Bazaar Indiano, 1910-12: "le donne Kikuyu fanno acquisti" (Gerhard Lindblom, Museum of Ethnography, National Museums of World Culture) |
A sedici anni (1962-63) ho scritto il mio unico romanzo. Purtroppo è rimasto incompiuto... Il protagonista è un etnologo italiano, poiché allora ero attratto dall'Etnologia. Oltre a raccontare anche dell'amore tra lui e un'affascinante, ma molto gelosa, donna, basandomi sulla letteratura di viaggio ed etno-antropologica in mio possesso (e sulle ricerche effettuate nelle Biblioteche dell'Istituto Italo-Africano e del Museo Pigorini, al Collegio Romano), ho cercato di descrivere l'ambiente tropicale, la fauna, alcuni popoli. Ho anche lasciato inalterato il testo.
Dopo aver scattato alcune foto alla statua di quel valoroso uomo, John e Milly continuarono nella loro visita alla città.
La statua di Lord Delamere. E' stata rimossa nel novembre del 1963 e collocata nella tenuta di famiglia di Soysambu |
Delamere Avenue in alcuni punti era vigilata da nerissimi
metropolitani che, dall’alto di alcune pedane, agitavano i manganelli, sbraitando
se un pedone passava dove non doveva. O se qualche conducente indigeno non
rispettava le regole.
Sui marciapiedi della centralissima e importante via
poterono anche ammirare gli ampi prati costellati da fiori di un colore rosso
acceso.
L'Hotel New Stanley negli anni '1970 |
Da Piccadilly Circus. come era stata soprannominata la piazza accanto al New Stanley Hotel, per la sua forma circolare con la statua al centro, sia pure inconsapevolmente si spinsero molto verso ovest. Poi, volendo visitare il quartiere indiano e, quindi, quello africano, si rivolsero ad un poliziotto bianco, che cortesemente fece presente che avevano sbagliato completamente strada: quei quartieri stavano ad est!
Il centro di Nairobi |
NEL QUARTIERE AFRICANO
Ritornati sui loro passi, come Dio volle arrivarono nel
quartiere negro. Passarono molti mercati indigeni, dove le venditrici, alcune
volte perfino con un neonato al seno, strepitavano per pubblicizzare i loro prodotti.
Bazaar Street nel 1904 |
Come notò più tardi John, là si vendeva di tutto: dai liquori
inglesi ed americani di contrabbando alle sigarette, dalle collanine di vetro
(che una volta gli esploratori trovavano comodo quale mezzo di scambio) ai
recipienti in ferro. Inoltre si vendeva ogni sorta di cibo, ma anche animali
vivi. Come quella capretta portata da un Kikuyu che, cercando di dimostrare
l’alta bontà della sua carne, la faceva tastare e le apriva la bocca. In modo da
far vedere che i suoi denti erano tutti sani. Mentre altri venditori, con la loro
assai vivace e spigliata parlantina, cercavano di imbrogliare i clienti.
Riuscendoci. Poiché i compratori, il più delle volte intimiditi da tanta sicumera,
abboccavano all’amo delle loro lusinghe.
Urla, bestemmie, grida degli animali legati, odori non certo
gradevoli, frastornarono Milly. La puzza era infatti sufficiente a stordire una
forestiera.
Il mercato nel villaggio di Karatina, nei pressi della città di Nyeri "Tipi Kikuyu, uomini e donne", |
Lasciati i mercati e le bidonvilles fatte di ogni sorta di
materiale: dal cartone al legno, dalle lamiere di fusti di benzina alla stoffa,
al fango, alla paglia e, persino, alla carta!, sempre camminando nel quartiere
negro arrivarono, non si sa come, in un luogo non certamente definibile “elegante”.
Ma di ciò se ne sarebbero dovuti accorgere troppo tardi!
Uno dei più grandi slums di Nairobi: la baraccopoli della Mathare Valley, 2009 (foto Claudio Allia, CC some rights reserved) |
Sulla Mathare Valley ho pubblicato nel 1977 l'articolo: "Lo slum della Mathare Valley. un'area problematica di Nairobi", mentre "I "Parking Boys" di Nairobi, Un "caso" di devianza sociale in un tessuto urbano africano" figurano nel libro: I processi di comunicazione nell'ambito urbano, Stroppa Claudio (a cura di), 1979. Entrambi sono reperibili su Research Gate:
NEL QUARTIERE A LUCI ROSSE. LA PROSTITUZIONE IN AFRICA
Erano arrivati nel quartiere a “luci rosse”. Sgualdrine nere dalla testa ricciuta, in abiti europei, ma con i piedi nudi e le dita divaricate, ridevano e contrattavano i prezzi nei crocchi di gente di ogni razza. Videro perfino dei bianchi, che contrattavano con prostitute giovanissime, di 10, 11 anni. Un etnologo le avrebbe subito riconosciute. Per lo più appartenevano alla tribù Swahili.
Il meretricio in Africa orientale esiste da molto tempo,
prima ancora dell’arrivo degli europei. Furono gli arabi a portarlo.
Giovane somala in una casa di tolleranza dell'Africa Orientale, denudatasi per danzare |
"Donne della tribù Sani [Luo del clan Seme] , vicino Kisumu, lago Victoria, 1902 (Charles William Hobley) |
È un metodo come un altro per sbarcare il lunario. Gli
indigeni non la considerano un’attività infamante. Donne che hanno rapporti con
molti uomini sono sempre esistiti e se i maschi (dicono), soprattutto i
bianchi, sono tanto stolidi da pagarle per questo, le donne sarebbero
malaccorte a rifiutare il denaro.
- Siamo capitati in un bel lupanare, fece Milly guardandosi intorno. Ed aggiunse: andiamocene al più presto.
- Come
vuoi.
Cercarono di uscire da quel quartiere malfamato, che certo
non poteva essere sopportato da una signora per bene e, mentre passarono
davanti a decine e decine di donne di malaffare videro, anzi…, prima di vedere,
sentirono urla e pianti, lamenti e bestemmie provenire da un vicolo semioscuro
alla loro destra. Quando passarono vicino, scoprirono il motivo: un gruppo di
prostitute si stava accapigliando per un sordido motivo di denaro.
Il quartiere era frequentato anche da arabe ed indiane.
Finalmente ne uscirono fuori e Milly giurò a se stessa di
non andare mai nei quartieri negri di una città africana.
NEL QUARTIERE INDIANO
Lasciata alle spalle la zona africana, giunsero nel
quartiere indiano. Sikhs barbuti e Parsi alimentavano il movimento delle
strade.
Gli indiani, come del resto gli arabi, hanno praticamente accentrato
tutto il movimento commerciale delle città dell’Africa orientale.
Il Club Indiano e Giardini, 1936 (G. Eric and Edith Matson Photograph Collection,", Library of Congress Prints and Photographs Division) |
Prima i mercati indigeni erano solo per i negri, o per gli
europei, che volevano soddisfare qualche curiosità o fare fotografie di
“colore”. Ora bazar, suqs, botteghe chiamate ducca, residenze di facoltosi
indiani arricchitisi naturalmente con il commercio, prendono il posto dei
poveri mercatini indigeni e delle loro case. Anche qui vengono gli europei, che
vogliono risparmiare (i negozi del centro fanno pagare molto cara la merce) o i
negri, per comprare i dolciumi. Ma si vendono anche bibite fatte chissà di che
cosa, birra di pessima qualità (il pombe), scarpe da tennis, oggetti di
vestiario di quinta mano, provenienti dal mercato clandestino dei ladri e degli
usurai indigeni. Una specie di mercato delle pulci francese, o della romana Porta
Portese.
Nelle taverne si possono mangiare patate dolci al forno ed
un piatto di carne di montone o di capra con il “posho”. Dentro si vedono gli
indigeni mentre, accosciati, sono intenti ad appallottolare con le mani il
“posho” e a praticarvi, poi, un foro con il dito, per far posto ad un pezzo di
carne o ad una fetta, unta ed indescrivibile, di grasso rancido o di qualche
altra cosa...
La Moschea Jamia nel centro di Nairobi fotografata nel 1973 (van Rinsum, CC Some rights reserved, Tropenmuseum, part of the National Museum of World Cultures) |
Si ode il gracidare dei vecchi fonografi a manovella e il canto di Rita Pavone arrivata, chissà come, anche qua. Mentre dall’alto della Moschea Alì [Masjid Imtiaz Ali], veneratissima dai pakistani di religione mussulmana, la preghiera del muezzin invoca Allah e il suo Profeta.
Anche qui un’infinità di odori che, alla fine, fecero venire la nausea ai due europei.
SI RIENTRA AL NORFOLK
Così, chiamato un taxi, se ne andarono all’Hotel
Norfolk, dove all’una e mezzo era fissato il pranzo con Giorgio.
- Chissà come sarà stata quella baruffa di ieri notte?
pensò Milly
Il taxi percorse abbastanza piano il tragitto tra il
quartiere indiano e l’hotel. Cosa stranissima… Il motore di quella macchina non
ce la faceva ad andare più veloce. Ma fu un bene per i due, che a loro agio videro
un’altra parte della città, senza stancarsi troppo, senza venire assordati da
vicino dalle grida e, principalmente, senza dover annusare quell’infinità di odori puzzolenti,
quasi una prerogativa dei quartieri indigeni.
Videro pullman zebrati che portavano i turisti a fare un’escursione
al Nairobi National Park (così, con poca spesa, potranno dire di essere andati in
safari), per fotografare e ammirare animali non più selvaggi, ma resi
mansuefatti dalla quotidiana vicinanza dell’uomo, che non ha mai fatto loro del
male.
Essendo l’ora del pranzo, osservarono inoltre anche jeeps e Land Rovers un po’ impolverate. Le stesse che nel corso di un safari il giorno prima avevano percorso fino a 1.000 chilometri. Trasportando i signori e le signore, che ora scendono dagli autoveicoli, indossando eleganti abiti da società, per andare a pranzo con gli amici in qualche ristorante e poi proseguire di sera in qualche night club.
E le signore, forse, come di frequente accadeva durante l’insurrezione dei Mau Mau, nelle loro borsette nascondono eleganti rivoltelle, che nella savana avevano magari usato per uccidere qualche pericolosissimo mamba nero: il temibile "seven steps snake", il serpente dei sette passi...
CONTINUA
IL LEOPARDO DELLE NEVI, IL KILIMANJARO, PREPARATIVI PER LA SPEDIZIONE AL LAGO RODOLFO, IL CACCIATORE BIANCO
IN QUESTO PAESE DELL’AFRICA ORIENTALE HO AVUTO MODO DI EFFETTUARE DUE SESSIONI DI RICERCA. LA PRIMA NELLA CITTA’ MULTIETNICA E MULTICULTURALE DI ISIOLO, A NORD DEL MONTE KENYA. LA SECONDA TRA I POPOLI NOMADI, TRANSUMANTI E SEDENTARI (TURKANA, MERILLE, BORANA, RENDILLE, ELMOLO) LOCALIZZATI INTORNO ALLE SPONDE DEL LAGO TURKANA (GIÀ RODOLFO), KENYA NORD-OCCIDENTALE.
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