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mercoledì 20 novembre 2024

283. Cambiamento climatico; Mondo gaelico; Vichinghi; Celti; Brian Ború; “Forte Arco” Richard de Clare ; Shelbourne Hotel e l'Irish Free State; Trinity College e il Book of Kells; "vongole e cozze" della Molly Malone; musica irlandese e pubs; le soavi note musicali della cláirseach, l’arpa celtica; un monumento alla drammatica pagina della storia irlandese dell'ottocento: carestia, fame, morti, emigrazione; la replica della "nave-bara" Jeanie Johnston. Da: DALLA VICHINGA DUBH LINN ALLA GAELICA BHAILE ÁTHA CLIATH. “PASSEGGIANDO” PER DUBLINO, E OLTRE…

 Patrick Byrne, ca.1794 - 1863, Arpista irlandese
(foto di David Octavius Hill e Robert Adamson del 1845)


Cosa c'è nel libro: 

Premessa; Introduzione; L’eleganza di uno sviluppo urbanistico inaugurato nel XVIII secolo: a nord e a sud-est del fiume Liffey; 
Alla ricerca di testimonianze storiche e religiose a Sud-Ovest di Dublino: per le vie di Temple Bar, dove antichi vicoli evocano atmosfere del passato, mentre bunker in cemento occultano scoperte archeologiche; Dal 1170 al 1540 un avvincente viaggio nei secoli attraverso la vita della gente comune: visitando Dublinia, il Museo della Storia Urbana; Sulle tracce del movimento vichingo d’oltremare, ecco i tesori e i raffinati manufatti conservati dal Settecento presso il “Museo Nazionale di Archeologia e Storia”;  Visitando il Coláiste Na Tríonóide, Baile Átha Cliath, il Trinity College di Dublino: tradizioni intatte da secoli e un notevole patrimonio librario per una vera fucina di uomini di sapere;  Ammirando nel Trinity College il Libro di Kells, capolavoro artistico irlandese di tutti i tempi; Un’incursione nel fascinoso mondo della musica e della danza irlandese;  La Jeanie Johnston, veliero ormeggiato al Custom House Quay, simbolo di un tragico e sofferto capitolo della storia irlandese: la “Grande Carestia” del 1845-49; In viaggio da Dublino a Kingstown (oggi Dún Laoghaire) sul primo treno del paese inaugurato alla fine di ottobre del 1834;  Immersi in un’atmosfera d’altri tempi, visitiamo la cittadina e il porto di Dún Laoghaire, l’accogliente “riviera irlandese” sul lato meridionale della baia di Dublino;  Bibliografia Essenziale      

...                 

 Introduzione 

 Nel corso della visita, mentre con fatica e disagio mi inoltravo nelle sue strade, più volte sono andato con il pensiero a quando, da bambino, mi capitava di scambiare l’Irlanda per l’Islanda! 

Essendo alla fine d’autunno, mi aspettavo un po’ di pioggia, vento e freddo. 

Ritenendo esagerate le previsioni meteo della Rete che, per il giorno dopo l’arrivo, includevano un warning per venti fino a 120 km/h. 

Mi sbagliavo… 

 All’insegna del più ostentato effetto serra, non solo il tempo sarà peggiore del previsto, ma si estenderà quasi all’intero periodo della visita. 

 In seguito un funzionario del Museo Nazionale mi avrebbe addirittura consigliato di attendere in albergo, verso sera, l’arrivo del fronte tempestoso, a cui loro non erano abituati. 

Stava per colpire l’Irlanda, specialmente nell’ovest. 

Leggerò poi sull’Irish Times di alluvioni, inondazioni, perdite di vite umane risucchiate dal mare tempestoso, chiusura dell’aeroporto, ecc.

 Tutto ciò quando in Italia c’era invece un insolito allungamento di un’estate-primavera. 

 Quanto “sperimentato” nella capitale irlandese non è stato invero piacevole. 

Pur al riparo delle “mura” urbane, mi sono mosso sempre con difficoltà, così da rallentare il programma della visita (...)

Un altro aspetto del riscaldamento globale, su cui ho riflettuto a lungo: mai avrei immaginato che la “scoperta” di una capitale si sarebbe trasformata in una “lotta” con l’ambiente. 

Quasi fossi su qualche ghiacciaio islandese o su una montagna.

 Nemmeno nell’Artico, europeo e americano, dove avevo più o meno i medesimi indumenti, mi erano capitate giornate così…

 Probabilmente è per questo che il primo approccio all’«isola di smeraldo» non ha avuto l’usuale carattere di piacevolissima scoperta.

Eppure da tempo desideravo andarci. 

Fin dalla ricerca nelle scozzesi Ebridi Esterne, dove avevo ripreso i “contatti” con il mondo gaelico, dopo le “incursioni” effettuate in precedenza nelle Highlands

Non prima, però, di aver visitato la capitale irlandese. 

Poiché consapevole come Dublino e l’Irlanda fossero realtà nettamente separate tra loro. 

In proposito ricordavo quanto i colleghi antropologi statunitensi mi dissero la prima volta che giunsi negli USA. 

Stupiti del fatto che gli europei andassero a New York per “vedere” gli USA. 

Con le dovute proporzioni, il discorso è valido anche qui. 

Perché Dublino (...) vuol anche dire: folla pullulante sulle strade, non solo pedonalizzate; teorie di autobus semivuoti, che si muovono a passo di lumaca; incessanti processioni di camion di ogni tipo e dimensione, che passano per il centro per giungere fino al porto; traffico congestionato e caotico. 

Risentendo della mancanza di una [autentica] metropolitana (...)

(...) D’altronde è la più popolosa città dell’isola: ca. 500.000 abitanti, mentre la Grande Dublino arriva a toccare 1.660.000 abitanti. 

 La curiosità del visitatore, che giunge per la prima volta in Irlanda, è subito attratta dal fatto che la posizione relativamente emarginata dell’isola ha fatto sì che essa non abbia conosciuto una dominazione romana. 

Ed è già qualcosa… 

Le popolazioni di origine celtica (...) si sono così potute tranquillamente dedicare al loro passatempo preferito: combattere tra di loro. 

Fino all’arrivo dei Vichinghi, che, dopo una prima incursione (795), fondarono nell’841 (...) Dubh Linn

Anche se oggi è stato rispolverato il toponimo gaelico Bhaile Átha Cliath: “città del guado dei graticci", perché così gli isolani conoscevano quel luogo, prima della venuta dei nordici. 

Ai Vichinghi, non interessati a conquistare l’isola, basteranno pochi capisaldi, lasciando il resto ai capi Celti. 

Mai errore fu più grave… 

Più tardi uno di loro, Brian Ború, li sconfiggerà a Clontarf (1014).

 (...) Nel 1169 dall’Inghilterra giungerà Richard de Clare, il cui soprannome (“Forte Arco”) ha un qualcosa di famigliare… 

E sì, perché come anglo-normanno è pronipote dei vichinghi e come loro ha un nomignolo, un soprannome… 

In seguito Dublino e l’Irlanda conosceranno altri dominatori.

(...) Nel sud dell’isola l’ingerenza straniera terminerà formalmente con lo Stato Libero d’Irlanda (1922) e completamente con la proclamazione della Repubblica (1949). 

Dopo l’arrivo a Dublino, volendo subito immergermi nell’atmosfera cittadina, quale migliore occasione di quella di sorseggiare un tè nello Shelbourne, storico albergo del 1824? 

Frequentato da letterati e nobili, vi fu anche abbozzata la Costituzione dell’Irish Free State (1922). 

(...) Quel giorno, però, era chiuso. 

Perciò mi “accontenterò” del non lontano, ma altrettanto storico, Bewley Oriental Café

(...) Ma ormai sono prossimo, non poteva essere altrimenti, al “salotto buono” di Dublino: le piazze Merrion Square e St. Stephen’s Green, con parco, laghetto, ponte, boschetti e palco per l’orchestra.

 Assomiglia molto al Central Park, anche se le case georgiane qui prendono il posto dei grattacieli. 

 Il mio mirato “vagabondaggio” per Dublino ha avuto il vantaggio di originare da una “base” nei pressi di Busaras, la stazione centrale degli autobus (...), a due passi dall’attuale baricentro urbano, lo storico Trinity College

Nella cui Old Library ammirerò poi The Book of Kells, il libro più celebre al mondo!

 Ora quale capitale ha un’università al suo centro? 

Uno dopo l’altro qui troviamo il Parlamento e i Musei Nazionali, la Biblioteca e la Pinacoteca, la Banca d’Irlanda e il Castello, ecc.

 Ma anche, appena pochi metri più in là, una ghiotta sorpresa: la statua della pescivendola Molly Malone. 

Personaggio di fantasia che, grazie all’omonima canzone, che tutti conoscono e intonano nei pubs, è stata immortalata con il suo carretto carico di “vongole e cozze”.

 A questo punto è d’obbligo ricordare come il pub sia un’altra tipica istituzione irlandese, dove ogni sera si può ascoltare della straordinaria, trascinante e particolarissima musica. 

D’altronde a Dublino musica e birra Guinness costituiscono un inscindibile binomio. 

Tanto che il Dublin Tourism pone al primo posto, tra le attrazioni cittadine, una visita alla fabbrica della Guinness. 

Più tardi mi sorprenderà ascoltare, per strada, le soavi note musicali, che una donna non più giovane ricavava con maestria da quell’antico strumento che è la cláirseach, l’arpa celtica o bardica. 

 Poche altre considerazioni preliminari. 

(...) a nord, un inaspettato incontro mi farà rabbrividire ulteriormente, ma… nell’anima! 

Camminando sulla sponda del fiume, ecco improvvisamente spuntare, attraverso la gelida pioggia battente e la foschia, a pochi metri da me, come tanti fantasmi evanescenti, un gruppo di persone, seguite da un cane. 

Uomini e donne scheletrici, con un bimbo forse morente sulle spalle, che si strascinano avanti per inerzia. 

Non sapevo della presenza del monumento, che ricorda una delle più drammatiche pagine della storia irlandese di metà ottocento: la carestia, la fame, le morti. 

Infine l’emigrazione verso terre lontane (...). 

Tra il 1841 e il 1851 la popolazione irlandese, tra morti e emigrazione, diminuì di oltre due milioni di individui. 

Più avanti osserverò agli ormeggi la replica della Jeanie Johnston

La nave originale, del 1847, tra le poche che non si era trasformata in una “nave bara”, sovraffollata e malsana, che aveva trasportato molti disperati verso il Nuovo Mondo. 

Sembra che stia lì, in attesa di portare finalmente via, verso la vita, anche questi ultimi fuggiaschi… 

Non c’è che dire: terribile è stato l’impatto visivo, seppure virtuale, con una tragedia che già conoscevo. 

Sia letterariamente, che quando percorsi, nelle Ebridi Esterne e nelle Highlands, isole ed aree impietosamente battute da carestia e morte, che anche là avevano fatto fuggire tanti disperati. 

 (...) Dopo un così drammatico simbolo, rimarrò però deliziato nell’apprendere come gli abitanti di Dublino festeggino il Bloomsday (16 giugno), incentrato sul protagonista dell’Ulisse di James Joyce.

 Fa il “paio” con la Malone e alla nostra parte “bambina” farà piacere pensare come, a volte, possa anche non esserci soluzione di continuità tra fantasia e realtà…

Da: DALLA VICHINGA DUBH LINN ALLA GAELICA BHAILE ÁTHA CLIATH. “PASSEGGIANDO” PER DUBLINO, E OLTRE…

(E-Book, versione cartacea a colori (I e II ediz.) e in bianco e nero, 131 pp, 49 note, 104 immagini - 64 sono dell'A. -)



Versione cartacea a colori I ediz.:  https://www.amazon.it/dp/1520911823

Versione cartacea a colori  II ediz.: https://www.amazon.it/dp/1790519675

Versione in bianco e nero: https://www.amazon.it/dp/1094983322


martedì 19 novembre 2024

282. "In all my "stories", both articles and books, I have always considered essential to integrate, as much as possible, texts and images". Da/From: IMMAGINI DALL’EGITTO IMAGES FROM EGYPT. Companion book di / of: VIAGGI IN EGITTO 1980-2009.

 

Saqqara: il serdab di Zoser, che si trova sul retro della sua piramide. Nonostante la statua originale in calcare dipinto e in grandezza naturale sia esposta nel Museo Egizio, è straordinariamente emozionante ammirarne la replica al suo interno. Attraverso i due fori, che si trovano proprio all’altezza degli occhi del ka di Zoser. Così possiamo osservarne il viso, un vero e proprio ritratto del faraone, con la barba posticcia e il nemes rituale sul capo, che attende di ricevere le offerte a lui destinate. Saqqara: the serdab of Zoser, which is located on the back of his pyramid. Although the original painted and life-size limestone statue is exhibited in the Egyptian Museum, it is extraordinarily exciting to admire its replica inside. Through the two holes, which are located exactly at the eye level of Zoser's ka. So, we can observe his face, a real portrait of the pharaoh, with a false beard and a ritual nemes on his head, who is waiting to receive the offers intended for him
(© Franco Pelliccioni)

   *In this post I have kept the bilingual apparatus only in the captions of the four photos   

                              What's in the book:

FOREWORD 
PART I: THE JOURNEY OF DECEMBER 1980 
CAIRO; MEMPHIS, CAPITAL OF THE ANCIENT KINGDOM ;
THE NECROPOLIS OF SAQQARA; GIZA; STILL IN CAIRO: AL-QARAFAH, THE CITY OF THE DEAD 
UPPER EGYPTABU SIMBEL; ASWAN, ELEPHANTINE, PHILAE 
MIDDLE EGYPT ;ORIENTAL THEBE: LUXOR; IN THE SOUK;  
THE TEMPLE; KARNAK. 
WESTERN THEBE: VALLEY OF THE KINGS 
BACK TO CAIRO: HELWAN 
PART II: CAIRO AND LOWER EGYPT, JANUARY 2007 
CAIRO; GIZA ; MEMPHIS; SAQQARA
PART III: A MODERN CRUISE ON THE NILE 
UPPER EGYPTABU SIMBEL; ASWUAN, ELEPHANTINE, THE FIRST CATARACT, THE DAMS, THE NUBIAN VILLAGE; PHILAE ; ASWUAN AND THE TWO DAMS 
SAILING ON THE NILEKOM OMBO; EDFU 
 NAVIGATION ON THE NILE GOES ON; ESNA AND ITS LOCK.
MIDDLE EGYPT; ORIENTAL THEBE: LUXOR; KARNAK  
WESTERN THEBE, "THE HOUSES OF A MILLION YEARS": THE FUNERAL TEMPLES OF AMENHOTEP III (MEMNONE), HATSHEPSUT (DEIR EL-BAHARI), RAMSES III (MEDINET HABU); THE COLOSSI OF MEMNON; DEIR El-BAHARI 
MEDINET HABU; THE VALLEY OF THE KINGS 
PART IV: ON THE RED SEA, AT THE SOUTHERN BORDER WITH SUDAN, JUNE 2007 
LAHAMI BAY; ON THE BORDERS WITH SUDAN: EL-SHELATEEN, MARKET TOWN AND CARREFOUR OF PEOPLES 
 ALONG THE ANCIENT “11 DAYS CARAVAN ROUTE” 
PART V: JOURNEY TO SHARM, MAY 2009 
NAAMA BAY; NABQ PROTECTED AREA . SHARK’S BAY; RAS MUHAMMAD NATIONAL PARK 
AT THE END OF THE "JOURNEY"; BIBLIOGRAPHY
... 

 At the turn of the 1970s and 1980s, researches carried out between East Africa, North-East Africa, America and the Arctic had allowed to collect a rich harvest of photos, which I thought were mostly beautiful and interesting. 

So much so, that I wished to make them available to the public in a photographic book, which would have ranged from Nature (environment, animals), to Ethno-Anthropology ("uses and customs" of peoples, at large). 

Photographs taken since 1975, with what, at the time, was perhaps the best available equipment. 

So much so, that there was who called it the Rolls Royce of cameras: a Nikon F, with various accessories, including a powerful 300mm telephoto lens. 

Where I only loaded rolls of Kodak Ektachrome 35 mm slides, from 64 to 400 ISO. 

After all, many of my photos already complemented the articles that I gradually published in various magazines (...). 

That old idea of mine soon should have collided with the harsh reality of the Italian publishing market, even at that time particularly difficult, certainly not like today... (...)

After more than thirty years, I realize today that old project. 

The Immagini dall’Egitto-Images from Egypt enrich and, in some cases, complete the rich photographic apparatus contained in the Travels in Egypt 1980-2009 (...)

Among other things, more than doubling the images, while the larger typographic format allows the reader to observe and appreciate them better.

In all my "stories", both articles and books, I have always considered essential to integrate, as much as possible, texts and images. 

Here duly commented in a bilingual didactic apparatus

I shot them, over almost thirty years, on the two banks of el-Bahr, the Nile, and on the Red Sea coast (...) 


Dall'isola Elefantina, la Prima Cateratta e una piccola cappella tolemaica in mattoni completamente restaurata, 1980. From Elephantine island, the First Cataract and a small Ptolemaic brick chapel completely restored 
(© Franco Pelliccioni)

They are photos of details, particulars, curiosities, even oddities. Most have come down to us through the millennia. 
Images obviously historical, even terrible, yet shamelessly erotic. Some of them allowed me to make unexpected "discoveries".

 In Karnak, for example, I photographed the brick, earth and mud ramp, which served to erect the First Pylon of the Temple of Amun.

 After more than two thousand years, today it is still in place, leaning against the walls. Because the Pylon was the last to be built by one of the many pharaohs, who helped make the temple unique in the world. 

Here I will stumble upon a surprising Egyptian calendar, but I will also observe Min, the God with the "erect penis", who on a pylon receives the offer of an aphrodisiac plant

A God that I had already seen in all his “male splendour" in a bas-relief photographed in 1980 in the Temple of Luxor, while in 2007 I would have noticed that, still in the same temple, there was another bas-relief, which depicts him while he is ejaculating and the sperm is duly collected in a container. 

Then I will find out how the anonymous sculptor had even depicted a spermatozoon.

The book shows the reader images of ethno-anthropological, archaeological, naturally historical-religious and naturalistic value: desert and tropical landscapes, more or less famous temples, high and bas-reliefs, figures, statues, peoples, animals, including fishes of the coral reefs of Central and Northern Red Sea.

 Photographs in some cases even with aesthetically appreciable effects, sometimes rather amazing, not always deliberately sought by me (...). 

Speaking about numbers, the book contains 31 photos of Cairo, 20 of Giza and its pyramids, 16 of Abu Simbel's Temples, 28 of Luxor and Karnak's Temples... 

Another 18 photos concern the House of Millions of Years of Ramses III, the extraordinary Medinet Habu. 

Funerary Temple of the warrior pharaoh, located in the Western Thebes, on the left bank of the Nile [Overall the book contains 278 photos, 275 of which are mine]

Once back in Rome, I will discover how the bas-reliefs of its First Pylon report an error of no small importance. 

Because with their somatic characteristics were represented African peoples subjected by Ramses. 

Too bad, because he had fought, instead, against the Asian ones (sic).

 Not only... 

Because, after several and prolonged researches in my library and on the Web, I ascertained that what I thought was only one of the many Egyptian archaeological finds, in reality was the table of the votive offerings to the God Amon, by the Divine Adorers, his brides, generally noblewomen and princesses.

I also included a couple of photos of one of the most extraordinary tombs of the Valley of the Kings. That of Thutmose III. I visited it in 1980 (...).  

Before I talked about "discoveries". 

In alto, sulla montagna, si vedono le due torri di guardia romane (skopeloi), o fortini, posizionate proprio al di sopra dell’importante pozzo di Bir Da’urt. High up on the mountain, you can see the two Roman watchtowers (skopeloi), or forts, positioned just above the important Bir Da'urt well [Lungo l'antica carovaniera degli 11 giorni. Along the ancient "11 days caravan route"
(© Franco Pelliccioni)

Because, even if for almost sixty years I have been a researcher, not being an Egyptologist, identifying myself in the guise of a Champollion “in sixteenth”, I went through a land for me almost completely "unknown", where you can even reveal "admirable things". 

So, to process the captions of one of the photos, taken through "a small hole", I suddenly realized that, just a very short distance from my eyes, there were other eyes that seemed to be looking at me. 

They belonged to the face of Pharaoh Zoser (it is the opening photo). 

That is, to his life-size statue and, apparently, quite likely. 

Built almost 4,700 years ago in Saqqara, next to its pyramid-tomb. 

So that was his ka

Since then, he is always waiting to be honoured by his people. Because, in addition to moving, he can perceive, in his modest sealed chamber, thanks to the presence of two holes, the smells and the perfumes of the offerings

So, the photo, I saw on the screen, was not only curious, but even exceptional... 

Because that was his serdab!

My other two "discoveries" come from the Temples of Kom Ombo and Edfu.

Originally, I thought that the bas-relief photographed in Kom Ombo was one of the many observed in Egypt. 

Later I will learn its importance. 

Since it gave form and substance to the archaeological term mammisi. 

Representing the birth of a woman, with the new-born who, at the moment, is emerging from the mother's vagina.

As for the temple of Edfu, here a statue of the falcon God Horus protects a figure, who does not seem to enjoy too much attention on the Web. 

Yet the God is protecting none other than the son of Cleopatra (VII) and Julius Caesar: Caesarion. 

That is Ptolemy XV, the last of the pharaohs of Ancient Egypt.

La statua del Dio falcone Horo, che si trova a sinistra dell’entrata, protegge Tolomeo XV Cesarione, l’ultimo dei faraoni dell’Antico Egitto. Dopo aver prima regnato con sua madre, la celebre Cleopatra (Cleopatra VII), regnò poi da solo, dal 44 a.C. al 30 a.C., quando venne fatto uccidere da Ottaviano Augusto. Era figlio di Giulio Cesare. 
This statue of the falcon God Horus, which is to the left of the entrance, protects Ptolemy XV Caesarion, the last of the pharaohs of Ancient Egypt. Since he first reigned with his mother, the famous Cleopatra (Cleopatra VII), then alone, from 44 BC to 30 BC, when he was killed by Octavian Augustus. He was the son of Julius Caesar (© Franco Pelliccioni)

Images from Egypt, the "satellite" book of Viaggi in Egitto 1980-2009, has a dignified autonomy and can be viewed and read as a book in its own right. 
Since the didactic apparatus and the notes allow to understand and fully enjoy every single illustration. 
Leaving the reader to freely go to the personal discovery of the always fabulous East. 
So well represented by Egypt, since the days of the Grand Tour and the Nile cruises, on board the Cook’s ships.

Da/FromIMMAGINI DALL’EGITTO IMAGES FROM EGYPT. Companion book di / of: VIAGGI IN EGITTO 1980-2009

E-Book and paper colour version in large format (17.78 x 25.4 cm), 171 pages, 138 notes, 278 images (275 are from the A.)



 E-Book: https://www.amazon.com/dp/B08DCZ7D9F



281. ESPOSIZIONE UNIVERSALE DI PARIGI DEL NUOVO MILLENNIO, 1900: ATTRAZIONI, INVENZIONI, CURIOSITÀ, ARTE, ART NOUVEAU, ALTRI PANORAMI, ILLUSIONI E ULTERIORI MERAVIGLIE…: Ruota di Chicago, castello al contrario, Luna ad un metro, cinema dei fratelli Lumière, Cinéorama, tre Panorami (Maréorama, Panorama Transsibérien, Great Siberian Railway Panorama), marciapiede mobile, Grand Palais e Petit Palais, Ponte Alessandro III, Stazione d’Orleans, modello della Statua della Libertà di Bartholdi. Da: ESPOSIZIONI UNIVERSALI, COLONIALI E INTERNAZIONALI DI PARIGI 1855-1937. ALLA RICERCA DELLE STRAORDINARIE TESTIMONIANZE DELLE “MANIFESTAZIONI MASSIME” DELL’IMPERO FRANCESE: Industria, Tecnologia, Invenzioni, Arte, Architettura, Paesi, Genti

Nella sezione Esposizione Coloniale, situata ai piedi del Trocadéro, il Padiglione della Cambogia, che utilizza sculture originali e calchi, con la grande scalinata che conduce al tempio di Buddha
(Brooklyn Museum Archives


Cosa c'è nel libro:

INTRODUZIONE 

NASCITA DELL’ESPOSIZIONE UNIVERSALE: IL CRYSTAL PALACE DI LONDRA, 1851

PARTE PRIMA. LE ESPOSIZIONI UNIVERSALI
1855-1900

- L’ESPOSIZIONE UNIVERSALE DEI PRODOTTI DELL’AGRICOLTURA, DELL’INDUSTRIA E DELLE BELLE ARTI, 1855; - L’ESPOSIZIONE UNIVERSALE FRANCESE DEL 1867, L’ANNO IN CUI PARIGI DIVENTA LA VILLE LUMIÈRE; - ALL’INSEGNA DELLE NUOVE TECNOLOGIE E DELLA RICONCILIAZIONE NAZIONALE, L’ESPOSIZIONE UNIVERSALE DEL 1878; - NEL CENTENARIO DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE, L’ESPOSIZIONE UNIVERSALE DEL 1889 E LA TOUR EIFFEL; - L’ESPOSIZIONE UNIVERSALE DEL NUOVO MILLENNIO, 1900: “BILANCIO DI UN SECOLO”; - IL PANORAMA DIORAMA “VIVENTE” DEL MAGAGASCAR AL TROCADÉRO; - ATTRAZIONI, INVENZIONI, CURIOSITÀ, ARTE, ART NOUVEAU, ALTRI PANORAMI, ILLUSIONI E ULTERIORI MERAVIGLIE…

PARTE SECONDA. LE ESPOSIZIONI DI PARIGI
1907-1931-1937: COLONIALISMO, ARTE, TECNICA, ARCHITETTURA, CONTRAPPOSIZIONI IDEOLOGICHE

- L’ESPOSIZIONE COLONIALE DEL 1907; - L’ESPOSIZIONE COLONIALE INTERNAZIONALE, 1931; - L’ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE DELLE ARTI E TECNICHE APPLICATE ALLA VITA MODERNA, 1937

....

ESPOSIZIONE UNIVERSALE DI PARIGI DEL NUOVO MILLENNIO, 1900ATTRAZIONI, INVENZIONI, CURIOSITÀ, ARTE, ART NOUVEAU, ALTRI PANORAMI, ILLUSIONI E ULTERIORI MERAVIGLIE… 

Ruota di Chicago, castello al contrario, Luna ad un metro, cinema dei fratelli Lumière, Cinéorama, tre Panorami (Maréorama, Panorama Transsibérien, Great Siberian Railway Panorama), marciapiede mobile, Grand Palais Petit Palais, Ponte Alessandro III, Stazione d’Orleans, modello della Statua della Libertà di Bartholdi.  

 I visitatori fanno (...) la fila alla ruota di Chicago (110 m di altezza), al “castello al contrario” (si cammina sul soffitto), al caleidoscopio del Palazzo dell’Ottica (raggi X, luce fredda, specchio magico), oltre alla Luna ad un metro (strumento lungo 60 m, adattato ad una macchina fotografica, dà l’impressione di osservare il satellite da 58 km di distanza), al cinema dei fratelli Lumière

 Mentre in una Rotonda poligonale (...), che ospita il Cinéorama, viene simulata una passeggiata in pallone: 10 apparecchi cinematografici sincronizzati proiettano un film con superbi paesaggi, mentre gli spettatori sono al centro, all’interno della replica di una mongolfiera. 

 Ma ci sono anche altri tre Panorami

 Il primo è il Maréorama: in un salone, davanti alla riproduzione del ponte di un transatlantico, scorrono immagini pitturate su un immenso telone, (...), così che la costa, dalla Francia a Costantinopoli, sfila davanti ai “passeggeri”. 

I fantastici effetti vengono amplificati da martinetti, che simulano il rollio del ponte per il moto ondoso, e da ventilatori, che creano vento attraverso un’antesignana “galleria”. 

 Gli altri due hanno invece come argomento la ferrovia Transiberiana, allora in costruzione (...). 

Ambedue si trovano nel medesimo Padiglione dell’Asia russa e della Siberia. 

 Il gigantesco Panorama Transsibérien è un’audacia pubblicitaria commissionata (...) dalla Compagnie Internationale des Wagons Lits et des grands express européens (...) 

(...) Virtualmente i visitatori sono in grado di viaggiare da Mosca a Pechino, a bordo di tre autentici vagoni della Compagnia lunghi 20 m. 

Provvisti di saloni, sale da pranzo, fumoirs, bar, scompartimenti con cuccette e toilettes, cucina (...), parrucchiere, sala da bagno e palestra. 

Davanti agli occhi dei “viaggiatori” sfilano (...) le principali attrazioni esistenti tra Mosca e Pechino (...), lungo i 9.574 km dell’itinerario che, quando la ferrovia sarà ultimata, potrà essere percorso in “appena” quindici giorni, (,,,). 

 L’altro Panorama è il Great Siberian Railway Panorama, ed è russo...

 (...) ho scoperto che ancora esiste, poiché depositato nello Storage Centre dell’Hermitage di San Pietroburgo. 

(...)  Il Panorama fa viaggiare gli spettatori in treno, da Syzran, sul Volga, fino a Vladivostok, nell’Estremo Oriente, in un’ora

 Un successo enorme avrà anche la “Strada dell’Avvenire: il trottoir roulant, marciapiede mobile a due velocità, posto su un viadotto alto 7 m, su un percorso di 3 km. 

(...) Infine i 50.000 volt della fiaccola della statua sul Palazzo dell’Elettricità forano la notte, mentre 7.200 lampade ad incandescenza e 17 ad arco illuminano un vicino castello d’acqua.

 Dove nel 1855 c’era il Palazzo dell’Industria, adesso abbiamo il Grand Palais des Beaux Arts et des Arts Decoratif e il Petit Palais de l’Art Française

Naturalmente sono ancora lì (...). 

Durante il Primo Congresso Internazionale dell’Elettricità Branly vi presenterà i suoi lavori sulle onde elettriche senza filo, all’origine di radio e telecomando, ma si parlerà anche di televisione… 

 (...) Il vicino Ponte Alessandro III è stato realizzato in soli due anni nel medesimo stile. 

Ha un arco d’acciaio di 108 m e alle estremità è impreziosito da splendide statue dorate (...). 

È il più ampio di Parigi e lo zar Nicola II vi gettò la prima pietra nel 1896.

(...)  Per quanto riguarda il Villaggio Svizzero, uno dei tanti Padiglioni nazionali (...)  

Nel 1900 comprendeva un gigantesco ed incredibile panorama, formato da montagne, cascate, prati, oltre all’albergo Münf, alla casa di Rousseau, ad una latteria del Friburgo, con vitelli e mucche (...), . 

Mercato di oggetti usati negli anni ‘1950, sarà restaurato negli anni ‘1960, diventando un centro di antiquariato à la page… 

 Il capolavoro architettonico della stazione d’Orleans oggi è il Museo d’Orsay. 

Nel 1937 la stazione fu parzialmente sostituita da quella di Austerlitz, cessando di funzionare nel 1939. 

(...) Nel 1900 la si integrò con un grandioso albergo di lusso, l'Hotel d'Orsay. 

 All’interno del Museo possiamo ancora ammirare sia la sua splendida sala delle feste (...), che lo splendido ristorante al primo piano (...). 

 Infine con qualche difficoltà nel Jardin du Luxembourg ho rintracciato il modello originale della Statua della Libertà di Bartholdi

(...) fu spostata lì nel 1905. 

Poiché dai più fu ignorata in favore di quella donata nel 1885, che si trova sul ponte de Grenelle (...).    

 Da: ESPOSIZIONI UNIVERSALI, coloniali e internazionali DI PARIGI 1855-1937. ALLA RICERCA DELLE STRAORDINARIE TESTIMONIANZE DELLE “MANIFESTAZIONI MASSIME” dell’IMPERO francese: Industria, Tecnologia, Invenzioni, Arte, Architettura, Paesi, Genti

(E-Book, versione cartacea a colori e in bianco e nero, 118 pp, 57 note, 146 immagini, di cui 91 a colori - 54 sono mie - )




Versione cartacea a colori: https://www.amazon.it/dp/1071353543

Versione cartacea in bianco e nero: https://www.amazon.it/dp/1072020734


280. PREAMBOLO: DAL “SAHARA ALGERINO” AL SAHARA TUNISINO. VIAGGI VIRTUALI E REALI NEL MAGHREB. DA: DAL TELL AL SAHARA. VIAGGI IN TUNISIA, TRA LE TESTIMONIANZE ARCHEOLOGICHE DEL PASSATO E CULTURALI ARABO-BERBERE-ISLAMICHE ODIERNE


 Mappa della Tunisia
(Perry-Castañeda Library Map Collection, The University of Texas at Austin)

Cosa c'è nel libro: 

PARTE PRIMA 

DALLE SPONDE DEL MEDITERRANEO AL SAHEL SAHARIANO 

1.PREAMBOLO: DAL “SAHARA ALGERINO” AL SAHARA TUNISINO. VIAGGI VIRTUALI E REALI NEL MAGHREB; 2. INTRODUZIONE AL PAESE; 3. LA MEDINA DI TUNISI, CON I SUOI PIÙ DI SETTECENTO MONUMENTI STORICI, PATRIMONIO MONDIALE DELL’UMANITA’; 4. NEL MUSEO NAZIONALE DEL BARDO DI TUNISI Il "TEMPIO" MONDIALE DEL MOSAICO ROMANO; Breve cronologia del Museo; La visita; 5.CARTAGINE; La visita; 6. SIDI BOU SAÏD; 7. MONASTIR TRA ANTICO E PRESENTE: DALL'ENIGMA DI UN NOME ALLA RICOMPARSA A SORPRESA DI UNA FORTEZZA PERDUTA; 8. LA “CITTA’ SANTA” DI KAIROUAN; 9. LA CITTA’ ROMANA DI THYSDRUS (EL-DJEM); 10. LA CITTA’ ROMANA DI SUFETULA (SBEITLA); 11. L’ISOLA DI DJERBA: OASI DI RIFUGIATI, TERRA DI INVASORI; La visita; 12. NEL SUD, TRA I VILLAGGI “INVISIBILI” DEI “BERBERI SCAVATORI” MATMATA;  Mareth; Gabès; Verso Matmata; 13. NELLA REGIONE DEGLI CHOTTS;  Introduzione; Douz; Kébili (e Ancienne Kébili); Nel Bled el-Djerid; L’OASI DI PIANURA DI TOZEUR; L’OASI DI PIANURA DI NEFTA 

PARTE SECONDA 

RITORNO NEL PAESE DEI GELSOMINI 

14. OASI DI MONTAGNA; Introduzione; Nello Chott el-Gharsa la Mos Espa, cittadina del deserto del pianeta Tatooine di Star Wars; Verso le oasi di montagna; 15. IL LÉZARD ROUGE DEI BEY DI TUNISI; Le ferrovie tunisine; 16. IL LUNGO VIAGGIO DEL FOSFATO TUNISINO: DAL TRIANGOLO MONTUOSO AL CONFINE CON L’ALGERIA AL PORTO DI SFAX, PASSANDO PER L’ANTICA CAPSA ROMANA; 17. I KSOUR, LE ROCCAFORTI BERBERE DEL GRANDE SUD TUNISINO;  Medenine; Ksar Haddada;  Tataouine; Chenini; 18. PERCORRENDO LA REGIONE DOVE SI COMBATTE’ LA “GUERRA DEL DESERTO”; 19. INCURSIONE TRA LE SABBIE DEL SAHARA, AI CONFINI MERIDIONALI DELL’IMPERO ROMANO, IL LIMES IMPERII; Ksar Ghilane; 20. NEL FORTE ROMANO DI TISAVAR; I romani e il Limes  Tripolitanus;  21APPENDICE;   1. VIAGGIATORI IN TUNISIA TRA IL XVII SECOLO E LA FINE del XIX;   2. VIAGGIATORI IN TUNISIA TRA LA SECONDA META’ DEL XIX SECOLO E L’INIZIO DEL XX; 22. BIBLIOGRAFIA SELEZIONATA

...

PREAMBOLO: DAL “SAHARA ALGERINO” AL SAHARA TUNISINO. VIAGGI VIRTUALI E REALI NEL MAGHREB 

 Non avevo mai pensato di effettuare un viaggio in Tunisia. 

Perché, oltre all’Egitto, i miei ricordi dell’Africa a nord del Sahara sono stati sempre indissolubilmente legati al Sudan, grande paese a cavallo tra deserto, savana e giungla. 

Anche se da molti anni, addirittura da decenni, in cuor mio avevo accarezzato il desiderio di spingermi nel cuore stesso del “Nulla” (...), nell’Hoggar, nel profondo sud algerino. In passato quante e quante volte fui in procinto di organizzarvi una spedizione. 

E dire che mi sarei perfino accontentato di partecipare ad una bella e pronta. 

Anche perché l’Avventura con la A maiuscola attende comunque laggiù il viaggiatore, con i suoi fascinosi richiami, non scevri da imprevisti, difficoltà, pericoli. 

 Al principio degli anni ‘1960, ancora studente di scuola superiore, iniziai a sentire come irresistibile l’attrazione di quell’immensità, da molti erroneamente considerata “vuota”. 

Dove da tempo immemorabile nomadizzano gli orgogliosi “uomini blu” del deserto, i celebri Tuareg

Allora cominciavo ad approfondire le mie conoscenze etno-antropologiche dell’Africa sub-sahariana, anche grazie ad una robusta frequentazione della Biblioteca dell’allora Istituto Italiano per l’Africa e di quella specializzata del Museo Pigorini (al Collegio Romano). 

 Così non potei fare a meno di acquistare la carta Michelin dell’Africa nord-occidentale, che comprendeva il Maghreb e, naturalmente, Sahara e Algeria. 

Da quel momento in poi, quante volte la consultai con cura e puntigliosità… 

 Osservando attentamente i più insignificanti dettagli delle piste, che si spingevano verso sud e che intendevo percorrere nel mio viaggio virtuale. 

Ma anche con l’intenzione, appena se ne fosse presentata l’opportunità, di andarci realmente con un paio di fuoristrada e qualche amico-collega antropologo. 

La mappa, che ancora possiedo, era contrassegnata dal numero 153 (Afrique Nord et Ouest, 1965). 

Qualche anno fa avrei appreso attraverso Internet come essa sia diventata “storica”

 Il suo possesso, legato ovviamente a viaggi reali “in loco” di appassionati viaggiatori-studiosi, ha infatti dato modo di costituire un apposito club internazionale. 

 Nel 1979 a Khartoum, la straordinariamente affascinante capitale del Sudan, ero in procinto di proseguire per la lontana provincia meridionale del Nilo Superiore. 

A Malakal, il suo capoluogo, avrei effettuato il mio primo soggiorno di ricerca in quel paese. 

In attesa dei necessari permessi e completamente immerso nei febbrili preparativi logistici, che ogni discesa sul campo comporta, inaspettatamente quel mio non ancora sopito desiderio si andò considerevolmente ad alimentare grazie ai “freschi” racconti dell’amico Gerardo Bamonte

Un collega americanista, con grosse esperienze di viaggi scientifici in tutto il mondo, purtroppo scomparso nel 2008. 

 All’epoca non ero al corrente come per Sergio Bonelli, l’autore del famoso eroe dei fumetti Tex Willer, estremamente interessato ai mitici fortini della leggendaria legione straniera sparsi nell’ex Sahara francese, avesse organizzato, assieme ad un paletnologo dell’Università di Roma, uno splendido viaggio transahariano e transafricano, che in jeep li aveva appunto condotti fino in Sudan. Dove io ero appena giunto comodamente in aereo dall’Italia.

 L’inatteso e piacevolissimo rendez-vous avvenne nella cornice della bella e ombreggiata sede diplomatica italiana. 

Ospiti del cortesissimo Ambasciatore Anfuso. 

 In seguito le vicende della vita avrebbero inferto al mio itinerario scientifico e ai miei interessi teoretici un brusco cambiamento di rotta, che mi avrebbe decisamente allontanato dal continente africano (Artico, comunità marittime dell’Atlantico del Nord). 

Anche se in cuor mio avrei conservato pressoché intatto quel desiderio giovanile. 

Per giunta l’Algeria, rimanendo sempre più coinvolta in tragiche vicende religioso-politiche, tanto che i Ministeri degli Esteri di vari paesi euro-americani da molto tempo, ormai, ne sconsigliavano caldamente i viaggi, si era collocata al di fuori dei normali circuiti turistici. 

 Qualcosa, comunque, anni addietro si era mossa. 

L’inaugurazione di un collegamento aereo diretto Italia-Tamanrasset, capoluogo dell’Hoggar, dava al viaggiatore la possibilità di giungere nel cuore del Sahara senza dover cambiare aereo ad Algeri. 

Era quindi giunta infine l’ora di esaudire l’antico progetto, quel sogno così sospirato? 

Ritenendo di sì, con diversi mesi di anticipo prenotai un posto con un tour operator specializzato in mini-spedizioni. 

Sarei dovuto partire a dicembre, uno dei mesi più consoni ai viaggi nel deserto, nonostante sia caratterizzato da una considerevole escursione termica diurna data la rigidità delle ore notturne.

 Purtroppo si era nel 2001... 

Ça va sans dire, anche se in precedenza avevo percorso in Sudan quello nubiano e conoscevo quello esistente appena al di là della fascia fluviale del Nilo egiziano, la mia iniziazione al “vero” deserto sahariano, quello che l’immaginazione di noi tutti considera come autentico: quello sabbioso dell’Erg, avrebbe dovuto aver luogo nel sud-ovest della Tunisia1 . 

Qui, nelle regioni del Bled el-Djerid e del Nefzazoua, dove sorgono le stupende oasi di Tozeur, Nefta e Douz, si spingono infatti, con le loro gigantesche dune, le estreme propaggini del Grande Erg Orientale… 

 Certo, sia pure osservando solo superficialmente le mappe è evidente come il paese maghrebino rappresenti solo un modestissimo cuneo, che si insinua verso sud.  

Ma questa mia prima e breve immersione – o, meglio, “tuffo” – maghrebina mi ha consentito, comunque, di “assaggiare” con il cervello, lo sguardo, l’olfatto, l’udito e il gusto: colori, sapori, silenzi, panorami e quant’altro si “affolla” in quella regione. 

Quasi una sorta di “aperitivo” al Sahara, che ha reso, se possibile, ancora più desiderabile una mia futura, seppure del tutto improbabile discesa nel profondo sud algerino. 

In considerazione, sia della mia età anagrafica, che della burrascosa epoca nella quale stiamo tutti vivendo. 

 Quello che è stato il mio primo viaggio in Tunisia ha avuto anche altri risvolti. 

 Innanzitutto ha costituito la mia prima partecipazione ad un viaggio organizzato da altri. 

Ebbene sì, anch’io mi sono infine dovuto servire delle prestazioni offerte da un’agenzia. 

Inoltre, poiché la maggioranza del gruppo proveniva dalla Sicilia, la prima parte di questo libro potrebbe intitolarsi, parafrasando quello del celebre Stoppani, l’autore del Bel Paese: “Ricordo di una carovana di siciliani”, che ovviamente si è servita dei mezzi propri del XXI secolo: aereo, torpedone e jeeps, anziché quelli coevi del lungo viaggio, che nel 1874 portò l’abate da Milano a Damasco. E dire che negli anni avevo sempre considerato quasi con sufficienza il turismo di massa, veicolato in tutti gli angoli del mondo da agenzie e tour operators. 

 D’altronde in quell’anno ero reduce da un defatigante viaggio di studio nel Mediterraneo Orientale, che mi aveva condotto prima a Creta e poi a Rodi. 

Con tranquillità volevo perciò osservare, conoscere e apprezzare i diversi e interessanti lineamenti della Tunisia, cominciando dalla capitale, fino ad arrivare alle immense dune del Sahara. 

Il tour, così come programmato, in base a quanto già sapevo dalla letteratura, possedeva indubbie attrattive. 

Offrendo al viaggiatore motivato una sintesi, anche corposa, del meglio che il paese ha da esibire. 

A partire dalle caratteristiche umanizzate: dal celebre Museo del Bardo di Tunisi con gli innumerevoli, meravigliosi (per fattura, composizioni e rappresentazioni) mosaici romani provenienti dalle diverse aree archeologiche del paese, alla “città santa” di Kairouan, la quarta dell’Islam (dopo La Mecca, Medina e Gerusalemme); dai resti archeologici punici (Cartagine) e romani (il “Colosseo” ad el-Djem, gli splendidi templi di Sufetula), agli originari nuclei urbani (le Medine di Tunisi, Sfax e Houmt Souk nell’isola di Djerba), alle fortificazioni: arabe (il ribat di Monastir) ed europee (Borj el-Kebir, sempre a Djerba). 

Per non parlare delle cittadine e dei villaggi tradizionali, sia arabi – nel nord –, che berberi – a sud –. 

Compreso quell’incredibile villaggio trogloditico che è Matmata!

 Senza dimenticare quelli “fantasma”, poiché abbandonati per i più vari motivi: terremoto del 1885 (Midés); alluvione-inondazione del 1969 (Chebika e Tameghza); sedentarizzazione delle popolazioni seminomadi - inizio XX secolo-anni ‘1970 - (Ancienne Kébili). 

E che dire dei suqs (Tunisi, Sfax, Tozeur), dei mercati settimanali non turisticizzati (Mareth), della linea ferroviaria che spunta dal deserto e che convoglia il fosfato dalla ricca regione mineraria di Metlaoui fino a Gafsa e, poi, a Sfax, importante porto e città industriale? 

 Per quanto riguarda la parte naturalistica, naturalmente il clou è stato rappresentato, non solo per me, dal deserto del Sahara, con le grandi dune di Douz, quelle non meno affascinanti e imponenti esistenti tra Tozeur e il lago salato (chott) di Gharsa

 Percorse e addirittura “scalate” in fuoristrada in un’escursione quasi interamente effettuata su fuoripista… 

Allora non sapevo che di lì a poco avrei anche io avuto sulla cresta “un posto in prima fila”: incredibilmente a dirsi sotto di me e sotto il sole dall’immensità del Nulla brillavano le immaginifiche costruzioni eseguite per il set del celebre film Star Wars

Ma vanno ancora ricordati: i miraggi intravisti in lontananza; gli straordinari, se non “unici”, tramonti nel deserto; le oasi di pianura (come Tozeur e Douz), di montagna (Chebika, Tameghza, Midés) e marittime (Gabès, Mareth); lo sterminato lago salato dello Chott el-Djerid; l’incantevole isola di Djerba; le “lunari” montagne Matmata dell’interno, la steppa a sud della regione di Kairouan; le tracce lasciate dalla “guerra del deserto”

 Poi nel corso di un secondo viaggio in Tunisia, che mi avrebbe consentito di tornare nell’isola di Djerba e di visitare nuovamente sia lo Chott el-Djerid, che le oasi di montagna e marittime, avrei avuto modo di approfondire la mia conoscenza con le aree popolate dai berberi, visitando i “castelli” (ksour) di Medenine, Ksar Haddada, Tataouine, Chenini

lnfine nel Grande Erg Orientale sarei addirittura entrato all’interno del castrum di Tisavar, localizzato ai confini meridionali dell’Impero romano... 

Da: DAL TELL AL SAHARA. VIAGGI IN TUNISIA, TRA LE TESTIMONIANZE ARCHEOLOGICHE DEL PASSATO E CULTURALI ARABO-BERBERE-ISLAMICHE ODIERNE

(178 pp., 198 immagini [164 sono dell'A.], di cui 179 a colori, 83 note, Bibliografia)


Versione cartacea a colori e in bianco e nero, II ediz.


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TUTTI I DATI (ECONOMICI, STATISTICI, DEMOGRAFICI, ETNOGRAFICI, ECC.) CONTENUTI NEI MIEI LIBRI SONO STATI ACCURATAMENTE VERIFICATI, INTEGRATI E AGGIORNATI AL MOMENTO DELLA LORO PUBBLICAZIONE.



lunedì 18 novembre 2024

279. JOHN WESLEY POWELL (1834-1902) , conosciuto soprattutto per le sue avventurose e coraggiosissime esplorazioni su e giù per i fiumi del "West", in particolare del Colorado. Fatto che, nonostante gli mancasse un braccio (dagli indiani UTE era chiamato KAPURATS, "senza-un-braccio"), gli permise di esplorare a fondo il Grand Canyon. Ma è anche colui che imprimerà un forte impulso all’U.S. Geological Survey e che darà vita al fondamentale American Bureau of Ethnology. Prestigiosa istituzione che sarà presto in grado, con le numerose ricerche e indagini sul campo, di avvicinare le variegate culture dei nativi americani al mondo dei bianchi. DA: COMPANION BOOK DI NEL WEST, CONQUISTADORES, ESPLORATORI, NATURALISTI, ARCHEOLOGI, ETNOLOGI ALLA SCOPERTA DELL’OVEST AMERICANO

 

. Nel Cataract Canyon si affronta una delle rapide del fiume Colorado 

Cosa c'è nel libro:

Un Conquistador spagnolo, due militari-esploratori, due pittori (il primo sarà un famoso ornitologo, l’altro un celebre etnografo), un geologo-esploratore-etnografo. Oltre ad otto etnologi e/o antropologi culturali, un archeologo e ad un’appassionata divulgatrice della propria cultura indiana. Ecco i loro nomi:

Francisco Vásquez de Coronado (1510-1554); Meriwether Lewis (1774-1809) e William Clark (1770-1838); John James Audubon (1785-1851);George Catlin (1796-1872); John Wesley Powell (1834-1902);Frank Hamilton Cushing (1857-1900); Frederick Webb Hodge (1864-1956); Frances Theresa Densmore (1867-1957); Robert Lowie (1883-1957); Gladys Amanda Reichard (1893-1955); Ralph Linton (1893-1953); Clyde Kay Maben Kluckhohn (1905-1960); Laura Maud Thompson (1905-2000); Fred Eggan (1906-1991); Rosebud Yellow Robe (1907-1992) BIBLIOGRAFIA

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John Wesley Powell (1834-1902)

Dai più, e particolarmente dai turisti europei di ritorno dagli States, dopo un'escursione nel lontano Sud-Ovest e nel Grand Canyon, il Maggiore John Wesley Powell è conosciuto come quell'intrepido personaggio che, per primo, discese (...) il fiume Colorado. 

Una "versione" altamente riveduta e corretta dei tre uomini in barca nel Tamigi di Jerome. 

Per gli americani Powell è invece molto, ma molto di più. 

(...) Perché quell'impresa fu compiuta nonostante il fatto che, per manovrare e per comandare i suoi uomini, gli mancasse il braccio destro... 

Perso durante la Guerra Civile nella battaglia di Shiloh (1862). 

Fu, quindi, un eroe, ma anche colui che seppe dare un fortissimo impulso alla conoscenza geologica (e geografica) del proprio paese.

(...) le sue ripetute esplorazioni scientifiche delle immense e remote regioni dell'ovest lo indussero a dare pari sollecitazione allo studio del mondo e della cultura dei popoli che là vivevano e che aveva imparato a conoscere bene. 

Convinse perciò il Congresso a fondare l'American Bureau of Ethnology (...). 

Le sue numerose ricerche e indagini sul campo hanno fornito agli studiosi di tutto il mondo l'indispensabile chiave per aprire il prezioso scrigno del mondo degli Indiani d'America (...). 

J.W. Powell (...) fin dalla prima giovinezza mostra profondo interesse per tutto ciò che riguarda la natura (...). 

 Studia, quindi, botanica, zoologia e geologia. 

Crescendo, allarga ulteriormente il suo giro d'orizzonte, attraversando in lungo ed in largo Wisconsin, Illinois, Iowa e Missouri. 

(...)  Terminata la guerra, accetta nel 1865 il posto di Professore di geologia e quello di Curatore del Museo dell'Illinois Wesleyan University (...), dalla quale riceve una laurea honoris causa in lettere. 

 (...) Nel 1867 e nel 1868 (...) porta gli studenti del suo corso sulle Montagne Rocciose (...). 

Scala vette. 

Esplora aree del tutto ignote. 

 Nel corso dell'inverno 1868-69 viaggia ancora lungo i fiumi Grand, White, Green e Yampa, facendo amicizia con una banda di Indiani Ute, di cui studia approfonditamente lingua e cultura (...). 

Per loro egli è Kapurats, "senza-un-braccio". 

(...) È così che sarà conosciuto dai diversi gruppi indiani del Sud-Ovest.

(...) La sua innata capacità di coinvolgere uomini ed istituzioni farà dell'antropologia (...) un rispettato campo di studio accademico. 

 Ecco poi arrivare l'impresa da tutti ritenuta impossibile, anche perché chi in passato l'aveva tentata, aveva perso la vita. 

 (...) Il 24 maggio 1869 dieci uomini a bordo di quattro barche e con provviste per dieci mesi iniziano la discesa del Green River (...). 

Per quasi mille miglia viaggeranno sui fiumi, ma tre mesi più tardi solo sei di loro usciranno vivi dal Grand Canyon... 

Ecco una rapida cronistoria (...). 

 Un mese dopo la partenza li abbandona l'inglese Goodman, che riesce a raggiungere un vicino insediamento. 

Nelle rapide (...) si è intanto persa, sia una barca, che la maggior parte del cibo. 

Successivamente la spedizione raggiunge la confluenza con il Grand River e, quindi, il Colorado. 

Nei successivi due mesi verranno superate molte più rapide di quelle preventivate. 

Powell si muove sempre con estrema cautela. 

Facendo a volte portare a spalla (portage) barche e materiale lungo le rive (...). 

L'estrema pericolosità del viaggio consiglia, quindi, ad altri tre membri della spedizione, (...) di andar via. 

(...) I tre scalano la parete del canyon, ma quasi subito sono trucidati da guerrieri Shivwits

Sono stati infatti scambiati per i minatori, che avevano appena ucciso una donna Hualapai

L'apprenderà l'anno appresso lo stesso Powell, quando visiterà, con uno scout Mormone e un gruppo di indiani Kaibab, l'area abitata da quella banda. 

 E dire che appena due giorni dopo la separazione (...), la spedizione raggiungerà la foce del fiume Virgin (la sua meta) (...), 

 Ritornerà a casa festeggiato come un eroe nazionale. 

 Nel 1871-72, grazie (...) ai fondi messi a disposizione dal Congresso, organizza un'ulteriore spedizione. 

I dati raccolti consentiranno di elaborare una dettagliata mappa topografica e alcuni studi. 

Saranno prese anche centinaia di fotografie (...). 

 (...) In previsione della futura missione, nel 1870 Powell predisporrà lungo il fiume Colorado depositi di provviste. 

Cercando anche di stabilire relazioni amichevoli con gli indiani (...) . 

(...) È assolutamente convinto che essi debbano vivere secondo le loro tradizioni. 

Proprio per questo, mentre altre spedizioni scientifiche necessitarono di scorte militari, egli non avrebbe mai portato un fucile. 

 Nel 1873, come speciale Commissioner per gli Indiani nello Utah e nel Nevada orientale, è utilizzato dal Bureau of Indian Affairs, che sta cercando di appurare "le condizioni e le necessità" degli Indiani del Gran Bacino. 

Così viaggia a lungo nel Sud-Ovest, raccogliendo miti, leggende e vocabolari di Ute, Paiute e Shoshoni

(...) Dal 1879 (...) dirige il Bureau of Ethnology, istituito grazie al suo autorevole interessamento (...). 

DA: COMPANION BOOK DI NEL WEST, CONQUISTADORES, ESPLORATORI, NATURALISTI, ARCHEOLOGI, ETNOLOGI ALLA SCOPERTA DELL’OVEST AMERICANO E-Book e versione cartacea (108 pp., 47 foto, 35 note)


E-Book:  https://www.amazon.it/dp/B01N3BOKBP

Versione cartacea: https://www.amazon.it/dp/1520532458