L'isola-fortezza veneziana di Spinalónga (© Franco Pelliccioni) |
Cosa c'è nel libro:
Introduzione; 1. Dove l’Oriente incontra l’Occidente: Storia dell’isola di Creta. Dalla Civiltà Minoica al termine della seconda dominazione Bizantina (2700 a.C.-1204 d.C.); 2. Storia di Creta: dalla dominazione veneziana all’occupazione germanica (1204-1945); 3. La città…? Per i cretesi è solo Herákleion!; 4. Il Museo Archeologico di Herákleion; 5. Evans a Cnosso: una ricerca archeologica di una vita; 6. Architettura e ingegneria “naturalistica” e d’avanguardia nel Palazzo Minoico di Cnosso;7. L'Archeologia italiana a Creta: la città romano-bizantina di Górtina, quella Minoica di Festo; 8. Viaggio verso l'Ovest cretese: Georgioúpoli, Haniá e Réthimno; 9. Nella torre Firka di Haniá, il secondo Museo Marittimo della Grecia; 10. Nell'Oriente cretese, tra siti minoici, splendidi centri turistici, antiche città sommerse, tradizionali villaggi di montagna Hersoníssos e Mália, Ágios Nikólaus, Eloúnda, Kritsá ;11. Nell'invincibile fortezza veneziana di Spinalónga (Golfo di Mirabello, Creta orientale), l’ultima colonia di lebbrosi d'Europa; 12. Sulle sponde del Mare Libico, Creta meridionale: Mátala e Frangokástelo; 13. Sfakiá, una Barbagia cretese; 14. Viaggiatori a Creta dei secoli XII-XV: pellegrini e crociati; 15. Viaggiatori a Creta dei secoli XV-XIX: umanisti, diplomatici, partecipanti al Grand Tour, scrittori, studiosi, artisti, antiquari, archeologi; BIBLIOGRAFIA
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L’isola della Giudecca a Venezia, anticamente chiamata Spinalónga per il suo profilo lungo e sottile, ha un’omonima nell’est di Creta. Qui i veneziani, durante la plurisecolare occupazione dell’isola, costruirono una formidabile e inespugnabile fortezza che, dopo la conquista di Creta da parte dei turchi, resterà in mano alla Serenissima ancora per quasi mezzo secolo(...)
La storia della Spinalónga cretese, però, non è fatta solo da accadimenti militari, poiché molti secoli dopo l’isola-fortezza diventerà l’isola dei lebbrosi…
Perché per oltre cinquant’anni (1903-1957) vi verranno segregati quattrocento malati, diversi dei quali nati da coppie sposatesi sull’isola.
Nonostante il suo complesso, tormentoso, finanche terribile, passato, Spinalónga è meta assai ambita dai turisti, che dal 1970 vi approdano in decine di migliaia (...)
Anticamente c’era già una costruzione fortificata sull'isolotto, a protezione di Oloús.
Tra le sue imponenti rovine si sarebbero poi andati a rifugiare gli abitanti della regione, per scampare agli attacchi dei pirati saraceni.
Quando gli ingegneri militari veneziani ispezionarono l'isola nel 1574, i suoi resti erano ancora visibili.
Ogni residua traccia però scomparve con l’edificazione dell'attuale fortezza, voluta dal Governatore Generale Jacopo Foscarini per bloccare l'accesso al porto di Eloúnda, a protezione delle saline, che fornivano alla Serenissima il minerale, indispensabile dopo la perdita di Cipro (1573).
Il 15 giugno del 1579 Luca Michele, Provveditore Generale di Creta, collocava la prima pietra, come l'iscrizione scolpita sulla sommità dell'arco del porticciolo principale ricorda: LUCAS MIC(HAEL) PRO(VISOR) GE(NERALIS) CR(ETAE) II AN(NO).
Nel 1630 Spinalónga è tra i più importanti forti veneziani.
La sua batteria, posta su una posizione sopraelevata dominante il mare, dispone di 35 cannoni di diverso calibro.
Le alte e spesse mura dei bastioni, specie a settentrione, formando corpo unico con le rocce, rappresentano un invalicabile baluardo agli attacchi per mare, ed è pressoché impossibile sbarcarvi.
Anche la galleria d’accesso dal porto secondario (dove oggi si sbarca), stretta e tortuosa, è facilmente difendibile.
Dopo la conquista turca del 1669, Venezia aveva infatti conservato il possesso di 110 Spinalónga e delle fortezze di Gramvoússa e Soúda, per proteggere le rotte verso oriente delle sue navi.
Fu così veneziana fino al 1715, allorché fu costretta ad arrendersi dopo un lungo assedio da parte di Kapoudan Pascià: “intanto il Bassà di Candia insidiava con lusinghe e con minaccie la Piazza di Spinalónga difesa intrepidamente da Francesco Giustiniano che, circondato in quell'angusto scoglio da' numerosi Legni armati, implorava soccorsi bastevoli o a sostenere la Piazza o a perire con gloria. Mentre attendevano i Veneti Comandanti a rispingere il nimico a questa parte, aveano già l'armi Ottomane deciso del destino delle due uniche Piazze, che rimanevano in Candia alla Repubblica, vale a dire di Suda e di Spinalónga, che quantunque bravamente e a lungo difese da chi le aveva in custodia, aveano finalmente, per la scarsezza de' soccorsi, dovuto cedere al continuo fuoco, e agli ostinati attacchi degli Ottomani” (...)
Molto tempo dopo, più volte vi si rifugiarono i ribelli cretesi.
Costringendo i turchi a “regolamentare” gli insediamenti dell'est cretese.
Poi vi si sviluppò un villaggio ottomano, che nel corso della rivoluzione del 1821 accolse molti connazionali e in quelle del 1866 e 1897 fu assediato dai rivoltosi.
(...) Nel 1881 i turchi erano 1.112, dediti per lo più al contrabbando.
A Spinalónga sarebbero rimasti fino al 1903 poiché, contrariamente ai connazionali che vivevano a Creta, in un primo tempo si rifiutarono di rientrare in Turchia (...)
Solo la notizia dell’imminente arrivo dei lebbrosi provenienti dall’intera isola e, poi, dalla Grecia, li costrinse infine alla fuga!
In quell’anno la Repubblica autonoma di Creta, propedeutica all’Enosis alla Grecia, decise infatti di insediarvi una colonia di lebbrosi.
A quei tempi i malati cretesi vivevano della pietà della gente, in caverne e ricoveri di fortuna disseminati sull’isola (...)
Agli albori del secolo XX ebbe così inizio un’inenarrabile epopea, per la quale non ci sono adeguati aggettivi per descriverla, sia solo per difetto: tormentosa, sofferta, tragica, dolorosa, triste…
Non solo per la malattia, in sé terribile e angosciosa e senza rimedio, che pure determinava un lento sfacelo del corpo, erroneamente preso a visibile simbolo di impurità…
Almeno nei primi decenni, quando da fuori ci si limitava di tanto in tanto a depositarvi cibo e acqua, Spinalónga divenne un vero e proprio inferno in terra.
Anche se più tardi la presenza medico-infermieristica e religiosa diventerà quasi regolare.
Qui fu confinata, e per sempre abbandonata al suo spaventoso e mortale destino, gente piegata nel fisico e nell’anima.
Anche perché aveva dovuto abbandonare tutto ciò che, nel tempo e negli anni, aveva costruito intorno a sé: affetti, parentele, amicizie.
E dire che in seguito altri, italiani compresi, non disdegnarono di sbarcarvi.
Utilizzando l'isola dei lebbrosi come temporaneo deposito di merci, per portare avanti con tranquillità il contrabbando.
Al contrario dei tedeschi che, occupata Creta durante l'ultima guerra, non pensarono minimamente ad insediarvi un contingente militare, limitandosi a controllarla a distanza con le sentinelle.
Nel frattempo Grammatikakis, Governatore dell'isola, cercò di migliorare le loro condizioni di vita (...)
(...) Nel 1954 si decise infine di trasferirli in un ospedale di Atene, ma solamente nel 1957 i trenta lebbrosi superstiti lasceranno definitivamente Spinalónga (...)
La mia visita dell’antica isola-fortezza, che ha costituito una delle tre più importanti colonie di lebbrosi del mondo (...), è contrassegnata da un duplice sentimento.
Forse perché è un’assolata giornata di ottobre, non resto sconvolto da ciò che ho intorno a me, più di quanto già non sono.
Allorché la mia attenzione “supera” le luci, il calore dell’intenso sole e il vento marino, che incessantemente spira, sibilando, tra gli squarci delle case del villaggio fantasma, veneziane, turche e greche, riesco ad accostarmi a questo mondo spettrale in due modi.
Nel primo osservo gli spartani comforts di un’isola, dove si andava solo ad aspettare una morte liberatoria.
Stando bene attento a dove poggio i piedi, poiché molte sono le costruzioni crollate, scruto vie e piazzette deserte, da cui si accede alle case dei lebbrosi (...)
Nel secondo va invece a dipanarsi sotto i miei occhi il terrificante backstage di ciò che si trova al di sotto di quelle solide e visibili superfici: gli abitanti di un tempo, che per sempre si sono lasciati alle spalle mogli, mariti, figli, genitori, parenti.
Ma anche le amicizie, la casa e i beni, la civiltà, perfino la medesima dignità di essere umano…
Ecco che sulla collina, alle spalle del severo bastione, come in una sequenza mozzafiato da film del terrore, appare l’ospedale, dove si portavano i malati più gravi, poiché lassù i venti spazzavano via i cattivi odori!
Anche perché per molto tempo non si poté far altro che amputare le parti distrutte dalla malattia od alleviare i dolori dei lebbrosi…
Ecco ancora, in prossimità dell’ingresso principale, la stanza di disinfezione, poiché si doveva sterilizzare tutto ciò che lasciava l’isola (...)
In effetti solo la natura, ancora possente in un habitat così tragico, eppure così stupendo, mitiga la drammaticità di ciò che mi circonda.
Poiché ogni casa, ogni rudere, ogni tegola, ogni mattone, ogni pietra, ciascuna di loro, e tutte assieme in coro, avrebbero potuto raccontarmi, perfino strillandolo, quanto possa essere stato spietato e crudele il rimedio proposto per circoscrivere una malattia contagiosa, “sporca” e mortale.
Non essendoci cure, o un Albert Schweitzer nei paraggi, fu infatti combattuta isolando gli sfortunati dal resto dell’umanità…
STORIA, ARCHEOLOGIA, NATURA, CULTURA
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