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venerdì 24 marzo 2023

85. NEL SUD TUNISINO, TRA I VILLAGGI “INVISIBILI” DEI “BERBERI SCAVATORI” MATMATA

 

L'emozionante panorama di Matmata. L'altopiano è cosparso letteralmente dei crateri delle tradizionali abitazioni trogloditiche (© Franco Pelliccioni)


DAL TELL AL SAHARA 

VIAGGI IN TUNISIA, TRA LE TESTIMONIANZE ARCHEOLOGICHE DEL PASSATO E CULTURALI ARABO-BERBERE-ISLAMICHE ODIERNE

(...) Lasciata Gabès, la C107 mi porta ancora a sud, verso il montuoso interno.

Adesso mi trovo sul bordo settentrionale dell’estremo mezzogiorno tunisino, che si spinge fino al confine con la Libia, in una regione abitata dalle popolazioni autoctone: questa difatti è l’isola dei berberi. 

Il lungo rilievo montuoso del Djebel Dahar (il “dorso”), la cui massima altezza arriva ai 750 m, divide in due l’area. 

Ad ovest il Grande Erg Orientale sahariano, con le sue immense dune in perenne e impercettibile movimento; ad est la pianura della Djeffara, che giunge fino al mare. 

Qui gruppi arabi, o berberi da molto tempo islamizzati e arabizzati, conducono una vita seminomade dedita alla pastorizia. Sulle montagne invece secoli fa si rifugiarono i berberi, per scampare alle invasioni arabe, come quella dei Beni Hilal provenienti dall’Alto Egitto (XI secolo).

Per gli antropologi questa è una classica regione di rifugio. In seguito diverse tribù dovranno gradatamente “arrendersi” alla realtà. Scendendo verso valli e pianure. Islamizzandosi e arabizzandosi. 

Al contrario, altre, come quella dei Djebalia (“montanari”), coltivatori sedentari (orzo, olivi, fichi) e piccoli allevatori (capre e montoni), indomiti continueranno a “resistere”. In diversi casi fino ad oggi. 

Anche dopo aver abbracciato la religione islamica, sono stati infatti in grado di conservare pressoché integro il tradizionale patrimonio culturale, sovente assieme alla loro lingua.

La strada, sia pure asfaltata, si inerpica su un terreno semidesertico e montuoso, caratterizzato da steppa e nude rocce, canaloni, gole e coniche sommità: quasi un paesaggio dantesco… 

Mi accingo a visitare uno degli insediamenti più singolari esistenti nell’intero Nord Africa: quello trogloditico di Matmata. 

Anche se so bene come simili abitati siano diffusi dall’Atlante marocchino e algerino, fino al Djebel Garian libico 

(...) Senza per questo trascurare gli storici Sassi di Matera. A me doppiamente cari, per averli attentamente visitati, dopo che all’Università avevo approfondito l’argomento. 

Grazie alle ricerche là condotte nel dopoguerra dal compianto antropologo culturale Tullio Tentori.

Originariamente eminentemente difensivi furono i motivi che dettarono il sorprendente stile architettonico. Divenuto esso stesso un assai sui generis “stile di vita”, per sfuggire agli attacchi dei predoni arabi o di tribù berbere nemiche. 

Ciò che i Matmata (questo è anche l’etnonimo della tribù berbera che vi risiede) hanno fatto per difendersi al meglio è stato di scomparire dalla faccia della terra, rendendo addirittura “invisibile” l’insediamento… 

Come avrebbe dovuto riscontrare il francese Macquart nel 1906: 

Kalaa-Matmata è situata a una cinquantina di chilometri a sud di Gabès. Questo grande villaggio (conta più di un centinaio di case) presenta la singolarità di essere invisibile”. 

In sella al suo cavallo, fino ad allora aveva solo visto una moschea in miniatura, le basse cupole di una piccola zaouia sulla sommità di una collina e l’insignificante edificio degli Affaires Indigènes. 

Et c’est tout (…) nessun’altra costruzione è in vista, pur essendo nel pieno centro del villaggio…”. 

Ma ecco che inizia a distinguere uno, due, più buchi circolari: “si direbbero degli enormi pozzi (…) sono le case sotterranee dei trogloditi di Matmata. Dico bene: case: i Matmati in effetti non abitano in caverne, ma in vere case, spaziose e relativamente confortevoli".

In effetti a quel tempo, per capire di essere giunti alla meta, bisognava caderci letteralmente dentro! 

Per quanto riguarda il loro comfort, aspetto materiale a parte, il viaggiatore europeo aveva indubbiamente ragione. 

Nel corso dei secoli le considerazioni d’ordine difensivo lasciarono il posto a quelle climatiche. Le abitazioni sotterranee si dimostrarono adatte a sopportare gli estremi: l’intenso calore estivo (oltre 40°), il rigido freddo invernale della montagna. Più o meno le stesse motivazioni che avrebbero indotto i romani a costruire la loro Bulla Regia sotterranea…

Alcuni elementi sul percorso esistenziale pre-moderno di questi berberi mi vengono in aiuto da Ibn Khaldoun, che riferisce come la maggior parte dei Matmata vivesse vicino alle sorgenti termali di el-Hamma, nei pressi di Gabès. 

In seguito furono respinti sulle montagne dai nomadi arabi Beni Zid. 

Il Djebel Matmata diventò così una roccaforte berbera, dove vigeva il diritto consuetudinario (kanoun) e venne opposto un netto rifiuto al pagamento ai turchi delle imposte. 

Alla fine solo gli abitanti di tre villaggi, che edificarono i loro insediamenti sui fianchi delle montagne, restarono berberi “puri”. 

Tutti gli altri, abbandonati i loro rifugi (kalaa) tra il XVIII secolo e l’inizio del XX, scesero a valle. 

Arabizzandosi progressivamente e scavando le case (hûs) direttamente nel suolo: a Matmata (a 400 m d’altitudine) e in una decina di centri vicini (...)

Rispetto agli altri gruppi berberi del sud tunisino, i Matmata, considerati “berberi scavatori”, hanno scelto così di nascondere persone, animali e beni nelle viscere della terra. 

Altri gruppi hanno adottato alternative strategie di sopravvivenza: costruendo sulla sommità delle montagne (i “berberi scalatori”), o sui loro fianchi (i “trogloditi artificiali”). 

I primi hanno edificato le famose fortezze d’argilla dei ksour (sing. ksar), granai fortificati formati dalle ghorfa: celle-stanze disposte spesso su più piani (fino a sei), assomiglianti ad immensi alveari di terra rossa che, in caso di necessità, sono utilizzati come rifugi. 

(...) Lo scorrere del tempo, se ha innestato grandi “cambiamenti” nei nostri Sassi, ha trasformato anche la stessa Matmata, magari non con il medesimo e accelerato “ritmo”. 

Oggi gli abitanti vivono in case “di superficie”, poste accanto alle tradizionali abitazioni trogloditiche, di cui solo alcune sono ancora abitate. Altre fungono da stalle e magazzini. 

O con intelligenza sono state modificate e adattate turisticamente (...) 

Come nel caso del Marhala o dell’Hotel Les Berbères, dove mi fermo: con la sua hall, sala da pranzo, cucina, camere e cortile - pardon, cratere - aggiunto, con un suo microgiardino.

(...) Nonostante “conoscessi” Matmata da molto tempo: dalla letteratura, da foto e documentari, la prima impressione avuta del villaggio mi ha sbalordito e reso completamente attonito… 

Giungendo dalla costa, ho infatti immediatamente avuto, dall’alto, uno stupendo e onnicomprensivo colpo d’occhio sull’esistente: le stupende montagne che lo coronano, le alte palme, i cubi bianchi delle case moderne, quelli appuntiti dei marabut, risaltati dallo sfondo montuoso, un solitario dromedario al pascolo, il verde di orti e coltivazioni, gli olivi e gli alberi da frutta, ma anche i colori dei panni stesi sotto il sole ardente, i fili della luce, le stradine in terra battuta, qua e là un ricevitore satellitare e, per finire, un altopiano letteralmente punteggiato e crivellato, a mo’ di groviera, da numerosi crateri (circa settecento?) che, a distanza, appaiono perfino naturali.

Mano a mano che mi avvicino, riscontro una perfezione che solo la mano dell’uomo è in grado di conseguire. 

I cerchi delle gigantesche “tane” sono infatti così precisi da far apparire ciò che mi circonda come un’immensa torta, nella quale con indubbia maestria sono stati usati, a più riprese, compasso e coltello! 

In seguito altri particolari andranno ad arricchire la mia osservazione: i campi arati, i tunnel per il passaggio (haouch) costruiti ad un livello più basso (un tempo così stretti - e ripidi - da lasciar passare solo un individuo alla volta), del tutto indispensabili per penetrare nel cuore della terra, consentendo lo scavo dei crateri. 

Di norma profondi dai 6 agli 8 metri (...), con un diametro di una dozzina di metri, costituiscono le corti centrali delle singole abitazioni e spesso sono dotati di cisterne per la raccolta dell’acqua piovana. 

Partendo dal cortile, questi straordinari “berberi scavatori” hanno poi ricavato, intagliato e scolpito: porte, finestre e scale (abta); ingressi e sedili; camere, magazzini e stalle. 

Oltre alle necessarie condotte di ventilazione per il passaggio di luce e aria. 

Il risultato finale è un labirinto di locali che si sviluppa di solito su due piani (...)

Si potrebbe facilmente dire, con un aggettivo usato spesso a sproposito, che il paesaggio è lunare. Troppo facile. Certamente è singolare. Surreale. Senz’altro unico! 

Ma se proprio non si può definire lunare, senza dubbio è stato “stellare”. Poiché utilizzato come sfondo esotico per uno dei tanti episodi della saga di “Guerre Stellari” (il bar dell’Hotel Sidi Driss, la famosa “cantina” di Star Wars), oltre che per un episodio della serie avventurosa di Indiana Jones…

DAL TELL AL SAHARA. VIAGGI IN TUNISIA, TRA LE TESTIMONIANZE ARCHEOLOGICHE DEL PASSATO E CULTURALI ARABO-BERBERE-ISLAMICHE ODIERNE

(178 pp., 198 immagini, di cui 179 a colori, 83 note, Bibliografia)


Versione cartacea a colori e in bianco e nero, II ediz.



Sommario

PARTE PRIMA 

DALLE SPONDE DEL MEDITERRANEO AL SAHEL SAHARIANO 

1.PREAMBOLO: DAL “SAHARA ALGERINO” AL SAHARA TUNISINO. VIAGGI VIRTUALI E REALI NEL MAGHREB 

2. INTRODUZIONE AL PAESE 

3. LA MEDINA DI TUNISI, CON I SUOI PIÙ DI SETTECENTO MONUMENTI STORICI, PATRIMONIO MONDIALE DELL’UMANITA’ 

4. NEL MUSEO NAZIONALE DEL BARDO DI TUNISI Il "TEMPIO" MONDIALE DEL MOSAICO ROMANO; Breve cronologia del Museo; La visita 

5.CARTAGINE; La visita 

6. SIDI BOU SAÏD 

7. MONASTIR TRA ANTICO E PRESENTE: DALL'ENIGMA DI UN NOME ALLA RICOMPARSA A SORPRESA DI UNA FORTEZZA PERDUTA 

8. LA “CITTA’ SANTA” DI KAIROUAN 

9. LA CITTA’ ROMANA DI THYSDRUS (EL-DJEM) 

10. LA CITTA’ ROMANA DI SUFETULA (SBEITLA)

11. L’ISOLA DI DJERBA: OASI DI RIFUGIATI, TERRA DI INVASORI; La visita 

12. NEL SUD, TRA I VILLAGGI “INVISIBILI” DEI “BERBERI SCAVATORI” MATMATA;  Mareth; Gabès; Verso Matmata 

13. NELLA REGIONE DEGLI CHOTTS;  Introduzione; Douz; Kébili (e Ancienne Kébili); Nel Bled el-Djerid 

L’OASI DI PIANURA DI TOZEUR 

L’OASI DI PIANURA DI NEFTA 

PARTE SECONDA 

RITORNO NEL PAESE DEI GELSOMINI 

14. OASI DI MONTAGNA; Introduzione; Nello Chott el-Gharsa la Mos Espa, cittadina del deserto del pianeta Tatooine di Star Wars; Verso le oasi di montagna 

15. IL LÉZARD ROUGE DEI BEY DI TUNISI; Le ferrovie tunisine 

16. IL LUNGO VIAGGIO DEL FOSFATO TUNISINO: DAL TRIANGOLO MONTUOSO AL CONFINE CON L’ALGERIA AL PORTO DI SFAX, PASSANDO PER L’ANTICA CAPSA ROMANA 

17. I KSOUR, LE ROCCAFORTI BERBERE DEL GRANDE SUD TUNISINO; Medenine; Ksar Haddada; Tataouine; Chenini 

18. PERCORRENDO LA REGIONE DOVE SI COMBATTE’ LA “GUERRA DEL DESERTO” 

19. INCURSIONE TRA LE SABBIE DEL SAHARA, AI CONFINI MERIDIONALI DELL’IMPERO ROMANO, IL LIMES IMPERII; Ksar Ghilane 

20. NEL FORTE ROMANO DI TISAVAR; I romani e il Limes Tripolitanus 

21. APPENDICE;   1. VIAGGIATORI IN TUNISIA TRA IL XVII SECOLO E LA FINE del XIX;   2. VIAGGIATORI IN TUNISIA TRA LA SECONDA META’ DEL XIX SECOLO E L’INIZIO DEL XX 

22. BIBLIOGRAFIA SELEZIONATA 

PAGINA AUTORE USA;...

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PAGINA AUTORE ITALIA;

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PAGINA AUTORE FRANCIA:

https://www.amazon.fr/-/e/B01MRUJWH1

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