GLI AVVISTAMENTI DI BALENE (...)
Mare di Beaufort, Artico occidentale canadese, Northwest Territories, CANADA
L'ultimo avvistamento, per mia fortuna, non è... avvenuto!
Durante il mio soggiorno di ricerca a Tuktoyaktuk, sulle sponde del Mare di Beaufort, nell'Artico occidentale canadese, su un piccolo guscio di legno dotato di motore fuoribordo avevo accompagnato il mio gentile ospite, Richard Zigler, direttore della locale Scuola Elementare.
Un euro-canadese che aveva una certa esperienza di Artico.
Avendo vissuto per qualche tempo a Sachs Harbour, nell'isola di Banks, una comunità ben più remota rispetto a Tuk.
Egli mi aveva chiesto se volevo partecipare ad una caccia notturna alle oche della neve che, proprio in quel periodo, inizio settembre, dalle isole più settentrionali della Regina Elisabetta cominciavano a trasmigrare verso sud, in direzione del Deep South statunitense e del Texas.
Naturalmente accettai più che volentieri!
Dopo una non lunga traversata con la luce del giorno, che ci avrebbe accompagnato con il suo pallido chiarore fin verso mezzanotte, toccammo infine terra su una piccola penisola. protesa verso il Mare Glaciale Artico.
Dall'altra parte del braccio di mare si distinguevano le luci all'interno di alcune bianche tende alpine, utilizzate dagli Inuit d'estate, per realizzare alcuni minuscoli outpost camps, per la caccia alle oche.
Quello sarà il mio primo incontro con le luci, e il gelo dell'ambiente aperto dei grandi spazi artici.
Mentre il buio si andava ispessendo sempre di più.
Il silenzio, oltre che dalla lontana risacca, di quando in quando veniva interrotto dal lontano gracidare delle oche, che, nella classica formazione dalla punta a V, iniziavano ad apparire sulla nostra verticale, una dopo l'altra.
Gracidio ben presto seguito dalla rapida successione di diversi colpi di fucile.
Prima dell’euro-canadese, poi ancora più lontano di quelli degli Inuit, appostati nell'interno paludoso della sconfinata e gelida tundra.
“Fortunatamente” quella notte non verrà abbattuta alcun'oca.
Nell'attesa, a mia volta mi ero limitato a fotografare i paraggi e la deserta ed incredibile linea costiera.
Stando sempre attento a quanto mi circondava e, di quando in quando, piluccando, grazie all’ultimissimo chiarore, le mie prime dolci bacche selvatiche artiche.
Al rientro dall'infruttuosa caccia, notammo che all’interno della barca, per colpa dell’alta marea e del movimento delle onde, era entrata molta acqua.
Passammo, quindi, molto tempo per cercare di toglierla.
Purtroppo ne sarebbe rimasta sempre parecchia sul fondo.
Ciò nonostante, dovendo comunque rientrare a Tuk, riuscimmo finalmente a prendere il largo.
Con Richard intento alla navigazione, e io che cercavo ininterrottamente di togliere l’acqua, servendomi di un piccolo recipiente.
Stando sempre attentamente accovacciato, nel buio più completo.
Perché non era possibile vedere alcunché, davanti ed attorno alla barca.
A malapena riuscivo a scorgere "qualcosa" del mio accompagnatore, sempre continuando caparbiamente a levare la gelida acqua da sotto i piedi.
Grazie soprattutto ad un grossissimo paio di pesanti guanti di foca avuti in prestito a Tuk proprio da Richard!
In quei lunghissimi momenti, che allora mi sembrarono un’eternità, con raccapriccio ricordavo come quel tratto di mare fosse frequentato dai beluga nelle loro migrazioni verso est.
Come all'andata avevo appreso dal mio cortesissimo ospite canadese.
DA: BALENE E BALENIERI, TRA NORD ATLANTICO, PACIFICO SETTENTRIONALE, MAR GLACIALE ARTICO. VAGABONDAGGI ALLA RICERCA DELLE TESTIMONIANZE DELL’ERA DELLA CACCIA ALLE BALENE
(163 pp., 156 foto, 79 sono dell'A.)
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