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martedì 13 settembre 2022

61. LINGUE (ARABO, CINESE, TIBETANO); TOPONIMI (NORVEGESI, GROENLANDESI, CANADESI); ETNONIMI (INUIT, AFRICANI, RUSSI): DALLA "PREMESSA" ALL’INDICE ANALITICO RAGIONATO DI UNA COLLANA (VERSO L’IGNOTO GEOGRAFICO, CULTURALE, STORICO), CHE NON C’È... SOCIETA' GEOGRAFICA ITALIANA

La mostra dei miei libri in Maremma, Pescia Romana,  Montalto di Castro, 30 marzo-7 aprile 2019 . https://twitter.com/ComuneMontalto/status/1115148560138477569 
Negli anni successivi non sarà possibile realizzare altre mostre e incontri con l'A. a causa  della pandemia

Tra il 2008 e il 2016 ho lavorato alla stesura di un libro per la Società Geografica Italiana [socio dal 1972 - prima della laurea -, Membro effettivo del Collegio dei Revisori in rappresentanza dei soci dal 1987 al 2016], alla quale per almeno un biennio ha contribuito come Curatrice, con un certosino lavoro di controllo  e «omogeneizzazione» di un variegato materiale risalente a epoche diverse, la geografa e ambientalista Alessandra Binel.

Un libro che a causa del numero delle sue pagine sarà presto definito: monstre. E che perciò dovrà essere necessariamente suddiviso in otto volumi dalle dimensioni simili a quelle dei libri della Sellerio (13 x 17 cm). Anche perché da non molto (2008) la Società Geografica aveva pubblicato: AA.VV. Ricamare il mondo. Le donne e le carte geografiche, dove figurava un interessante intervento di Dacia Maraini.


Ecco gli otto volumi, che dovevano andare a costituire il primo nucleo della Collana: Storia delle Esplorazioni [ed. 2012 ISBN 978-88-xxxx-xx-x].

Vol. 1.1 I “vagabondi” senza frontiera: Mondo (XIV-XIX secolo) Presentazione, Prefazione, Introduzione, Mondo fino al ‘900: Ratzel = 150 pp.

Vol. 1.2 I “vagabondi” senza frontiera: Mondo (XIX-XXI secolo) Nati e vissuti fino a tutto il ‘900 ed oltre: da d’Albertis a Severin = pp.?

Vol. 2.1 Nel vecchio continente: Europa-Asia = 194 pp.

Vol. 2.2 Tra deserti e tropici: Africa = 278 pp.

Vol. 3.1 Nelle terre degli indiani: Americhe (X-XIX secolo): dal X secolo a personaggi vissuti fino ai primi ‘900: da Eirík il Rosso a Powell 176 pp.

Vol. 3.2 Nelle terre degli indiani (II parte) e dei Mari del Sud: Americhe (XIX-XXI secolo), Oceania 146 pp.

Vol. 4.1 Nel paese degli “uomini dalle ombre lunghe” e dei deserti di ghiaccio: Regioni Polari: 282 pp.

Vol. 4.2. Indice analitico ragionato 127 pp.

In quegli anni più volte mi era stata caldamente suggerita l’idea che sarebbe stato certamente interessante cercare di non disperdere il piccolo «patrimonio» di biografie accumulato nell’arco di quattordici anni, grazie alla mia attività di giornalista: ca. duecento articoli su esploratori-grandi viaggiatori, etnoantropologi, archeologi, naturalisti, geologi, paletnologi.

Anche se da tempo non figuro più tra le «firme» dell’«Osservatore Romano», dopo la sostituzione del direttore Mario Agnes, non posso non ricordare con profonda commozione l’amico Raffaele Alessandrini, scomparso nel 2012. Allora Curatore del supplemento domenicale, nel 2007 passato alla Redazione della Cultura.

Era stato infatti lui a incoraggiarmi ad ampliare il «pacchetto» delle mie proposte per il giornale. Pubblicando commemorazioni di esploratori e studiosi.

Ambedue fortemente motivati nel diffondere maggiormente le tematiche geoantropologiche, condividevamo infatti il medesimo amore per la scoperta della terra e per le culture «diverse dalla nostra». Instillato da comuni e approfonditi studi etnoantropologici. 

In seguito sarebbe stato estremamente orgoglioso (io lo sarei stato altrettanto…) di affermare come l’«Osservatore» fosse l’unico quotidiano in Italia a pubblicare regolarmente articoli a carattere antropologico.

Ai lavori di più ampio respiro, che trovavano spazio su riviste, o con articoli “di spalla” sulla Terza Pagina dell’«Osservatore», dal 2000 avrei così affiancato le schede dei personaggi che andavo ricordando. Non esclusivamente in base ai dati anagrafici. 

Infatti per poter commemorare altri e interessanti esploratori e studiosi avrei inserito gli anniversari di esplorazioni o di ricerche sul campo: le prime o quelle particolarmente significative. 

Poi, per poter «spaziare» ulteriormente, avrei anche rammentato esplorazioni e ricerche, che comunque rientrassero nelle date canoniche: venticinque, cinquanta, settantacinque, eccetera…

La collaborazione all’«Osservatore» mi ha dato modo di scrivere una media di sei articoli al mese su ricerche antropologiche e viaggi effettuati tra Europa, Africa, America del Nord, Mesoamerica, Nord Atlantico e Artico. In pratica avendo «carta bianca» per qualsiasi argomento.

In un solo caso mi fu consigliato che sarebbe stato meglio non pubblicare la scheda. Riguardava la Eberhardt, esploratrice vissuta molto al di sopra delle righe. Nonostante, considerata la specificità della testata, avessi provveduto preventivamente ad «addolcirla»…

In un’altra occasione si dovette invece aspettare il placet, sia pure informale, della Segreteria di Stato

Il «pezzo» presentato trattava dell’archeologa Bell, la stessa alla quale Lawrence d’Arabia doveva molto del suo successo. La stessa che, praticamente dal nulla, avrebbe creato l’Iraq, con la sua attuale configurazione geoculturale, multietnica e multireligiosa!

Per compiutezza ricordo ancora che il giornale non mancò mai di pubblicare i miei scritti sul Sudan. Malgrado lo Stato afro-arabo venisse considerato quasi off limits dal quotidiano della Santa Sede. In effetti sono sempre riuscito a ottenere il «si stampi» dal capo redattore, un ex africanista come me…

Purtroppo la pubblicazione dei miei otto libri con la Società Geografica Italiana andò incontrò ad una serie di più o meno impreviste ed incredibili "complicazioni":

a) il loro notevole costo di stampa;

b) quindi la decisione di pubblicarli online come E-Books (un’idea che farò poi mia!);

c) infine l’inesplicabile e "misteriosa" scomparsa dai computers dell’intero materiale (sic) [salvo il PDF del vol. 1.1 Mondo]. E dire che avevo già scelto anche le immagini delle otto copertine…

Oggi questi otto volumetti sono stati sostituiti da due trilogie (ANTROPOLOGIA E NAVIGATORI) e da una tetralogia (ESPLORATORI). Infatti le mie biografie sono state notevolmente ampliate, integrate ed aggiornate. Dando così vita a 10 volumi di grandi dimensioni (24,41 x 16,99) riccamente illustrati, per un totale di 1.753 pagine e 1.467 immagini, a colori e/o bianco e nero.

Ecco ciò che avevo scritto nella Premessa all’indice analitico e ragionato degli otto volumetti “scomparsi”. La ripropongo qui, ritenendo che sia in grado di fornire agli eventuali lettori dei miei libri ulteriori elementi di informazione sulla loro realizzazione.

 LA PREMESSA ALL’INDICE

Se durante l’elaborazione dell’indice dei primi due volumi [Mondo] sono stato indotto ad apportare solo un paio di aggiunte, allorché ho iniziato ad “affrontare” le Americhe sono stato quasi “sopraffatto” dall’improvviso e simultaneo accalcarsi nel monitor di decine e decine di popoli indiani. A quel punto, messomi nei panni del lettore, ho cercato un modo per poterlo “aiutare”, così da prenderlo per mano e condurlo attraverso i meandri della complessa etno-antropologia ed archeologia del Nuovo Mondo. Pertanto ho pensato bene che sarebbe stato opportuno inserirvi elementi, che potessero essere utili per districarsi più agevolmente nel mondo amazzonico, come in quello delle pianure nordamericane e delle barren lands artiche. 

Ecco perché qui riporto anche i nomi dei gruppi etnici nella lingua originale, mentre gli etnonimi “reali” (i nomi che si sono dati popoli e tribù e che di solito significano semplicemente: “uomini”, “gente”, “popolo”) si aggiungono a quelli che possiamo definire “popolari”. Cioè noti a tutti e che ritroviamo nelle pagine dei libri. Anche se sappiamo che spesso hanno un carattere denigratorio o, comunque, negativo... Perché sono stati generalmente gli “altri” a darlo: tribù e popoli più o meno confinanti e più o meno amici, ma anche stranieri euro-occidentali. Ho altresì incluso la banda, divisione, sottogruppo, sottotribù e famiglia linguistica di appartenenza.

In seguito, considerata la crescita quasi “esponenziale” del lavoro, ho cercato di intervenire anche sulle altre voci. Conscio del fatto che l’indice si stava gradualmente tramutando in un perenne work in progress, mi sono perciò dovuto limitare ai termini più importanti, interessanti, o che necessitavano ulteriori approfondimenti ed arricchimenti. In qualche caso aggiornandoli. Cercando, quindi, di colmare lacune. Verificando luoghi e circostanze. Confrontandomi con grafie “altre” e relative e differenti traslitterazioni, “latinizzazioni”, “romanizzazioni”. Sempre affascinato dalla nuova sfida, che mi ha portato a realizzare un indice che, nonostante gli inevitabili difetti, in cuor mio spero sia in grado di offrire al cortese lettore uno strumento in più per apprezzare il libro.

LINGUE: ARABO, CINESE, TIBETANO

- Arabo: ho utilizzato il più possibile le trascrizioni in caratteri latini dei termini dell’arabo standard moderno (o arabo letterario). Rispettando così la traslitterazione internazionale, segni diacritici compresi, realizzata nel 1936 dalla Deutsche Morgenländische Gesellschaft (Società Germanica per l’Oriente).

- Cinese: l’idioma più parlato in Cina (850 milioni di individui) è il mandarino standard. Infatti il Putonghua, lingua ufficiale della Repubblica Popolare cinese,  basato essenzialmente sul dialetto parlato a Pechino, è il “cinese perfetto”. Come un tempo il BBC English, l’inglese veicolato dalle trasmissioni radiofoniche e televisive britanniche, era l’inglese perfetto!

Nonostante una lettura delle carte geografiche relative alla Cina evidenzi la persistenza dei tradizionali termini come Shan (monti) o Nor (lago), sfogliando il corposo libro intitolato Zeng He, reperito su una bancarella romana, rimasi notevolmente sorpreso allorché compresi che avevo tra le mani un saggio sul celebre “Eunuco dei Tre Gioielli”, l’Ammiraglio-esploratore del periodo Ming, che fin dagli anni sessanta dello scorso secolo conoscevo sotto il nome di Cheng Ho e di cui nel 1976 avevo osservato a Gedi (Kenya) oggetti probabilmente provenienti proprio da quelle sue antiche esplorazioni.

Ripetute ricerche su Internet mi portarono successivamente a scoprire come il nome Cheng Ho fosse il più diffuso, non solo in letteratura, ma anche nella stessa Cina. Senza però che venisse fatta alcuna precisazione. Infine mi resi conto come la Cina avesse sperimentato una sorta di seconda “rivoluzione culturale”, silenziosa e ben più soft della prima, e proiettata soprattutto verso l’esterno. Che i nuovi atlanti a quanto parte riportavano, ma che ovviamente era del tutto ignorata dalla stragrande maggioranza della letteratura esistente. Infatti, nonostante fosse stata introdotta già nel lontano 1956, solo dal 1982 il Pinyin è diventato il sistema di traslitterazione standard in caratteri latini del cinese.  

Così tutto ad un tratto ho improvvisamente preso coscienza che buona parte dei termini cinesi dell’indice, dai nomi di persona a quelli dei luoghi, era superata ed obsoleta, perciò non più individuabile sulle carte moderne, dizionari, Internet. Un cambiamento che ha coinvolto anche nomi storici, come quello di Mao Tse-tung, oggi diventato Mao Zedong o, meglio, Máo Zédōng… Così ho cercato di rintracciare, uno dopo l’altro, nomi e toponimi nella nuova versione.

L’Hanyu Pinyin è l’ultima delle romanizzazioni della lingua cinese. Il primo tentativo risale ai dizionari dei missionari gesuiti Matteo Ricci e Michele Ruggeri (fine del XVI secolo), mentre quello tuttora ampiamente diffuso in letteratura e che, “in prima battuta”, figura anche nell’indice è il Wade-Giles. Inventato dal diplomatico britannico Thomas Wade (1859) e modificato da Herbert Giles (1892).  

Nel 1902 Séraphin Couvreur dell’École française d'Extrême-Orient realizzò il sistema EFEO. Ma era indirizzato al mondo francofono.

Ricordo infine come la stessa grafia cinese abbia subito una sua rivoluzione. Quando nel 1954, per favorire l’alfabetizzazione di massa, si passò dai 40.000 caratteri (hanzi) del cinese tradizionale (閩南語) ai meno di 10.000 di quello semplificato (闽南语).

- Tibetano: mi sono servito dei lavori del grande Giuseppe Tucci e della David-Neel, oltre che dell’autobiografia dell’attuale Dalai Lama. Ogni toponimo ha, inoltre, il corrispettivo cinese. Anche se di norma ho privilegiato il tibetano.

TOPONIMI. NORVEGESI, GROENLANDESI, CANADESI

In linea generale ho fatto riferimento alla grafia riportata dall’Atlante De Agostini (scrivendo, ad esempio, Karakoram, anziché il più diffuso Karakorum, riservato esclusivamente alla capitale dell’Impero Mongolo) e, in subordine, dal Grande Atlante in 20 voll. della National Geographic Society.

- Per i toponimi norvegesi relativi all’arcipelago delle Svalbard mi sono basato sull’opera: "The Place-Names of Svalbard", che riporta la standardizzazione dei nomi di luogo effettuata nel 1942-1958 da una commissione del Norsk Polarinstitutt, l’Istituto Polare Norvegese, che ha reso univoca la straripante, multinazionale, multilinguistica, spesso ripetitiva, topografia isolana.

Per una migliore comprensione riporto alcuni tra i termini norvegesi che si possono più frequentemente incontrare: berg (montagna, collina), bre, breen (ghiacciaio), bukt, bukta (baia), by, byen (città), dal, dalen (valle), fjell, fjellet (montagna, collina), fjord, fjorden (fiordo), hamn (porto), is (ghiaccio), kapp (capo), land, landet (terra), odde, odden (punta, capo), søre, sør (sud), sund (stretto), topp, toppen (cima, picco), vatn, vatnet (lago), øy, øya (isola). In qualche caso ho unito il corrispettivo italiano, mentre per una sorta di “politically correct” alcuni toponimi russi riportano l’originale grafia cirillica.

- Groenlandia: gli storici insediamenti Vichinghi hanno la doppia ortografia: norvegese-islandese e danese. Toponimi groenlandesi (eschimo-groenlandesi) da tempo hanno sostituito quelli danesi.

 - Per il Canada ho utilizzato alcune pubblicazioni ufficiali del Ministry of Indian and Northern Affairs, Ottawa.

ETNONIMI: ESCHIMESI-INUIT, AFRICANI, RUSSI

Mi sono avvalso dell’opera, sempre preziosa, del Biasutti (Razze e Popoli della Terra), nonché della collana diretta da Vinigi Grottanelli (Popoli nel mondo) e di quella il cui Supervisore era l’Evans-Pritchard (I popoli della Terra).

- Nei confronti del “popolo delle ombre lunghe” ho preferito utilizzare l’etnonimo vagamente negativo di Eschimesi, anziché quello di Inuit (“gli uomini”), ufficialmente adottato nel 1977 dalla Conferenza Circumpolare di Barrow. 

Del resto i libri etnologici che da ragazzo mi avvicinarono al mondo dei “cacciatori delle nevi” parlavano di “eschimesi”. E non tutti oggi si “offendono” se definiti “mangiatori di carne cruda” (il significato del termine derivante dalla lingua degli indiani Cree). Certamente non si sentì insultato il cacciatore eschimese che incontrai subito dopo aver attraversato a piedi la pista aerea che divide in due la comunità eschimese di Pangnirtung, nel Cumberland Sound (Baffin). Particolarmente intento, com’era, a tagliare fettine di carne di foca, con un sorriso me ne offrì un pezzo, che rifiutai cortesemente... Oltre tutto l’etnonimo è tuttora utilizzato in Alaska, come da numerosi studiosi. 

- Etnonimi africani: ho cercato spesso (non sempre è stato possibile per l’elevato numero delle etnie) di accostare l’etnonimo reale a quello “popolare”. Un lavoro che avrebbe richiesto molto tempo ancora e che avrebbe contribuito maggiormente ad omologare, unificandola, la variegata congerie di etnonimi esistenti in letteratura. Dovuta spesso alle “traduzioni” non chiarificatrici operate dalle diverse lingue coloniali europee nel corso del tempo. Un lavoro oggi possibile grazie alla Language Map of Africa and the adjacent islands (Dalby, 1977), insostituibile “Baedeker” per ogni etno-antropologo e glottologo africanista!

Nonostante ripetuti controlli, non è stato possibile sistematizzare tutti i nomi delle tribù copiosamente citati dai ricercatori. In particolare dei popoli interessati dalle grandi indagini regionali, come quelle di Griaule e del Seligman. Così non tutte le etnie citate rispettano in pieno la raccomandazione formulata nel 1959 dall’Handbook of African Languages, dell’International African Institute di Londra, che vuole che i nomi etnici si scrivano omettendo i prefissi, che di volta in volta indicano singolare e plurale, lingua, territorio, eccetera... Soprattutto nel caso dell’affollata famiglia linguistica Bantu. Dove Ntu è l’essere, che diventa persona singolare attraverso Mu (Mu-Ntu) e plurale con Ba-Ntu (o altri ancora, come Wa, A o Ama).

- Per gli etnonimi russi, sia dei popoli artici europei, che siberiani, mi sono servito del sempre prezioso: Urss: Popoli e Costumi del Tokarev, 1969 (1958)

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