L’ingresso di nord-est al Palazzo di Cnosso, parzialmente ricostruito dall’archeologo Evans (Archivio A.) |
(…) Il Palazzo di Cnosso, oggi la più grande attrazione dell'isola, tra tutti i suoi vari livelli occupa una superficie complessiva di oltre 20.000 mq. Non solo era la raffinata residenza del signore, ma anche il fulcro della vita economico-amministrativa e religiosa della regione cretese, che gravitava intorno ad esso. In effetti il palazzo incorpora strutturalmente il tempio, tanto è vero che il termine woikos, secondo le scritture in lineare B delle famose tavolette, è utilizzato indifferentemente per casa e santuario. Qui officiava il re-sacerdote, rappresentante del Minotauro (dio-toro). Cioè il wánax, che la tradizione chiama Minosse, un titolo regale non strettamente legato ad una persona specifica.
Nel Palazzo di Cnosso lo spazio profano (orientale) e quello
sacro (occidentale) si incontravano davanti ad un grandioso cortile centrale
disposto su un’asse nord-sud, dove passava l’axis mundi di questa
cultura del bronzo. Qui si ritrovano tutti gli elementi che caratterizzavano,
per il Geertz, la “dottrina del Centro Esemplare”.
Poiché la corte esistente, il suo stile di vita, le
cerimonie, i rituali e l’organizzazione sociale dovevano servire come “modelli
culturali” e specchi per la comunità più ampia.
Sul palazzo Evans
scrisse: “gli elementi principali consistevano in torri, case e in una città
fortificata. C’erano anche tracce abbondanti di intarsi di natura diversa,
alberi e acqua, buoi e capre, guerrieri in marcia, lancieri ed arcieri, armi e
utensili, forse la prua di una nave e curiose figure negroidi… Il particolare
più stupefacente è costituito dalle facciate con i loro attici a due e tre
piani e le loro finestre a quattro, o anche sei riquadri. Che in quell’epoca
esistessero già finestre del genere, comprendenti anche delle specie di vetri,
attesta ancora una volta la straordinaria anticipazione delle comodità della
civiltà moderna, che caratterizza l’apogeo della storia minoica e che si
manifesta con non minore evidenza negli impianti idraulici e sanitari”.
In effetti una
città-palazzo del genere poteva esistere solo grazie alla presenza di una
grande quantità di mano d’opera e di una tecnologia per lo meno paragonabile a
quella sumera, come conferma l’arredamento del palazzo. Anche se l’esistenza
delle finestre menzionate dall’archeologo rappresenta una grossa innovazione
rispetto alle buie abitazioni di Sumer. Quindi, anche se il Palazzo non ha
seguito specifici canoni architettonici, come potrebbe immaginarli un moderno
professionista, ha seguito invece linee-guida “altre”, e più profonde. Dettate
dalla natura e dall’astrobiologia (…) i minoici di Cnosso vanno considerati
come i precursori ante-litteram di un’audace ecoarchitettura ed
ecoingegneristica. La costruzione del Palazzo ha seguito alcune idee-forza
strettamente connesse alla natura, alla luce, al clima, oltre che al benessere
dei singoli e al loro quotidiano (…) Cnosso, perciò, non è solo un’apparente e
slegata “accozzaglia” di abitazioni e sale e non ha ricercato un’architettura
indotta da modelli di magnificente grandiosità. Qui, come a Festo, la casa si è
adattata al terreno. Sfruttando fino in fondo la conformazione di suolo e
sottosuolo, ricavando appartamenti ai diversi livelli, tra loro collegati da
scale.
(…) A Cnosso sono state aperte terrazze e ritagliati
giardini pensili. Lucernari, “pozzi di luce”, muri provvisti di aperture
superiori, porte e finestre (thurís) ottimizzano la luce, che penetra
profondamente in ogni singolo ambiente, rispettando sempre e comunque il giusto
rapporto luce-ombra... Ai costruttori l’habitat circostante ha suggerito il
tipo di colonna portante in legno da utilizzare (…) Saranno tutte distrutte
dagli incendi, che più volte bruciarono il palazzo.
(…) Natura e astrobiologia hanno insieme dettato
l’orientamento dell’immenso edificio: ad oriente, verso il sole, troviamo gli
ambienti privati del re e della regina; ad occidente, i magazzini ombreggiati e
i luoghi destinati al culto. In tutti e quattro i punti cardinali ci sono poi
gli ingressi monumentali, con logge e propilei colonnati. Cnosso aveva una
buona conoscenza dell’idraulica, allora la più avanzata in Europa. Non solo
perché le acque piovane raccolte sulle terrazze erano poi convogliate, assieme
a quelle “nere”, in condotte sotterranee alte quanto un uomo, scaricando infine
il tutto nel vicino fiume. Esisteva anche un buon sistema di approvvigionamento
idrico (...) Nell’appartamento della regina la camera da bagno aveva un seggio
in legno e un congegno di scarico a basculla, c’erano numerose vasche da bagno
e, nell’area nord, vasche a gradoni per le abluzioni rituali.
Al cuore del Palazzo si arriva dal cortile occidentale. Passando vicino ai magazzini (…) con le loro giare (píthoi), un tempo sigillate per non far deteriorare le derrate: grano, orzo, legumi, olive, vino, olio, usato anche per l’illuminazione. Erano ombreggiati e collocati sotto il piano stradale. Nei ripostigli lungo le pareti si conservavano, invece, i prodotti non commestibili.
Passo attraverso i propilei dell’ingresso meridionale, dove sono state collocate grandi corna taurine, anticamente poste sopra una finestra. Ricordo come i sacri simboli delle corna e dell’ascia bipenne proteggevano le abitazioni. Stavano ovviamente anche sugli altari, nonché ai piedi di alberi, pilastri e sopra i tetti. Il corridoio della Processione (…) mi porta quindi fino al vasto spiazzo della corte centrale.
La parte occidentale del Palazzo era quella ufficiale. Qui
trovo le Sale di rappresentanza e quella del trono - thrónos - (in
alabastro), articolata su tre piani. È adornata con un affresco con grifoni e
gigli sullo sfondo. Era destinata al culto e ha una panca in gesso lungo le
pareti.
Vi si trova anche un
bacino per le abluzioni e un piccolo tempio sul retro, con doppie corna, ascia
bipenne e statuette. Accanto, ecco la sala del Tesoro del Santuario delle tre
colonne. Sui pilastri vedo incisa la doppia ascia. Da qui provengono le celebri
“dee dei serpenti” e numerosi oggetti cultuali, tutti conservati in enormi
cofani di pietra.
L’ala orientale è anch’essa a più piani, tra loro raccordati
da una maestosa scalinata ricostruita dall’Evans. Scende su tre livelli ed è
punteggiata da colonne e pilastri e circondata da un lucernario. Dal cortile mi
porta al piano terra, nelle residenze private dei sovrani, dove ci sono i mégaron
(sale di rappresentanza) del re e della regina, con la sala dei colonnati,
il cui ingresso è affrescato con i delfini, nonché le loro stanze private.
Ritornato in superficie, un altro corridoio mi conduce
infine dal cortile centrale all’ingresso nord del Palazzo. Qui c’era la Dogana
e la loggia (…) della Torre di Guardia. Al di là si trova il teatro più antico
che si conosca (dopo quello di Festo). Con le sue gradinate all’aperto, divise
in due parti, che vanno ad incontrarsi all’altezza del palco reale, e rivolte
verso lo spiazzo destinato agli spettacoli (danze e tauromachie).
Il quartiere meridionale ospitava invece i servitori e gli
artigiani (thhronoworgói), vasai e orafi compresi, non sappiamo se
schiavi (dóeloi) o liberi.
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