Thor Heyerdahl, ca. 1980 (foto NASA)
Cosa c'è nel libro
Thor Heyerdahl, Charles Hose, Everard im Thurn, Jesup North Pacific Expedition 1897-1902 (Bogoras, Farrand, Fowke, Hunt, Jacobsen, Jochelson, Jochelson-Brodskaya, Laufer, Smith, Swanton, Teit, Franz Boas), Clyde Kay Maben Kluckhohn, Michel Leiris, Ralph Linton, Henri Lhote, Robert Lowie, Jean Malaurie, Edward Man, Margaret Mead, Alfred Métraux, Ashley Montagu, Siegfried Nadel, Kurt Nimuendajú, Erland Nils Nordenskjöld, Hortense Powdermaker, John Wesley Powell, Charles Rabot, Radcliffe-Brown,
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THOR HEYERDAHL, 1914-2003: Polinesia (Isole Marchesi e Tuamotu), Galapagos, Isola di Pasqua, Maldive, Perù, Canarie; traversate oceaniche (Pacifico, Atlantico, Indiano)
Giovedì 18 aprile 2003, ad ottantasette anni d'età, si spegneva il grande Thor Heyerdahl nella ligure Colla Micheri (...).
Nato nel 1914 a Larvik, nella Norvegia meridionale, da tempo era un ligure d'adozione, anche se nel 1990 si era trasferito a Tenerife, nelle Canarie, per essere vicino alle piramidi di Güímar, oggetto dell'ultima sua ricerca.
Heyerdahl, che dal 2001 dirigeva una missione ad Azov (Russia) e all'inizio del 2003 era nelle Samoa per impostarne un'altra, si trovava a Colla Micheri per una riunione di famiglia (...).
Dopo un breve ricovero ospedaliero, decideva di andare a morire nella sua casa, "poiché era tempo di appendere i remi e di cavalcare verso il tramonto" (...) .
Per oltre mezzo secolo gli abitanti del "paese dei fiordi" hanno considerato l'etnologo norvegese come un mito vivente.
Idealmente faceva parte di uno straordinario Pantheon di eroi norvegesi, comprendente Nansen, Amundsen e Ingstad (...), le cui imprese hanno legato tra loro ben tre secoli.
Pochi sono i nomi che, come quello di Heyerdahl, sono conosciuti in tutto il mondo.
Anche se per forza di cose in questi ultimi anni il ricordo delle sue molteplici imprese si è appannato.
Non solo perché l'età anagrafica avrebbe dovuto suggerire (...) un suo più che meritato "ritiro".
(...) Ma anche perché altri sono oggi i valori (o i disvalori) e le "idee-guida" verso cui mass-media, social networks e opinion leaders veicolano l'attenzione di tutti.
Ma per molti di noi, per almeno tre generazioni, Thor Heyerdahl era e resterà indelebilmente l'Uomo del Kon-Tiki.
Grazie a quella sua prima ardita e grandiosa impresa, la cui brillante realizzazione si inverò sotto gli occhi di una moltitudine di popoli che (...) cercavano di uscire faticosamente dalle tenebre delle devastazioni (...) di una guerra mondiale.
E la coraggiosa impresa di Thor Heyerdahl (...) seppe (...) far emozionare e sognare moltissima gente, in Italia come altrove.
Poiché la zattera del Kon-Tiki costituisce l'archetipo dell'avventura e del fantastico.
Un sogno ardito e incredibile realizzato grazie all'intuizione, all'inaspettato e insospettabile volo di fantasia di uno studioso non da tavolino.
In un'epoca in cui erano al di là da venire i viaggi nello spazio e gli allunaggi, la cibernetica e l'informatica, Internet e le realtà virtuali, i raids in solitario intorno al mondo e gli sports "estremi".
E la narrazione dell'impresa del Kon-Tiki (...) non poteva non far parte integrante, fin dai primi anni '1960, di una minuscola e ben selezionata serie di libri di viaggi, esplorazioni e ricerche etnologiche, che condizioneranno il mio futuro.
Negli ultimi anni in più di un'occasione avevo "incontrato" Thor Heyerdahl al di fuori delle pagine dei libri.
L’avevo visto in televisione (...) in qualità di prestigioso testimonial dell'inaugurazione dei XVII Giochi Olimpici invernali di Lillehammer del 1994.
Ben più emozionante è stata la seconda volta, quando ad Oslo visitai il Museo del Kon-Tiki.
(...) Qualche anno dopo la mia visita nella capitale norvegese, la Società Geografica Italiana ospitava la mostra: Thor Heyerdahl, l'uomo del Kon-Tiki.
In quell'occasione constatai con piacere come lo studioso, ad oltre ottantadue anni d'età, fosse più che mai "sulla breccia".
(...) Infine qualche tempo fa, a bordo di uno dei traghetti del suo grande amico e mecenate, il norvegese Fred Olsen, che mi portava dall’isola di Lanzarote a quella di Fuerteventura, avevo raccolto altre "nuove" sull'attività da lui svolta nelle Canarie.
La zattera del Kon-Tiki (1947)
Quello del Kon-Tiki è uno dei pochi musei al mondo in cui l'illuminazione scarseggia ad hoc.
Ciò che è esposto va visto, sì, ma non più di tanto.
Piuttosto va intravisto, cercando di coglierne i particolari e l'atmosfera (...).
Ciò che vi si trova va "letto" con il cervello, ma anche con il cuore, con i ricordi di letture e... con ammirazione e rispetto.
Verso l'uomo che ha ideato tante imprese nei mari di mezzo mondo.
In effetti la non molta luce interna è dovuta ad una comprensibile e rispettosa cautela conservativa.
Poiché i materiali (...) sono estremamente fragili e deperibili.
Non dimentichiamo come sia passato oltre mezzo secolo dalla prima impresa dell'Heyerdahl.
Ecco quindi la zattera del Kon-Tiki, costruita in tronchi di balsa equadoregni e la barca di papiro Ra II.
Con il Kon-Tiki Heyerdahl verificò nel 1947 l'ipotesi di una possibile colonizzazione delle isole polinesiane da parte di popolazioni precolombiane provenienti dal Sud America.
Con la seconda provò nel 1970 la fattibilità di antiche navigazioni transatlantiche tra il nord Africa e il centro America.
Due verifiche che solo un riscontro diretto avrebbe potuto avvalorare, secondo le ipotesi diffusionistiche (culturali) da lui propugnate. 1
Certo fece una certa impressione stare di fronte al manufatto del Kon-Tiki (...).
Una ricostruzione (...) di una tra le più semplici e antiche imbarcazioni che l'Uomo abbia utilizzato per spostarsi sull'acqua.
Con essa l'Heyerdahl sfidò e vinse le inclementi forze della natura, i venti, le tempeste e le capricciose intemperanze del Pacifico, uno dei più temibili oceani che si conosca.
In un così inconsistente e fragile guscio di noce l'Uomo del Kon-Tiki ha ripercorso una possibile via di emigrazione verso l'Oceania: da Callao (Perù) a Raroia (arcipelago delle Tuamotu), dopo 8.000 Km e 101 giorni di navigazione.
Un'isola a non molta distanza da quella di Fatu Hiva (Marchesi) dove, nel corso della sua prima ricerca del 1937-38 (...) andò maturando l'idea della traversata.
“Io ero rapito. Caddi in ginocchio, affondando le dita nella rena asciutta e calda.
Il viaggio era finito.
Eravamo vivi,
Approdati su un’isola deserta del Mare del Sud.
E quale isola! (…)
Ci stendemmo comodamente sul dorso, occhieggiando soddisfatti le nubi del passat che veleggiavano verso occidente di sopra le corone delle palme.
Ormai non dovevamo più inesorabilmente seguirle: eravamo su un’isola immobile e salda dell’autentica Polinesia (…)
Una notte i nostri radiotelegrafisti coronati di fiori riuscirono a comunicare col dilettante di Rarotonga, il quale ci trasmise un messaggio da Tahiti: era un cordiale benvenuto del Governatore della colonia francese del Pacifico.
Dietro ordine di Parigi, egli aveva inviato il veliero governativo Tamara per trasportarci a Tahiti (...).
Tahiti era il nodo centrale della colonia francese, e l’unica isola che avesse comunicazioni con il resto del mondo (...) ” (...).
Con il RA II Heyerdahl nel 1970 andò in 57 giorni dal Marocco (Safi) alle Barbados (6.100 Km).
I ricordi di letture giovanili, i riscontri e gli approfondimenti successivi, la conoscenza di particolari e di grandi tematiche, i miei personali "vagabondaggi" scientifici: in una parola l'intero background dello specialista, mi portarono a contemplare i simboli, ma anche gli "strumenti" pratici e concreti, che lo studioso norvegese sperimentò di persona, al posto di teorizzazioni fumose ed impeccabili dissertazioni.
(...) Fin dall'epopea del Kon-Tiki i suoi equipaggi sono stati l'immagine stessa di una scienza senza frontiere e senza legami e di un pacifico internazionalismo, in tempi in cui la guerra fredda ribolliva più che mai.
Non per niente le successive imprese del Ra [1970], a cui partecipò anche l'italiano Carlo Mauri, l’antropologo messicano Santiago Genovés (oltre ad uno studioso sovietico), ebbero l'altissimo patrocinio dell'ONU.
Oltre tutto quest'ultima spedizione è stata la prima a lanciare un grido di allarme ecologico in tutto il mondo.
Viaggiando sul pelo dell'acqua ci si accorse come l'inquinamento ambientale avesse ormai raggiunto anche il centro dell'Atlantico.
Si possono, o no, condividere le teorie dell'Heyerdahl, o accettarle solo in parte.
Ma già lo stesso Museo (...) è in grado di raccontarci, non solo le sue "verifiche transoceaniche" (...), ma anche altre sue imprese, pregne di risultati scientifici, oggettivi e inoppugnabili (...):
DA: LE GRANDI AVVENTURE DELL’ANTROPOLOGIA
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