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venerdì 22 novembre 2024

286. "In tutti i miei “racconti”, sia articoli, che libri, ho sempre ritenuto essenziale integrare il più possibile i testi con le immagini. Qui debitamente commentate in un apparato didascalico bilingue. Le ho riprese, nell’arco di quasi trent’anni, sulle due sponde di el-Bahr, il Nilo, e sulla costa del Mar Rosso". Da/From: IMMAGINI DALL’EGITTO IMAGES FROM EGYPT. Companion book di / of: VIAGGI IN EGITTO 1980-2009

 

 Abu Simbel: Il Grande Tempio, particolare centrale con il colosso di sinistra senza testa, poiché distrutta dal terremoto del 27 a.C. Al centro, in alto, il Dio Ra-Harakhty, dalla testa di sparviero, 1980. Abu Simbel: The Great Temple, central detail with the headless colossus on the left, as destroyed by the earthquake of 27 BC. In the centre, at the top, the God Ra-Harakhty, with the head of a  sparrowhawk (© Franco Pelliccioni)
["(...) alla sede dell’Egypt Air al Cairo riesco ad ottenere la possibilità di rimanere nel sito archeologico un turno di visita in più. In pratica, tra l’arrivo di un gruppo e l’altro, c’è la possibilità di stare completamente soli, davanti ai maestosi templi di Abu Simbel (...). Così (...),  vado alla solitaria riscoperta dei templi, dove le uniche presenze umane sono rappresentate dai custodiVagando tra i due monumenti e osservando ogni particolare: bassorilievi, iscrizioni, “firme” di antichi viaggiatori, più o meno noti. Oltre ad andare persino sul “retro” dei templi, all’interno della montagna. Cosa che ritengo oggi del tutto impossibile e certamente fantascientifica, non solo per ragioni di sicurezza. Ma anche per la presenza di un’enorme folla di turisti, come constaterò nel 2007". Da: VIAGGI IN EGITTO 1980-2009]  

                                                   Cosa c'è nel libro:

                                           Prefazione; 

Il viaggio del dicembre del 1980 Cairo; Menfi, capitale dell’Antico Regno; la Necropoli di Saqqara; Giza; ancora al Cairo: Al-Qarafah, la Città dei Morti 

Alto Egitto: Abu Simbel, Assuan, Elefantina, File 

Medio Egitto: Tebe Orientale: Luxor; Nel Suq;  Il Tempio; Karnak; Tebe Occidentale: Valle dei Re

Ritorno al Cairo: Helwan 

Cairo e Basso Egitto, gennaio 2007: Cairo; Giza; Menfi; Saqqara

Una moderna Crociera sul Nilo 

Alto Egitto: Abu Simbel ; Assuan, Elefantina, la Prima Cateratta, le dighe, il villaggio Nubiano; File; Assuan e le due dighe 

In navigazione sul Nilo: Kom Ombo; Edfu 

Continua la navigazione sul Nilo;  Esna e la sua Chiusa 

Medio Egitto: Tebe Orientale: Luxor; Karnak; Tebe Occidentale, “Le Case di un milione di anni”: i Templi funerari di Amenhotep III (Memnone), Hatshepsut (Deir El-Bahari), Ramses III (Medinet Habu); i Colossi di Memnone; la Valle dei Re 

Sul Mar Rosso, al confine meridionale con il Sudan, giugno 2007; 

Lahami Bay; ai confini del Sudan: El-Shelateen, citta’-mercato e carrefour di popoli; lungo l’antica “Carovaniera degli 11 giorni” 

 Viaggio a Sharm, maggio 2009Naama Bay; l’area protetta di Nabq; Parco Marino di Ras Mohammed

Alla fine del “viaggio”. Bibliografia

... 

 Prefazione

A cavallo tra gli anni ’1970 e ’1980, le ricerche effettuate tra Africa orientale, nord-orientale, America e Artico avevano consentito di raccogliere una ricca messe di foto, che ritenevo per la maggior parte belle ed interessanti. 

Tanto da desiderare di metterle a disposizione del pubblico in un libro fotografico, che avrebbe spaziato dalla natura (ambiente, animali), all’etno-antropologia (“usi e costumi” dei popoli).

 Fotografie realizzate sin dal 1975, con quella che, all’epoca, forse costituiva la migliore attrezzatura in circolazione. 

Tanto che ci fu chi la definì la Rolls Royce delle macchine fotografiche1: una Nikon F, con diversi accessori, tra cui un potente teleobiettivo da 300 mm. 

Dove caricavo esclusivamente rollini di diapositive Kodak Ektachrome 35 mm, da 64 a 400 ISO. 

Del resto molte mie foto già corredavano, integrandoli, gli articoli che andavo via via pubblicando su diverse riviste (...). 

   Quella mia antica idea presto si sarebbe dovuta scontrare con la dura realtà del mercato editoriale, anche a quei tempi particolarmente difficile, certo non come oggi... (...) 


Nel suq di Luxor, 1980 In the Luxor souk (© Franco Pelliccioni)

   A distanza di oltre trenta anni, realizzo oggi quel vecchio progetto. Le Immagini dall’Egitto-Images from Egypt arricchiscono e, in qualche caso, completano il ricco apparato fotografico contenuto nei Viaggi in Egitto 1980-2009 (...)

Tra l’altro più che raddoppiando le immagini, mentre il formato tipografico più grande consente di osservarle e apprezzarle meglio.

Dall'isola Elefantina, la Prima Cateratta e una piccola cappella tolemaica in mattoni completamente restaurata, 1980. From Elephantine island, the First Cataract and a small Ptolemaic brick chapel completely restored 
(© Franco Pelliccioni)

In tutti i miei “racconti”, sia articoli, che libri, ho sempre ritenuto essenziale integrare il più possibile i testi con le immagini. 

Qui debitamente commentate in un apparato didascalico bilingue.

 Le ho riprese, nell’arco di quasi trent’anni, sulle due sponde di el-Bahr, il Nilo, e sulla costa del Mar Rosso

Anche se, non da molto, ho pubblicato “per prova” una versione non illustrata del libro, ampliando così l’«offerta» del mio Egitto…

Sono foto di dettagli, particolari, curiosità, addirittura stranezze

La maggior parte giunte fino a noi attraverso i millenni. Immagini ovviamente storiche, finanche terribili, persino spudoratamente erotiche

Alcune di loro mi hanno consentito di fare inaspettate “scoperte”

A Karnak, ad esempio, ho fotografato la rampa di mattoni, terra e fango, che servì per erigere il Primo Pilone del Tempio di Amon.

 Dopo oltre duemila anni, si trova ancora oggi sul posto, addossata alle mura

Perché il pilone fu l’ultimo ad essere costruito da uno dei tanti faraoni, che hanno contribuito a rendere il tempio unico al mondo.

 Qui mi imbatterò casualmente in un sorprendente calendario egizio, ma osserverò anche Min, il Dio dal “pene eretto”, che su un pilone riceve l’offerta di un afrodisiaco vegetale

Dio che avevo già visto in tutto il suo “maschio splendore” in un bassorilievo ripreso nel 1980 nel Tempio di Luxor, mentre nel 2007 mi sarei accorto che, sempre nello stesso tempio, c’era ancora un altro bassorilievo, che lo raffigura mentre sta eiaculando e lo sperma viene debitamente raccolto in un contenitore. Poi scoprirò come l’anonimo scultore avesse persino raffigurato uno spermatozoo.

   Il libro mostra al lettore immagini di valore etno-antropologico, archeologico, naturalmente storico-religioso, naturalistico: paesaggi desertici e tropicali, templi più o meno celebri, alto e bassorilievi, figure, statue, genti, animali, tra cui i pesci delle barriere coralline del Mar Rosso, sia centrale, che settentrionale. 

Fotografie in qualche caso anche con effetti esteticamente apprezzabili, a volte persino strabilianti, non sempre da me volutamente ricercati (...). 

Parlando di numeri, il libro contiene 31 foto del Cairo, 20 di Giza e le sue piramidi, 16 dei templi di Abu Simbel, 28 di quelli di Luxor e Karnak… 

Altre 18 foto riguardano la Casa di Milioni di Anni di Ramses III, la straordinaria Medinet Habu

Tempio funerario del faraone guerriero, localizzato nella Tebe occidentale, sulla sponda sinistra del Nilo. 

Una volta tornato a Roma, scoprirò come i bassorilievi del suo Primo Pilone riportino un errore di non poco conto. 

Perché con i loro caratteri somatici vi figurano i popoli africani sottomessi da Ramses. 

Peccato che avesse combattuto, invece, contro quelli asiatici (sic).

 Non solo… 

Perché, dopo diversi e prolungati cicli di ricerche nella mia biblioteca e sul Web, ho appurato come quello che pensavo fosse solo uno dei tanti reperti archeologici egizi, in realtà era la tavola delle offerte votive al Dio Amon, da parte delle Divine Adoratrici, sue spose, in genere nobili e principesse.

Dipinti della tomba di Thutmose III, decorati con figure dal libro di Amduat ("ciò che è nell'aldilà"), ornano le pareti. diventando un enorme papiro, che avvolge la tomba. Descrivono il viaggio della barca solare verso la grotta di Sokaris. I geroglifici in corsivo sono in nero e rosso su fondo grigio e imitano il colore di una foglia di papiro, 1980. Paintings from the tomb of Thutmose III decorated with figures from the book of Amduat ("what is in the afterlife"), which adorn the walls, becoming a huge papyrus, that wraps around the tomb. They describe the journey of the solar boat to the Sokaris cave. The italic hieroglyphics are in black and red on a grey background and imitate the colour of a papyrus leaf 
(© Franco Pelliccioni)

Ho anche inserito un paio di foto di una delle più straordinarie tombe presenti nella Valle dei Re, quella di Thutmose III

La visitai nel 1980. Oltre tutto era difficoltosa da raggiungere, perché scavata in alto, ma all’interno di una fenditura nella roccia

È possibile osservare il sarcofago e la camera mortuaria dalle pareti interamente dipinte, che diventa un enorme papiro, che avvolge la tomba. 

I geroglifici sono tratti dal Libro di Amduat ("ciò che è nell'aldilà").

  Ho parlato prima di “scoperte”. 

Perché, anche se faccio il ricercatore da ormai quasi sessant’anni, non essendo un egittologo, immedesimandomi nelle vesti di uno Champollion in sedicesimo, mi sono inoltrato in una terra per me quasi del tutto “incognita”, dove si possono disvelare persino “cose mirabili”. 

Così, per elaborare le didascalie di una delle foto, scattata attraverso “un piccolo buco”, mi sono improvvisamente reso conto che, proprio a pochissima distanza dai miei occhi, c’erano altri occhi, che sembravano guardarmi. 

Appartenevano al viso del faraone Zoser, cioè alla sua statua a grandezza naturale e, a quanto pare, abbastanza verosimile.

 Realizzata quasi 4.700 anni fa a Saqqara, accanto alla sua tomba-piramide. 

Perciò là c’era il suo ka

È da allora che attende sempre di essere onorato dal proprio popolo.

 Poiché, oltre a muoversi, riesce a percepire, nella sua modestissima camera sigillata, grazie alla presenza di due fori, gli odori e i profumi delle offerte. 

Così la foto, che vedevo nello schermo, era non solo curiosa, ma addirittura eccezionale… 

Perché quello era il suo serdab!

  Le altre due mie “scoperte” provengono dai templi di Kom Ombo e di Edfu.

Inizialmente avevo scambiato il bassorilievo fotografato a Kom Ombo per uno dei tanti osservati in Egitto. 

In seguito ne accerterò l’importanza. Poiché esso dava forma e sostanza al termine archeologico mammisi

Rappresentando il parto di una donna, con il neonato che in quel momento sta fuoriuscendo dalla vagina della mamma.

La statua del Dio falcone Horo, che si trova a sinistra dell’entrata, protegge Tolomeo XV Cesarione, l’ultimo dei faraoni dell’Antico Egitto. Dopo aver prima regnato con sua madre, la celebre Cleopatra (Cleopatra VII), regnò poi da solo, dal 44 a.C. al 30 a.C., quando venne fatto uccidere da Ottaviano Augusto. Era figlio di Giulio Cesare. This statue of the falcon God Horus, which is to the left of the entrance, protects Ptolemy XV Caesarion, the last of the pharaohs of Ancient Egypt. Since he first reigned with his mother, the famous Cleopatra (Cleopatra VII), then alone, from 44 BC to 30 BC, when he was killed by Octavian Augustus. He was the son of Julius Caesar (© Franco Pelliccioni)

Per quanto riguarda il tempio di Edfu, qui una statua del Dio falcone Horo protegge una figura che nel Web sembra non godere troppa attenzione. 

Eppure il Dio sta tutelando nientemeno che il figlio di Cleopatra (VII) e di Giulio Cesare: Cesarione, cioè Tolomeo XV, l’ultimo dei faraoni dell’Antico Egitto.

Quest’ema (turbante) rosso ci dice che l’uomo appartiene agli arabi Rashàida. Poiché i membri di questa etnia amano indossare indumenti dai colori vividi, come le jellabie dal color porpora [Ai confini con il Sudan. El-Shelateen, città mercato e carrefour di popoli] This red (turban) ema tells us that the man belongs to the Rashàida Arabs, since members of this ethnic group love to wear brightly coloured clothing, such as purple jellabies[On the borders with Sudan. El-Shelateen, market town and carrefour of peoples] (© Franco Pelliccioni)

In alto, sulla montagna, si vedono le due torri di guardia romane (skopeloi), o fortini, posizionate proprio al di sopra dell’importante pozzo di Bir Da’urt. High up on the mountain, you can see the two Roman watchtowers (skopeloi), or forts, positioned just above the important Bir Da'urt well [Lungo l'antica carovaniera degli 11 giorni. Along the ancient "11 days caravan route"
(© Franco Pelliccioni)

Immagini dall’Egitto, libro “satellite” di Viaggi in Egitto 1980-2009, ha una sua dignitosa autonomia e lo si può guardare e leggere come libro a sé stante. 

Poiché l’apparato didascalico e le note finali consentono di comprendere e di godere appieno ogni singola illustrazione. 

Lasciando al lettore di andare liberamente alla personale scoperta del sempre favoloso Oriente. 

Così bene rappresentato dall’Egitto, fin dai tempi del Grand Tour e delle crociere sul Nilo, a bordo delle navi della Cook.


L’imponente relitto della nave norvegese Maria Schröder, incagliatasi nel 1956 davanti alla barriera corallina di Nabq, in navigazione tra Aqaba ed Amburgo. The imposing wreck of the Norwegian ship Maria Schröder, stranded in 1956 in front of the Nabq coral reef, sailing between Aqaba and Hamburg [L'area protetta di Nabq -Sharm-. Nabq protected area - Sharm -] (© Franco Pelliccioni)
Pesci farfalla Butterfly fishes [Shark's Bay -Sharm-]
(© Franco Pelliccioni) 

   Da/FromIMMAGINI DALL’EGITTO IMAGES FROM EGYPT. Companion book di / of: VIAGGI IN EGITTO 1980-2009

E-Book e versione cartacea a colori di grande formato (17,78 x 25,4 cm), 171 pp, 138 note, 278 immagini (275 sono dell'A.




 E-Book: https://www.amazon.it/dp/B08DCZ7D9F



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N.B. Nel  post ho omesso la versione inglese della prefazione





285. "QUEL TRENO PER SANTA FE": L'ATCHINSON, TOPEKA E SANTA FE & RAILWAY SYSTEM nel "selvaggio" SUD-OVEST degli Stati Uniti, tra Natura e Cultura. La Pista per Santa Fe; “Quel treno per Santa Fe”; La Storia delle ferrovie transcontinentali; La Atchison, Topeka & Santa Fe; La coltivazione nel Kansas di un particolare tipo di grano duro, da parte dei Mennoniti ucraini, salva dal fallimento la ferrovia; La Santa Fe ha il diritto di passaggio in alcuni tra i più splendidi scenari esistenti in America; Il Sud-Ovest: Mark Twain versus Teodoro Roosevelt; Moderne tecniche pubblicitarie invitano a "conoscere il paese", il "selvaggio Ovest", grazie alla ferrovia. DA: IL GIRO DEL MONDO… IN 15 TRENI: TRANSCONTINENTALI E DI LUSSO, DI PENETRAZIONE COLONIALE E MILITARE, DEI CERCATORI D’ORO, DEGLI HAJJI, “ALPINISTICI”

 

 Gli Indiani osservano il passaggio del primo treno della Santa Fe, 1898 (New York Public Library)

Cosa c'è nel libro: 

AFRICA: Alessandria-Cairo, prima ferrovia dell’Egitto, dell’Africa, del Levante; La "ferrovia del deserto", Egitto-Sudan; A bordo di un treno della celebre “ferrovia di penetrazione” Mombasa-Kampala: l'Uganda Railways, Kenya; Il Lézard Rouge dei Bey di Tunisi, Tunisia; ASIA: La Ferrovia dell'Hejaz: La Damasco (Costantinopoli)-Medina; La Ferrovia Costantinopoli (Berlino)-Baghdad La Rumeli Demiryolu e l'Orient Express.  AMERICAWhite Pass and Yukon Route (Alaska, Stati Uniti -Yukon, Canada); Viaggio nella Colombia Britannica a bordo della cabina della storica locomotiva Royal Hudson, Canada; “C'era una volta il treno”... Storia della "Strada della Gente", la ferrovia dell’isola di Terranova, Canada; "Quel treno per Santa Fe": l'Atchison, Topeka e Santa Fe & Railway System nel "selvaggio" Sud-Ovest degli Stati Uniti, tra Natura e Cultura. EUROPAViaggio sulla storica ferrovia Parigi-Saint-Germain-en-Laye, Francia; Le Tramway du Mont-Blanc (T.M.B.): il tram che voleva arrivare sulla sommità del Monte Bianco, Francia;  Treno per Montenvers e la Mer de Glace, Francia. In viaggio da Dublino a Kingstown, oggi Dún Laoghaire, sul primo treno del paese (1834), Irlanda.

... 

"QUEL TRENO PER SANTA FE": L'ATCHINSON, TOPEKA E SANTA FE & RAILWAY SYSTEM nel "selvaggio" Sud-Ovest degli Stati Uniti, tra Natura e Cultura 

La Pista per Santa Fe 

Il nome Santa Fe è un mito. 

E una leggenda! 

 Perché è l'immagine di una città esotica e lontana, in un già distante - nel tempo e nello spazio - Far West. 

Nel caso intendessimo "fuggire dal mondo" e dalla "pazza folla", forse vorremmo poterla raggiungere, magari a bordo di un treno!

 Così, come nel secolo scorso, fecero quegli intrepidi pionieri americani, a bordo di carri trainati da cavalli o buoi. 

O a cavallo dei loro destrieri. 

Percorrendo faticosamente la lunga e altrettanto mitica pista per Santa Fe. 

Cittadina situata al di là delle Montagne Rocciose, già spagnola (...), poi messicana (...), poi texana indipendente (...), infine statunitense (Nuovo Messico). 

Così facendo essi mettevano in gioco la loro stessa vita, poiché spesso e volentieri venivano attaccati da bande urlanti di indiani sul piede di guerra (Comanche, Arapaho, Cheyenne). 

E a rimetterci sarebbero quasi sempre stati, non i governanti o i militari, non gli avventurieri o i ricchi capitalisti. 

Bensì i pacifici coloni e commercianti, poveri diavoli che intendevano far fortuna o trovare un avvenire in terre lontane. 

E sulla pista per Santa Fe, semidesertica, bruciata dal caldo, con numerosi e difficili guadi, impararono a loro spese una semplice strategia difensiva. 

Per contrastare o minimizzare quegli attacchi, avrebbero disposto i loro grandi Conestoga in circolo, o in quadrato, a mo' di fortezze mobili. 

(...) La pista attraversava i territori abitati da Cheyenne, Arapaho e Comanche

(...) Normalmente i carri trasportavano tessuti di cotone fino al Colorado e riportavano indietro pelli di castoro. 

 (...) Anni prima, nel 1821, il commerciante del Missouri W. Becknell partì verso sud-ovest, seguendo il fiume omonimo. 

Scoprì un percorso, che superava le Rocciose al Passo Raton. 

(...) Da allora, ogni anno, con un sempre crescente numero di carri, una-due carovane del Missouri si sarebbero dirette a Santa Fe. 

(...) La pista, pur rimanendo sostanzialmente una strada commerciale, aveva aperto ai coloni il Sud-Ovest (...). 

“Quel treno per Santa Fe” 

 Più tardi l'itinerario Kansas City-Nuovo Messico sarebbe stato percorso da un mezzo assai più veloce, il treno, che avrebbe poi proseguito la sua corsa attraverso il deserto fino in California.

 Dimostrandosi un essenziale mezzo di comunicazione, in grado di collegare efficacemente le opposte coste degli Stati Uniti. 

Sia la ferrovia, che la pista, scendendo dalle montagne sarebbero dovute entrambe arrivare fino a Santa Fe, autentica porta d'accesso al Sud-Ovest e al West del Grande Paese. 

 Allorché percorsi quei semidesertici altipiani (...), in più di un'occasione mi imbattei nelle tracce dell’ultimo protagonista della conquista dell'Ovest: la ferrovia Atchinson, Topeka e Santa Fe

A partire da Kingman, nella bella Hualapai Valley (Arizona), dove faceva bella mostra di sé (...) una “storica” e fiammante locomotiva a vapore: la 3759, restaurata nel 1927, particolarmente adatta a terreni di montagna (...). 

Rimasi poi sorpreso nel vedere come il treno arrivasse fin sulla soglia dello spettacolare Grand Canyon, a due passi dall'immenso precipizio. 

Sotto una coltre di neve, ecco infatti spuntare un'improbabile stazioncina, dall'inconfondibile, puntuale stile di uno chalet svizzero di montagna. 

Una presenza “fantasma”, resa ancora più tale dal bianco elemento (...).

Infine, allorché stavo per lasciare l'Arizona, per spingermi ancora più ad est (...), sia pure da lontano scorsi un convoglio che, veloce, transitava lungo la ferrovia nella Pianura del fiume Puerco, in prossimità di due delle più grandi attrattive naturalistiche dello Stato: il Deserto Dipinto e la Foresta Pietrificata

La Storia delle ferrovie transcontinentali (...)

 La ferrovia Atchison, Topeka e Santa Fe nacque per trasportare emigranti e merci da un capo all'altro del paese. 

Poi dovette "inventarsi" un qualcosa, per continuare a sopravvivere: gli indiani, nel loro ambiente selvaggio e incontaminato… 

 (...) Nel 1859 l'Atchinson e Topeka esisteva solo negli atti dello Stato del Kansas. 

 Subito i suoi dirigenti pensarono bene che, se volevano denaro pubblico, statali e federali, dovevano collegare qualcosa di più, possibilmente anche più distante dalle loro “scrivanie”. 

Nel 1863 venne così aggiunto il nome Santa Fe alla primitiva ragione sociale. 

Uno spreco di vernice per le insegne… 

Poiché nei decenni a venire, per tutti, quella sarebbe stata, solo e soltanto, la Santa Fe! 

(...) Si deve infatti ricordare come la costruzione delle linee ferroviarie nell'Ovest rendesse disponibile un "mercato" dei bisonti, le cui carni e pelli erano richiestissime ad est. 

"Ne seguì uno dei più ignobili massacri di animali ai quali il mondo abbia mai assistito". 

(...)  Massacro di bisonti e massacro di indiani portarono questi ultimi a considerare l'assalto ai convogli ferroviari un must etnico-culturale!

 Come fecero (...) i Cheyenne sul finire dell'estate del 1867. 

Un secondo trattato di pace con gli indiani a Fort Laramie nel Wyoming, nel 1868 consentì di aprire finalmente il continente ai collegamenti ferroviari (...). 

La Atchison, Topeka & Santa Fe 

(...) Probabilmente il trattato di Fort Laramie costituiva il segnale che si aspettava per muoversi. 

Bisognava pur far qualcosa di concreto. 

(...) Fu perciò un "record" collocare quei primi 43 km di binario da Topeka. 

La coltivazione nel Kansas di un particolare tipo di grano duro,  da parte dei Mennoniti ucraini, salva dal fallimento la ferrovia 

L'anno dopo un aiutino fu dato da gente venuta da fuori. 

Uomini ben diversi dai rozzi operai, che costruivano la ferrovia. 

I primi immigrati Mennoniti giunti dall'Ucraina andarono ad insediarsi proprio lungo i binari. 

Venendo da terre ben più fredde, iniziarono la coltivazione di un particolare tipo di grano duro, che si raccoglie a primavera. 

Ben presto diventerà la principale coltura del Kansas e il principale carico dei treni della Santa Fe. 

Passi da gigante vennero fatti in seguito. 

(...) Nel 1873 arrivava ai confini con il Colorado (...). 

Il che voleva dire vendere 3 milioni di acri di terreno ai coloni. 

Il ricavato consentì un'ulteriore espansione, che la mise subito in competizione con la Kansas Pacific, la Southern Pacific e la Denver & Rio Grande

 (...) La prima corsa tra Chicago e Los Angeles fu effettuata nel 1892 dal California Limited

Ma già l'anno appresso la ferrovia faceva bancarotta. 

Bisognava subito rialzare la testa. 

Ciò che avvenne nel 1896. 

Si pensò a qualcosa di nuovo, capace di riscattare nel paese il buon nome della Santa Fe. 

Si guardò all'interno, alla natura e alla cultura degli Stati Uniti. 

Al Sud-Ovest. 

La Santa Fe ha il diritto di passaggio in alcuni tra i più splendidi scenari esistenti in America

Anche perché la ferrovia aveva il diritto di passaggio in alcuni tra i più splendidi scenari esistenti in America. 

(...) Bisognava provvedere a recuperare anche l'immagine di quelle sperdute terre. 

Il Sud-Ovest: Mark Twain versus Teodoro Roosevelt

 In passato altri, come Mark Twain (...), avevano remato al contrario: "qui non crescono fiori, e non c'è un filo di verde a rallegrare lo sguardo. 

Gli uccelli che volano su questa terra portano con sé ciò di cui hanno bisogno". 

 Una fortuna che, quaranta anni più tardi, Teodoro Roosevelt, Presidente degli Stati Uniti, sollecitò gli americani: "a considerare il valore essenziale di una delle maggiori risorse americane: il suo impareggiabile scenario naturale (…) 

È l'amore del Paese che accende e mantiene vivo il sacro fuoco del patriottismo. 

 E questo amore è suscitato principalmente dalla bellezza del paese" (...).

Moderne tecniche pubblicitarie invitano a "conoscere il paese", il "selvaggio Ovest", grazie alla ferrovia  

(...) Nel 1900 iniziava il "più elaborato, ambizioso ed efficace programma di pubblicità di potenziamento mai inaugurato da una Ferrovia". 

Negli anni ‘1890 la Santa Fe aveva portato alcuni famosi pittori in quelle zone: Moran (...), al quale fu commissionato un dipinto sul Grand Canyon (...); Lungren (dipinti del deserto del Sud-Ovest) (...); 

 La Santa Fe era in grado di attingere a piene mani nell'ampia riserva disponibile "in loco", per far rivivere "il romanticismo indiano".

 Sapientemente sfruttò la vicinanza delle colonie intellettuali (letterati, pittori, fotografi (...), presenti già a cavallo tra il XIX e il XX secolo a Santa Fe e (...) nella non distante Taos, il più affascinante tra tutti i pueblos del Sud-Ovest (...) 

A partire dal 1907 pubblicò annualmente calendari illustrati con scene indiane dipinte dai pittori del Nuovo Messico (...). 

Si stamparono e distribuirono centinaia di migliaia di copie (...). 

La sintesi creativa di interessi affaristico-culturali operata dalla Santa Fe è un esempio, forse unico al mondo, dell'impiego delle moderne tecniche pubblicitarie incentrate, soprattutto, nell'invito a "conoscere il paese", il "selvaggio Ovest" (...). 

Il successo sarà strepitoso… 

(...) la Santa Fe raggiungeva il Grand Cañyon nel 1901, dove farà costruire nel 1904 la stazione (...). 

 Nel frattempo la ferrovia si velocizzava. 

Nel 1905 il Coyote Special da Chicago raggiunge Los Angeles in un tempo record: 44 ore e 54 minuti, alla straordinaria media di 81 km all'ora. 

Nasceva anche la fama di una ferrovia veloce (...) 

 Nel 1918 arrivava a San Francisco, Los Angeles e San Diego, ad ovest. 

La rete ferroviaria è pressoché completa. 

Dopo St. Louis, ad est, raggiunge infatti Houston e Dallas a sud est; Pecos, El Paso, Phoenix a sud. 

Oltre a Denver (...), Albuquerque nel Nuovo Messico, Adamana (Foresta pietrificata), Gallup.

DA: IL GIRO DEL MONDO… IN 15 TRENI: TRANSCONTINENTALI E DI LUSSO, DI PENETRAZIONE COLONIALE E MILITARE, DEI CERCATORI D’ORO, DEGLI HAJJI, “ALPINISTICI” 


241 pp., 223 foto, di cui 136 a colori (102 sono dell'A.), 254 note, bibliografia 

E-Book: https://www.amazon.it/dp/B07XPFQGLW

Versione cartacea a colori:  https://www.amazon.it/dp/1692957171 

Versione cartacea in bianco e nero: https://www.amazon.it/dp/1693164949 

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TUTTI I DATI (ECONOMICI, STATISTICI, DEMOGRAFICI, ETNOGRAFICI, ECC.) CONTENUTI NEI MIEI LIBRI SONO STATI ACCURATAMENTE VERIFICATI, INTEGRATI E AGGIORNATI AL MOMENTO DELLA LORO PUBBLICAZIONE.

giovedì 21 novembre 2024

284. L’AVVENTURA CONTINUA: L’incredibile CROCIERA NERA (Citroën Centre-Afrique) del 1924-25. Un vagabondaggio nel continente senza uguali! Introduzione. Le macchine. Infine si parte dalla Legione Straniera…Tuareg, Peul, donne Sara "dai piattelli labiali", "Uomini Leopardo". DA: GRANDI RAIDS AUTOMOBILISTICI DELLA STORIA: QUANDO L’AVVENTURA SI FA LEGGENDA. LA PECHINO-PARIGI E LE “CROCIERE” CITROËN, TRA AFRICA, ASIA E AMERICA DEL NORD


 Locandina del film La Crociera Nera 
Cosa c'è nel libro:

PREMESSA 

PARTE PRIMA: LA CORSA PECHINO PARIGI, 1907 

L’INVEROSIMILE SCOMMESSA! L’itinerario; I concorrenti; Il team italiano; La macchina; Il via; Al di là degli Urali; L’arrivo a Mosca; L’arrivo a Parigi 

PARTE SECONDA: LE CROCIERE CITROËN 

I QUATTRO RAIDS AUTOMOBILISTICI CITROËN, TRA VECCHIO E NUOVO MONDO André Citroën; I leaders sul terreno: Georges-Marie Haardt, Louis Audouin-Dubreuil, ma anche Victor Point

LA “CAPOSTIPITE” DELLE CROCIERE CITROËN: LA CROCIERA DELLE SABBIE (MISSION TUGGOURT-TIMBUCTÚ), 1922-23 Introduzione; Le macchine; Si parte; Si oltrepassa Abalessa, dove tre anni dopo si effettuerà la straordinaria scoperta della tomba di Tin Hinan, regina dei Tuareg; La missione Citroën continua ad avanzare nel Sahara; Arrivo nella leggendaria Timbuctú 

L’AVVENTURA CONTINUA: L’INCREDIBILE CROCIERA NERA (CITROËN CENTRE-AFRIQUE) DEL 1924-25. UN VAGABONDAGGIO NEL CONTINENTE SENZA UGUALI! Introduzione; Le finalità della Crociera Nera; I partecipanti;   L’itinerario; I preparativi; Le macchine; Infine si parte dalla Legione Straniera…; Attraverso la giungla equatoriale si costruisce una pista di centinaia di chilometri, grazie al millenarismo collegato a Bula Matari, l’esploratore Stanley; Sulle sponde del Lago Victoria, nell’Africa orientale britannica

LA MITICA CROCIERA GIALLA (MISSION CENTRE-ASIE),1931-1932. L’ESALTAZIONE CONTINUA! Introduzione: il progetto originale lungo la Via della Seta; Il 1931 è l’anno dell’Esposizione Coloniale di Parigi, la grande “vetrina” dell’Impero francese; Si modifica il progetto; Il gruppo Pamir: da Beirut all’Himalaia e oltre; Il gruppo Cina, con Victor Point e il celebre teologo-paleontologo Teilhard de Chardin; Il gruppo Cina attraversa la Porta del Gobi inoltrandosi nel Sinkiang (Xinjiang); Pamir e Cina insieme verso Peiping (Pechino); La missione continua verso l’Indocina .

UN FLOP COMPLETO: LA CROCIERA BIANCA (BEDAUX CANADIAN SUB ARCTIC EXPEDITION, ALIAS THE CHAMPAGNE SAFARI), 1934 Introduzione; I preparativi; Tassello dopo tassello si costruisce la grande “macchina” della spedizione; La partenza da Edmonton. L’itinerario; Il racconto “originale” della disfatta, ovvero la versione eurocentrica; La verità è una “finzione” cinematografica? Ovvero la versione canadese! Si torna ad Edmonton; Lo Champagne Safari, biografia filmica di uno stravagante megalomane e avventuriero, che è anche uno straricco industriale e un geniale inventore, un amico di re e di Hitler, forse un collaborazionista: ecco svelato il lato oscuro di Bedaux… BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: Pechino-Parigi;  Crociere Citroën; Africa (e Sahara) 

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L’AVVENTURA CONTINUA: L’incredibile CROCIERA NERA (Citroën Centre-Afrique) del 1924-25. Un vagabondaggio nel continente senza uguali! 

 Introduzione 

 Non ancora sufficientemente appagato dagli eccezionali risultati dell’impresa [Crociera delle Sabbie], Citroën decide di giocare “grosso”. 

Il solo settore sahariano, il deserto, non è abbastanza vasto per sperimentare la sua sete di successo, di conoscenza, di pubblicità.

 Così, una volta brillantemente “archiviata” la transahariana, desidera che la futura destinazione delle sue macchine sia il continente africano. 

Sì, avete capito bene: proprio l’intero continente! 

Da nord a sud, dall’Algeria alla punta estrema del Capo di Buona Speranza. 

 Non solo… 

Perché va attraversato fin sulla costa dell’Oceano Indiano, e oltre.

 Per spingersi fino in Madagascar. 

Un progetto del tutto audace, estremamente ambizioso, certamente temerario, che rasenta l’impossibile. 

 Ancora oggi, sembra incredibile possa essere stato realizzato da un manipolo di uomini, sia pure coraggiosi, pronti a tutto, sperimentati, competenti! 

Guidati sul campo dai soliti Georges-Marie Haardt e Louis Audouin-Dubreuil ed eterodiretti da André Citroën da Parigi (...). 

Le macchine 

 Otto sono i veicoli cingolati B2. 

Hanno rimorchio con riserve d’acqua, olio e benzina. 

Tra loro c’è ancora lo Scarabeo d’Oro (...). E’ stato sottratto al Musee de l’Armée di Parigi, dove era esposto dopo la transahariana. 

E c’è anche la Mezza Luna d’Argento (...). 

I loro emblemi figurano sempre pittorescamente sui lati delle vetture, oltre che sui rimorchi. 

Intorno a queste due macchine leggendarie e ai due leaders si formano i gruppi. 

Nel primo, condotto dallo Scarabeo, con mappe, armi, documenti a bordo, ci sono: Elefante in Giro (archivio e denaro), oltre a Sole in Moto e Lumaca Alata (materiale cinematografico). 

 Al secondo gruppo, che fa capo alla Mezza Luna, è aggregata Colomba (materiale medico e viveri), Centauro (...) e Pegaso (...). 

 Tutte le sere, come facevano i cow boys con i loro carri nel Far West, dispongono le macchine in quadrato e si accampano all’interno. 

Facendo la guardia per prevenire eventuali aggressioni. 

 Dappertutto la Crociera Nera incontrerà folle meravigliate ed entusiaste. 

 Perché una spedizione, che si muove nel Continente Nero con tutte quelle rombanti automobili, non è destinata, certamente, a passare inosservata!

Infine si parte dalla Legione Straniera… 

 Il 25 ottobre 1924, à Colomb-Béchar, a sud del Marocco, si tiene una cerimonia militare per l’imminente partenza della Crociera Nera  

Verrà ripresa dal regista Léon Poirier. 

 Tre giorni dopo, (...), salutati dai legionari e dai fucilieri senegalesi si lascia il fortino della Legione Straniera

La Crociera è diretta verso pressoché l’intero continente africano, in una grandiosa sfida che, al rientro in patria dei partecipanti, la farà entrare prepotentemente nella leggenda e nella storia. 

 Il primo tratto è quasi parallelo al precedente raid. 

Il 5 novembre ci si inoltra tra le immensità delle sabbie del Tanezrouft. 

La traversata dura dieci giorni, nel corso della quale la polvere sommerge veicoli e uomini. 

E’ allora che Poirier ritiene che l’impresa debba più propriamente chiamarsi Crociera Nera

In tre settimane è raggiunto il Niger (...). 

 Pochi giorni dopo a Niamey (24 novembre) sono accolti da oltre cento cavalieri Tuareg, “contorno” principale di una grande festa organizzata per loro. 

Poi si arriva a Zinder. 

Ripartiranno per Maradi, nella regione abitata dal popolo dei Peul, dove saranno ricevuti dal sultano Serki Moussa (...), attorniato da guardie, musici e cinque mogli, figlie del vecchio Barmou, sultano di Tessaoua, noto per il suo cospicuo harem forte di un centinaio di donne. 

(...) Presto giungono le prime difficoltà. 

A colpi di machete si dovranno aprire faticosamente la strada in mezzo ad erbe alte più di due metri. 

 In seguito dovranno attraversare burroni e fiumi su ponti di rami. 

 Il 14 dicembre sono (...) sulla costa nord occidentale dell’immenso lago Ciad. 

(...) Adesso hanno già percorso 3.930 km e collegato il lago al Mediterraneo. 

Dopo aver fatto rifornimento di carburante, fatto il periplo del lago, il 24 dicembre giungono a Fort-Lamy (oggi N’Djamena), capoluogo del Ciad. 

(...) D’ora in avanti la loro avanzata li porterà verso regioni difficili, forse anche ostili. 

Dove avranno anche modo di osservare le “donne dai piattelli labiali” della tribù Sara (nel Ciad), mentre nel Congo Belga cercheranno di evitare l’incontro con i feroci “uomini leopardo”, noti per i loro sacrifici umani. 

In pochi giorni (...) raggiungono Fort-Crampel (oggi Kaga-Bandoro) e, due giorni dopo (...), già sono a Bangui, capoluogo dell’allora Oubangui-Chari, l’ultima tappa in una città dell’Africa Equatoriale Francese

 Il 19 gennaio le macchine si portano a Fort-Sibut, che lasciano per dirigersi verso est, raggiungendo (...). 

Regioni a savana e boscaglia, a sud del Sudan anglo-egiziano, ricche di fauna. 

Dove per oltre un mese (...) cacciano elefanti, giraffe, antilopi e bufali.

Da: GRANDI RAIDS AUTOMOBILISTICI DELLA STORIA: QUANDO L’AVVENTURA SI FA LEGGENDA. LA PECHINO-PARIGI E LE “CROCIERE” CITROËN, TRA AFRICA, ASIA E AMERICA DEL NORD

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mercoledì 20 novembre 2024

283. Cambiamento climatico; Mondo gaelico; Vichinghi; Celti; Brian Ború; “Forte Arco” Richard de Clare ; Shelbourne Hotel e l'Irish Free State; Trinity College e il Book of Kells; "vongole e cozze" della Molly Malone; musica irlandese e pubs; le soavi note musicali della cláirseach, l’arpa celtica; un monumento alla drammatica pagina della storia irlandese dell'ottocento: carestia, fame, morti, emigrazione; la replica della "nave-bara" Jeanie Johnston. Da: DALLA VICHINGA DUBH LINN ALLA GAELICA BHAILE ÁTHA CLIATH. “PASSEGGIANDO” PER DUBLINO, E OLTRE…

 Patrick Byrne, ca.1794 - 1863, Arpista irlandese
(foto di David Octavius Hill e Robert Adamson del 1845)


Cosa c'è nel libro: 

Premessa; Introduzione; L’eleganza di uno sviluppo urbanistico inaugurato nel XVIII secolo: a nord e a sud-est del fiume Liffey; 
Alla ricerca di testimonianze storiche e religiose a Sud-Ovest di Dublino: per le vie di Temple Bar, dove antichi vicoli evocano atmosfere del passato, mentre bunker in cemento occultano scoperte archeologiche; Dal 1170 al 1540 un avvincente viaggio nei secoli attraverso la vita della gente comune: visitando Dublinia, il Museo della Storia Urbana; Sulle tracce del movimento vichingo d’oltremare, ecco i tesori e i raffinati manufatti conservati dal Settecento presso il “Museo Nazionale di Archeologia e Storia”;  Visitando il Coláiste Na Tríonóide, Baile Átha Cliath, il Trinity College di Dublino: tradizioni intatte da secoli e un notevole patrimonio librario per una vera fucina di uomini di sapere;  Ammirando nel Trinity College il Libro di Kells, capolavoro artistico irlandese di tutti i tempi; Un’incursione nel fascinoso mondo della musica e della danza irlandese;  La Jeanie Johnston, veliero ormeggiato al Custom House Quay, simbolo di un tragico e sofferto capitolo della storia irlandese: la “Grande Carestia” del 1845-49; In viaggio da Dublino a Kingstown (oggi Dún Laoghaire) sul primo treno del paese inaugurato alla fine di ottobre del 1834;  Immersi in un’atmosfera d’altri tempi, visitiamo la cittadina e il porto di Dún Laoghaire, l’accogliente “riviera irlandese” sul lato meridionale della baia di Dublino;  Bibliografia Essenziale      

...                 

 Introduzione 

 Nel corso della visita, mentre con fatica e disagio mi inoltravo nelle sue strade, più volte sono andato con il pensiero a quando, da bambino, mi capitava di scambiare l’Irlanda per l’Islanda! 

Essendo alla fine d’autunno, mi aspettavo un po’ di pioggia, vento e freddo. 

Ritenendo esagerate le previsioni meteo della Rete che, per il giorno dopo l’arrivo, includevano un warning per venti fino a 120 km/h. 

Mi sbagliavo… 

 All’insegna del più ostentato effetto serra, non solo il tempo sarà peggiore del previsto, ma si estenderà quasi all’intero periodo della visita. 

 In seguito un funzionario del Museo Nazionale mi avrebbe addirittura consigliato di attendere in albergo, verso sera, l’arrivo del fronte tempestoso, a cui loro non erano abituati. 

Stava per colpire l’Irlanda, specialmente nell’ovest. 

Leggerò poi sull’Irish Times di alluvioni, inondazioni, perdite di vite umane risucchiate dal mare tempestoso, chiusura dell’aeroporto, ecc.

 Tutto ciò quando in Italia c’era invece un insolito allungamento di un’estate-primavera. 

 Quanto “sperimentato” nella capitale irlandese non è stato invero piacevole. 

Pur al riparo delle “mura” urbane, mi sono mosso sempre con difficoltà, così da rallentare il programma della visita (...)

Un altro aspetto del riscaldamento globale, su cui ho riflettuto a lungo: mai avrei immaginato che la “scoperta” di una capitale si sarebbe trasformata in una “lotta” con l’ambiente. 

Quasi fossi su qualche ghiacciaio islandese o su una montagna.

 Nemmeno nell’Artico, europeo e americano, dove avevo più o meno i medesimi indumenti, mi erano capitate giornate così…

 Probabilmente è per questo che il primo approccio all’«isola di smeraldo» non ha avuto l’usuale carattere di piacevolissima scoperta.

Eppure da tempo desideravo andarci. 

Fin dalla ricerca nelle scozzesi Ebridi Esterne, dove avevo ripreso i “contatti” con il mondo gaelico, dopo le “incursioni” effettuate in precedenza nelle Highlands

Non prima, però, di aver visitato la capitale irlandese. 

Poiché consapevole come Dublino e l’Irlanda fossero realtà nettamente separate tra loro. 

In proposito ricordavo quanto i colleghi antropologi statunitensi mi dissero la prima volta che giunsi negli USA. 

Stupiti del fatto che gli europei andassero a New York per “vedere” gli USA. 

Con le dovute proporzioni, il discorso è valido anche qui. 

Perché Dublino (...) vuol anche dire: folla pullulante sulle strade, non solo pedonalizzate; teorie di autobus semivuoti, che si muovono a passo di lumaca; incessanti processioni di camion di ogni tipo e dimensione, che passano per il centro per giungere fino al porto; traffico congestionato e caotico. 

Risentendo della mancanza di una [autentica] metropolitana (...)

(...) D’altronde è la più popolosa città dell’isola: ca. 500.000 abitanti, mentre la Grande Dublino arriva a toccare 1.660.000 abitanti. 

 La curiosità del visitatore, che giunge per la prima volta in Irlanda, è subito attratta dal fatto che la posizione relativamente emarginata dell’isola ha fatto sì che essa non abbia conosciuto una dominazione romana. 

Ed è già qualcosa… 

Le popolazioni di origine celtica (...) si sono così potute tranquillamente dedicare al loro passatempo preferito: combattere tra di loro. 

Fino all’arrivo dei Vichinghi, che, dopo una prima incursione (795), fondarono nell’841 (...) Dubh Linn

Anche se oggi è stato rispolverato il toponimo gaelico Bhaile Átha Cliath: “città del guado dei graticci", perché così gli isolani conoscevano quel luogo, prima della venuta dei nordici. 

Ai Vichinghi, non interessati a conquistare l’isola, basteranno pochi capisaldi, lasciando il resto ai capi Celti. 

Mai errore fu più grave… 

Più tardi uno di loro, Brian Ború, li sconfiggerà a Clontarf (1014).

 (...) Nel 1169 dall’Inghilterra giungerà Richard de Clare, il cui soprannome (“Forte Arco”) ha un qualcosa di famigliare… 

E sì, perché come anglo-normanno è pronipote dei vichinghi e come loro ha un nomignolo, un soprannome… 

In seguito Dublino e l’Irlanda conosceranno altri dominatori.

(...) Nel sud dell’isola l’ingerenza straniera terminerà formalmente con lo Stato Libero d’Irlanda (1922) e completamente con la proclamazione della Repubblica (1949). 

Dopo l’arrivo a Dublino, volendo subito immergermi nell’atmosfera cittadina, quale migliore occasione di quella di sorseggiare un tè nello Shelbourne, storico albergo del 1824? 

Frequentato da letterati e nobili, vi fu anche abbozzata la Costituzione dell’Irish Free State (1922). 

(...) Quel giorno, però, era chiuso. 

Perciò mi “accontenterò” del non lontano, ma altrettanto storico, Bewley Oriental Café

(...) Ma ormai sono prossimo, non poteva essere altrimenti, al “salotto buono” di Dublino: le piazze Merrion Square e St. Stephen’s Green, con parco, laghetto, ponte, boschetti e palco per l’orchestra.

 Assomiglia molto al Central Park, anche se le case georgiane qui prendono il posto dei grattacieli. 

 Il mio mirato “vagabondaggio” per Dublino ha avuto il vantaggio di originare da una “base” nei pressi di Busaras, la stazione centrale degli autobus (...), a due passi dall’attuale baricentro urbano, lo storico Trinity College

Nella cui Old Library ammirerò poi The Book of Kells, il libro più celebre al mondo!

 Ora quale capitale ha un’università al suo centro? 

Uno dopo l’altro qui troviamo il Parlamento e i Musei Nazionali, la Biblioteca e la Pinacoteca, la Banca d’Irlanda e il Castello, ecc.

 Ma anche, appena pochi metri più in là, una ghiotta sorpresa: la statua della pescivendola Molly Malone. 

Personaggio di fantasia che, grazie all’omonima canzone, che tutti conoscono e intonano nei pubs, è stata immortalata con il suo carretto carico di “vongole e cozze”.

 A questo punto è d’obbligo ricordare come il pub sia un’altra tipica istituzione irlandese, dove ogni sera si può ascoltare della straordinaria, trascinante e particolarissima musica. 

D’altronde a Dublino musica e birra Guinness costituiscono un inscindibile binomio. 

Tanto che il Dublin Tourism pone al primo posto, tra le attrazioni cittadine, una visita alla fabbrica della Guinness. 

Più tardi mi sorprenderà ascoltare, per strada, le soavi note musicali, che una donna non più giovane ricavava con maestria da quell’antico strumento che è la cláirseach, l’arpa celtica o bardica. 

 Poche altre considerazioni preliminari. 

(...) a nord, un inaspettato incontro mi farà rabbrividire ulteriormente, ma… nell’anima! 

Camminando sulla sponda del fiume, ecco improvvisamente spuntare, attraverso la gelida pioggia battente e la foschia, a pochi metri da me, come tanti fantasmi evanescenti, un gruppo di persone, seguite da un cane. 

Uomini e donne scheletrici, con un bimbo forse morente sulle spalle, che si strascinano avanti per inerzia. 

Non sapevo della presenza del monumento, che ricorda una delle più drammatiche pagine della storia irlandese di metà ottocento: la carestia, la fame, le morti. 

Infine l’emigrazione verso terre lontane (...). 

Tra il 1841 e il 1851 la popolazione irlandese, tra morti e emigrazione, diminuì di oltre due milioni di individui. 

Più avanti osserverò agli ormeggi la replica della Jeanie Johnston

La nave originale, del 1847, tra le poche che non si era trasformata in una “nave bara”, sovraffollata e malsana, che aveva trasportato molti disperati verso il Nuovo Mondo. 

Sembra che stia lì, in attesa di portare finalmente via, verso la vita, anche questi ultimi fuggiaschi… 

Non c’è che dire: terribile è stato l’impatto visivo, seppure virtuale, con una tragedia che già conoscevo. 

Sia letterariamente, che quando percorsi, nelle Ebridi Esterne e nelle Highlands, isole ed aree impietosamente battute da carestia e morte, che anche là avevano fatto fuggire tanti disperati. 

 (...) Dopo un così drammatico simbolo, rimarrò però deliziato nell’apprendere come gli abitanti di Dublino festeggino il Bloomsday (16 giugno), incentrato sul protagonista dell’Ulisse di James Joyce.

 Fa il “paio” con la Malone e alla nostra parte “bambina” farà piacere pensare come, a volte, possa anche non esserci soluzione di continuità tra fantasia e realtà…

Da: DALLA VICHINGA DUBH LINN ALLA GAELICA BHAILE ÁTHA CLIATH. “PASSEGGIANDO” PER DUBLINO, E OLTRE…

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