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mercoledì 20 luglio 2022

50. SULLA COSTA DEL PACIFICO DELL’AMERICA DI NORD-OVEST

 

Idrovolante per trasporto passeggeri in decollo sulle acque di fronte alla cittadina di Ketchikan, Alaska sud-orientale (© Franco Pelliccioni)

   E' un viaggio nello spazio e un “doppio” viaggio a ritroso nel tempo.     

  Il primo ci conduce all’altro capo del mondo. In una terra difficilmente paragonabile con altre realtà geografiche. Fortemente connotata da alte montagne boscose e da una miriade di arcipelaghi e isole. Profondamente caratterizzata da un clima che molti potrebbero ritenere perfino impossibile: pioggia, vento, nebbia, freddo. Nonostante ci sia un detto locale che sostiene come, in realtà, piova solo due volte: da gennaio a giugno e da luglio a dicembre... Così la vegetazione è abbondante, straripante, invadente. Mimetizza cittadine e villaggi, quasi sempre raggiungibili solo via mare e con gli idrovolanti. Nelle cui acque non è raro imbattersi nelle spettacolari evoluzioni acrobatiche delle balene, ma anche nelle orche, che tanta importanza rivestono nella letteratura orale e nel patrimonio leggendario dei popoli, che occupano questa terra. Per non parlare dell’abbondante presenza dei salmoni, piatto base dell’alimentazione di nativi ed europei. Acque poste tra isole e terraferma montuosa, che formano lo storico Inside Passage, grazie al quale sono assicurati i collegamenti con gli insediamenti della Colombia Britannica e dell’Alaska.

   Per quanto riguarda il duplice itinerario nel passato, il più recente risale a ca. quaranta anni fa. Quando en route verso l’Artico canadese, dove avrei effettuato la mia ricerca tra gli Inuit, nei luoghi da me visitati ho potuto scoprire, osservare e ammirare una straordinaria polifonia di “cose notevoli”.

   C'è anche un ulteriore viaggio, che ci porta molto più indietro nel tempo. In un caso fino a migliaia di anni fa, anche se l’inizio del nostro excursus storico risale alla fine del XVIII secolo. Quando gli occidentali cominciarono a disvelare la singolarità della costa nord-americana del Pacifico settentrionale. Terra abitata da Indiani, la cui cultura (società, economia, religione, arte) risulta impregnata da caratteristiche strettamente collegate ad un ambiente insolito, per certi versi addirittura unico, che consente di vivere bene, grazie a ciò che la natura offre in abbondanza. Come i salmoni, che vengono pescati o catturati nei fiumi. Inoltre gli alti alberi di cedro forniscono il legname per costruire le case e realizzare straordinarie canoe, in grado di affrontare lunghe navigazioni oceaniche.

Il villaggio indiano Hàida di Skidegate, 1878. Queen Charlotte Islands (Hàida Gwaii), Colombia Britannica, Canada (Library and Archives Canada)

   Un posto a parte lo hanno decisamente i “pali”, compresi quelli interni di sostegno delle abitazioni. Gli alti tronchi hanno infatti ispirato gli “artisti del popolo”, presenti nelle diverse tribù indiane. Poiché con innegabile abilità artistica hanno scolpito e dipinto le loro superfici, creando vere e proprie opere d’arte. Non solo stupende esteticamente, perché sono in grado di raccontare mille storie. Infatti da tempo immemorabile i totem, con le loro variegate figure multicolorate (umane, di animali, mostri, divinità, eroi culturali), riportano miti e leggende, avvenimenti, imprese, fatti famigliari, clanici, tribali. Raccontano di grandi feste comunitarie ben riuscite, commemorano un defunto importante, mettono in ridicolo chi non rispetta i patti. Ricordano ed esaltano individui e gruppi. Insomma costituiscono anche i Gotha di società stratificate, un tempo composte da schiavi, comuni e nobili.

Koskimo Kwakiutl (Quatsino Sound, isola di Vancouver). Ornamento di una “grande casa”, che ostenta il potere e l’alto status del suo proprietario: figura di un antenato seduto su una piattaforma supportata da schiavi, con un’orca sul petto e rami in braccio. Scolpita da George Nelson, ca. 1906, nel 1956 è stata raccolta nel corso della spedizione dell’Università e del Museo Provinciale di Vancouver. UBC Museum of Anthropology, Vancouver, Colombia Britannica, Canada.
(© Franco Pelliccioni)

Cimitero della riserva indiana Kwakiutl, Alert Bay (Cormorant Island, Colombia Britannica, Canada). Totem funerario rappresentato da una figura umana con cappello. Fu scolpito per Kamdatsa (Mrs. Tom Patch) di Village Island, che visse fino ad oltre 100 anni. Donna di alto rango, commissionò questo palo prima della sua morte ma, insoddisfatta delle dimensioni del cappello, si rifiutò di pagare lo scultore. Così il totem rimase per anni sulla spiaggia, prima che fosse rimosso da alcuni indiani, che poi lo collocarono sulla sua tomba. In seguito Arthur Dick Sr. e Henry Speck hanno posto una gomma intorno al cappello intagliato, per aumentarne le dimensioni, come desiderava la donna (© Franco Pelliccioni)

   Grazie ad essi, etnologi e storici, come i medesimi membri della tribù, possono apprendere il loro passato, o rivitalizzarlo. Certo, la materia utilizzata, il legno, è facilmente deteriorabile, in qualsiasi clima. Figuriamoci qui… Così, dopo qualche decennio, artisti di un’altra generazione si mettono nuovamente all’opera, per non dover perdere la memoria storica del gruppo. Scolpendo un altro totem. Simile a quello che si sta degradando. E così, ancora dopo. Quando altri scultori dovranno nuovamente replicarlo. Cercando di preservare per la comunità e le future generazioni ciò che ci racconta, “leggendolo” dall’alto in basso.

   Se, poi, con la nostra virtuale “macchina del tempo” raggiungiamo la metà del XVIII secolo, assieme ai popoli indiani assisteremo all’arrivo, non dal Sud, ma dall’Asia, di altri uomini, a bordo delle loro navi. Giungono dalla Siberia, esattamente come diversi millenni prima avevano fatto i loro antenati. Del resto sono trascorsi già migliaia di anni anche dalla migrazione, che portò in America, dopo aver attraversato lo Stretto di Bering, gli ultimi migranti, i progenitori degli odierni Inuit: i Denbigh, i Dorset, i Thule. Quasi subito gli indiani, che li avevano preceduti, li bloccheranno ai margini delle foreste, costringendoli a nomadizzare nella desertica tundra gelata dell’Artico. Mentre i russi, i nuovi venuti del 1741, almeno inizialmente non cercarono terre da colonizzare. Volevano solo sfruttare ciò che abbondantemente offriva il paese: gli animali da pelliccia. Più tardi si daranno da fare per creare una vera e propria colonia, con capitale e fortificazioni sparse nell’immenso territorio dell’America Russa, l’attuale Alaska.

   Ecco infine i “numeri” che, più di tante parole, offrono una sintesi del libro: 2 regioni (Colombia Britannica e Alaska); 8 città (Vancouver, Campbell River, Port McNeill, Prince Rupert, Ketchikan, Wrangell, Sitka, Skagway); 6 isole (Vancouver, Quadra, Revillagigedo, Cormorant, Wrangell, Baranov); 4 tribù (Kwakiutl - oggi Kwakwaka’wakw -, Tsimshian, Hàida, Tlingit, con alcune delle loro bande, o First Nations, come le nordiche Chilkat e Chilkoot); 6 comunità indiane (Cape Mudge, Alert Bay, Fort Rupert, Saxman, Wrangell, Sitka); 3 “Case” (la “grande” dei Kwakiutl ad Alert Bay, le “lunghe” di Chief Shakes Island, a Wrangell e di Totem Bight Park, a Ketchikan); 2 “Società Segrete” Kwakiutl (dei Cannibali e del Lupo); 3 Musei (Antropologia dell’Università di Vancouver, Prince Rupert, Sitka); 5 cimiteri (3 indiani: Cape Mudge, Alert Bay, Wrangell; 2 europei: russo, a Sitka; dei cercatori d’oro, a Skagway); 2 vecchi quartieri a luci rosse (Ketchikan, Skagway); perfino 1 duello mortale, stile “Mezzogiorno di fuoco” (Skagway)

  E per quanto riguarda i Totem? Impossibile “numerarli”. Li troviamo dappertutto, specialmente nei cimiteri indiani. Salvo che a Skagway, qui sostituiti dall’avventurosa epopea degli stampeders, i cercatori d’oro, che alla fine del XIX secolo dovranno cercare di superare i vicini e innevati Passi montani, per arrivare nel Klondike, dopo un lungo ed estenuante viaggio.

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   "Finalmente sono a Skagway, cittadina alaskana che costituisce la prima importante tappa del lungo e complesso itinerario, che mi porterà verso lo Yukon e oltre. Fino alle lontanissime sponde dell'Oceano Glaciale Artico (Mare di Beaufort), per dare inizio alla mia ricerca in un campione di comunità eschimesi (Inuit) canadesi. A non molta distanza dal Polo Magnetico e da alcuni tratti del mitico Passaggio a Nord-Ovest

   A Roma avevo deciso che da Vancouver, dove mi sarei trovato per un Convegno Internazionale, invece di arrivare in aereo direttamente ad Inuvik (il mio primo insediamento Inuit), sarebbe stato preferibile attraversare gli arcipelaghi della Colombia Britannica canadese prima, quelli dell'Alaska sud-orientale, poi. Navigando nell’Inside Passage, il "Passaggio Interno” prospiciente la stretta fascia costiera tra Canada e Oceano Pacifico, costellato da una miriade di isole ed arcipelaghi, dove si trova anche Juneau, la capitale del 49° Stato USA. Una storica via d'acqua certamente più agevole, rispetto all'Oceano aperto, che "pacifico" non è mai stato…

   L’Inside Passage inizia a Seattle, nello Stato americano di Washington. Da lì si inoltra nella Colombia Britannica canadese, per poi proseguire nel cosiddetto Panhandle americano. Raggiungendo Skagway, dopo 1.838 Km di canali e stretti, posti tra continente e mondo insulare.

    Quella che andrà a costituire la “terza gamba” del mio itinerario marittimo, fino all'arrivo degli americani nel 1867 era l'America russa. Verrà poi chiamata Alaska (alakshak), in Aleuto "la grande terra". La regione ad est delle isole Aleutine, dove vivono questi cacciatori artici, che si differenziano culturalmente dagli Inuit. Ma l’Alaska che a me interessava non era quella "continentale", dove si trovano le grandi città "bianche” di Anchorage o Fairbanks, o le comunità eschimesi costiere, fortemente americanizzate, di Prudhoe Bay, Point Barrow, Nome, Kotzebue, bensì quella sud-orientale. Così avevo selezionato alcune località, che ritenevo più interessanti, dal punto di vista paesaggistico-naturalistico-storico ed etno-antropologico. 

Mappa dell’Inside Passage (CC Some rights reserved, Mario 1952)
L’itinerario dell’A. CANADA: in aereo Vancouver-Campbell River, a metà dell’isola di Vancouver; traghetti per Cape Mudge (isola Quadra) e Alert Bay (Cormorant Island), indiani KWAKIUTL (oggi Kwakwaka’wakw); in aereo Port Hardy-Vancouver; aereo Vancouver-Prince Rupert (Colombia Britannica settentrionale) indiani TSMISHIAN e HÀIDA. ALASKA: traghetto Prince Rupert-Wrangell, via Ketchikan; traghetto per tornare a Ketchikan; in aereo Ketchikan-Sitka; traghetto Sitka-Skagway (Lynn Canal), indiani TLINGIT

   Luoghi che, tranne in un caso, raggiungerò a bordo dei grandi traghetti statunitensi dell’Alaska Marine Highway System, che collegano Seattle a Skagway. Da qui avrei potuto ripercorrere una delle principali vie utilizzate dai cercatori nella grandiosa corsa all'oro del Klondike del 1897-99. Salendo a bordo della storica ferrovia del White Pass and Yukon Route, con la quale avrei raggiunto Whitehorse, capoluogo dello Yukon. Ripetendo quasi per intero un itinerario che, alla fine del XIX secolo, prima ancora della sua costruzione, migliaia di uomini avevano faticosamente percorso in direzione delle zone aurifere.

   Purtroppo, solo poco prima della mia partenza dall’Italia, avrei saputo dalla Laurie Sica, dello Skagway Convention and Visitors Bureau, che la ferrovia era ferma. Dall’anno prima…"

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Dal diario di viaggio: Wrangell (Alaska)

   “Alle 23 la nave attracca nel porto di Wrangell, sull’isola omonima, dopo aver percorso altre 188 km. Questa volta sbarco per rimanere. Nella buia nottata vedo un gruppo di passeggeri seguire speditamente una guida munita di torcia elettrica, diretta prima verso un museo non troppo lontano, poi verso i totem della cittadina, sfruttando l’ora di sosta della nave. Per un po’ mi accodo al gruppo, poi li lascio, per dirigermi verso il mio albergo. Le vie sono deserte e poco illuminate. Sbaglio strada. Alcuni cani abbaiano. C’è un gran chiasso, dopo che entro allo Stikine Inn, tanto che non riesco a sentire la donna dietro il desk (di mezza età, con un naso aquilino, magra e brutta, a prima vista molto antipatica). Non trova il mio nome e, dopo aver cercato sulla scheda, prende un blocco notes, dove c’è una riga che mi riguarda. È venerdì sera e a quanto pare, subito dopo, sulla destra, c’è l’ingresso aperto di una discoteca. Il rumore è veramente assordante. Non la capisco. Mi fa ripetere le frasi. Vuole 55 dollari. È un’enormità. Chiedo uno sconto. Niente da fare, non c’è scritto. Mostro le mie due lettere ufficiali della Canadian Pacific e dell’Ambasciata degli Stati Uniti, a Roma. Niente da fare. D’altronde sono sempre un cheechako, come da queste parti chiamano i nuovi arrivati in Alaska!

   L’itinerario per arrivare alla camera è un rompicapo (…) Il giorno dopo scopro che l’acqua nel bagno e nella vasca è marrone. Sembra di stare ad Isiolo (Kenya settentrionale) o a Malakal (Sud Sudan). Apro la doppia finestra, che mi ha un po’ salvato dai rumori e dal chiasso della notte. Gli unici suoni che sento adesso sono quelli degli idrovolanti e dei corvi. Fuori dell’albergo, nella strada fangosa, ce ne sono molti. Osservo che l’hotel è una sorta di gigantesco chalet alpino. Faccio colazione in un dining proprio attaccato al molo. Su una parete è ben visibile su un foglio la scritta a pennarello: “We reserve the Right to Refuse Service to Anyone”. Capperi! Torno in albergo e vado a lamentarmi per la notte. La tizia telefona alla radio (ha saputo dell’intervista). Vado al Chamber Information Centre, sotto la pioggia appena iniziata. Non c’è nessuno… Fa freddo. Tutto sembra desolante. Alcuni gabbiani in volo. Il cielo mi ricorda le Shetland. Vado al museo. E’ stato allestito nella prima moderna scuola della cittadina (1906). È chiuso. Aprirà alle 13. Per vedere la casa di Chief Shakes devo essere autorizzato. Nella vicina biblioteca faccio vedere le carte ad una volenterosa bibliotecaria, che inizia a fare tutta una serie di rapide telefonate. La direttrice del museo dovrebbe essere fuori casa, mentre la Emily Jennings è fuori Wrangell. Il Presidente non c’è. Telefona alla radio. Chiama altrove. Esco sotto la pioggia. Fotografo sia la chiesa presbiteriana, che la cattolica di St. Rose of Lima, la più vecchia dell’Alaska (1879). Ha una croce rossa al neon, che serve come aiuto alla navigazione.

   In giro non c’è nessuno. Alcuni indiani sfrecciano con le macchine. Un camioncino si avvicina. Sarò accompagnato da una persona che, scoprirò dopo, è un gioielliere che appartiene alla Camera di Commercio. Ha sposato una italo-americana e viene dall’Idaho. Da 8 anni vive a Wrangell. Mi porta sulla punta nordoccidentale dell’isola a vedere i petroglifi su una spiaggia, grazie alla bassa marea. Sulla destra c’è la foce dello Stikine River. Qui una volta c’era una fabbrica conserviera di pesce dei cinesi. A sinistra mi mostra l’isola dell’elefante (e il suo nose), sulla destra ecco un’altra Deadman's Island, dove una volta seppellivano gli asiatici. Poi li hanno portati altrove. Mi parla dell’importanza degli alberi, per la carta e il legname. “Un tronco abbandonato ha un marchio come i cavalli, è quello del proprietario, sarebbe impossibile andare a venderlo”. Mi mostra anche il muskog, che domina nelle isole. E’ estremamente impermeabile e rende acquitrinose grandi sezioni del territorio. Costringendo ad edificare le case su profonde palafitte. La ricchezza qua è composta da pesce e legname. Gli alberi si tagliano a sezioni dall’alto, con delle corde d’acciaio che, pezzo dopo pezzo, trascinano tutto a valle. E’ l’harvesting, la raccolta”. Termine decisamente interessante per indicare gli alberi “maturi”. Il taglio potrebbe essere fatto anche con un elicottero, ma costerebbe molto.

   Le strade sono delle autentiche piste.

La casa di Chief Shakes VI, ca. 1900, Wrangell, Alaska. Lastra a secco di gelatina per lanterna (McCord Museum, Montreal)

   Poi mi accompagna all‘isola, subito a sud della segheria, dove si trova la casa del Chief Shakes, che raggiungo grazie ad un ponticello. C’è ancora la bassa marea. Scopro che si trova all’interno di una piccola baia, dove sono ormeggiate le imbarcazioni. 

La salma di Shakes V esposta prima della cremazione, 1878.
 Wrangell, Alaska (da C.E.S. Wood, “Among the thlinkits in Alaska”, The Century Magazine, luglio 1882, n.3, in Oppel,115-131)

   Siamo raggiunti da Pat Greene. E’ la direttrice del museo. E’ lei che apre la casa, normalmente chiusa. Viene da uno dei Lower 48 States. Dall’Oregon. Il marito lavora nella segheria. Sta qui da quattro anni. Hanno deciso di trasferirsi, perché l’Alaska è ancora più incontaminata, selvaggia e avventurosa del suo Oregon. Sta scrivendo un libro sulla storia di Wrangell. Dopo la visita ed aver osservato i bei totem dell’isola, si va al museo. Telefona alla radio, che mi doveva intervistare, ma il Direttore delle News è ad Anchorage. Dopo il pranzo sono da lei alle 16. Dopo una rapida visita al Museo, con il marito e una deliziosa coppia di gemelline sui dieci anni andiamo in giro. Fotografo la tomba di Chief Shakes V che, con la staccionata e le sue due Killer Whales, è un perfetto blend funerario Tlingit-Russo. Andiamo al vecchio cimitero indiano. Mi sembra di entrare in una giungla. Cerca una tomba con una rana. Fotografo un tronco d’albero: una volta era un totem. La parte superiore sta al museo. Un altro è stato completamente asportato. C’è la tomba di un uomo nato a New York. Pat ritiene che forse aveva sposato un’indiana e per questo era stato sepolto là. Il cimitero europeo (quello vecchio) è dietro la massa della foresta, tutto ben pulito e ordinato" (...)

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CAP. 10 INTERLUDIO

   "Passeggio per Broadway. La strada è larga, ma quanto mi sembra diversa rispetto a come la ricordavo quando, bighellonando tra l'ingresso di un celebre teatro e l'altro, anni fa visitai per la prima volta la Grande Mela! Non ci sono grattacieli e la strada non è neanche asfaltata. Le persone non si accalcano sui marciapiedi e non ci sono macchine in transito. La vita sembra scorrervi del tutto tranquilla. Eppure sono sempre in Nord America… Ma, certo, quella deve essere un'altra Broadway! Infatti le abitazioni sono basse, ad un piano, al massimo due. Tutte rigorosamente in legno e dipinte con i colori più vivaci. Hanno antiche insegne e i marciapiedi sono anch’essi in legno. Intorno a me vedo alte montagne boscose.

   Mi trovo in una stretta valle prospiciente le acque di un lungo fiordo aggettante nel Pacifico. Anche non volendo tener conto della stretta prossimità con le acque oceaniche, non posso assolutamente dimenticarmelo. Poiché, proprio in fondo alla strada, ecco apparire imponente l'immensa prua di una nave da crociera, che sembra là parcheggiata quasi per scherzo. Quando invece si tratta solo di un errore prospettico. Questa "diversa" Broadway però condivide con la celebre strada di New York alcune caratteristiche: è attraversata da Streets e si dispone parallelamente rispetto alle Avenues verticali. Poche, per la verità, le une e le altre. Sembra che la città sia stata pianificata utilizzando semplicemente riga e squadra. La realtà, scoprirò poi, è esattamente questa!

   Proseguendo il cammino, ad un certo punto il quasi-silenzio e la calma, che fino ad allora hanno regnato incontrastati, lasciano il posto ad un qualcosa di diametralmente opposto, inaspettato. Inizio ad avvertire un fragore costante, mentre improvvisamente la strada comincia ad animarsi. Chiasso e grida concitate vengono espresse nelle più diverse lingue del globo. Un nugolo di uomini si muove velocemente, febbrilmente, in ogni direzione. Sono gli stampeders. I più, infagottati e curvi sotto il peso di enormi carichi, zaini e pacchi. Soli, o assieme ai loro portatori indiani Tlingit (Chilkoot e Chilkat), iniziano la loro marcia verso i sentieri Chilkoot o White, che conducono al di là delle montagne. Ecco arrivare vocianti e pieni di entusiasmo i rumorosi cercatori neofiti. Scendono allegramente dalla nave ormeggiata nel porto. Ecco altra gente, assieme ai loro ingombranti equipaggiamenti, correre vicino a me, a bordo di carri, che fendono la folla. Aprendo profondi solchi nella strada, improvvisamente fattasi fangosa. 

Slitta e cani davanti allo studio fotografico di Hegg (Skagway, Alaska), in partenza per Dawson, Yukon, ca. 1898 (foto Hegg, University of Washington)

   Dalle vicine case odo i confusi richiami di imbonitori di ogni risma, il richiamo di donnine, la musica assordante dei saloon: l'universo che mi circonda dimostra di avere una fretta indiavolata. Tutti in cuor loro aspirano a giungere al più presto fino alla lontanissima meta. Intorno a me si vedono cataste di oggetti, casse, carichi, mercanzie, materiale il più diverso: dalle racchette da neve, al pentolame, dagli sci alle tende, agli attrezzi da campo, agli indispensabili picconi, pale e setacci. Numerosi cani, accanto alle loro slitte, abbaiano ed ululano di quando in quando. Poi, tutto ciò si dissolve in un attimo… A quel che pare l'immaginazione mi ha fatto sognare ad occhi totalmente aperti!"(...)

Da: VIAGGIO ATTRAVERSO L'INSIDE PASSAGE, NELLA TERRA DEGLI INDIANI DEI TOTEM E DELL’EX AMERICA RUSSA. SULLA COSTA DEL PACIFICO DELL’AMERICA DI NORD-OVEST, TRA COLOMBIA BRITANNICA E ALASKA

E-Book e versione cartacea a colori e in bianco e nero (16.99 cm x 1.17 x 24.41), 192 pp., 287 note, 191 immagini (118 sono mie) 






SOMMARIO

PRESENTAZIONE: IL LIBRO 

PREMESSA: IL VIAGGIO 

CAP. 1 INTRODUZIONE GEOGRAFICA

CAP. 2 INTRODUZIONE ETNO-ANTROPOLOGICA: GLI INDIANI DEL NORD-OVEST 

I Potlatch 

I Totem 

Le abitazioni: la “grande casa” dei Kwakiutl, la “lunga casa” delle altre tribù

Kwakiutl (oggi Kwakwaka’wakw) 

La “Società dei Cannibali”: gli Hāma'tsa 

Tsimshian 

Hàida 

Tlingit.

PARTE I: CANADA 

CAP. 3 NELLA BRITISH COLUMBIA, AL LARGO DELL’ISOLA DI VANCOUVER, UN’IMMEDIATA E STRAORDINARIA FULL IMMERSION NELLA TERRA DEI KWAKIUTL, TRA LE ISOLE QUADRA (CAPE MUDGE) E CORMORANO (ALERT BAY) 

Dal diario di viaggio 

Alert Bay .

Gilbert Popovich, sindaco italiano di Alert Bay 

CAP. 4 RITORNO A VANCOUVER. VISITA AI TOTEM DELLO STANLEY PARK E DEL MUSEO DI ANTROPOLOGIA 

CAP. 5 PRINCE RUPERT, COLOMBIA BRITANNICA SETTENTRIONALE, TERRA TSIMSHIAN 

Dal diario di viaggio 

Prince Rupert

PARTE II: ALASKA, L’EX AMERICA RUSSA 

CAP. 6 I PROMSYSHLENNIKI, CACCIATORI RUSSI DI PELLICCE, FONDANO L'AMERICA RUSSA (1741-1798) 

La Compagnia privata Golikov-Shelikhov (1783-1799), la Rossiyskaya-Amerikanskaya Kompaniya, la Compagnia Americana Russa (1799-1867) 

Nascita ed evoluzione di una capitale coloniale: S. Michele-Novo Arkangelsk (futura Sitka), 1799-1808 

La “San Pietroburgo del Pacifico”, 1841-1867

1867: fine di un lungo sogno. Sitka prende il posto di Novo Arkangelsk, gli statunitensi dei siberiani 

CAP. 7 IL VIAGGIO NELL’INSIDE PASSAGE, ALASKA: KETCHIKAN, WRANGELL

Dal diario di viaggio: sosta preliminare a Ketchikan

Dal diario di viaggio: Wrangell 

Wrangell, cittadina sotto tre bandiere: russa (1833-1840), britannica (1840-1867), statunitense (dal 1867) 

CAP. 8 RITORNO A KETCHIKAN 

Dal diario di viaggio 

Cap. 9 SITKA

Dal diario di viaggio 

Sitka

CAP. 10 INTERLUDIO 

CAP. 11 SKAGWAY 

Skagway, base di partenza per la grande corsa all’oro del Klondike 

Il visionario 

L’eroe 

Il bandito

Il duello 

Dopo la scoperta dell’oro a Nome, nell’Alaska continentale, e la costruzione della ferrovia, Skagway perde tutto il suo appeal 

Dal diario di viaggio

Skagway 

APPENDICE 

Nell’Inside Passage, al tempo della spedizione del Duca degli Abruzzi al monte Sant’Elia del 1897, trentesimo anniversario dell’acquisto dell’America Russa

Balenieri, emigranti europei, Indiani del Nord-Ovest

Alla ricerca dell’oro 

Il racconto della spedizione: 

I Tlingit 

Wrangell 

Sitka 

BIBLIOGRAFIA

CARTE 

Alaska 

Canada 


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