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lunedì 14 ottobre 2024

241. SULLE SPONDE DEL MARE LIBICO, CRETA MERIDIONALE: FRANGOKASTELO: Un viaggio nello spazio e a ritroso nel tempo; Attraverso la montuosa regione della Sfakiá orientale; Dall'alto vedo lo spettacolare orrido di Ímpros; Frangokástelo è il veneziano Castello Franco. Costruito per proteggersi dai pirati e dagli sfakioti; La visita; I turchi prendono possesso del castello; Nel 1770, dopo essersi arreso ai turchi, Daskaloyiánnis, capo dei palikáres, verrà scorticato vivo dal Pascià sulla piazza principale di Herákleion; Nel 1828 poche centinaia di cretesi si battono sanguinosamente contro migliaia di turchi di fronte a Frangokástelo; Una leggenda vuole che, nella ricorrenza della battaglia, abbia luogo una processione di fantasmi, i drosoulítes ("spiriti in lacrime"): persone vestite di nero, fanti e cavalieri armati, che lentamente si muovono dalla chiesa di Ágios Harálambos verso il forte, lo superano, per arrivare fino al mare e, infine scomparirvi ai primi raggi del sole… Visioni, ombre e fantasmi contro cui si sparerà: nel 1890 (soldati turchi), nella II Guerra Mondiale (pattuglia tedesca). Da: ALLA SCOPERTA DI MEGALI NÍSI, L’ISOLA DI CRETA. STORIA, ARCHEOLOGIA, NATURA, CULTURA

 

Primo piano della fortezza veneziana di Frangokástelo
(© Franco Pelliccioni)

Cosa c'è nel libro: 

Introduzione1. Dove l’Oriente incontra l’Occidente: Storia dell’isola di Creta. Dalla Civiltà Minoica al termine della seconda dominazione Bizantina (2700 a.C.-1204 d.C.); 2. Storia di Creta: dalla dominazione veneziana all’occupazione germanica (1204-1945); 3. La città…? Per i cretesi è solo Herákleion!; 4. Il Museo Archeologico di Herákleion; 5. Evans a Cnosso: una ricerca archeologica di una vita; 6. Architettura e ingegneria “naturalistica” e d’avanguardia nel Palazzo Minoico di Cnosso;7. L'Archeologia italiana a Creta: la città romano-bizantina di Górtina, quella Minoica di Festo; 8. Viaggio verso l'Ovest cretese: Georgioúpoli, Haniá e Réthimno; 9. Nella torre Firka di Haniá, il secondo Museo Marittimo della Grecia; 10. Nell'Oriente cretese, tra siti minoici, splendidi centri turistici, antiche città sommerse, tradizionali villaggi di montagna Hersoníssos e Mália, Ágios Nikólaus, Eloúnda, Kritsá ;11. Nell'invincibile fortezza veneziana di Spinalónga (Golfo di Mirabello, Creta orientale), l’ultima colonia di lebbrosi d'Europa; 12. Sulle sponde del Mare Libico, Creta meridionale: Mátala e Frangokástelo; 13. Sfakiá, una Barbagia cretese; 14. Viaggiatori a Creta dei secoli XII-XV: pellegrini e crociati; 15. Viaggiatori a Creta dei secoli XV-XIX: umanisti, diplomatici, partecipanti al Grand Tour, scrittori, studiosi, artisti, antiquari, archeologi; BIBLIOGRAFIA

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SULLE SPONDE DEL MARE LIBICO, CRETA MERIDIONALE: FRANGOKASTELO

Il secondo viaggio che, dalla “base” di Réthimno nell’occidente cretese, mi ha nuovamente riportato a sud sarebbe stato, invece, oltremodo affascinante. 

 Consentendomi di giungere in una regione dove il turismo è ancora agli esordi. 

Le strade ci sono, sì, anche se non da molto. 

Per giunta sono per lo più asfaltate. 

La complessa orografia della regione le rende, però, un’attrazione a se stante, che in cuor mio ho sperato non diventasse “fatale”… 

Un viaggio nello spazio e a ritroso nel tempo

 È un viaggio nello spazio e a ritroso nel tempo, che mi ha gradatamente condotto fino ad uno dei più importanti luoghi-simbolo di Creta: Frangokástelo, una fortezza orgogliosamente stagliata su un ripiano della remota e solitaria costa. 

I chilometri, che anche in questo caso ho percorso, non sono stati invero molti. 

(...) Eppure hanno pesato “mentalmente” più del solito. 

Attraverso la montuosa regione  della Sfakiá orientale

Per arrivare a destinazione mi sono infatti inoltrato nell'impervia regione montuosa della Sfakiá orientale. 

Dapprima seguendo la strada che porta fino al Hora Sfakion, capoluogo dell'eparchia (...) di Sfakiá, anche se, prima di raggiungerla, ho compiuto una deviazione su una strada secondaria e, se possibile, ancora più stretta, tortuosa e ripida, che corre parallela al mare, arrivando fin sulla costa. 

Prima di scendere lungo i suoi tornanti, la sosta su una terrazza naturale mi ha permesso di ammirare sia la costa frastagliata e, in lontananza, il castello, sia le Montagne Bianche (Lefká Óri).

Dall'alto vedo lo spettacolare orrido di Ímpros

 Oltre alla parte finale del vicino e spettacolare orrido di Ímpros.

 Queste gole hanno una lunghezza di 6-7 km e un’ampiezza di soli 2-3 m. 

 Sono sovrastate da pareti ripide alte circa 300 m (...). 

Prima di giungere al castello, ho attraversato diversi piccoli villaggi arroccati sui monti (...). 

Frangokástelo è il veneziano Castello Franco. Costruito per proteggersi dai pirati e dagli sfakioti 

Il toponimo Frangokástelo ha indubbie assonanze veneziane.

 Castello Franco fu infatti costruito dalla Serenissima nel 1371, su un piccolo promontorio sabbioso, per contrastare i pirati provenienti dal Nord Africa e per proteggersi dalle rivolte dei celebri, temibili sfakioti, che già pochi anni prima si erano rivoltati nella vicina Anópoli (1365). 

In realtà sarà raramente utilizzato. 

La zona è indubbiamente tra le più grandiose ed affascinanti di Creta (...).

Al tempo della dominazione veneziana Frangokástelo era una delle fortezze più importanti di Creta meridionale. 

La visita

Assieme a quella di Ierápetra, ad est, è l’unica rimasta. 

Ha una pianta rettangolare e la sua cinta muraria, delimitata da ciascun lato da quattro torri quadrate, è in buono stato. 

Sopra l’ingresso principale, verso il mare, c’è una effigie scolpita con il Leone di San Marco e due stemmi feudali (...). 

Sotto la fortezza sembra che si trovino anche i resti della Chiesa di San Marco. 

I veneziani avrebbero abbandonato Frangokástelo alla vigilia dell’attacco turco. 

I turchi prendono possesso del castello

E i turchi, che in seguito la demolirono parzialmente, provvederanno nel 1866 ad effettuare gli ultimi interventi restaurativi. 

 Il castello è legato ad alcuni drammatici e sanguinosi avvenimenti dell’indomita lotta per la libertà del popolo cretese contro la dominazione turca. 

Nel 1770, dopo essersi arreso ai turchi, Daskaloyiánnis, capo dei palikáres, verrà scorticato vivo dal Pascià sulla piazza principale di  Herákleion

Il primo risale al 1770, quando lo sfakiota Daskaloyiánnis ("Giovanni l'insegnante"), cioè Ioánnis Vláhos, commerciante di Anópoli (villaggio a pochi chilometri ad ovest di Hora Sfakion), così soprannominato per il rispetto che gli era dovuto poiché “imparato”, e carismatico capo dei palikáres (combattenti per la libertà), dopo aver atteso invano, più a nord, l'aiuto promesso dai russi, si portò fin qui per cercare di resistere ai turchi. 

Alla fine non potrà far altro che arrendersi. 

Una volta catturato, sarà condotto a Megálo Kástro (Herákleion) e scorticato vivo dal Pascià sulla piazza principale... 

Nel 1828 poche centinaia di cretesi si battono sanguinosamente contro migliaia di turchi di fronte a Frangokástelo

L’altro tragico episodio avverrà, invece, il 18 maggio del 1828. 

Nella piana di fronte a Frangokástelo si svolgerà infatti un improbabile combattimento tra 385 cretesi, al comando del generale greco Hatzimicháli Daliánis (...) e i 14.000 uomini di Mustafa Naili Pasha. 

Dopo l’uccisione della metà dei palikáres e la decapitazione del generale, per ordine del comandante turco, i superstiti, asserragliatisi all’interno, resistettero per sette giorni. 

Pressato alle spalle dalle locali forze sfakiote, Mustafa Naili Pasha sembra si sia poi dovuto leggermente ritirare, lasciando che quanto restava delle forze ribelli uscisse senza armi dalla fortezza. 

Poi, dopo averla parzialmente demolita (furono abbattute le torri), si diresse verso nord con le truppe. 

Ma gli sfakioti tesero loro una trappola nelle gole, massacrandoli. 

I caduti cretesi di Frangokástelo saranno sepolti dagli abitanti nella sabbia, mentre una religiosa si prenderà cura dei resti di Daliánis, collocandoli in una cappella di Ágios Harálambos. 

Una leggenda vuole che, nella ricorrenza della battaglia, abbia luogo una processione di fantasmi, i drosoulítes ("spiriti in lacrime"): persone vestite di nero, fanti e cavalieri armati, che lentamente si muovono dalla chiesa di Ágios Harálambos verso il forte, lo superano, per arrivare fino al mare e, infine scomparirvi ai primi raggi del sole… 

 Quest’ultimo orribile fatto ha fatto nascere una leggenda locale, che sembra abbia avuto, nel tempo, anche dei riscontri oggettivi.

 Esistono infatti testimonianze su quello che (...) si presenterebbe come un misterioso ed inspiegabile fenomeno naturale (...). 

Ogni anno, nella terrificante ricorrenza (fine maggio, inizio giugno), prima che abbia inizio l’alba di una calda giornata caratterizzata da umidità, nebbia e calma di vento, ha luogo una processione di fantasmi, che qui chiamano drosoulítes ("spiriti in lacrime"): persone vestite di nero, fanti e cavalieri, con le armi luccicanti alla luce nascente, che lentamente si muovono dalla chiesa in rovina di Ágios Harálambos verso il forte, lo superano, per arrivare fino al mare e, infine scomparirvi ai primi raggi del sole… 

Un fenomeno della durata di una decina di minuti, che sembra sia possibile osservare specialmente dalla valle e ad una distanza di un chilometro. 

Visioni, ombre e fantasmi contro cui si sparerà: nel 1890 (soldati turchi), nella II Guerra Mondiale (pattuglia tedesca) 

 Nel 1890 un gruppo di soldati turchi aprì il fuoco, avendo scambiato le ombre per i ribelli. 

Nel corso della seconda guerra mondiale una pattuglia tedesca sparò anch’essa contro le visioni. 

Naturalmente sono state offerte numerose spiegazioni (...). 

Come quella che parla di particolari condizioni meteo-climatiche, che riporterebbero fin qua le immagini di persone in cammino nella non distante costa libica. 

Ci troveremmo, cioè, di fronte ad una sorta di miraggio…

 Nonostante questi orribili accadimenti, dalla lunga spiaggia di sabbia bianchissima la fortezza mi appare sopra il poggio in tutta la sua magnificenza. 

 Incorniciata, com’è, da un fitto boschetto e dalle alte montagne sullo sfondo.

Da: ALLA SCOPERTA DI MEGALI NÍSI, L’ISOLA DI CRETA.
STORIA, ARCHEOLOGIA, NATURA, CULTURA
E-Book, versione cartacea a colori - I e II ediz. - e in bianco e nero, 153 pp., 179 foto, di cui 148 a colori (128 sono dell’A.)


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TUTTI I DATI (ECONOMICI, STATISTICI, DEMOGRAFICI, ETNOGRAFICI, ECC.) CONTENUTI NEI MIEI LIBRI SONO STATI ACCURATAMENTE VERIFICATI, INTEGRATI E AGGIORNATI AL MOMENTO DELLA LORO PUBBLICAZIONE.



240. LA “CITTA’ SANTA” DI KAIROUAN, TUNISIA: Il racconto dell'avventurosa spedizione che, all'inizio degli anni '1950, portò cinque ragazzi dal Nilo al Gange; Lévi-Strauss in Tristi Tropici critica la letteratura di viaggio, anche se nel suo libro ci racconterà le sue spedizioni tropicali... Il racconto della visita alla Grande Moschea dei cinque ragazzi; Storia della fondazione di al-Qayrawān, “carovana” o “campo”; Devo attraversare una pianura stepposa e arida per giungere a Kairouan; In lontananza la città appare come un miraggio; La Jamaa el-Kebir (“Grande Moschea”) è il più antico luogo di culto del mondo islamico occidentale; All’esordio del Protettorato francese; L'arrivo di Maupassant sotto la pioggia battente e la nebbia; Si entra nella Grande Moschea; Kairouan non è una “città santa". DAL TELL AL SAHARA. VIAGGI IN TUNISIA, TRA LE TESTIMONIANZE ARCHEOLOGICHE DEL PASSATO E CULTURALI ARABO-BERBERE-ISLAMICHE ODIERNE


Nell’ampio cortile della Grande Moschea di Kairouan brilla di propria luce l’alto minareto a tre piani sovrapposti alto 35 m 
(© Franco Pelliccioni)
 

Cosa c'è nel libro: 

PARTE PRIMA 

DALLE SPONDE DEL MEDITERRANEO AL SAHEL SAHARIANO 

1.PREAMBOLO: DAL “SAHARA ALGERINO” AL SAHARA TUNISINO. VIAGGI VIRTUALI E REALI NEL MAGHREB; 2. INTRODUZIONE AL PAESE; 3. LA MEDINA DI TUNISI, CON I SUOI PIÙ DI SETTECENTO MONUMENTI STORICI, PATRIMONIO MONDIALE DELL’UMANITA’; 4. NEL MUSEO NAZIONALE DEL BARDO DI TUNISI Il "TEMPIO" MONDIALE DEL MOSAICO ROMANO; Breve cronologia del Museo; La visita; 5.CARTAGINE; La visita; 6. SIDI BOU SAÏD; 7. MONASTIR TRA ANTICO E PRESENTE: DALL'ENIGMA DI UN NOME ALLA RICOMPARSA A SORPRESA DI UNA FORTEZZA PERDUTA; 8. LA “CITTA’ SANTA” DI KAIROUAN; 9. LA CITTA’ ROMANA DI THYSDRUS (EL-DJEM); 10. LA CITTA’ ROMANA DI SUFETULA (SBEITLA); 11. L’ISOLA DI DJERBA: OASI DI RIFUGIATI, TERRA DI INVASORI; La visita; 12. NEL SUD, TRA I VILLAGGI “INVISIBILI” DEI “BERBERI SCAVATORI” MATMATA;  Mareth; Gabès; Verso Matmata; 13. NELLA REGIONE DEGLI CHOTTS;  Introduzione; Douz; Kébili (e Ancienne Kébili); Nel Bled el-Djerid; L’OASI DI PIANURA DI TOZEUR; L’OASI DI PIANURA DI NEFTA 

PARTE SECONDA 

RITORNO NEL PAESE DEI GELSOMINI 

14. OASI DI MONTAGNA; Introduzione; Nello Chott el-Gharsa la Mos Espa, cittadina del deserto del pianeta Tatooine di Star Wars; Verso le oasi di montagna; 15. IL LÉZARD ROUGE DEI BEY DI TUNISI; Le ferrovie tunisine; 16. IL LUNGO VIAGGIO DEL FOSFATO TUNISINO: DAL TRIANGOLO MONTUOSO AL CONFINE CON L’ALGERIA AL PORTO DI SFAX, PASSANDO PER L’ANTICA CAPSA ROMANA; 17. I KSOUR, LE ROCCAFORTI BERBERE DEL GRANDE SUD TUNISINO; Medenine; Ksar Haddada; Tataouine; Chenini; 18. PERCORRENDO LA REGIONE DOVE SI COMBATTE’ LA “GUERRA DEL DESERTO”; 19. INCURSIONE TRA LE SABBIE DEL SAHARA, AI CONFINI MERIDIONALI DELL’IMPERO ROMANO, IL LIMES IMPERII; Ksar Ghilane; 20. NEL FORTE ROMANO DI TISAVAR; I romani e il Limes Tripolitanus; 21APPENDICE;   1. VIAGGIATORI IN TUNISIA TRA IL XVII SECOLO E LA FINE del XIX;   2. VIAGGIATORI IN TUNISIA TRA LA SECONDA META’ DEL XIX SECOLO E L’INIZIO DEL XX; 22. BIBLIOGRAFIA SELEZIONATA

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 LA “CITTA’ SANTA” DI KAIROUAN, TUNISIA 

 Accingendomi a scrivere questo capitolo a me caro, per l’ennesima volta prendo in mano un libro che, quasi sessanta anni fa, mi aveva introdotto alla famosa “città santa” di Kairouan. 

Il racconto dell'avventurosa spedizione che, all'inizio degli anni '1950, portò cinque ragazzi dal Nilo al Gange

Era la narrazione di un’avventurosa spedizione, che nel 1950- 52 portò cinque ragazzi Dal Nilo al Gange. 

Allora non potevo che assorbirne quasi ogni sua singola frase, mentre oggi lo ricordo con “tenerezza”. 

Fu grazie alla letteratura di viaggio, dapprima, e a quella più strettamente etnologica, poi, che i miei interessi adolescenziali gradatamente si sarebbero rivolti alle culture “altre”. 

 Adesso che per l’occasione lo sto sfogliando, mi accorgo di una nota firmata, apposta sul frontespizio: “gennaio 1961, I° libro, il libro colpevole”. 

Questa era stata in assoluto la mia prima lettura “esotica”, quando avevo solo quattordici anni… 

 Così che per me fu allora fondamentale avvicinarmi ai viaggi e alle avventure.

Lévi-Strauss iTristi Tropici critica la letteratura di viaggio, anche se nel suo libro ci racconterà le sue spedizioni tropicali... 

 Nonostante le critiche mosse nel 1955 dal grande Lévi-Strauss nel suo bellissimo Tristi Tropici: “questo genere di racconti riscuote un successo che per me rimane incomprensibile. 

L’Amazzonia, il Tibet e l’Africa invadono le vetrine sotto forma di libri di viaggio, resoconti di spedizioni e album di fotografie, dove la preoccupazione dell’effetto è preponderante perché il lettore possa valutare la testimonianza che gli è offerta. 

Anziché sollecitato nel suo spirito critico, il lettore richiede sempre più questo genere di cibo e ne ingurgita quantità prodigiose” (...) 

Anche se l’illustrissimo collega nell’incipit sottolineava l’intenzione di raccontarci le sue spedizioni! 

Il racconto della visita alla Grande Moschea dei cinque ragazzi

Di quel libro mi colpì il racconto della visita alla Grande Moschea. 

Una testimonianza ormai storica, che ha ancora riscontri con la realtà di oggi: 

veramente in Kairouan non si entra affatto. 

Non che la città sia chiusa, interdetta all’infedele; essa gli è ostile. 

Si possono superare i bastioni, si può passeggiare nelle strade, ma si resta lo stesso al di fuori. 

La città è simile alle donne velate che si incontrano. 

Si può guardarle, affiancarsi ad esse, fotografarle. 

Giana-el-Kebir, la grande moschea è cinta da mura dai contrafforti massicci e irregolari. 

Una porta bassa dà accesso sotto i portici, e dai portici usciamo nuovamente al sole; in silenzio camminiamo sul marmo bianco del grande cortile. 

Niente da dire, neppure gridare per lo stupore. 

Tutto è di traverso ed irregolare e, tuttavia, l’insieme esprime una grandezza imponente. 

Le quattrocento colonne dei portici provengono dalle città romane, da dove furono rubate (…) 

Il minareto è una massiccia torre quadrata, piantata in mezzo ad uno dei lati. 

Di fronte i portici si fanno più profondi per la sala delle preghiere.

 Un passo e il silenzio si fa anche più profondo (...). 

 Questo luogo è sacro; l’effetto è immediato e lo sentiremo nuovamente in alcuni templi antichi e principalmente in Egitto, luoghi di predilezione per lo spirito, dove il tempo si annulla, dove si diffonde nell’animo una pace indefinibile, una promessa di armonia quasi perfetta” (...). 

 Non sarà stato da Pulitzer, ma per un ragazzo il brano ebbe certamente un suo indubbio fascino… 

Storia della fondazione di al-Qayrawān, “carovana” o “campo”

 Kairouan (al-Qayrawān, “carovana” o “campo”) è una delle poche città tunisine a non essere stata fondata su un preesistente sito. 

 Qui, narrano i cronisti, Uqba ibn Nafi, che da poco aveva conquistato la Tripolitania, arringò i suoi uomini: “ogni volta che un capo musulmano penetra in Africa, le popolazioni locali si affrettano ad abbracciare l’Islam per mettersi al riparo dal pericolo, ma appena si ritira tornano all’infedeltà. Penso dunque, o musulmani, di fondare una città che serva da piazza d’armi fino alla fine dei tempi”. 

Ciò che fece nel 670 d.C. 

Devo attraversare una pianura stepposa e arida per giungere a Kairouan

 Il viaggio fino a Kairouan non è certamente tra i più esaltanti che si possano compiere in Tunisia. 

Partendo dalla costa, a poco più di una cinquantina di km in linea d’aria si attraversa (...) un’immensa regione pianeggiante, stepposa ed arida, costeggiando una laguna salata (...). 

La vegetazione si fa sempre più scarsa, fino ad essere quasi inesistente. 

In lontananza la città appare come un miraggio 

Anche per me, come per i viaggiatori del passato, la città assomiglia da lontano ad un inatteso miraggio, con i molteplici tetti bianchi delle sue case, le cupole delle moschee, gli appuntiti minareti (...). 

Se la località non è attraente, certamente era strategica (...)

 Trovandosi a metà strada tra la costa, dove imperversavano ancora i bizantini, e le montagne, rifugio dei bellicosi berberi. 

I cui ripetuti attacchi (682 e 688) (...) portarono all’occupazione della città e alla distruzione della moschea. 

 Kairouan venne poi riconquistata da Hassan ibn an-Numan, che la confermò come capitale dell’Ifriqiya [Ifrī’qīyah, “Africa”], così che questo nucleo urbano sarebbe diventato la testa d’ariete per conquistare l’intero Maghreb e, poi, l’Andalusia. 

La Jamaa el-Kebir (“Grande Moschea”) è il più antico luogo di culto del mondo islamico occidentale 

Ha una duplice “lettura”: dall’esterno il massiccio e alto muro quadrato di cinta testimonia silenziosamente e gravemente l’importante passato come campo militare in una sperduta regione, ai confini con le terre degli infedeli; dall’interno la splendida selva di colonne della sua ampia sala di preghiera e il minareto ben presto ne hanno fatto una città “santa”. 

Simbolo e riferimento spirituale per l’avanguardia dell’Islam in terra africana e centro culturale, che avrebbe attratto scienziati e letterati.

 Nel IX secolo la città si arricchì sotto gli Aghlabiti di case, moschee, monumenti e di 48 hammām (bagni di vapore), raggiungendo i 200.000 abitanti. 

A questo periodo risale il bacino, grande piscina poligonale (48 lati) collegata ad una più piccola vasca di decantazione, che serviva come riserva idrica, ed era alimentata da un acquedotto lungo 56 km (...). 

Qui, nell’anniversario della nascita del Profeta (...), musici e danzatori si portano in barca sulla piattaforma centrale, un tempo padiglione per il riposo dell’emiro. 

Offrendo al pubblico un grande spettacolo. 

(...) La città decadde al tempo dell’invasione dei predoni Beni Hilal (1050)

Conservando il ruolo spirituale di “città santa”, anche quando la capitale diventerà Tunisi. 

 All’esordio del Protettorato francese

 All’esordio del Protettorato francese “la città era circondata da mura turrite con bastioni e batterie che disegnavano un esagono di 2.400 m di perimetro. Le mura, come le case a più piani, sono assai ben costruite (…) Naturalmente le moschee sono numerose (…) Nella città si fabbricano selle rifinite in oro e argento e pelli molto ricercate” (...). 

L'arrivo di Maupassant sotto la pioggia battente e la nebbia

 Pochi anni dopo sotto la pioggia battente e la nebbia (sic) vi giunse Maupassant: 

 “oh! La città triste perduta in questo deserto, in questa solitudine arida e desolata! 

 Nelle strade strette e tortuose gli Arabi al riparo nelle loro bottegucce ci guardano passare (…) 

Andiamo verso la moschea Djama-Kebir di cui l’alto minareto domina la città e il deserto che l’isola dal mondo (…) 

Un popolo errante, appena capace di costruire dei muri, venuto in una terra coperta di rovine lasciate dai suoi predecessori, vi raccolse tutto ciò che gli parve più bello e, a sua volta, con quei frammenti dello stesso stile e dello stesso ordine, elevò, mosso da ispirazione sublime, una dimora al suo Dio, una dimora fatta con i frammenti strappati alle città che crollavano, ma perfetta e magnifica tanto quanto le più pure concezioni dei più grandi intagliatori di pietra (..)

Davanti a noi appare un tempio smisurato che ha l’aria di una foresta sacra perché 180 colonne di porfido e marmo sopportano le volte di 17 navate corrispondenti alle 17 porte del cortile (…) 

Nelle nostre cattedrali gotiche il grande effetto è dato dalla voluta proporzione tra altezza e larghezza. 

Qui al contrario l’armonia unica di questo tempio basso viene dalla proporzione e dal numero di questi fusti leggeri che sostengono l’edificio, lo riempiono, lo popolano, lo rendono ciò che è, creando la sua grazia e la sua grandiosità. 

La loro colorata moltitudine dà all’occhio l’impressione di illimitatezza, mentre l’altezza poco elevata dell’edificio quella di pesantezza” (...).

Si entra nella Grande Moschea

 Lasciamo che sia questa magistrale descrizione ad accompagnare il lettore all’interno della moschea. 

A me il compito di aggiungere qualche elemento in più: una sola porta aperta consente a fedeli e visitatori di entrare (...) in un vasto cortile lastricato con marmo bianco, circondato da un portico. 

(...) L’arredo è completato da un orologio solare e, come abbiamo visto, da uno splendido minareto a tre piani sovrapposti, servito da modello per tutto il Maghreb.

Le colonne della sala di preghiera provengono per lo più da Cartagine e Hadrumetum. 

Kairouan non è una “città santa" 

Ma a Kairouan mi attende una delusione, anzi due: la prima è che non è la quarta “città santa” dell’Islam, dopo la Mecca, Medina e Gerusalemme. 

Perché, anche se lo fu in passato, non è una città santa.

(...) È quindi una leggenda il fatto che sette pellegrinaggi a Kairouan equivalgano al fondamentale hağğ alla Mecca: “qui non si fa alcun pellegrinaggio…”. 

L’altra (...) è che non è stata la prima città edificata dagli arabi in Nord Africa. 

Nel 639 fu preceduta da al-Fustāt (Egitto) (...) 

Sal-Fustāt  vedi il cap. 6 del mio: VIAGGI IN EGITTO 1980-2009. CROCIERA AEREA E FLUVIALE SUL NILO; AI CONFINI CON IL SUDAN, ALLA RICERCA DI BERENICE TROGLODITICA E DELLA “CAROVANIERA DEGLI 11 GIORNI”; NEL SINAI, E-Book, versione cartacee a colori e b/w e non illustrata:

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Da: DAL TELL AL SAHARA. VIAGGI IN TUNISIA, TRA LE TESTIMONIANZE ARCHEOLOGICHE DEL PASSATO E CULTURALI ARABO-BERBERE-ISLAMICHE ODIERNE

(178 pp., 198 immagini [164 sono dell'A.], di cui 179 a colori, 83 note, Bibliografia)


Versione cartacea a colori e in bianco e nero, II ediz.


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TUTTI I DATI (ECONOMICI, STATISTICI, DEMOGRAFICI, ETNOGRAFICI, ECC.) CONTENUTI NEI MIEI LIBRI SONO STATI ACCURATAMENTE VERIFICATI, INTEGRATI E AGGIORNATI AL MOMENTO DELLA LORO PUBBLICAZIONE.


239. RESOLUTE BAY (oggi QAUSUITTUQ, Cornwallis Island, High Arctic, Nunavut, Canada), A 500 KM DI DISTANZA DAL POLO MAGNETICO; Poco prima del mio arrivo è scoperto un teschio pre-Inuit di Thule, che ho fotografato; Gli Inuit sono arrivati nell'isola solo nel 1953, assieme alle Giubbe Rosse; Le loro abitazioni erano parzialmente interrate, pavimentate con pietre, con tetti sostenuti da ossa di balene, ricoperti con pelli; Quattro i villaggi di Thule scoperti sull'isola; Gli scavi archeologici del 1949-1953; Grazie all'archeologo Robert McGhee, del Museo della Civiltà di Ottawa, gli insediamenti di Thule sono stati ricostruiti negli anni 2000; Lo studioso sostiene che gli insediamenti siano stati abbandonati dai Thule, non per cacciare animali verso est, ma per commerciare con i norreni (Vichinghi); A Qausuittuq sono stati ritrovati pezzi di cotta di maglia e di una pedina di scacchi in avorio (ca. 1250 d.C.). DA: BALENE E BALENIERI, TRA NORD ATLANTICO, PACIFICO SETTENTRIONALE, MAR GLACIALE ARTICO. VAGABONDAGGI ALLA RICERCA DELLE TESTIMONIANZE DELL’ERA DELLA CACCIA ALLE BALENE


Come allora (1983) si presentava uno degli insediamenti pre-Inuit di Thule (© Franco Pelliccioni) 

Cosa c'è nel libro: 

1. PREMESSA ; 2. INTRODUZIONE - LA CACCIA NELLA PREISTORIA: ALTA, NORD NORGE - I BALENIERI E L'ESPLORAZIONE - LA CACCIA ALLE BALENE, TRADIZIONALE ATTIVITÀ ECONOMICA DI ALCUNE COMUNITÀ MARITTIME EUROPEE 3. LA CACCIA ALLE BALENE PRESSO ALCUNE POPOLAZIONI AUTOCTONE AMERICANE 

4. GLI AVVISTAMENTI DI BALENE; 

5. LA CACCIA ALLE BALENE: STORICA- NELLA COLOMBIA BRITANNICA (CANADA) - A SAINT-PIERRE ET MIQUELON (FRANCIA) - LE STAZIONI BALENIERE DI TERRANOVA (PROVINCIA DI TERRANOVA E LABRADOR, CANADA) - LE STAZIONI DI CACCIA ALLE BALENE DEL CUMBERLAND SOUND - KEKERTEN, IL CUMBERLAND SOUND E L’INIZIAZIONE ANTROPOLOGICA SUL CAMPO DI FRANZ BOAS - NELLE ISOLE SHETLAND (SCOZIA, UK) - NELLE ISOLE ORCADI (SCOZIA, UK) - NELLE ISOLE SVALBARD, NORVEGIA - NELLE EBRIDI ESTERNE (SCOZIA, UK) 6. LA CACCIA ALLE BALENE: ATTUALE - IQALUIT (GIÀ FROBISHER BAY, ISOLA DI BAFFIN, ARTICO ORIENTALE, NUNAVUT, CANADA) - A RESOLUTE BAY (OGGI QAUSUITTUQ, CORNWALLIS ISLAND, HIGH ARCTIC, NUNAVUT, CANADA) - NARSAQ (COSTA OCCIDENTALE DELLA GROENLANDIA MERIDIONALE, DANIMARCA) - NELLE ISOLE FÆR ØER (DANIMARCA): IL GRINDADRÁP, LA CACCIA COMUNITARIA - IN ISLANDA - IN NORVEGIA, QUANDO LA CACCIA ALLE BALENE NON È COSÌ PUBBLICIZZATA, COME L’ISLANDESE, LA FAROESE (O LA GIAPPONESE) 7. BALENE, UNA SCHEDA PICCOLE: MEDIE: GRANDI: 8APPENDICE LA CACCIA ALLE BALENE NELL’ARCIPELAGO DI MADEIRA (PORTOGALLO), 1941-1981 IL GIGANTESCO FLOP DELLA CACCIA ALLE BALENE NELL’ARCIPELAGO DELLE CANARIE (SPAGNA), 1784-1806 9. BIBLIOGRAFIA

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Le tracce lasciate dai cacciatori di balene di Thule sull’isola Cornwallis 

Resolute Bay (Qausuittuq), nell’isola Cornwallis, Alto Artico canadese (oggi Nunavut), nel 1983 ha rappresentato il punto più a nord della mia ricerca tra gli Inuit (74° 42’). 

A 500 km di distanza dal Polo Magnetico

Allora il Polo Magnetico si trovava a 500 km di distanza. 

Nell’isola la caccia alle balene è un fatto, sia storico (Thule), che “innovativo”. 

Poiché effettuato da Inuit, che negli anni ‘1950 vi furono forzosamente trasferiti da altre regioni artiche canadesi. 

Poco prima del mio arrivo è scoperto un teschio pre-Inuit di Thule, che ho fotografato 

 Pochi giorni prima del mio arrivo, un cacciatore Inuit aveva ritrovato, sporgente dal terreno, tra fango, pietre e fossili, a non molta distanza da un laghetto di acqua piovana, un teschio. 

Certamente appartenente ad un pre-eschimese di Thule [Ricordo come i diretti antenati degli attuali Inuit, appartenenti alla cultura denominata di Thule (800-1700 d.C.), si dedicassero principalmente alla caccia alle grandi balene, tra Groenlandia e Alaska] 

E’ la prima volta che vengono alla luce resti umani” mi disse Bezal Jesudazon

Da due secoli l’isola di Cornovaglia non era stata più abitata in permanenza”. [Nota 36: Ecco la cronologia pre-Inuit: Denbigh (Tradizione Microlitica Artica - "Arctic small-tool tradition"-, 3000-500 a.C.); Dorset (1000 a.C.-1110 d.C.); Thule (800-1700 d.C.). Mathiassen la chiamò Thule, quando per la prima volta nel 1927 scoprì i loro resti (un ammasso di rifiuti) vicino all'omonimo insediamento groenlandese, nel nord ovest della Groenlandia (...).  

Gli Inuit attuali sono arrivati nell'isola solo nel 1953, assieme alle Giubbe Rosse

Infatti in quest’isola gli Inuit non erano mai vissuti prima del 1953.

 Quando vi furono trasferiti, nel corso di uno dei diversi reinsediamenti degli autoctoni voluti dal governo canadese, per ragioni di sovranità politica. 

Poiché, assieme ad un distaccamento di Giubbe Rosse, dovevano andare a colmare e a “presidiare” un “vuoto” demografico nell’immenso arcipelago artico. 

 In un’altra area dell’isola, Bezal mi aveva già fatto visitare un paio di insediamenti invernali degli uomini di Thule risalenti ad oltre 600 anni prima: “il primo segno lo avevano dato i fiori: fiori di cotone artico e licheni, la vegetazione povera del Grande Nord. 

Ma se c’erano i fiori c’era anche humus. 

E la presenza di humus è il segno che in quella regione, in tempi dimenticati, era vissuto l’uomo”. 

Le loro abitazioni invernali erano parzialmente interrate, pavimentate con pietre, con tetti sostenuti da ossa di balene, ricoperti con pelli

 Non necessitando di igloo (“case”) di ghiaccio per proteggersi dal freddo, la loro abitazione era parzialmente interrata.

 I pavimenti, le nicchie delle cucine, e le piattaforme rialzate per dormire erano pavimentate con lastre di pietra e il tetto sostenuto da travi in osso di balena, ricoperto con pelli. 

I Thule erano cacciatori di balene

Tra i resti dell’abitazione spiccavano le costole di una balena. 

Perché i Thule uccidevano con arpioni e coltelli d’osso i grandi mammiferi marini, dopo averli avvicinati a bordo delle loro fragili imbarcazioni di pelle. 

Bezal mi fece anche notare come l’insediamento risultasse relativamente distante dalla sponda. 

Dato che il popolo di Thule usava vivere lungo la costa, a quanto pare il terreno intorno si era “rialzato”.

Del resto lo stesso Mathiassen, l’archeologo danese che in Groenlandia scoprì l’esistenza “preistorica” dei Thule, nei suoi scavi in Canada aveva trovato le abitazioni distanti dalla spiaggia. 

 Anche lì il terreno negli ultimi secoli si era sollevato. 

Quattro i villaggi di Thule scoperti sull'isola

 A Resolute, a non molta distanza dall’odierno insediamento Inuit, gli archeologi hanno infatti scoperto l’esistenza di quattro villaggi di Thule. 

Gli scavi archeologici del 1949-1953

Inoltre scavi e ricognizioni archeologiche effettuate nel 1949-1953, che avevano portato alla luce una straripante abbondanza di ossa di balene, foche e trichechi, avevano forse suggerito ai politici canadesi che la regione potesse essere potenzialmente ricca di opportunità per la caccia e, perciò, del tutto idonea ad una presenza degli Inuit nell’Alto Artico. 

In realtà proverebbe, invece, come secoli addietro il clima fosse più caldo, rispetto a quelli successivi. 

Non a caso tutti gli insediamenti situati a nord del Lancaster Sound, quindi anche quelli dell’isola di Cornwallis, saranno gradatamente abbandonati. 

Grazie all'archeologo Robert McGhee, del Museo della Civiltà di Ottawa, gli insediamenti di Thule sono stati ricostruiti  negli anni 2000

 Gli insediamenti Thule di Resolute negli anni 2000 sono stati ricostruiti da uno dei maggiori esperti artici canadesi, l’archeologo Robert McGhee, del Museo della Civiltà di Ottawa. 

 In proposito ricordo come la teoria che prevale tra gli studiosi ritenga che gli Inuit “preistorici” ca. 1.000 anni fa, durante il periodo caldo (...) noto come “periodo caldo medievale”, abbiano migrato verso est, alla ricerca di animali da cacciare.

Lo studioso sostiene che gli insediamenti siano stati abbandonati dai Thule, non per cacciare animali verso est, ma per commerciare con i norreni (Vichinghi) 

McGhee sostiene invece che “siano andati ad est per commerciare con i norreni". 

Poiché molti dei primi siti di Thule, come quelli di Resolute, sono "pieni di roba norrena". 

Qausuittuq sono stati ritrovati pezzi di cotta di maglia e di una pedina di scacchi in avorio (ca. 1250 d.C.)

Inclusi pezzi di cotta di maglia e quello che sembra un frammento di una pedina degli scacchi in avorio, risalente a ca. il 1250 d.C.

 Aggiungendo come "il periodo caldo medievale fosse già finito quando arrivarono, intorno al 1250". 

A quel tempo, il clima era "più o meno lo stesso di adesso, forse più caldo, ma si stava rapidamente raffreddando".  

DA: BALENE E BALENIERI, TRA NORD ATLANTICO, PACIFICO SETTENTRIONALE, MAR GLACIALE ARTICO.     VAGABONDAGGI ALLA RICERCA DELLE TESTIMONIANZE DELL’ERA DELLA CACCIA ALLE BALENE

(163 pp., 156 foto, 79 sono dell'A.)

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TUTTI I DATI (ECONOMICI, STATISTICI, DEMOGRAFICI, ETNOGRAFICI, ECC.) CONTENUTI NEI MIEI LIBRI SONO STATI ACCURATAMENTE VERIFICATI, INTEGRATI E AGGIORNATI AL MOMENTO DELLA LORO PUBBLICAZIONE.

sabato 12 ottobre 2024

237 bis PARIGI: alla ricerca di ciò che è rimasto dopo ciascuna ESPOSIZIONE UNIVERSALE; Uno straordinario collante tra società, genti e culture diverse; Agone privilegiato per i più grandi architetti e ingegneri dell’epoca, le Esposizioni servono da cassa di risonanza anche per gli artisti, che espongono i loro capolavori; Basta un biglietto d'ingresso per accedere alla grandiosa vetrina del mondo delle Esposizioni parigine... Straordinarie realizzazioni, che saranno smontate, se non addirittura demolite, al termine delle manifestazioni! La Torre Eiffel, ovvero la "rivincita" dell'Effimero; Un’insolita guida illustrata alle bellezze della capitale francese, che dà modo al lettore di conoscere, sia l’evoluzione urbana del centro storico di Parigi, che alcune tematiche storico-culturali e di Storia della Seconda Rivoluzione Industriale... L’ESPOSIZIONE UNIVERSALE DEL NUOVO MILLENNIO, 1900; "BILANCIO DI UN SECOLO": 51 milioni di visitatori; Stazioni ferroviarie, parcheggi, ippodromo; La prima linea della Metropolitana, la n. 1, trasporterà ben 10 milioni di passeggeri. Da: ESPOSIZIONI UNIVERSALI, COLONIALI E INTERNAZIONALI DI PARIGI 1855-1937. ALLA RICERCA DELLE STRAORDINARIE TESTIMONIANZE DELLE “MANIFESTAZIONI MASSIME” DELL’IMPERO FRANCESE: INDUSTRIA, TECNOLOGIA, INVENZIONI, ARTE, ARCHITETTURA, PAESI, GENTI

 

Il Padiglione dell’Italia (foto Joseph Hawkes)
[Esposizione Universale del 1900]


Cosa c'è nel libro:

INTRODUZIONE 

NASCITA DELL’ESPOSIZIONE UNIVERSALE: IL CRYSTAL PALACE DI LONDRA, 1851

PARTE PRIMA. LE ESPOSIZIONI UNIVERSALI
1855-1900

- L’ESPOSIZIONE UNIVERSALE DEI PRODOTTI DELL’AGRICOLTURA, DELL’INDUSTRIA E DELLE BELLE ARTI, 1855; - L’ESPOSIZIONE UNIVERSALE FRANCESE DEL 1867, L’ANNO IN CUI PARIGI DIVENTA LA VILLE LUMIÈRE; - ALL’INSEGNA DELLE NUOVE TECNOLOGIE E DELLA RICONCILIAZIONE NAZIONALE, L’ESPOSIZIONE UNIVERSALE DEL 1878; - NEL CENTENARIO DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE, L’ESPOSIZIONE UNIVERSALE DEL 1889 E LA TOUR EIFFEL; - L’ESPOSIZIONE UNIVERSALE DEL NUOVO MILLENNIO, 1900: “BILANCIO DI UN SECOLO”; - IL PANORAMA DIORAMA “VIVENTE” DEL MAGAGASCAR AL TROCADÉRO; - ATTRAZIONI, INVENZIONI, CURIOSITÀ, ARTE, ART NOUVEAU, ALTRI PANORAMI, ILLUSIONI E ULTERIORI MERAVIGLIE…

PARTE SECONDA. LE ESPOSIZIONI DI PARIGI
1907-1931-1937: COLONIALISMO, ARTE, TECNICA, ARCHITETTURA, CONTRAPPOSIZIONI IDEOLOGICHE

- L’ESPOSIZIONE COLONIALE DEL 1907; - L’ESPOSIZIONE COLONIALE INTERNAZIONALE, 1931; - L’ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE DELLE ARTI E TECNICHE APPLICATE ALLA VITA MODERNA, 1937

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Come si può “raccontare” una città mondiale, una delle più importanti capitali europee, senza incorrere nel banale, nel dejà vu, in ripetizioni o cliché

Laddove novità architettonico-ingegneristiche, grandiose o futuristiche, non si siano aggiunte ultimamente al territorio urbano e al complesso dei suoi arredi, trasformando con intelligenza l’esistente?  

Nel 1975, quando per la prima volta giunsi nella Ville LumièreBeauborg, Piramidi del Louvre e grattacieli della Defense, con la sua Arche trionfale, non facevano parte del suo skyline

Avrei invece osservato un gigantesco cratere, che potenti macchine stavano scavando nelle Halles, lo storico “ventre” di Parigi! 

Ma è “cosa”, ormai, di anni luce fa…

Dunque, come fare? 

Naturalmente posso parlare dei musei, visitati anche per professione.

E, poi? 

È a questo punto che scatta in me “qualcosa”. 

Chissà, forse è l’idea giusta, capace di suscitare interesse in chi legge… 

 D’altronde è là, davanti a me, davanti a tutti noi (...)

La Tour Eiffel

  Ma sì, è… la Tour Eiffel

Non solo perché è la “Torre” del mondo, per antonomasia. 

Ma perché rappresenta una parte, sia pur minima, sia pure “grandiosa”, di una delle gigantesche e storiche Esposizioni Universali, tenutesi a Parigi a partire dalla seconda metà del XIX secolo. 

Ecco che, sic et simpliciter, una delle mie ricorrenti visite alla megalopoli europea si tramuterà, sia pure parzialmente, in un’autentica “caccia al tesoro”. 

A Parigi vado alla ricerca di ciò che è rimasto dopo ciascuna Esposizione Universale

Dove i “gioielli” sono i resti e le vestigia di ciò che è rimasto dopo ciascuna Esposizione. 

Anche perché era invalsa l’abitudine di disfarsi di quanto costruito, tra l’altro non sempre eseguito con materiale “precario”... (...)

(...) le Esposizioni degli ultimi decenni non mi affascinano, né mi fanno fantasticare (...) 

Uno straordinario collante tra società, genti e culture diverse

Non costituendo un grande palco, che faccia da tramite e da collante comunicativo tra società, genti e culture diverse. 

Come invece hanno fatto le Esposizioni di Parigi, tenutesi prima dell’avvento (...) della radio, prima, e della televisione, poi. 

E prima ancora dei viaggi: da quelli con la britannica Cook, a quelli di massa…

(...) proprio la televisione sarà all’ordine del giorno nel Congresso dell’Elettricità dell’Esposizione del 1900. 

Si parlò allora della trasmissione delle immagini a distanza. 

Agone privilegiato per i più grandi architetti e ingegneri dell’epoca, le Esposizioni servono da cassa di risonanza anche per gli artisti, che espongono i loro capolavori

E perché non ricordare come esse abbiano costituito un agone privilegiato, dove si sono cimentati i più grandi architetti e ingegneri dell’epoca, mentre illustri artisti hanno esposto i loro capolavori?

 Inoltre interi gruppi umani, non solo provenienti dalle colonie, qui si sono fatti conoscere ed apprezzare. 

   Perché le Esposizioni 1855-1937 possiedono una marcia in più che, in seguito, nessun’altra avrà mai. 

Anche perché i tempi, il clima, le situazioni, gli avvenimenti, le cornici sociali e culturali, i modelli culturali e di riferimento sono radicalmente cambiati. 

Basta un biglietto d'ingresso per accedere alla grandiosa vetrina del mondo delle Esposizioni parigine...

Mentre in quegli anni esse rappresentavano, nel contempo, la “Manifestazione Massima” e una grandiosa vetrina del mondo. 

Fatta da edifici, prodotti, musiche, cibi, danze, arte, tecnologia, industria, invenzioni, uomini. 

Tanto da contribuire alla marcia del progresso nel corso della Seconda Rivoluzione Industriale.

In una parola vi era racchiusa un’onnicomprensiva sintesi dell’universo umano, che a quei tempi si poteva solo sognare.

 Eccola, invece, a portata di passi e di treno. 

Perché basta solo un… biglietto d’ingresso! 

Singoli, famiglie intere e gruppi avranno a disposizione, al loro interno, un’immagine caleidoscopica del mondo, sia pure riveduta e corretta, fors’anche stereotipata, comunque didascalica!

 (...) In occasione delle Esposizioni furono sperimentati anche nuovi e futuristici materiali.

 Per innalzare strutture ed edifici, a volte simili a tanti altri, spesso per tentare nuove strade: nelle forme, nelle dimensioni, nelle combinazioni. 

Come nel caso dell’avveniristica, se non utopica, Tour Eiffel (...)

Ma anche nei prodotti, nelle macchine, nei mezzi esposti o regolarmente in servizio. 

Come il trottoir roulant, marciapiede mobile per i visitatori (1900), auto elettriche “il mezzo di trasporto di domani” (1931), un treno elettrico (1937). 

Straordinarie realizzazioni, che saranno smontate, se non addirittura demolite, al termine delle manifestazioni!  

Sapendo bene che quelle straordinarie attrazioni, tutto ad un tratto, saranno smontate e, perfino, demolite. 

Perché quella doveva per lo più restare solo un’architettura dell’Effimero

Al pari delle stupende repliche a grandezza naturale di grandi templi ed edifici: il cambogiano Angkor Vat (1931), il Bardo di Tunisi (1867). 

(...) Ma si penserà anche, in maniera del tutto innovativa, ad alloggiare le folle di visitatori provenienti da fuori, sia cittadini, che stranieri, creando i primi alberghi per viaggiatori (...)

In quegli anni due sono state le Parigi, l’una all’interno dell’altra. 

Ma la “nuova”, così attraente e desiderata, non doveva cercare di sostituirsi alla “vecchia”, ma solo scomparire. 

La Torre Eiffel, ovvero la "rivincita" dell'Effimero

La stessa Eiffel ha rischiato di fare quella fine nel 1909, anche se con lei l’Effimero si prenderà la più straordinaria delle rivincite!

   Uno dei principali motivi della singolare autodistruzione sta nel fatto che le Esposizioni si tenevano nel centro di Parigi, dove l’unico grande spazio disponibile era lo Champ-de-Mars. Ma qui c’è l’École Militaire ed è terreno militare. 

Utilizzato per le parate dei cadetti, oltre che per le corse dei cavalli, per le mongolfiere e per gli anniversari della rivoluzione francese.

 Bisognava, quindi, sgombrarlo…

Un’insolita guida illustrata alle bellezze della capitale francese, che dà modo al lettore di conoscere, sia l’evoluzione urbana del centro storico di Parigi, che alcune tematiche storico-culturali e di Storia della Seconda Rivoluzione Industriale... 

In conclusione il libro può essere visto come un’insolita guida illustrata alle bellezze della capitale francese. 

Con un approccio indubbiamente “diverso”, che dà modo al lettore di conoscere per grandi linee, sia l’evoluzione urbana del centro storico di Parigi dalla metà del XIX secolo, che alcune tematiche storico-culturali e di Storia della Seconda Rivoluzione Industriale.

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L’ESPOSIZIONE UNIVERSALE DEL NUOVO MILLENNIO, 1900; "BILANCIO DI UN  SECOLO" 

(...) Ça va sans dire, l’Esposizione del 1900 giganteggia ancora di più, nonostante scandali finanziari e frequenti cambi di governo dell’ultimo scorcio di secolo

L’Esposizione sarà infatti dieci volte più estesa di quella del 1855.

 Copre ben 216 ettari, perché ai 112 dello Champ-de-Mars, de les Invalides e delle sponde della Senna, si aggiungono ora i 104 del Bois de Vincennes, alla periferia orientale della città. 

In estate ci saranno anche le Olimpiadi 

 Il suo tema è: “Bilancio di un secolo”. 

Avrà 83.000 espositori, metà dei quali stranieri. 

Sarà un altro trionfo, ma ormai ci si sta facendo l’abitudine… 

51 milioni di visitatori

La Francia conta allora 41 milioni di abitanti, mentre i visitatori saranno 10 milioni di più (51 milioni) e 102 milioni i viaggiatori in transito nelle stazioni parigine. 

Stazioni ferroviarie, parcheggi, ippodromo

 La stazione della Compagnia Parigi-Orleans sostituisce quella dello Champ-de-Mars e si risistemano quelle di Lyon, dell’Est e di Montparnasse. 

Sugli Champs-Elysées e sul quay d’Orsay si costruiscono due parcheggi per velocipedi, mentre a Montmartre si inaugura un ippodromo capace di 7.000 posti su cinque livelli, dotato di una pista di 70 m di lunghezza per 35 di larghezza e di un ristorante in grado di soddisfare contemporaneamente 2.000 clienti. 

La prima linea della Metropolitana, la n. 1, trasporterà ben 10 milioni di passeggeri

 Quindi si inaugura la prima linea della Metropolitana: Porte Maillot-Porte de Vincennes, ancora oggi la n. 1, con fermata intermedia agli Champs-Elysées. 

Trasporterà 10 milioni di passeggeri fino al termine della Mostra (novembre). 

Ma il rivoluzionario mezzo di trasporto passa in secondo piano, rispetto a ciò che si può vedere in un’Esposizione che farà compiere una virata di 360° all’animus del visitatore. 

Interessato, ora, più a divertirsi, con le spettacolari attrazioni da immensa fiera di strapaese, che ad apprendere. 

Inoltre sono presenti Boeri e Zulu nel Padiglione “Transvaal e Africa selvaggia”, nello Champ-de-Mars e Abissini (Amhara) nell’ippodromo di Montmartre.

Da: ESPOSIZIONI UNIVERSALI, coloniali e internazionali DI PARIGI 1855-1937. ALLA RICERCA DELLE STRAORDINARIE TESTIMONIANZE DELLE “MANIFESTAZIONI MASSIME” dell’IMPERO francese: Industria, Tecnologia, Invenzioni, Arte, Architettura, Paesi, Genti

(E-Book, versione cartacea a colori e in bianco e nero, 118 pp, 57 note, 146 immagini, di cui 91 a colori - 54 sono mie - )




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238. Storia di un autorevole e potente vescovado “ai confini del mondo”; Lo straordinario ruolo esercitato nel campo culturale da Skálholt e Hólar; Cristoforo Colombo in Islanda; “Il miracolo islandese”: il diffuso interesse degli isolani per la storia, le tradizioni, la letteratura orale e, poi, scritta, la conoscenza in genere; La letteratura scritta; Gli islandesi medievali grandi viaggiatori; Da: AI CONFINI D’EUROPA. VIAGGIO-RICERCA NELL’ISLANDA DEI VULCANI, DEI GHIACCIAI, DELLE SAGHE, DEL MONDO VICHINGO

La lettura delle saghe è il passatempo preferito degli islandesi (Incisione del 1860 da Stuart Forbes) 
Cosa c'è nel libro:

1.PREMESSA; 2. INTRODUZIONE ALL'ISLANDA. PARTE PRIMA: NATURA; 3. INTRODUZIONE ALL'ISLANDA. PARTE SECONDA: CULTURA; 4. REYKJAVÍK, UN'OASI NEL DESERTO DI GHIACCIO; 5. REYKJAVÍK: DA FATTORIA VICHINGA A CAPITALE DELLA REPUBBLICA ISLANDESE; 6. ÁRBÆJARSAFN, IL MUSEO ALL’APERTO DI REYKJAVÍK; 7. IL ÞJÓÐMINJASAFNIÐ ÍSLANDS, Il MUSEO NAZIONALE ISLANDESE; 8. NÁTTÚRUFRÆÐISTOFNUN ÍSLANDS, IL MUSEO DI STORIA NATURALE DI REYKJAVÍK E I PINGUINI DELL'EMISFERO SETTENTRIONALE; 9. LA CITTA’ DI HAFNARFJÖRÐUR E LO SJÓMINJASAFN ÍSLANDS, IL MUSEO MARITTIMO ISLANDESE; 10. SECOLI DI "GUERRA DEL MERLUZZO" TRA INGLESI E ISLANDESI NELL'ATLANTICO DEL NORD; 11. LO SNÆFELLSNESJÖKULL, PUNTO DI PARTENZA DELLE IMPRESE VICHINGHE IN TERRA AMERICANA; 12. I VULCANI HELGAFELL E ELDFELL A HEIMAEY, ARCIPELAGO DELLE ISOLE VESTMANNAYJAER: CRONACA DI UNA DRAMMATICA ERUZIONE ISLANDESE "A LIETO FINE"; 13. LA GRANDE FESTA POPOLARE DI ÞHJÓÐHÁTÍÐ, HEIMAEY; 14. SURTSEY, L'ISOLA VENUTA DAL MARE; 15. NEL “TRIANGOLO D’ORO” ISLANDESE; 16. SKÁLHOLT, PRIMA SEDE EPISCOPALE DELL’ISOLA; 17. L'HEKLA: LA "PORTA" MEDIEVALE DELL'INFERNO; 18. NELL'ISLANDA MERIDIONALE, LA TERRA DELLE SAGHE E I VULCANI EYJAFJÖLL E KATLA; 19. LA CATASTROFICA ERUZIONE DEL LAKI DEL 1783-84 RISCHIÒ DI FAR SGOMBRARE L'INTERA ISOLA; 20. SOTTO IL VATNAJÖKULL SI NASCONDE LA POTENZA DISTRUTTIVA DI TRE VULCANI; 21. VIAGGIO AL CENTRO DELL’ISLANDA SULLA RING ROAD, DALLA COSTA MERIDIONALE AL LAGO MYVATN; 22. SPEDIZIONE NELLA REMOTA REGIONE ISLANDESE DELL'ASKJA: DA SECOLARE RIFUGIO DEI FUORILEGGE A PALESTRA DEGLI ASTRONAUTI STATUNITENSI DELL'APOLLO; 23. NELLA STORIA DELLE ESPLORAZIONI SCIENTIFICHE DUE MISTERI "GEOLOGICI" TRA EUROPA E AFRICA; 24. UNA "DISCESA" NELL'INFERNO DANTESCO DEL VULCANO KRAFLA IL LAGO MÝVATN. LA CASCATA DI GOÐAFOSS; 25. ALLA SCOPERTA DELLA CITTA’ DI AKUREYRI, CARATTERIZZATA DA UN MICROCLIMA PARTICOLARMENTE MITE PER GLI STANDARD DELL'ISOLA; 26. L’ISOLAMENTO GEO-STORICO DELL’ISLANDA; 27. VIAGGIATORI IN ISLANDA (XV-XVIII SECOLO); 28. VIAGGIATORI IN ISLANDA DEL XIX SECOLO; 29. ALL’INIZIO DEL XIX SECOLO GIUNGE UN VIAGGIATORE INVERO “SINGOLARE”: È HANS JONATAN, PRIMO UOMO DI COLORE IN ISLANDA; 30. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI; 31. MINI-GLOSSARIO GEOGRAFICO 

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Storia di un autorevole e potente vescovado “ai confini del mondo” [Skálholt]

Skálholt ha rappresentato nei secoli più cose. 

Innanzitutto è stato il primo, forse il più importante, dei vescovadi, prima cattolici, poi luterani. 

Risale al 1056. 

In oltre settecento anni di storia vi si sono susseguiti 44 vescovi (...) 

Nel 1106 sarebbe stato creato nel nord il vescovado di Hólar. 

I due episcopati hanno dato all'Islanda: un santo (...), tre martiri e un "eroe nazionale" (...). 

Lo straordinario ruolo esercitato nel campo culturale da Skálholt e Hólar 

(...) Un terzo aspetto della storia passata di questo luogo, che mi ha particolarmente affascinato, riguarda l'importante funzione propulsiva, esercitata dai due episcopati, nel campo dell'educazione e della cultura. 

 Gradatamente essi assunsero il certo non facile compito di veicolare, fin nelle più povere e sperdute fattorie islandesi dai tetti in erba, non solo il Verbo, ma anche l'insegnamento della lettura, della scrittura e, in genere, l'amore per la conoscenza. 

Oltre ad esercitare, nelle loro scuole, un'intensa attività di scrittura, copiatura (e traduzione per le più importanti opere straniere) del tradizionale, ricco e preziosissimo patrimonio orale: le saghe. 

 Le storie islandesi che, uniche in tutto il nord Europa, ci hanno tramandato per iscritto un corpus immenso di dati e informazioni, di pregevole valenza storica e antropologica, fin dal tempo del landnám (colonizzazione) dell'isola. 

 Skálholt e Hólar hanno fatto ancora di più a favore della lingua e della cultura islandese. 

Se insegnamento e scritture inizialmente si fecero in latino, lingua franca dell'Europa dell'epoca, successivamente il clero dell'isola è stato il solo ad incoraggiare, adottandolo e diffondendolo, l'uso del vernacolo. 

Cioè dell'antico norreno che, con trascurabili variazioni, è giunto fino a noi nell'odierno islandese. 

Lingua che ha molte affinità con l’attuale lingua parlata nelle isole Fær Øer.

Così sono riusciti a farci conoscere e apprezzare le gesta dei grandi bœndr islandesi (coltivatoripescatori-liberi proprietari terrieri), nonostante nei secoli gli isolani abbiano subito inenarrabili, gravissime crisi esistenziali collettive (calamità naturali ed epidemie) e sopportato la dominazione straniera - danese -, con il suo pesante monopolio commerciale. 

 Anche se il primo libro islandese a stampa è del 1534 (Breviarium Holense), "l'Islanda, dal XII secolo in poi, è stato unicamente un paese di libri. 

Molto prima di Gutenberg, le persone nelle varie parti dell'isola sono state occupate a copiare manoscritti dei tesori letterari della nazione, come pure capolavori stranieri" (...).

Cristoforo Colombo in Islanda

Tempo addietro mi interessai al viaggio che Colombo nel 1477 fece nell'isola. 

Per cui non si può escludere, a priori, che il Navigatore vi abbia ricevuto un prezioso input sulla presenza, al di là delle acque dell'oceano, non solo di una Terra Verde (Groenlandia), ma anche di una "nuova" terra, chiamata Vínland dai vichinghi. 

Ma c'è ancora di più. 

Secondo alcuni studiosi sembra che Colombo abbia avuto l'opportunità di incontrare Magnus Eyjolsson, vescovo di Skálholt, in precedenza abate del monastero di Helgafell, nel Breidafjördur. 

Dove si compilarono le più antiche cronache sull'ovest (...). 

“Il miracolo islandese”: il diffuso interesse degli isolani per la storia, le tradizioni, la letteratura orale e, poi, scritta, la conoscenza in genere 

 Questi fatti mi sollecitarono un approfondimento di quella che, nei secoli, è stata la situazione culturale del paese, così come della stessa posizione di Skálholt. 

Anche a seguito di quanto sottolineò uno studioso italiano di vaglia, che sostenne che "i vichinghi dell'Islanda erano un popolo incolto.

 Gli stessi capi erano degli analfabeti. 

Non avevano alcuna seria conoscenza geografica". 

Concetto profondamente errato, che non ha tenuto conto, o ha addirittura completamente ignorato, quello che nei secoli ha costituito il "miracolo islandese". 

Fin dal Medio Evo gli islandesi sono stati capaci di leggere e scrivere. 

I bambini non potevano essere cresimati se non erano alfabetizzati e la conoscenza è stata sempre tenuta in alta considerazione presso di loro. 

Intorno al 1200 lo storico danese Saxo Grammaticus, a proposito degli industriosi islandesi, scrisse: "sono felici di passare tutta la loro vita a promuovere la conoscenza sulle gesta di altri popoli. 

È il loro piacere studiare gli affari di tutte le nazioni e raccontarli agli altri" (...). 

In futuro, numerosi racconti di viaggiatori avranno modo di riportare la quasi inverosimile circostanza, che ciascuno di loro aveva sperimentato. 

Cioè la calorosa accoglienza ricevuta, spesso in latino o in greco, da parte degli islandesi che, magari vestiti solo di cenci, erano usciti dai loro miseri tuguri. 

Dove però venivano conservati, con cura, antichi manoscritti  (...). 

 Se il paragone, tra quell'incredibile fucina di cultura rappresentata dall'Islanda medievale e l'antica Roma o la Grecia, fatto da alcuni studiosi islandesi, non fosse esagerato, nondimeno ritengo che esso riesca ad avvicinarsi maggiormente a quella realtà (...). 

Non c'è, infatti, luogo in Europa, come nel mondo, che abbia avuto una popolazione così diffusamente alfabetizzata e così profondamente interessata alla propria storia. 

In Islanda è tuttora molto viva, forte e sentita la tradizione, sia scritta che orale, che senza ombra di dubbio attesta come i ricordi del passato giochino ancora un ruolo di straordinario, preponderante significato nella cultura islandese di tutti i giorni. 

Legando solidamente le generazioni passate a quella presente. 

Per secoli nelle isolate, ma autosufficienti, fattorie islandesi sparse per l'isola il passatempo preferito è stato quello di raccontare nella baðstofa storie sul passato e notizie sul presente. 

Sappiamo come possano oggi essere rivisitati numerosissimi luoghi islandesi, teatro di vicende più o meno oscure delle saghe medievali, solo in base a quanto là riportato. 

E come chiunque possa leggere oggi quanto scritto nel Medioevo, proprio come se fosse stato appena pubblicato. 

La letteratura scritta 

 Saghe, Edda, libri storici allora venivano scritti e copiati su pergamene in pelle di vitello, in quanto la carta fu introdotta in Islanda solo a partire dal XV secolo, o ancora più tardi (...). 

Nel XVI secolo saranno stampati tra i 40 e i 50 libri, nel successivo ben 225 (...). 

 Il primo grande studioso della Chiesa Islandese fu il sacerdote Sæmundur Sigfússon il Saggio (1056 -1133). 

Scrisse una storia in latino sui re di Norvegia, andata persa. 

Visse nella sua fattoria di Oddi, dove fondò un seminario. 

Oddi in breve diventò il primo centro culturale di rilievo dell'intera Islanda, tanto che più tardi vi sarebbe stato educato il celebre Snorri Sturluson (...), autore dell'Edda in prosa, dell'Heimskringla - storia dei re norvegesi -, e probabilmente della Saga di Egil, la più importante tra le Saghe degli Islandesi. 

 Ari Thorgilsson il Dotto (...), su sollecitazione dei vescovi di Skálholt e Hólar (...), intorno al 1130 scrisse la prima storia dell'Islanda in islandese, il famoso Íslendingabók, il Libro degli Islandesi (...). 

Secondo molti studiosi sarebbe autore anche di un altro celebre libro: il Landnámabók (“Libro degli Insediamenti”) (...). 

Gli islandesi medievali grandi viaggiatori

(...) Gli islandesi medievali erano anche grandi viaggiatori. 

Poiché, dopo l'Europa settentrionale e occidentale, giunsero fino a Roma e oltre, fino a Costantinopoli e in Terrasanta. 

L'abate Nikulás Bergsson, ad esempio, intorno al 1150 effettuò un viaggio a Roma e in Palestina. 

Attraversando Germania, Svizzera, Italia. 

Il suo resoconto è del 1159 ca.

Da: AI CONFINI D’EUROPA. VIAGGIO-RICERCA NELL’ISLANDA DEI VULCANI, DEI GHIACCIAI, DELLE SAGHE, DEL MONDO VICHINGO

E-Book, versione cartacea a colori e in bianco e nero, I e II ediz., 297 pp., 150 note, Bibliografia, Mini-Glossario geografico, 346 immagini, di cui 304 a colori (284 sono dell'A.)

 


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TUTTI I DATI (ECONOMICI, STATISTICI, DEMOGRAFICI, ETNOGRAFICI, ECC.) CONTENUTI NEI MIEI LIBRI SONO STATI ACCURATAMENTE VERIFICATI, INTEGRATI E AGGIORNATI AL MOMENTO DELLA LORO PUBBLICAZIONE.