Lo storico sloop Johanna TG 326, del 1884, all’ormeggio nel porto (© Franco Pelliccioni) |
Cosa c'è nel libro:
PREMESSA; INTRODUZIONE; GEOGRAFIA, CLIMA, NATURA; STORIA; DEMOGRAFIA, ANTROPOLOGIA (FISICA); LINGUA E CULTURA DI UNA NAZIONE-COMUNITA’; ECONOMIA: IL PESCE, L'«ORO» DELLE FÆR ØER. UNA SOCIETÀ COSTRUITA SULLA PESCA; IERI: LA GRANDE CRISI DEGLI ANNI '1990; OGGI: UNA RINASCITA SCANDITA DAL “VERDE”; IL “PORTO DEL DIO TOR”, TÓRSHAVN, CAPITALE DELLE FÆR ØER; IL CATTOLICESIMO NELLE ISOLE; UN’ESCURSIONE NELLE ISOLE DI STREYMOY ED EYSTUROY; VÁGUR (LA "BAIA"), COMUNITÀ DI PESCATORI DELLA LONTANA ISOLA MERIDIONALE DI SUÐUROY; RITORNO A TOR E, POI, A COPENHAGEN; APPENDICE (Corsari e pirati nordafricani, francesi, inglesi, irlandesi; L’isola che “non c’è”: la remota Mykines); BIBLIOGRAFIA, CARTE
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VÁGUR (LA "BAIA"), COMUNITÀ DI PESCATORI DELLA LONTANA ISOLA MERIDIONALE DI SUÐUROY
Dal diario di viaggio, I PARTE
“Il progetto prevede ora di continuare l’indagine a Suðuroy, la più meridionale e decentrata delle isole faroesi, a due ore e mezza di nave della Strandfaraskip Landsins.
Mi imbarco alle 19,15.
Il ferry, che sembrava vuoto, presto si riempie di macchine e passeggeri, tra cui numerosissimi bambini.
Se volessimo individuare un altro “simbolo” delle isole, alla “comunità nazione”, ai prati ondeggianti sui tetti, alla “Terra dei puffini” (Lundaland), al pesce (“l’oro delle Fær Øer”) e al grindadráp, potremmo benissimo includere le famiglie “numerose”.
In vita mia, non ho mai visto intorno tanti piccoli.
Ad occhio e croce una media di tre a famiglia, che a bordo giocano da scalmanati.
Nessuno se ne cura più di tanto.
Ma i paesi scandinavi, si sa, sono molto permissivi…
Alle 20 si salpa, sotto la pioggia.
Nuvole basse durante la navigazione.
Dopo 30 minuti la nave comincia ad ondeggiare notevolmente.
Come nel Fiordo del Ghiaccio, alle Svalbard, numerosi gabbiani cercano di oltrepassare il natante.
Volando bassissimi, rasentando le onde.
Arrivo alle 22,30.
Ecco le prime nebbie.
L’isola è completamente immersa nel buio.
Si carica la mia pesantissima valigia a bordo di un taxi, che mi porta fino a Vágur, il secondo villaggio più grande dell’isola: albergo Bakkin (...).
C’è molto rumore per il chiasso dei ragazzi di Miðvagur e Sørvágur, che domani a Sumba giocheranno la partita di calcio Vágar -Sumba.
Il primo risveglio a Vágur è con la pioggia.
Poi sole tutto il giorno.
Attendo di parlare dei problemi della ricerca con il figlio dell'albergatrice (...).
Voglio accennargli i lineamenti del progetto, l'importanza di incontrare i giusti "informatori": gli anziani, i pescatori, i leaders della comunità, ecc.
Dal gruppo di giocatori di calcio presenti si alza un ragazzo.
Ha seguito il mio colloquio con l'albergatrice.
Fino ad allora era stato in silenzio.
Mi chiede quali siano i miei problemi.
Ritenendo che sia il figlio della signora, gli spiego ogni cosa.
Mi dice che ciò che dico è giusto, che certamente è importante, anche per la comunità, potermi aiutare, ma che non può far niente.
Deve giocare nel pomeriggio, e poi se ne andrà via.
Non era il figlio, né un suo amico di Vágur.
Proveniva addirittura da un altro villaggio, dall’isola di Vágar, dove ero atterrato con l’aereo.
Aveva sentito l'impulso di rendersi subito utile all'ospite italiano.
Dopo arriva (...) il figlio.
Il progetto viene nuovamente illustrato.
Studia all’Università di Aalborg.
Si interessa allo sviluppo sostenibile…
Mi dice che i grind [le balenottere] depauperano la popolazione di merluzzi (...).
Anche lui è stato a Tor per St. Olav (...).
La madre telefona per un appuntamento: domani vedrò il sindaco alle 10.
Oggi è domenica, per cui in chiesa, dall’altra parte della baia, troverò certamente gente.
Così vado alla Vägs Kirkja (...).
Il diacono luterano (...), molto gentile, mi fa fotografare durante la funzione e, all’inizio, mi fa perfino salire sulla cantoria, dove c’è l’organo.
Ai fedeli, una cinquantina, legge gli inni (...)
(...) Nella parete della chiesa pende un ex-voto.
E’ il modello della nave che ho fotografato in porto, lo sloop Johanna TG 326, del 1884.
Spesso il modello esposto, mi dice, è di una nave naufragata.
Fuori, a non molta distanza dalla chiesa, osservo il nero monumento a Nólsoyar Páll, l’eroe faroese, che nel 1804, assieme ad altri isolani, qui costruì la prima nave delle Fær Øer, dai tempi del Medio Evo (...).
Pomeriggio eccezionale, camminata di tre ore (15,30-18,30) per raggiungere le alte scogliere di Skúvanøs, alle spalle del villaggio, verso l’oceano aperto, e osservare gli uccelli marini.
Catturati dagli abitanti di Vágur con la tecnica dell'uccellagione (...)
Pensavo di non farcela.
(...) Brutta salita, ma su strada.
Al ritorno la lascerò, per accorciare la distanza.
Durante l’escursione non ho visto altri esseri umani.
Perché è domenica?
Sorprendentemente mi imbatto in alti piloni.
Sembrano antenne.
Ricordo che le basi della DEW Line, come quella “fantascientifica”, vista oltre dieci anni prima sulle sponde dell’Oceano artico, in Canada, arrivassero anche alle Fær Øer.
Al rientro mi dicono che là, durante la seconda guerra mondiale, c’era una stazione radar britannica.
Gabbiani di tutti i tipi, anche minacciosi.
Fortunatamente non le tremende sterne artiche, la cui aggressività mi era già nota.
Ho però rivisto il tjaldur, la beccaccia di mare, simbolo delle isole.
Con la Canon fotografo l’oceano verso l’Islanda.
Scatto diverse foto alle scogliere.
Per avvicinarmi il più possibile al precipizio, mi devo però buttare ventre a terra.
Certo (...) alle Shetland, ero più giovane di tredici anni, forse anche un po’ avventato.
Poiché non ricordo di aver avuto paura dell’abisso...
In effetti fa uno strano effetto guardare giù, verso il basso.
(..) Alle 22,30 dall’albergo vedo luci nelle acque di Vágur.
E’ un peschereccio medio-piccolo.
Lentamente sta entrando nel riparo delle imbarcazioni.
Li avevo già contati, sono 24.
Ecco perché in giro c’erano pochi battelli (...).
CONTINUA
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