"La visita allo Scott Polar Research Institute di Cambridge
Non posso credere ai miei occhi…
Eppure all’interno di un’ultimissima vetrina posta all’ingresso, e dedicata alle comunicazioni polari, sembra che ci sia: un piccione!
E dire che, entrando nel museo, desideroso com’ero di iniziare al più presto la sistematica e scrupolosa “ricognizione” delle straordinarie testimonianze polari britanniche dello Scott Polar Research Institute, mi era completamente sfuggita. Subito mi domando se è, come penso.
Ma sì, è incredibile!
Proprio davanti a me, con accanto il suo bravo “collarino” con il logo della spedizione, c’è uno dei piccioni viaggiatori che lo svedese Andrée si portò appresso, sul finire dell’ottocento, nella sua corsa aerea al Polo Nord.
Ed è anche uno degli unici due che, nel tempo, si “ritrovarono” a suon di fucilate…
Così la visita a Cambridge non può non farmi riandare con il pensiero a quella spaventosa, poi del tutto misteriosa, tragedia sui ghiacci.
La misteriosa scomparsa di un pallone aerostatico diretto al Polo Nord, 1897
Nella storia dell’arcipelago artico delle Svalbard, che comprende anche i numerosi “attacchi” da qui sferrati per “conquistare” il Polo Nord, un posto del tutto singolare è infatti occupato dalla spedizione di un ingegnere svedese, che scomparve tra le brume e i ghiacci con i suoi due compagni, nel primo tentativo di raggiungere su un pallone aerostatico, l'«Aquila»,. il Polo.
Una missione sfortunata, che pretese il prezzo più alto: le giovani vite dei tre coraggiosi uomini.
Fin qui non ci sarebbe alcunché da eccepire.
La storia delle esplorazioni è costellata di nomi di ardimentosi mai più rintracciati. Come quello del colonnello Percy Fawcett.
Nella “norma” rientra anche il fatto che subito si inviarono, seppure inutilmente, numerose missioni di soccorso: alle Svalbard, sulle coste siberiane e, nel 1899, nella Groenlandia orientale.
Non si ritrovò quasi niente. Salvo alcuni messaggi lasciati andare fin dall’inizio.
Inseriti nei gavitelli. O, come abbiamo visto, attaccati sotto l’ala di un paio di piccioni.
Il tutto, però, continua ancora a far parte delle inesorabili regole del “gioco”…
Fu così che il mistero della fine di Andrée e dei suoi compagni, prima di avventura, poi di sventura, si protrarrà integro per decenni.
Commuovendo il mondo intero per quest’ennesima tragedia polare. Eppure c’era stato chi, ad appena un anno dalla misteriosa scomparsa degli aeronauti, si sarebbe trovato vicinissimo, non poteva neanche immaginare quanto, dallo svelare la verità su quel terribile accadimento.
Anzi, ce l’aveva letteralmente sotto i piedi!
Anche perché il viaggio in mongolfiera era stato, ma allora nessuno poteva esserne a conoscenza, di brevissima durata.
Il mistero svelato trentatré anni dopo, nel 1930
Nel 1930, cioè una generazione dopo, si verrà infine a conoscere, per filo e per segno, del tutto inaspettatamente, ciò che era accaduto nel secolo precedente.
Praticamente sapremo tutto!
Uno dopo l’altro verranno ritrovati, a non molta distanza dal luogo di partenza della mongolfiera: corpi, oggetti, diari, perfino un’ineccepibile documentazione fotografica che, dopo oltre trent’anni, consentirà di vedere, tra lo stupefatto e il rattristato, le fasi finali del dramma consumatosi a quelle alte latitudini.
Ecco perché la vicenda umana dello svedese Andrée, una storia che Verne avrebbe volentieri firmato, sia pure dandogli un esito positivo, è totalmente fuori del comune!"
Da: ALLA SCOPERTA DEL MONDO. Esploratori, Geologi. VOL. 3: ARTICO – ANTARTICO
E-Book e versione cartacea in bianco e nero di grandi dimensioni (16,99 x 1,17 x 24,41), 133 pp., 84 note, Bibliografia, 116 immagini (8 sono dell'A.)
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