L'esploratore statunitense sostenne di aver compiuto l'impresa, ma in realtà si fermò a pochi chilometri dalla meta
"Più volte ho avuto modo di scrivere sulla non conquista del Polo Nord, nel 1909, da parte dell’americano Robert Peary. Come nel 1996, quando per la Rivista Aeronautica commemorai l’impresa del dirigibile Norge di Amundsen, Nobile, Ellsworth, a cui certamente va ascritto, sia pure dall’aria, quel primato…
Ritratto di Peary, 1907 |
Indubbiamente è un personaggio assai controverso della storia delle esplorazioni.
Poiché, salvo le due ultime spedizioni (1905-06 e 1908-09), i cui risultati si sono dimostrati inattendibili, è evidente come Peary abbia dimostrato al mondo un indomito coraggio e una capacità di accettare stoicamente la sofferenza.
Perché è un uomo ostinato e sorretto da una volontà prodigiosa, animato da un corsaro spirito individualista e dotato di evidente carisma.
Insomma un uomo d’acciaio che, ad ogni costo e con ogni mezzo, assume su di sé rischi incredibili, ricercando quella gloria che può raggiungere solo conquistando il Polo.
“Io devo diventare famoso”, scriverà alla madre dopo la prima spedizione.
Sarà purtroppo questa la sua “magnifica ossessione”…
Sul finire del XIX secolo la “Conquista del Polo” è divenuta un’autentica e sfrenata gara internazionale, in cui si cimentano esploratori delle più diverse nazionalità, tra cui i più temibili sono i norvegesi.
Per di più l’anno prima dell’ultima spedizione, sulla scena polare appare quel dottor Frederick A. Cook, che Peary aveva portato appresso da giovane in Groenlandia, in qualità di etnologo.
Oltre tutto gli aveva anche sistemato la gamba spezzata.
È partito l’anno precedente dagli Stati Uniti, e non si sa che fine abbia fatto. “Magari è già morto…”, avrà più volte pensato Peary!
Comunque Cook è ormai diventato un pauroso incubo, che sempre ha presente dentro di sé. Proprio ora che anche lui è ormai là, a “pochi passi” dal Polo, che certo, prima o poi, raggiungerà…
In cuor suo sa bene che ci deve riuscire, “comunque”! Dopo tutti i tentativi esperiti partendo dalla “via americana” (le regioni settentrionali di Groenlandia e dell’isola canadese di Ellesmere), utilizzando teams di supporto per stabilire depositi di provviste e costruire igloo, ricorrendo cioè al “suo” sistema.
Purtroppo per Peary, l’incubo si materializzerà nel 1909, al suo rientro in patria dall’Artico...
Cape Columbia, Ellesmere settentrionale, punto di partenza verso il Polo Nord. Due Eschimesi Polari accanto al cairn, con i “cartelli indicatori” fatti apporre da Peary |
(...) Quanto Peary fa tra il 1892 e il 1895 è eccezionale.
Di per sé sufficiente ad annoverarlo tra i più grandi esploratori polari: utilizza i cani come forza motrice e come cibo, così che viaggia spedito, con poco peso, coprendo lunghi tragitti; si è spinto ben più in là di qualsiasi europeo; sperimenta e migliora il pemmican; costruisce igloo; indossa le pellicce eschimesi, che gli servono anche come giacigli e coperte; attraversa nel punto più ampio l’ilandsis; scopre la Terra più a nord del mondo.
“Prendi questa bandiera e installala nel posto più a nord che riuscirai a raggiungere”, gli aveva detto nel 1891 Hubbard, primo presidente della National Geographic Society. Ebbene, lui sì, che ci è riuscito..."
Da: ALLA SCOPERTA DEL MONDO. Esploratori, Geologi. VOL. 3: ARTICO – ANTARTICO
E-Book e versione cartacea in bianco e nero di grandi dimensioni (16,99 x 1,17 x 24,41), 133 pp., 84 note, Bibliografia, 116 immagini (8 sono dell'A.)
Nessun commento:
Posta un commento