Come si può “raccontare” una città mondiale, una delle più importanti capitali europee, senza incorrere nel banale, nel dejà vu, in ripetizioni o cliché? Laddove novità architettonico-ingegneristiche, grandiose o futuristiche, non si siano aggiunte ultimamente al territorio urbano e al complesso dei suoi arredi, trasformando con intelligenza l’esistente?
Nel 1975, quando per la prima volta giunsi nella Ville Lumière, Beauborg, Piramidi del Louvre e grattacieli
della Defense, con la sua Arche trionfale, non facevano parte del
suo skyline. Avrei invece osservato
un gigantesco cratere, che potenti macchine stavano scavando nelle Halles, lo storico “ventre” di Parigi!
Ma è “cosa”, ormai, di anni luce fa…
Dunque, come fare? Naturalmente posso parlare dei musei, visitati anche per professione. E, poi? È a questo punto che scatta in me “qualcosa”. Chissà, forse è l’idea giusta, capace di suscitare interesse in chi legge…
D’altronde è là, davanti a me, davanti a tutti noi. Si può dire da sempre… Generazioni di uomini e donne, provenienti da tutto il globo, l’hanno desiderata, vista, ammirata. Infatti tutti la conoscono, anche se non si è mai stati a Parigi. Perché è il simbolo e la quintessenza della città. Là, alta nel cielo, visibile da ogni angolo della città e da fuori.
Ma sì, è… la Tour Eiffel! Non solo perché è la
“Torre” del mondo, per antonomasia. Ma perché rappresenta una parte, sia pur
minima, sia pure “grandiosa”, di una delle gigantesche e storiche Esposizioni Universali, tenutesi a
Parigi a partire dalla seconda metà del XIX secolo. Ecco che, sic et simpliciter, una delle mie
ricorrenti visite alla megalopoli europea si tramuterà, sia pure parzialmente,
in un’autentica “caccia al tesoro”. Dove i “gioielli” sono i resti e le
vestigia di ciò che è rimasto dopo ciascuna Esposizione. Anche perché era
invalsa l’abitudine di disfarsi di quanto costruito, tra l’altro non sempre
eseguito con materiale “precario”... Distruggendo o trasferendo i manufatti
altrove, nella banlieue o fuori
Parigi. Dove altri provvederanno a ricostruire, magari con un pizzico di
fantasia in più, quanto milioni e milioni di persone avevano visitato,
osservato ed ammirato. Non solo provenienti da Parigi o dall’hinterland, ma anche dalla Francia e
dall’estero…
Ho osservato i luoghi di diverse Esposizioni, come quelli di Montréal (1967) e di Lisbona (1998). Altri li ho visti in televisione. Non mi hanno interessato più di tanto. Quanto costruito non è sembrato, poi, troppo dissimile da ciò che possiamo vedere all’esterno. Inoltre, pur perseverando nel mio entusiasmo per ciò che la vita mi regala, bene o male appartengo all’era della televisione, dei mass media, di Internet, della comunicazione globale e istantanea. Quindi sono uno “smaliziato” per definizione… Ecco perché le Esposizioni degli ultimi decenni non mi affascinano, né mi fanno fantasticare. Compresa quella di Milano del 2015. Non costituendo un grande palco, che faccia da tramite e da collante comunicativo tra società, genti e culture diverse. Come invece hanno fatto le Esposizioni di Parigi, tenutesi prima dell’avvento (o dell’esponenziale diffusione) della radio, prima, e della televisione, poi. E prima ancora dei viaggi: da quelli con la britannica Cook, a quelli di massa…
Ma c’è ancora dell’altro… Ad esempio proprio la televisione sarà all’ordine del giorno nel Congresso dell’Elettricità dell’Esposizione del 1900. Si parlò allora della trasmissione delle immagini a distanza. E perché non ricordare come esse abbiano costituito un agone privilegiato, dove si sono cimentati i più grandi architetti e ingegneri dell’epoca, mentre illustri artisti hanno esposto i loro capolavori? Inoltre interi gruppi umani, non solo provenienti dalle colonie, qui si sono fatti conoscere ed apprezzare.
Perché le Esposizioni
1855-1937 possiedono una marcia in più che, in seguito, nessun’altra avrà mai.
Anche perché i tempi, il clima, le situazioni, gli avvenimenti, le cornici
sociali e culturali, i modelli culturali e di riferimento sono radicalmente
cambiati. Mentre in quegli anni esse rappresentavano, nel contempo, la
“Manifestazione Massima” e una grandiosa vetrina del mondo. Fatta da edifici,
prodotti, musiche, cibi, danze, arte, tecnologia, industria, invenzioni,
uomini. Tanto da contribuire alla marcia del progresso nel corso della Seconda Rivoluzione Industriale.
In una parola vi era racchiusa
un’onnicomprensiva sintesi dell’universo
umano, che a quei tempi si poteva solo sognare. Eccola, invece, a portata di
passi e di treno. Perché basta solo un… biglietto d’ingresso! Singoli, famiglie
intere e gruppi avranno a disposizione, al loro interno, un’immagine
caleidoscopica del mondo, sia pure riveduta e corretta, fors’anche
stereotipata, comunque didascalica! Ben presto diventerà
un must andarci: per divertirsi,
essere alla moda, ma anche per conoscere… Perché esse erano un blend tra il didattico, lo spettacolare
e l’esotico… In entrambe le Esposizioni del 1878 e del 1889 fu mostrato un
villaggio africano (village nègre). In
quest’ultima, che venne visitata da 28 milioni di persone, 400 “indigeni”
rappresentarono l’attrazione principale. Mentre l’Esposizione del 1900 presentò
un fantastico “Panorama-Diorama” vivente malgascio, ben presto diventato
famoso…
In occasione delle Esposizioni furono sperimentati anche nuovi e futuristici materiali. Per innalzare strutture ed edifici, a volte simili a tanti altri, spesso per tentare nuove strade: nelle forme, nelle dimensioni, nelle combinazioni. Come nel caso dell’avveniristica, se non utopica, Tour Eiffel. Ancora oggi, a distanza di più di un secolo dalla costruzione, fantastica! Ma anche nei prodotti, nelle macchine, nei mezzi esposti o regolarmente in servizio. Come il trottoir roulant, marciapiede mobile per i visitatori (1900), auto elettriche “il mezzo di trasporto di domani” (1931), un treno elettrico (1937). Sapendo bene che quelle straordinarie attrazioni, tutto ad un tratto, saranno smontate e, perfino, demolite. Perché quella doveva per lo più restare solo un’architettura dell’Effimero. Al pari delle stupende repliche a grandezza naturale di grandi templi ed edifici: il cambogiano Angkor Vat (1931), il Bardo di Tunisi (1867). Anche se, a volte, qualche manufatto verrà “riciclato” in alcune delle successive Esposizioni. Come nel caso del Palazzo dell’Industria appartenente alla Prima Esposizione Universale del 1855. Utilizzato anche in quelle del 1878 e 1889 e, quindi, abbattuto a partire dal 1896, per far posto al Grand e al Petit Palais di quella del nuovo Millennio.
Ma si penserà anche, in maniera del tutto innovativa, ad alloggiare le folle di visitatori provenienti da fuori, sia cittadini, che stranieri, creando i primi alberghi per viaggiatori. E che dire delle altre attività collaterali, che porteranno a realizzare musei, giardini, parchi, oltre a ferrovie di superficie e sotterranee (1900) e alle loro stazioni?
In quegli anni due sono state le Parigi,
l’una all’interno dell’altra. Ma la “nuova”, così attraente e desiderata, non
doveva cercare di sostituirsi alla “vecchia”, ma solo scomparire. La stessa Eiffel ha rischiato di fare quella fine
nel 1909, anche se con lei l’Effimero
si prenderà la più straordinaria delle rivincite!
Uno dei principali motivi della singolare
autodistruzione sta nel fatto che le Esposizioni si tenevano nel centro di
Parigi, dove l’unico grande spazio disponibile era lo Champ-de-Mars. Ma qui c’è l’École
Militaire ed è terreno militare. Utilizzato per le parate dei cadetti,
oltre che per le corse dei cavalli, per le mongolfiere e per gli anniversari
della rivoluzione francese. Bisognava, quindi, sgombrarlo…
In conclusione il libro può essere visto come
un’insolita guida illustrata alle bellezze della capitale francese. Con un
approccio indubbiamente “diverso”, che dà modo al lettore di conoscere per
grandi linee, sia l’evoluzione urbana del centro storico di Parigi dalla metà del
XIX secolo, che alcune tematiche storico-culturali e di Storia della Seconda Rivoluzione Industriale.
Da: ESPOSIZIONI UNIVERSALI, coloniali e internazionali DI PARIGI 1855-1937. ALLA RICERCA DELLE STRAORDINARIE TESTIMONIANZE DELLE “MANIFESTAZIONI MASSIME” dell’IMPERO francese: Industria, Tecnologia, Invenzioni, Arte, Architettura, Paesi, Genti
(E-Book, versione cartacea a colori e in bianco e nero, 118 pp, 57 note, 146 immagini, di cui 91 a colori)
- L’ESPOSIZIONE UNIVERSALE FRANCESE DEL 1867, L’ANNO IN CUI PARIGI DIVENTA LA VILLE LUMIÈRE
- ALL’INSEGNA DELLE NUOVE TECNOLOGIE E DELLA RICONCILIAZIONE NAZIONALE, L’ESPOSIZIONE UNIVERSALE DEL 1878
- NEL CENTENARIO DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE, L’ESPOSIZIONE UNIVERSALE DEL 1889 E LA TOUR EIFFEL
- L’ESPOSIZIONE UNIVERSALE DEL NUOVO MILLENNIO, 1900: “BILANCIO DI UN SECOLO”
- IL PANORAMA DIORAMA “VIVENTE” DEL MAGAGASCAR AL TROCADÉRO
- ATTRAZIONI, INVENZIONI, CURIOSITÀ, ARTE, ART NOUVEAU, ALTRI PANORAMI, ILLUSIONI E ULTERIORI MERAVIGLIE…
- L’ESPOSIZIONE COLONIALE DEL 1907
- L’ESPOSIZIONE COLONIALE INTERNAZIONALE, 1931
- L’ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE DELLE ARTI E TECNICHE APPLICATE ALLA VITA MODERNA, 1937
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