Ashley Montagu, 1958 |
Thor Heyerdahl, Charles Hose, Everard im Thurn, Jesup North Pacific Expedition 1897-1902 (Bogoras, Farrand, Fowke, Hunt, Jacobsen, Jochelson, Jochelson-Brodskaya, Laufer, Smith, Swanton, Teit, Franz Boas), Clyde Kay Maben Kluckhohn, Michel Leiris, Ralph Linton, Henri Lhote, Robert Lowie, Jean Malaurie, Edward Man, Margaret Mead, Alfred Métraux, Ashley Montagu, Siegfried Nadel, Kurt Nimuendajú, Erland Nils Nordenskjöld, Hortense Powdermaker, John Wesley Powell, Charles Rabot, Radcliffe-Brown,
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(...) noi tutti gli dobbiamo molto! Quante volte, affrontando la spigolosa problematica del razzismo, ho fatto immancabile riferimento ai suoi libri…
Perché è stato il primo, nel 1942, a scardinare le perniciose tesi che circolavano sulla razza.
(...) I suoi studi precorritori hanno l’eccezionale merito di aver fatto compiere un balzo in avanti all’intera umanità.
Malgrado la realtà spesso sia ben altra, con le sue enormi contraddizioni, sempre pronte ad esplodere qua e là, in numerose parti nel mondo…
Tuttavia in ogni remoto angolo del globo studiosi e “uomini della strada” danno oggi per scontati fatti, che tanto ovvi un tempo non erano.
Lo studioso di vaglia è stato infatti anche uno straordinario divulgatore, secondo forse solo alla Margaret Mead, perché amava trasmettere il proprio messaggio alla gente comune (...).
Israel Ehrenberg, poi divenuto Francis Ashley Montagu, nasce nell’East End londinese in una povera famiglia ebrea nel 1905.
Non compreso dai genitori, fin da piccolo si rifugia in mondo tutto suo, dove il silenzio è la regola!
Una vita difficile, tormentata, senza dialogo e senza amore, che lo segna profondamente nell’anima, ma positivamente: lotterà per tutta la vita affinché altri non soffrano come lui.
L’Amore costituisce, così, il leit motiv della sua vita professionale, facendo da scenario a scoperte, teorie e riscontri: “gli esseri umani sono nati con la capacità di amare.
Non sapremo mai come amare, a meno che non ci insegnino ad amare, a meno che non impariamo ad amare altri che sappiano come amare” (...).
Trasferitosi negli Stati Uniti, studia nella Columbia University di New York.
(...) Assistente Professore di Anatomia nella Scuola di Medicina della New York University (...), Professore Associato nell’Hahnemann College di Filadelfia (...), Professore e Capo del Dipartimento di Antropologia nella Rutgers University (...), insegnerà anche ad Harvard, Princeton e nell’Università della California (...), un suo carissimo amico fu Albert Einstein.
I contributi che è in grado di apportare a scienza e conoscenza scaturiscono dalla sua triplice formazione: biologica, antropologico-culturale, antropologico-fisica.
Alla faccia delle imperanti superspecializzazioni, riesce a cogliere nel segno prima di tanti altri, poiché non gli sfugge la realtà nel suo complesso ed è pertanto capace di sottoporre “al microscopio” anche alcune teorie scientifiche.
Parlando dell’uomo, Montagu concilia sia l’aspetto biologico, che quello culturale.
Mostrando come educazione e cultura ne plasmino la natura.
In particolare si interessa all’aggressività: non è una naturale predisposizione umana e alla razza: un concetto specioso e pericoloso nelle scienze sociali, che va fermamente rigettato.
Essenzialmente è una “costruzione” dell’uomo priva di basi biologiche, per cui demolisce sistematicamente le pretese di superiorità - o inferiorità - razziale.
La sua è un’autentica “rivoluzione culturale”, che avviene quando il nazismo è all’apice, anche se la problematica lo interessa fin dalla metà degli anni 1920.
Non a caso è tra gli autori della fondamentale Dichiarazione sulla Razza dell’UNESCO (1951).
Il suo ruolo è preminente anche quando la Suprema Corte stila, nel 1954, la storica sentenza antisegregazionista (...)
Ovviamente Montagu si interessa profondamente al rapporto madri-figli.
Per quanto riguarda l’amore materno: “le scoperte sui bambini che in ogni cultura sono privati dell’amore: a casa, nelle istituzioni o in qualsiasi situazione, sono identiche.
Non essendo stati amati, non imparano ad amare gli altri…
Sono frustrati.
Se le frustrazioni sono quantitativamente sufficienti nel corso dei periodi critici dello sviluppo, la risposta sarà invariabilmente la stessa, al fine di suscitare ed evocare l’attenzione loro sottratta.
Risposta che chiamiamo aggressività o comportamento aggressivo…
L’evidenza mostra come l’uomo sia una creatura altamente cooperativa e le spinte di neonati e bambini orientate a sviluppare amore e cooperazione” (...).
Elephant Man, libro e film: la storia di Joseph Merrick
Elephant Man: A Study in Human Dignity, New York 1971 (da cui è tratto il celebre film del 1980) narra la storia di Joseph Merrick, il deforme personaggio dell’ottocento che, nonostante la mostruosità, lo sfruttamento come attrazione da baraccone vittoriano, i traumi subiti, rimane un essere umano, gentile ed intelligente.
Montagu ricorda come la madre abbia avuto per lui molte attenzioni.
Amandolo fino alla sua morte, quando il bambino ha solo dieci anni.
Un tempo sufficiente per Merrick, che ha imparato ad amare ed essere amato, sviluppando un fondamento di umanità, che gli consente una vita dignitosa (...).
DA: LE GRANDI AVVENTURE DELL’ANTROPOLOGIA
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