti, al “salotto buono” di Dublino: le piazze Merrion Square e St. Stephen’s Green, con parco, laghetto, ponte, boschetti e palco per l’orchestra.
Assomiglia molto al Central Park, anche se le case georgiane qui prendono il posto dei grattacieli.
Il mio mirato “vagabondaggio” per Dublino ha avuto il vantaggio di originare da una “base” nei pressi di Busaras, la stazione centrale degli autobus (...), a due passi dall’attuale baricentro urbano, lo storico Trinity College.
Nella cui Old Library ammirerò poi The Book of Kells, il libro più celebre al mondo!
Ora quale capitale ha un’università al suo centro?
Uno dopo l’altro qui troviamo il Parlamento e i Musei Nazionali, la Biblioteca e la Pinacoteca, la Banca d’Irlanda e il Castello, ecc.
Ma anche, appena pochi metri più in là, una ghiotta sorpresa: la statua della pescivendola Molly Malone.
Personaggio di fantasia che, grazie all’omonima canzone, che tutti conoscono e intonano nei pubs, è stata immortalata con il suo carretto carico di “vongole e cozze”.
A questo punto è d’obbligo ricordare come il pub sia un’altra tipica istituzione irlandese, dove ogni sera si può ascoltare della straordinaria, trascinante e particolarissima musica.
D’altronde a Dublino musica e birra Guinness costituiscono un inscindibile binomio.
Tanto che il Dublin Tourism pone al primo posto, tra le attrazioni cittadine, una visita alla fabbrica della Guinness.
Più tardi mi sorprenderà ascoltare, per strada, le soavi note musicali, che una donna non più giovane ricavava con maestria da quell’antico strumento che è la cláirseach, l’arpa celtica o bardica.
Poche altre considerazioni preliminari.
(...) a nord, un inaspettato incontro mi farà rabbrividire ulteriormente, ma… nell’anima!
Camminando sulla sponda del fiume, ecco improvvisamente spuntare, attraverso la gelida pioggia battente e la foschia, a pochi metri da me, come tanti fantasmi evanescenti, un gruppo di persone, seguite da un cane.
Uomini e donne scheletrici, con un bimbo forse morente sulle spalle, che si strascinano avanti per inerzia.
Non sapevo della presenza del monumento, che ricorda una delle più drammatiche pagine della storia irlandese di metà ottocento: la carestia, la fame, le morti.
Infine l’emigrazione verso terre lontane (...).
Tra il 1841 e il 1851 la popolazione irlandese, tra morti e emigrazione, diminuì di oltre due milioni di individui.
Più avanti osserverò agli ormeggi la replica della Jeanie Johnston.
La nave originale, del 1847, tra le poche che non si era trasformata in una “nave bara”, sovraffollata e malsana, che aveva trasportato molti disperati verso il Nuovo Mondo.
Sembra che stia lì, in attesa di portare finalmente via, verso la vita, anche questi ultimi fuggiaschi…
Non c’è che dire: terribile è stato l’impatto visivo, seppure virtuale, con una tragedia che già conoscevo.
Sia letterariamente, che quando percorsi, nelle Ebridi Esterne e nelle Highlands, isole ed aree impietosamente battute da carestia e morte, che anche là avevano fatto fuggire tanti disperati.
(...) Dopo un così drammatico simbolo, rimarrò però deliziato nell’apprendere come gli abitanti di Dublino festeggino il Bloomsday (16 giugno), incentrato sul protagonista dell’Ulisse di James Joyce.
Fa il “paio” con la Malone e alla nostra parte “bambina” farà piacere pensare come, a volte, possa anche non esserci soluzione di continuità tra fantasia e realtà…
Da: DALLA VICHINGA DUBH LINN ALLA GAELICA BHAILE ÁTHA CLIATH. “PASSEGGIANDO” PER DUBLINO, E OLTRE…
(E-Book, versione cartacea a colori (I e II ediz.) e in bianco e nero, 131 pp, 49 note, 104 immagini - 64 sono dell'A. -)