La Sesta Avenue nei pressi della Standard Bank, 1935 (Eric and Edith Matson Photograph Collection, Library of Congress) |
A sedici anni (1962-63) ho scritto il mio unico romanzo. Purtroppo è rimasto incompiuto... Il protagonista è un etnologo italiano, poiché allora ero attratto dall'Etnologia. Oltre a raccontare anche dell'amore tra lui e un'affascinante, ma molto gelosa, donna, basandomi sulla letteratura di viaggio ed etno-antropologica in mio possesso (e sulle ricerche effettuate nelle Biblioteche dell'Istituto Italo-Africano e del Museo Pigorini, al Collegio Romano), ho cercato di descrivere l'ambiente tropicale, la fauna, alcuni popoli. Ho anche lasciato inalterato il testo.
Il sole era già alto nel cielo, quando Milly e John Smith
uscirono dall’albergo.
La prima notte a Nairobi era passata molto presto! Dopo una
lauta colazione nell’ampio bar dello Stanley i due, come già avevano detto la
sera prima a Giorgio, avevano l’intenzione di fare un giro di “perlustrazione”
per le vie della città, per scoprire gli aspetti più o meno visibili della
grande capitale kenyota. A tal uopo, sia John, che sua moglie si erano armati
di grosse macchine fotografiche.
Prima di uscire il cameriere negro, che aveva servito la
colazione, disse in un approssimativo inglese, misto ad un po’ di kiswahili:
- Ndio (sì), memsaab, oggi bella giornata. Chiara
giornata. Per tatu (“tre”) giorni il tempo essere così bello. Voi potete
vedere con un po’ di fortuna la “Montagna splendente” (è il significato di Kilimangiaro
in kiswahili). Voi sbrigare!
- Ndio, Moussa, ringraziò John. Così uscirono
dall’atrio guardandosi intorno, per cercare di scorgere il famoso vulcano, che
però non avrebbero potuto vedere, per la semplice ragione che il New Stanley è
circondato da edifici, che non lasciano spaziare la vista.
- Vorrà dire che ci faremo indicare da Giorgio un posto
più elevato, dal quale si possa avere questa stupenda visione. Ci pensi, vedere
il Kilimangiaro ad occhio nudo da Nairobi. Più o meno dista in linea d’aria 200
km e, forse, anche molto di più…
- Certo, deve essere bello!, rispose Milly.
Con le macchine fotografiche a tracolla, i due si avviarono per
la città, che incominciava allora a popolarsi di gente e di automezzi.
Il traffico era intenso e la popolazione, che animava il centro, era eterogena. È facile incontrare, per le vie principali, gruppi di Masai “moran” che, lasciate le lance nelle capanne nelle steppe gialle, con le loro rosse tuniche ed i capelli impastati d’argilla giungono in città, quasi sempre per protestare contro le tasse, che oberano questi prodi cacciatori di leoni.
Quattro guerrieri Masai [ca. 1890-1923] Frank and Frances Carpenter Collection (Library of Congress). |
LORD DELAMERE
Camminarono lungo la Delamere Avenue [oggi Kenyatta Avenue], che prende il nome dal primo residente europeo del Kenya [1901].
Lord Delamere (estrema destra) legge il discorso di benvenuto al Governatore entrante del protettorato dell'Africa Orientale Britannica, Sir Percy Girouard (1867-1932), 1909 |
Ora, per fortuna, quello che poteva essere il quadro del
Kenya pre-europeo, è scomparso. Se non totalmente, almeno in gran parte.
LA TUTELA DELLA
FAUNA
Ormai le grandi fiere per la stragrande maggioranza popolano i parchi nazionali creati dal governo inglese. Così come il governo belga, a sua volta, ha fatto nel Congo. In modo da conservare e preservare alcune specie dallo sterminio che, con la loro indiscriminata uccisione, poteva considerarsi quasi imminente.
Lo Tsavo National Park, l’Aberdare, l’Amboseli, il Kenya, e
il più grande giardino zoologico che una grande città possa vantare: il Nairobi
National Park, non sono che alcune delle riserve, nelle quali gli animali
possono vivere tranquillamente, non molestati dagli indigeni, che ne vogliono
mangiare la carne (ma ci sono anche molti casi di bracconaggio). Per non parlare degli
europei, che per avere l’avorio facevano una strage di elefanti. Ma anche di quegli individui, che
sparavano solo per il gusto di uccidere. Non importa se ammazzavano anche le
femmine ed i piccoli, e se non ne toccavano neanche la carne.
I POPOLI PRIMITIVI
I popoli primitivi desiderano sempre più la civiltà e la
collaborazione con l’uomo bianco. Non lo cuociono più nel pentolone bollente!
Aspirano al progresso.
Mentre prima l’élite indigena era per lo più mandata nelle grandi e famose università europee e statunitensi, grazie all'assegnazione di borse di studio, ora si cerca di creare “in casa” un proprio quadro dirigente ed una classe politica. Il “Royal Technical College” di Nairobi è un esempio. Si cerca di trovare nuovi mezzi per un’agricoltura veramente moderna: Si creano impianti. Si costruiscono case e strade e ponti.
Il Royal Technical College di Nairobi, ora parte dell'Università di Nairobi, 1957 (CC BY-NC-SA 4.0, Bristol Archives: British Empire & Commonwealth Collection, 2001/090/1/1/18651) |
Ma il progresso arriva anche dall’aria. Nel Kenya ci sono
almeno sette aeroporti di primaria importanza, di cui tre servono la capitale.
I “selvaggi” vanno nelle città, o fanno i braccianti
agricoli nelle grandi fattorie europee e nelle piantagioni. Il nuovo governo
indigeno, che nell’ambito del Commonwealth ha preso il posto del Governatore britannico
residente, studia le nuove necessità. I nuovi problemi che ogni giorno si
affacciano alla luce di uno Stato ancora neonato.
Piantagione di caffè nei pressi di Nairobi, 1936 (Eric and Edith Matson Photograph Collection, Library of Congress) |
JOMO KENYATTA, IL
GRANDE ANTROPOLOGO MALINOWSKI, I MAU-MAU, IL KENYA INDIPENDENTE
Jomo Kenyatta è un uomo di polso. Presunto capo dei Mau-Mau,
era stato confinato in una scuola requisita per l’occasione nella parte più sperduta
del paese: la Northern Frontier.
IL PRESIDENTE JOMO KENYATTA, NAIROBI, KENYA, 1966, Israel National Photo Collection |
Nelle rivolte delle
guarnigioni indigene, al tempo dell’alzata di scudi di Zanzibar, che con un colpo
di stato sanguinoso e con l’aiuto dei cinesi ha instaurato una Repubblica Democratica
[nel Tanganyika, oggi Tanzania], il Kenya ha infatti richiesto l’intervento degli
inglesi…
Una squadra britannica di mortai da 3 pollici in azione durante le operazioni contro i terroristi Mau Mau, 1952 - 1956, Imperial War Museums. |
Con Jomo Kenyatta tutto il Kenya aspira al progresso e all’inserimento
del paese tra le nazioni, che da millenni sono arrivate ad un alto grado di civiltà,
di “sviluppo”. Secondo una recente statistica dell’Onu solo uno Stato è
sviluppato in Africa: la Repubblica Sudafricana. Il Kenya cercherà di raggiungerlo.
Se non nello spazio di pochi anni, almeno tra i prossimi 25. E sarà un grosso
colpo per un paese dove domina l’apartheid!
Ritornando a parlare dei popoli primitivi, dei selvaggi,
questi sono sempre più assorbiti dalla civiltà, che non sempre porta benefici
(vedi sifilide, prostituzione, altre malattie che, come la tubercolosi, erano prima
sconosciute, l’alcoolismo, ecc.).
IL MOSAICO ETNICO
DEL KENYA
I Kikuyu, i Masai, i Nandi, i Dorobo, Samburu, Somali,
Turkana, Karamojong, Suk, Kipsigi, Swahili, Wakamba, Bakuya, Meru, Embu,
Kavirondo, Luo, Qanyika e molti altri ancora, assieme agli europei, agli
indiani di Goa e di Pondicherry, ai Parsi, ai Sikhs ed, infine, agli arabi, compongono
l’enorme mosaico eterogeneo della popolazione kenyota.
Appunto per tutte queste popolazioni si sta cercando di creare una federazione, in modo che si possano [omissis: non comprensibile, dopo 60 anni, l’aggiunta a penna nel dattiloscritto…
p.s.: mi accorgo ora che nel 1966 per la rivista Africa di Roma (Istituto Italiano per l'Africa) ho recensito (è una delle mie prime pubblicazioni...) il volume della O.U.P.: AA.VV., Federation in East Africa, Opportunities and Problems, 1965. Gli autori auspicavano un'integrazione economica e politica tra i tre Stati dell'ex Africa Orientale Britannica: Tanganyika, Uganda, Kenya. Dopo che nelle rispettive capitali si erano tenute, tra il 1962 e 1963, alcune conferenze internazionali, allo scopo di rilanciare l'EACSO, l'East Africa Common Services Organization]
La recensione figura su Research Gate:
I TURKANA
Le tribù ancora allo “stato di natura”, quelle primitive, sono veramente poche. I Turkana del Lago Rodolfo [oggi Lago Turkana] sono una di queste. Perché il loro habitat è uno dei più desolati e deserti al mondo. È terra ancora selvaggia, dove gli indigeni vivono a faccia a faccia con la natura, cacciando i coccodrilli, ma anche allevando il bestiame. Anche là, in un tempo non molto lontano, arriverà la civiltà che, a cominciare da questo secolo, ha cambiato molte cose sulla faccia del nostro pianeta.
CONTINUA
p.s. Attualmente (novembre 2022) sto lavorando alla stesura di una: BREVE INTRODUZIONE ETNO-ANTROPOLOGICA AI POPOLI DEL KENYA.
IN QUESTO PAESE DELL’AFRICA ORIENTALE HO AVUTO MODO DI EFFETTUARE DUE SESSIONI DI RICERCA. LA PRIMA NELLA CITTA’ MULTIETNICA E MULTICULTURALE DI ISIOLO, A NORD DEL MONTE KENYA. LA SECONDA TRA I POPOLI NOMADI, TRANSUMANTI E SEDENTARI (TURKANA, MERILLE, BORANA, RENDILLE, ELMOLO) LOCALIZZATI INTORNO ALLE SPONDE DEL LAGO TURKANA (GIÀ RODOLFO), KENYA NORD-OCCIDENTALE.
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