|
La bocca di una Finner Whale (Balaenoptera physalus). Stazione baleniera di Colla Firth, Shetland, 1904 (foto W. G. Burn Murdoch, da: Modern Whaling & Bear-Hunting…1917)
Premessa Per molti anni (dal 1995 al 2012) ho collaborato alla storica Rivista Marittima, pubblicando anche un supplemento sull’isola di Creta, oltre che al Notiziario della Marina. Inoltre sono stato onorato più volte dei Patrocini che lo Stato Maggiore della Marina Militare mi ha concesso per le ricerche condotte in Atlantico (tra il 1982 e il 1998), nell’ambito del mio Programma sulle Comunità Marittime dell’Atlantico del Nord. ... |
Nel corso dei viaggi di ricerca che mi hanno condotto in
diversi settori dell'emisfero boreale, mi sono spesso imbattuto nei resti e
nelle, più o meno vistose, tracce di stabilimenti e di stazioni di caccia alle
balene.
Sovente abbandonate da molto tempo, altre volte solo da
pochi decenni, costituiscono il simbolo di un'era ormai lontana nel tempo, alla
quale la maggioranza di noi si sente oggi totalmente estranea.
Nonostante le numerose e complesse implicazioni inerenti
alla tecnica e all'oggetto stesso della caccia, la sanguinosa mattanza dei
cetacei, per lunghi secoli e per diversi popoli, in particolare di regioni e
aree marittime - insulari o costiere -, ha rappresentato una parte invero non
secondaria, se non di determinante importanza, della loro cultura.
Caratterizzata da uno stretto rapporto con l'habitat e
l'ambiente marittimo. Bisogna infatti ricordare, e ciò è valido ed è ugualmente
estensibile a tanti altri campi del nostro vivere quotidiano, come del tutto
"recenti" siano le conquiste operate da ecologi ed etologi, da
"verdi" ed animalisti.
A parte pochi casi ascrivibili agli usuali precursori.
Membri di una "illuminata" avant-garde, senza bandiere e senza
frontiere.
Il problema nacque e si impose all'attenzione dell'opinione
pubblica internazionale e dei governi, con sempre più forza e determinazione,
non a causa della caccia in se stessa. Ma, come al solito, dal
"progresso", che anche in questo campo ha comportato l'impiego di
tecnologie sempre più devastanti e distruttrici.
A partire dall'invenzione, nel 1864, del celebre cannoncino
fiocinatore esplosivo, ad opera del norvegese Svend Foyn.
Per cui quello che era un "prelievo" di risorse
marine, più o meno giusto, nel tempo si sarebbe trasformato nell’indiscriminato
sterminio dei cetacei, alcuni dei quali erano, e sono tuttora, minacciati di
estinzione!
Se le vecchie stazioni baleniere abbandonate, che mostrano
oggi abbondanti tracce del degrado provocato dallo scorrere del tempo e dalle
avverse condizioni climatiche, ci ricordano anche "realtà" che
possono anche non piacerci, poiché indissolubilmente collegate alla morte di
tanti grandi mammiferi marini, l'avvistamento delle balene, sia volontario, nel
corso di appositi e gradevoli whalewatching, o casuale, ha sempre provocato, in
chi scrive, un'eccitazione ed un'esaltazione indescrivibili, quasi fanciullesche,
che mai erano state altrove provate. Nei confronti di altri stupendi abitatori
del mare (delfini, foche o lontre, ad esempio) o, magari, terrestri.
In Africa il paragone va ai tanti elefanti, rinoceronti, od
addirittura ai leopardi, intravisti, fotografati, e perfino inseguiti, tra
Kenya settentrionale e Sudan meridionale.
Strano a dirsi, ma l'incontro con i grandi abitatori della
savana non riesce a reggere il confronto con quello delle balene. È un contatto
visivo, ma non solo..., che trascende il rapporto occhi-cervello: è emotivo,
istintivo.
Si collega alla parte più nascosta di noi, quella che gli
psicanalisti definiscono l'io, che riesce a smuovere perfino le
"acque" del nostro subconscio.
E quella, in effetti, rappresenta un'imprevedibile e
sorprendente realtà del mare che è riuscita sempre a stupirmi.
Ad attrarmi per tutte le sue implicazioni, di fantasia e di
mistero - perché no: non sono un cetologo o un biologo marino! -, ma anche per
quell'alone di poesia, che pure quel mastodontico abitatore delle profondità
oceaniche, con i suoi comportamenti di superficie, a volte flessuosi come
quelli di una ballerina d'opera, è riuscita sempre a evidenziare. Suscitando
profondi, indimenticabili, turbamenti.
Negli anni i miei diversi incontri, nelle regioni più
diverse, di questa realtà, mi hanno offerto la possibilità di riflettere
sull'importante ruolo che la caccia alle balene ha avuto in passato nei campi
più disparati.
Dalle esplorazioni di terre ignote e lontane (i volumi
scritti dal baleniere scozzese Scoresby sono entrati di diritto nella storia
delle scoperte geografiche), e quindi dall'apertura di nuove vie. Sia
marittime, che terrestri, che hanno condotto ad una più accurata ricognizione
di territori e passaggi marittimi, e all'incremento delle conoscenze
geografiche (isole, stretti e canali, regioni continentali, ecc.) e climatiche,
come di quelle etnografiche.
Grazie ai molteplici incontri ed alle descrizioni che
venivano fatte degli "usi e dei costumi" delle diverse popolazioni
artiche indigene. Su quest'ultimo fa, però, notevole aggio l'aspetto negativo
sui risvolti positivi.
Ciò per la continua e costante opera di acculturazione e di
disgregazione culturale che i popoli artici avrebbero sperimentato sulla
propria pelle fin dal principio del XIX secolo. E, a volte, ancora prima, a
seconda del settore geografico artico interessato. Negative dinamiche
culturali, che sarebbero state innescate anche a prescindere dalla
volontarietà, o meno, degli stessi cacciatori di balene.
(...) Il libro si focalizzerà su alcuni aspetti, storici od
attuali, ai quali ho potuto accedere direttamente, nei settori nord-atlantici,
del Pacifico settentrionale e dell'Artico canadese, groenlandese, norvegese.
Ecco le tappe del nostro lungo itinerario nello spazio e nel
tempo: Alaska sudorientale (USA); isola di Vancouver (Colombia Britannica,
Canada); Tuktoyaktuk (Mare di Beaufort, Artico occidentale, Canada); Qausuittuq
(Alto Artico canadese); Iqaluit e Pangnirtung (isola di Baffin, Artico
orientale, Canada); Narsaq (costa occidentale della Groenlandia meridionale);
Svalbard (Norvegia); Norvegia; Islanda; Shetland, Orcadi, Ebridi Esterne, St
Kilda (Scozia, UK); Fær Øer (Danimarca); Saint-Pierre et Miquelon (Francia),
Terranova, Québec (Canada), Madeira (Portogallo); Canarie (Spagna).
Invece, per quanto riguarda le popolazioni autoctone, il
libro si interesserà agli Inuit e agli Indiani del Nord-Ovest (i cosiddetti
indiani dei totem o del salmone).
Per quanto invece concerne gli europei, spazio sarà dato a
canadesi, norvegesi, scozzesi e faroesi, nonché agli equipaggi delle diverse
nazioni europee che, a partire dal XVII secolo, si interessarono, e "con
profitto", alle fisheries delle Svalbard e del Mare di Barents.
In ultimo, non ci dimenticheremo del ruolo pionieristico
esercitato dai baschi in questa attività venatoria. Tra i primi a cimentarsi
nella caccia alle balene, specialmente alla Eubalaena Glacialis.
Spingendosi fin sulle sponde nord americane, a partire dal
XV secolo. Secondo alcuni studiosi, i baschi avrebbero frequentato i mari
subartici nord-americani addirittura prima di Colombo.
È questo un ulteriore caso di "scoperta"
dell'America prima del Navigatore, che va ad aggiungersi a quella dei Vichinghi
di Vinland?
https://www.amazon.it/dp/B0C522JP54, versione cartacea a
colori (“premium”) di grande formato (163 pp., 156 foto), ma c’è anche la
versione in bianco e nero, oltre all’E-Book.
...
TUTTI I DATI (ECONOMICI, STATISTICI, DEMOGRAFICI,
ETNOGRAFICI, ECC.) CONTENUTI NEI MIEI LIBRI SONO STATI ACCURATAMENTE
VERIFICATI, INTEGRATI E AGGIORNATI AL MOMENTO DELLA LORO PUBBLICAZIONE.
Nessun commento:
Posta un commento